| inviato il 06 Marzo 2019 ore 21:33
"A mio avviso sono due strade assolutamente da perseguire, valgono molto di più di una buona attrezzatura."...sono perfettamente d'accordo. L'attrezzatura sicuramente ha la sua importanza ma se non c'è il manico serve a ben poco (utilizzo una compatta 35mm e non mi sfiora l'idea di sostituirla). |
user39791 | inviato il 07 Marzo 2019 ore 8:29
Le foto di Saul Leiter tendono all'astrazione e risentono dei fenomeni naturali. Pioggia e condensa creano aloni da cui emergono anonimi protagonisti, i toni altisonanti del Kodachrome fanno fiorire le brutture di cemento e asfalto o la monotonia di una neve ormai poltiglia, con le tinte accese di un ombrello rosso, il contrappunto di un taxi giallo, la solarità di un'automobile arancio. www.google.com/search?q=leiter+saul&safe=off&client=ms-android-samsung |
| inviato il 07 Marzo 2019 ore 10:35
Una cosa interessante che emerge da questa carrellata di autori è che evidenzia "stili", più che singole immagini, che trasmettono qualcosa indipendentemente dalle potenzialità del mezzo tecnologico utilizzato, ma senza nemmeno snobbarle; ossia, ogni stile è costruito sulle necessità espressive sentite da quel determinato autore (o magari per singoli progetti). Se questo sente la necessità di ottenere immagini che siano anche perfette tecnicamente, presumo si sia attrezzato di tutto punto, viceversa credo che troveremmo corredi persino minimalisti, ma in entrambi i casi dubito che quegli autori interverrebbero nelle discussioni di questo forum dove le scimmie la fanno da padrone |
user39791 | inviato il 07 Marzo 2019 ore 10:48
Daniele è il discorso che sto cercando di portare avanti dall'inizio. È proprio il riuscire a costruire uno stile personale che fa la differenza. Per fare buone fotografie bisogna avere qualcosa da dire e bisogna dirlo con delle modalità non lasciate al caso. |
| inviato il 07 Marzo 2019 ore 11:27
Quello che è più sconcertante, alla fine è la cosa più ovvia: sgombrato il campo dai soliti ( un po' sterili ) dubbi sull'esistenza o meno della realtà, ecco che la Fotografia è la traccia di un prelevamento della realtà nel suo divenire, per la durata di una frazione di secondo. Su questo impianto, poi, si possono elaborare interpretazioni della realtà che consistono nella foto ultimata, così come voluta dall'autore. Ci sono quindi per lo meno due momenti salienti: 1. la scelta del fotografo riguardo ciò che si vuole prelevare ( tutto il resto è escluso da 'quel' fotogramma, 2. la decisione ragionata e 'creativa' di dare un senso ( e non un altro ) a quel brano di realtà prelevato. Da sottolineare il fatto che, se anche decido di lasciare il fotogramma così come prelevato dalla fotocamera, anche questa è una scelta. Qui c'è qualcosa di imponderabile: la realtà mi interpella e io, in qualche modo, rispondo facendo passare attraverso il mio vissuto, la mia cultura, in una sorta di processo digestivo ed elaborativo, la mia personale interpretazione. Non si può più parlare di fedeltà o menzogna della Fotografia. Essa E' e basta. Proprio ieri sera tardi mi sono imbattuto nel 3D enciclopedico e molto meritorio di Filiberto, nel quale ha avuto l'idea di raccogliere in ordine alfabetico i Fotografi più significativi con diversi link per ognuno, questo:https://www.juzaphoto.com/topic2.php?l=it&t=2180076 E mi ha colpito molto il rivedere uno dei miei 'preferiti': Mario Giacomelli. Ma quanto 'sangue', ma quanta poetica elaborazione è passata da quella sua Kobell alla stampa ! Mi viene in mente il termine 'OSARE'. Sì, forse bisogna tenersi con una mano alla fune di sicurezza rappresentata dalla storia della Fotografia e, con l'altra, imbracciare la propria fotocamera ( una qualsiasi!! cui ci si affeziona per ragioni imponderabili ) e cercare di saltare il fosso, fino a trovare, se ci si riesce ( talento e buona sorte ) il proprio stile, che, in definitiva, è il proprio timbro di voce nel coro dei fotografi. Vorrei ancora una volta ( detto con tutta sincerità ) ringraziare soprattutto Filiberto per questi 3D vivaci e intelligenti e per quel suo lavoro utilissimo e prezioso. |
| inviato il 07 Marzo 2019 ore 11:36
Guardando i lavori dei fotografi del passato è i moderni c'è da dire che prima del digitale stampare le immagini aveva un costo e i fotografi in genere erano attenti e selettivi su cosa mostrare o proporre ( basta vedere i loro archivi). Oggi non è così, anche se non stampi puoi sempre pubblicare sul web a costo zero e questo da un mio punto vista è un'arma a doppio taglio che inconsapevolmente ci rende meno selettivi. |
| inviato il 07 Marzo 2019 ore 11:41
Fotografia: espressione di una visione originale mediante la pratica della tecnica. I fotografi, come gli artisti di tutte le discipline, rischiano di innamorarsi del modo in cui creano le immagini che delle immagini stesse. E' proprio la tensione continua tra artista e tecnico a dare alla visione la maggiore possibilità di realizzarsi. La visione è tutto. |
| inviato il 07 Marzo 2019 ore 11:48
Propongo anche questo: www.archiviomariogiacomelli.it/ Ricordo di aver ascoltato un'intervista audio, ma non la trovo più tra i Preferiti... |
| inviato il 07 Marzo 2019 ore 11:53
Semplicità, grafica, potenza del messaggio, Giacomelli è il Giacometti della Fotografia |
| inviato il 07 Marzo 2019 ore 13:13
Ricorre più volte nella discussione la questione dello stile n fotografia, allora riporto questo scritto della Sontag per chiedere cosa ne pensate. “ La natura stessa della fotografia comporta un rapporto equivoco con il fotografo come autore; e quanto più è grande e varia l'opera realizzata da un fotografo di talento, tanto più sembra, in un certo senso, opera collettiva anziché individuale. Molte delle immagini pubblicate dai maggiori nomi della fotografia sembrano opere realizzabili da qualsiasi altro dotato professionista della stessa epoca. Ci vuole una preoccupazione formale (come le fotografie solarizzate di Todd Walker o le fotografie in sequenza narrativa di Diane Michals) o un'ossessione tematica (quella per esempio di Eakins per i nudi maschili o di Laughlin per il Vecchio Sud) per rendere un autore immediatamente riconoscibile. Per quanto concerne invece i fotografi che non si limitano in questa maniera, nell'insieme delle loro opere non c'è la stessa coerenza che riscontriamo invece nella produzione relativamente varia dei praticanti di altre forme artistiche. Persino nelle carriere con i più bruschi passaggi di periodo e di stile – si pensi a Picasso o a Strawinskij – si può cogliere una unità di interessi che trascende queste rotture e si può scorgere (retrospettivamente) l'intimo rapporto tra un periodo e l'altro. Conoscendo l'intera opera, si capisce come il medesimo compositore possa aver scritto Le sacre du printemps, il Concerto Dumbarton Oaks e gli ultimi pezzi neoschoenberghiani: in tutte queste composizioni riconosciamo infatti la mano di Strawinskij. Non esiste invece una prova interna che ci permetta di identificare come opere di un unico fotografo (e anzi di uno dei fotografi più originali e interessanti) certi studi dei movimenti umani e animali, i documenti riportati da spedizioni fotografiche nell'america centrale, le indagini fotografiche con finanziamenti governativi dell'Alaska e dello Yosemite, le serie Nubi e Alberi. Anche sapendo che sono state tutte opere di Muybridge, non si riesce egualmente a mettere questi gruppi di fotografie in rapporto tra di loro (benché ognuna abbia uno stile coerente e riconoscibile), come non si può capire la maniera in cui Atget fotografava gli alberi da come fotografava le vetrine delle botteghe di Parigi, o collegare i ritratti prebellici di ebrei polacchi fatti da Roman Vishniac con le microfotografie scientifiche da lui stesso scattate a partire dal 1945. In fotografia viene sempre in primo piano il contenuto, e soggetti differenti creano divari insormontabili tra un periodo e un altro di un grande insieme di opere, confondono le firme. In effetti la presenza di uno stile fotografico coerente – si pensi agli sfondi bianchi ed alle luci uniformi dei ritratti di Avedon o al tipico chiaroscuro degli studi di Atget sulle strade parigine – sembra comportare un'unificazione del materiale. E il contenuto sembra avere un'importanza decisiva nel determinare le preferenze dell'osservatore. Anche quando si isolano le fotografie dal contesto pratico nel quale in origine possono essere state fatte e le si guarda come opere d'arte, preferire una fotografia ad un'altra significa solo di rado che la si giudica formalmente superiore; vuol dire invece quasi sempre – come nei modi di visione più casuali – che l'osservatore preferisce quel determinato clima o rispetta quella intenzione o è affascinato da quel soggetto (o anche ne sente nostalgia). Le letture formalistiche della fotografia non spiegano l'importanza di ciò che è stato fotografato, né la maniera in cui la distanza temporale e culturale dalla fotografia aumenta il nostro interesse. Da Susan Sontag Sulla fotografia „ |
| inviato il 07 Marzo 2019 ore 13:16
Detto altrimenti: come cercate voi di raggiungere il "vostro stile" fotografico? |
| inviato il 07 Marzo 2019 ore 13:25
Fotografando ciò che mi ispira, elaborando come mi piace. |
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