| inviato il 01 Aprile 2016 ore 18:48
Mtdbo, indubbiamente ci sono degli elementi condivisibili nel tuo discorso, in particolare sul fatto che si tenda a considerare l'uomo come estraneo alla natura (sia da parte di chi idealizza quest'ultima come da parte di chi la rinnega), o sul fatto che a far pesare la bilancia da una parte o dall'altra sia troppo spesso l'aspetto venale (della serie: se porta turismo va bene anche il lupo, se no cacciamolo), però qui stiamo parlando pur sempre di una specie che, nonostante la ripresa, non ha ancora raggiunto una soglia di reale sicurezza di sopravvivenza. In particolare si sta discutendo di una proposta di Legge per la quale ribadisco che, dal mio punto di vista, si tratta della solita decisione "all'italiana", che qualcuno vorrebbe gestire solamente per garantirsi qualche manciata di voti in più (l'Italia è uno degli Stati col maggior numero di cacciatori: un bel serbatoio di voti!) piuttosto che nell'ottica di affrontare realmente la problematica. Quando si parla di animali con ampio raggio d'azione, spesso addirittura sovranazionale (è il caso anche degli uccelli migratori, tanto per non rimanere ancorati solamente al lupo), dare carta bianca alle Regioni è pura follia. Questo è uno di quei casi che dimostrano che non solo l'Italia, ma addirittura l'Europa sia unicamente un'espressione geografica; a cosa serve un'Europa (apparentemente) Unita se poi lasciamo che problematiche ad ampio raggio vengano gestite localmente da ciascuna regione secondo le proprie paturnie? |
| inviato il 01 Aprile 2016 ore 19:48
Ciao Daniele, condivido anche la tua analisi, chiara e pacata, grazie! Dopo l'ennesimo caso di ieri delle dimissioni di un ministro colpito dal solito male incurabile del "conflitto di interessi", non possiamo lasciare a "questa politica" la responsabilità di trovare da sola la soluzione, è un rischio troppo alto...è non solo per i poveri lupi! Buonaserata orazio |
| inviato il 06 Aprile 2016 ore 18:35
Aggiornamento 06 aprile 2016 08 aprile 2016 ore 09.30-18.30 Sede Operativa Ente Parco Nazionale della Majella Badia Morronese - Sulmona /AQ) "FORUM WOLFNET 2.0" DALL’APPENNINO ALLE ALPI, le buone pratiche per il futuro del LUPO in Italia "Ad oltre due anni di distanza dalla sottoscrizione della Carta di Sulmona, il documento finale del progetto Life Wolfnet che ha individuato le direttrici gestionali ritenute prioritarie per la conservazione del Lupo nell'Appennino, questo meeting nazionale intende fare il punto della situazione, tracciare gli scenari futuri e definire le questioni da affrontare, a partire dalle principali criticità legate alla convivenza con le attività umane, per continuare a garantire la conservazione del Lupo su tutto il territorio italiano" |
| inviato il 08 Aprile 2016 ore 14:55
AMICI DEL LUPO GIOVEDÌ 7 APRILE 2016 I lupi non minacciano il pascolo tradizionale Tra le storie che si sentono ripetere a proposito di pascolo e grandi predatori c'è anche la definizione di pascolo tradizionale, che sarebbe, nell'idea dei nemici del lupo, quello in cui gli animali vagano liberamente con poca o nessuna sorveglianza. Questa pratica in realtà non ha nulla di tradizionale. Innanzi tutto tale termine dovrebbe stare a indicare una pratica in uso per un lungo periodo, ma il pascolo sulle Alpi, contrariamente a quanto molti pensano, non è particolarmente antico, ha meno di 6.000 anni. Tranne rare eccezioni, è stato a lungo un'attività secondaria in una zona del mondo in generale poco abitata e coperta di foreste, torbiere, nevi e ghiacci. Solo molto tardi, ossia verso la metà del '700, il pascolo è cresciuto in modo esponenziale, diventando presto un'attività prevalente e contribuendo a una netta crescita demografica delle Alpi. Come in altre aree al mondo, il modello economico della montagna fittamente abitata è fallito presto, sconfitto dall'eccessivo sfruttamento del suolo, dalla deforestazione, dall'estinzione della fauna selvatica e dalla spietata lotta per la sopravvivenza. L'industrializzazione ha fornito altre opportunità alle persone e accelerato il declino. Già a inizi '900 si parlava di abbandono e declino di Alpi e Appennini. Chi faceva pascolo vagante e transumante ha dovuto presto fare i conti con la stanzialità, l'aggressività di chi difendeva piccoli pezzetti di terra a uso familiare, le difficoltà di spostamento. Forme meno spinte di nomadismo e monticazione stagionale hanno prevalso. Ma certamente il tutto è avvenuto in un regime di concorrenza estrema, in cui la risorsa pascolo era preziosa e costava lotta e sorveglianza continua. Questa situazione ha comportato anche guerre, edificazione di pascoli fortificati e scontri cruenti. Sia che si trattasse di difendersi da un branco di lupi, sia da bande di ladri a due gambe, la custodia e la difesa della proprietà sono stati certamente il modello tradizionale per molti secoli. Questo è ciò che avviene ancora oggi in tutto il mondo dove l'allevamento al pascolo è un'economia prevalente e i lupi sono presenti. In molti paesi rurali, durante il giorno, tradizionalmente, la custodia degli animali è affidata ancora oggi ai bambini. Era così anche in Italia fino agli inizi del '900. Il pascolo non sorvegliato non ha dunque a che fare con periodi d'oro della montagna, è semplicemente un figlio recente di tempi meno duri e dell'estinzione dei grandi predatori come il lupo, qualcosa che ha pochi decenni di storia e coincide con il periodo di declino dell'economia e della cultura montana. Oppure è funzionale all'allevamento hobbistico: pochi capi di bestiame tenuti per divertimento o piccola integrazione al reddito, molto di moda ultimamente, a danno del pascolo professionale. I figli dei nostri allevatori, per fortuna, oggi vanno a scuola e non sorvegliano le greggi, ma una società moderna è in grado di trovare alternative alle pratiche del passato, soprattutto se non sono così tradizionali come qualcuno va raccontando. Il ritorno del lupo è una buona occasione per mettersi in discussione. CON CADENZA SETTIMANALE PUBBLICHEREMO SU AMICIDELLUPO SETTE NOTE ATTE A SFATARE I PRECONCETTI SUL LUPO TROVI LE NOTE GIÀ PUBBLICATE SU bit.ly/1RMHpla 1. Abbattere i lupi non diminuisce i danni alle greggi 2. Abbattere i lupi non diminuisce né i conflitti né il bracconaggio 3. I lupi non diventano mai troppo numerosi 4. Gli alpeggiatori non stanno abbandonando i pascoli a causa del lupo 5. Non è vero che negli altri stati europei il lupo è cacciabile 6. I lupi non minacciano il pascolo tradizionale 7. Il lupo non rappresenta una minaccia per l'uomo Amici del Lupo www.facebook.com/notes/amici-del-lupo/i-lupi-non-minacciano-il-pascolo |
| inviato il 08 Aprile 2016 ore 19:48
Aggiungerei che il cosiddetto "pascolo tradizionale" nasce fondamentalmente all'inizio del medioevo, quando tra le prime Leggi barbariche ci fu quella che obbligava i contadini a lasciar pascolare il bestiame altrui sui propri campi dopo il primo raccolto; Legge che di fatto fece arretrare l'agricoltura di parecchi secoli e che i vari Stati europei iniziarono a ridimensionare non prima del '600. |
| inviato il 11 Aprile 2016 ore 23:40
AMICI DEL LUPO GIOVEDÌ 11 APRILE 2016 Il lupo non è un pericolo per l'uomo Nessun caso provato di attacchi di lupo all'uomo in Italia e nei paesi vicini da almeno 150 anni. Ci sono racconti da bar, qualche improbabile sito internet che spiega come difendersi dai lupi e ci sono persone in malafede che prendono dati del 1700 o dati dell'Alaska e cercano di riportarli alla nostra realtà. L'uomo non è una preda per il lupo e il lupo non la percepisce come tale. E nel lontano passato? Le presunte aggressioni storiche sono raccolte in alcuni interessanti articoli che citano documenti pubblici e annali storici. Negli archivi storici si trovano però mescolate anche storie di fantasmi e interviste a persone che giurano di avere visto draghi, nonché apparizioni di varie divinità e atti di stregoneria! In base ad un'analisi critica di questi dati è probabile che nel lontano passato siano avvenute alcune aggressioni, soprattutto a carico di bambini che sorvegliavano le greggi: è stupido oggi affermare con certezza che questi fatti lontani sono veri, ma anche pretendere di smentirli. Si tratta di documenti narrativi che la Scienza non considera attendibili per le statistiche sulle cause di morte o incidenti. Ad esempio la saggezza popolare collegava (con poca ragione) i lupi alla Rabbia silvestre e pertanto diventa molto difficile distinguere tra persone perite a causa del lupo o della malattia. Certamente oggi non ci sono branchi di lupi affamati, perché per loro c'è cibo in abbondanza, e non ci sono minorenni che vagano sui monti di notte a sorvegliare greggi di pecore. In compenso ci sono mezzi di informazione talmente rapidi che la notizia di un'eventuale aggressione si diffonderebbe in pochi minuti. Possiamo perciò dire con certezza che non vi sono state aggressioni da secoli, neppure in quelle aree dove il lupo è sempre stato presente, come l'Abruzzo o i Balcani. Centinaia di ricercatori hanno passato la loro vita accanto ai lupi e sono tutti vivi! Un altro dato certo è che il lupo ha una paura folle dell'uomo. Non si fa vedere, lo evita e, in caso di incontro, scappa. Le sue abitudini notturne e l'habitat forestale non sono del tutto naturali, ma sono un adattamento alla presenza dell'uomo. In Nord America dove vi sono molte aree con presenza di lupi, sono registrati 1-2 attacchi ogni secolo. Lo stesso in Siberia. E' successo che grossi branchi di lupi (3 volte più numerosi dei nostri), molto affamati per il freddo intenso, prendessero di mira persone sole, quasi mai arrivando ad attaccare. Un'altra caratteristica della quasi totalità dei casi di aggressione riguarda lupi affetti da rabbia, malattia ormai rarissima in Italia ed Europa. Insomma, tutto può succedere e pertanto in futuro anche un'aggressione da lupo potrà accadere come ogni evento sfortunato, ma ad oggi le statistiche ci dicono che, quando si va a fare una passeggiata in montagna, si deve piuttosto stare attenti alle zecche (che in alcune aree anche in Italia trasmettono malattie mortali), ad api e calabroni e ai cani incustoditi, che causano in Italia decine di morti ogni anno; qualche vittima la fanno anche le vacche e i cinghiali. O piuttosto occorre guardarsi dal comportamento di altri uomini, dagli incidenti di caccia, da quelli che provocano slavine o fanno cadere massi. In definitiva, la paura del lupo dovrebbe durare quanto quella dell'Uomo Nero, fino alla fine dell'infanzia, oltre non ha basi logiche. Tuttavia, il lupo è un animale selvatico carnivoro e l'uomo si vanta di essere un animale intelligente. Quindi, osservateli da lontano, non seguiteli, non spaventateli, tenete legato il vostro cane, non date ai lupi da mangiare, ecc...Insomma, tenete un comportamento di buon senso e godetevi lo spettacolo! Amici del Lupo |
| inviato il 19 Aprile 2016 ore 22:22
IL RITORNO DEL LUPO Ormai dagli anni '90 del XX secolo il lupo ha fatto la sua ricomparsa sulle Alpi. Si tratta di un fenomeno di ricolonizzazione spontanea (in Italia il lupo non è mai stato reintrodotto dall'uomo da nessuna parte) dovuto a un processo di naturale e spontanea espansione della specie. Perché questo ritorno? Il fenomeno è stato favorito dalla concomitanza di alcuni fattori: lo spopolamento della montagna, il forte incremento delle prede naturali del lupo (soprattutto gli ungulati selvatici) e la protezione legale del predatore assicurata da leggi nazionali ed europee. A partire dall'Appennino Centro-Meridionale, unica zona in cui era sopravvissuto negli anni '70, il lupo ha ricolonizzato le Alpi Occidentali in maniera ormai stabile e, in anni recenti, le Alpi Centro-Orientali. Analogamente, nelle Alpi Orientali si sta assistendo a un fenomeno di reinsediamento a opera di lupi provenienti da Est, dalla popolazione dinarico-carpatica. Tale espansione ha portato le due popolazioni italiana e dinarica a “incontrarsi” in Trentino-Alto Adige e in Veneto. LUPO E PASTORIZIA Il lupo è un predatore specializzato nella caccia agli ungulati selvatici. Dove si attuano forme di allevamento brado o semi-brado e in assenza di forme di protezione, possono essere predati anche gli animali domestici, più facili da catturare di qualsiasi selvatico. Fra i domestici, gli animali più colpiti sono pecore e capre, ma sporadicamente possono essere attaccati anche vitelli, puledri e asini. È indispensabile intervenire con rapidità ed efficacia per minimizzare danni e disagi che il ritorno del lupo causa agli allevatori in alpeggio,perché alle attività pastorali, oltre al valore economico, sono legati anche valori di presidio del territorio e di tradizione che devono essere tutelati. Esistono diversi metodi di prevenzione, che permettono se non di eliminare totalmente almeno di ridurre il più possibile gli attacchi al bestiame domestico. Non esiste “il” sistema di prevenzione migliore in assoluto: a seconda del tipo di azienda agricola e delle caratteristiche del pascolo che si vuole proteggere, ciascun metodo può rivelarsi più o meno adatto. I risultati migliori si ottengono con la combinazione di diverse misure di prevenzione. RECINZIONI ELETTRIFICATE - CANI DA GUARDIANIA - FLADRY - DISSUASORI ACUSTICI E LUMINOSI I SISTEMI DI PREVENZIONE COMPORTANO COSTI AGGIUNTIVI? La spesa viva per l'acquisto degli strumenti di prevenzione può essere coperta dal progetto LIFE WOLFALPS o da altre misure di sostegno agli allevatori. Il vero costo aggiuntivo, in termini di tempo, denaro e fatica, è dato dalla necessità per il pastore di essere costantemente presente in alpeggio, così da gestire efficacemente tali sistemi. Recinzioni elettrificate, cani e fladry, se ben impiegati, possono ridurre di molto i danni, ma è sempre e comunque la presenza stabile del pastore in alpeggio a fare la differenza. Testi a cura del Consorzio del Parco Nazionale dello Stelvio e del Parco Naturale delle Alpi Marittime |
| inviato il 29 Aprile 2016 ore 14:56
05.06.2016 IL MONDO CORRE PER I LUPI Per il secondo anno consecutivo #WWF European Alpine Programme and Granfondo #StelvioSantini si schierano insieme per la tutela del #lupo. Scopri l'iniziativa su bit.ly/1VDZLtb Un saluto di corsa....e W il Lupo! |
| inviato il 08 Maggio 2016 ore 16:37
Perché una parte del mondo venatorio è contro il lupo? I lupi ? lo sanno anche i bimbi sono carnivori, si nutrono cioè di altri animali. Non lo fanno per scelta, lo fanno per natura. Assistiamo ultimamente ad una paradossale crociata di alcuni cacciatori a difesa degli ungulati (caprioli e cinghiali soprattutto) con tanto di video e foto che mostrano, sui giornali e sul web, carcasse di animali selvatici predati dal lupo. L'accusa fa sorridere. Ma come? Ma gli ungulati non erano troppi? Non facevano danni gravi all'agricoltura? Non dovevano i cacciatori ? moderni eroi rurali ? intervenire per ristabilire il naturale equilibrio tra prede e predatori? Ma come??? Se mangia le pecore non va bene e se mangia gli animali selvatici non va bene ancora??? Cosa devono mangiare i lupi, essendo carnivori??? E adesso il predatore è tornato e la selezione la fa da solo! Anzi, se vogliamo dirla tutta, il lupo è un selettore davvero efficiente, perché interviene sulle prede deboli, malate, malformi e contiene il numero dei giovani. Il cacciatore, in molte situazioni, mira al trofeo con il palco migliore e dà un contributo discutibile alla qualità della specie. Eppure sulle montagne italiane abbiamo una densità di ungulati stimata superiore a quella che c'era nel Medioevo. Un secolo fa, “l'uomo sostenibile alpino” aveva pressoché estinto Cervo e Capriolo, lo Stambecco era relegato alle riserve di caccia sabaude e soprattutto la superficie forestale era stata immensamente ridotta. Abbandono dei territori, istituzione di aree protette e aumento della sensibilità hanno riportato cervi, camosci, cinghiali e caprioli a numeri inimmaginabili fino a pochi anni fa. Questi numeri, del tutto innaturali, sono probabilmente il principale motivo del ritorno del lupo: la presenza stessa del lupo è indice che ci sono ungulati, dato che una delle regole base della biologia animale spiega che è il numero di prede a regolare il numero dei predatori. Oltre all'egoismo, all'istinto competitivo e alla scarsa conoscenza, ci sono altri motivi per cui una parte del mondo venatorio non vuole il lupo? Forse sì. Semplicemente la caccia di controllo è diventata un business: ampliamento dei luoghi, dei periodi e dei metodi di caccia, vendita di armi e munizioni, carne venduta ai ristoranti. Nel caso del cinghiale in certe zone d'Italia questo business è clamoroso e milionario. La strategia è chiara: si liberano gli ungulati per creare un problema, poi ci si propone come risolutori del problema, il problema diventa un business e dunque il problema non verrà mai risolto, secondo uno schema tipicamente italiano. Ma non avevano previsto il ritorno del lupo… Per inciso: molti cacciatori, invece, hanno un approccio più onesto al tema lupo. Del resto, nei paesi dove il lupo è presente da sempre, si va tranquillamente a caccia di ungulati. Alcuni cacciatori addirittura vedono il lupo con simpatia: del resto tra cacciatori bisognerebbe essere solidali, no? m.facebook.com/notes/amici-del-lupo/perch%C3%A9-una-parte-del-mondo-ve |
| inviato il 08 Maggio 2016 ore 18:02
impeccabile...come sempre! fa piacere leggere ciò che scrivi e come lo esprimi. Completamente daccordo con te. E lo dico da ex-cacciatore E' quasi incredibile che, nonostante siano già passati parecchi anni da quando il problema si è proposto all'opinione pubblica, nessuno si sia ancora reso conto che se ci sono troppi ungulati (sopratutto cinghiali) la colpa è da attribuire soltanto all'uomo. Nemmeno gli agricoltori, che sono i principali danneggiati e che dovrebbero conoscere meglio di altri il problema, intervengono in merito con il giusto approccio. A, beh...si, mi ero dimenticato...lo stato gli ha dato il contentino, facendo pagare i danni anche a quei cacciatori che non cacciano ungulati...che mondo strano il nostro...!!! grazie per il tuo pregevole contributo. I lupi, e chi li rispetta, te ne sono grati. ciao |
user25280 | inviato il 09 Maggio 2016 ore 13:19
Ancora un ottimo contributo da parte di Etneo71 con riflessioni che rispecchiano la realtà. |
| inviato il 23 Maggio 2016 ore 21:22
Serata per il lupo a Bormio Nell'ambito della nostra collaborazione con la Granfondo Stelvio Santini, il 4 giugno 2016 a partire dalle 18.30 presso il Palazzo del Ghiaccio di Bormio (SO) organizziamo una serata informativa e di sensibilizzazione a favore del lupo. Grazie alla presenza di esperti come Mauro Belardi (WWF European Alpine Programme) e Miha Krofel (ricercatore dell'Università di Lubiana), sarà possibile fare il punto sullo stato di conservazione del lupo sulle Alpi e sulle modalità di convivenza tra il grande predatore e le comunità locali. ULULA CON IL LUPO La serata sarà conclusa da un simpatico gioco: sulla scorta dell'esempio di Miha Krofel, chiederemo ai più coraggiosi tra i presenti di emettere un ululato il più realistico possibile. Unico e insindacabile giudice sarà Miha Krofel stesso che, in qualità di esperto di howling, decreterà il più bravo che si aggiudicherà la possibilità di essere accompagnato dal ricercatore sulle Alpi slovene alla ricerca delle tracce del lupo. www.facebook.com/wwwfamicidellupo/photos/a.387084384701669.87883.38706 Saluti! |
| inviato il 21 Giugno 2016 ore 21:41
Bellissima notizia! Grazie Marco!!! Un saluto orazio |
| inviato il 11 Settembre 2016 ore 19:52
AMICI DEL LUPO - NOTIZIA DEL 6/9/2016 Abbattere i lupi: una cura peggiore del male L'abbattimento di predatori comporta nella metà dei casi un aumento dei danni a scapito degli animali domestici: lo dimostra una ricerca pubblicata giovedì scorso nella rivista specialistica “Frontiers in Ecology and the Environment”. I risultati in caso di utilizzo di metodi non letali, come la protezione delle greggi, invece mostrano la loro efficacia : nell'80 % dei casi gli attacchi alle greggi sono diminuiti. Purtroppo in molte parti del mondo è diffusa tra le autorità, i cacciatori e gli allevatori di animali domestici come soluzione istintiva per evitare danni al bestiame quella più semplice, ovvero, abbattere i predatori, come orsi, lupi e grandi felini. I risultati dello studio dimostrano e confermano però che l'abbattimento è la cosiddetta 'cura peggiore del male'. Il gruppo di ricerca internazionale ha analizzato sistematicamente i risultati e la validità di vari studi condotti sia in America che in Europa. I risultati rilevati in Africa e Asia confermano questi esiti. Le considerazioni generali della ricerca non sono nuove, ma più evidenti che mai grazie all'ampio database internazionale. I metodi letali (come caccia, esche avvelenate o trappole) non risolvono i problemi degli allevatori ma al contrario aggravano i problemi esistenti. Solo nel 29% dei casi esaminati si ottiene una diminuzione temporanea degli attacchi al bestiame mentre nel 43% si nota invece un aumento dei danni in confronto degli animali domestici dopo l'abbattimento di un predatore. Nel caso si utilizzino metodi non letali (come l'uso di cani da guardia per le greggi, recinzioni elettriche o dissuasori come il nastro segnaletico) questi si sono rivelati invece efficaci e nell'80% dei casi esaminati i danni al bestiame sono diminuiti. Per questo, sulla base dell'attuale stato delle conoscenze, gli scienziati consigliano alle autorità e alle persone competenti di non prendere più in considerazione l'abbattimenti dei predatori per proteggere gli animali domestici. In Italia e in Svizzera sono in corso revisioni delle norme nazionali per concedere la possibilità di abbattere alcuni esemplari di lupo. Gabor von Bethlenfalvy, esperto di grandi carnivori per il WWF Svizzero dice: «È preoccupante quanto la politica si faccia guidare dalle pressioni degli interessi dei singoli e quanta poca considerazione dedichi alle esperienze pratiche e agli studi. Si accettano i metodi cruenti dei diretti interessati ed addirittura si incoraggiano». Il WWF ricorda anche che tutti i predatori che vivono nel territorio alpino, a cavallo tra i vari paesi, sono specie la cui popolazione è drasticamente minacciata e per questo qualunque soluzione sperimentale è da scoraggiare, specialmente per il lupo. Ancora oggi la decimazione della popolazione tramite abbattimenti casuali è una prassi ed il grande pericolo di questi metodi è che vengano uccisi individui importanti per la struttura del branco o l'approvvigionamento di cibo. Il rischio di peggiorare la situazione invece di migliorarla è troppo grande. Gabor von Bethlenfalvy dice a riguardo: «La migliore protezione del bestiame in una regione in cui sono presenti i lupi consiste nella protezione del gregge e nell'assicurare la struttura familiare stabile del branco» Anche in Italia è in corso di revisione la politica di gestione del lupo. Il primo Piano di Azione nazionale è stato redatto nel 2002, ormai scaduto da tempo e sostanzialmente scarsamente applicato sul territorio. Il Ministero dell'Ambiente ha dato incarico all'Unione Zoologica Italiana di redigere una nuova versione del piano che prevede tra l'altro le modalità e le condizioni per concedere le deroghe al divieto di abbattimento. Il lupo in Italia è oggi una specie protetta dalla direttive comunitarie e dalla Legge nazionale sulla caccia. Il WWF ha manifestato ripetutamente le motivazioni per cui l'abbattimento non è una soluzione per la gestione del lupo, consegnando direttamente al Ministro dell'Ambiente oltre 180.000 firme. Attualmente il Piano deve essere ancora discusso nella Conferenza Stato-Regioni, ma ci sono concrete possibilità che si possa fare marcia indietro prendendo atto che attualmente non esistono le condizioni per concedere le deroghe. www.wwf.it/news/notizie/?24741/Abbattere-i-lupi-una-cura-peggiore-del- |
|

Metti la tua pubblicità su JuzaPhoto (info) |