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“ Una delle maggiori forze della foto risiede nella sua sostanziale ambiguità di fondo, molto maggiore della già possibile ambiguità che risiede nelle parole (a questo proposito ritengo sia molto meglio non apporre alcuna didascalia piuttosto che scriverne una che ammazzi la foto incanalando verso una direzione ciò che meglio sarebbe lasciare fluttuare liberamente) „
sono d'accordo ma in modo moderato.
intanto ho notato che è meglio nominare una fotografia, in fase di ricerca se ha un nome che non sia 142536 è meglio. Già che un nome è utile è meglio darlo a senso, poi mi direte che si possono nominare le cartelle e non le foto, ma a mio avviso nominare anche l'immagine è meglio.
Sulla didascalia invece, talora è una vera fregatura, talaltra è utile. E' una fregatura quando l'immagine suscita ambiguità, è l'esempio del tuo avatar Rombro. uomo o donna? tamburo, scudo o altro oggetto? è invece molto utile quando si mescola didascalia e immagine per fare arrivare meglio il messaggio.
C'è poi un altro aspetto a mio avviso, visto se vogliamo dall'altro lato della medaglia. C'è chi le foto le riceve, ne capta il messaggio e poi, dato che gli corre l'obbligo, ci ricama sopra per pagine e pagine ampollosamente finché, al termine della lettura, quasi te le distrugge perché alla fine non ne puoi più che uno ti espliciti a parole quello che dovrebbe essere lasciato all'immagine. Mi riferisco ad un saggio di Germano Celan che sto leggendo, "Fotografia maledetta e non". Saranno più di 40 pagine che va avanti a commentare fotografie di Joel Peter Witkin ed alla fine hai la sensazione che meglio sarebbe nemmeno "tradurre in parole" e lasciare che parlassero le immagini.
A volte il nome di una fotografia invece è talmente ben pensato che, invece di esplicitare, rende tutto ancora più ambiguo. Peccato che al momento non mi sovvenga alcun esempio, va beh ormai l'aterosclerosi...
“ a questo proposito ritengo sia molto meglio non apporre alcuna didascalia piuttosto che scriverne una che ammazzi la foto incanalando verso una direzione ciò che meglio sarebbe lasciare fluttuare liberamente „
Ansel Adams, a cui spesso viene messa in bocca la frasetta sciocca e con ogni probabilità apocrifa della barzelletta giustamente già stigmatizzata anche in questa discussione, citava (per ironia della sorte attribuendola erroneamente a Louis Armstrong, ma in questo caso poco importa) un'arguta osservazione in origine riferita al jazz, "se hai bisogno di chiedere cos'è, non lo saprai mai", e riteneva che un titolo finalizzato a imporre una certa interpretazione del significato fosse un insulto allo spettatore, all'opera e al fotografo.
A proposito di Cioran, i suoi aforismi o sillogismi o come si vogliano definire sono adatti a quindicenni affascinati dal tedium vitae, nulla di nuovo sotto il sole (sempre di Satana), ma l'opera complessiva è ben più profonda di quattro pensieri su quanto sia brutto vivere e bello morire. Il che mi sembra adatto a quanto andiamo dicendo, ognuno a suo modo.
“ Ma dico io: il fotografo parte con una idea in testa, va lì, si porta con sé due persone ed una carrozzina (quella foto è ovviamente costruita), le mette in posa con pazienza e tempo, poi fa uno scatto compositivamente buono, che lancia un messaggio chiaro ed immediato. „
la foto è uno scatto fatto al volo nei piazzali del santuario di Caravaggio (BG), nello stesso giorno di pubblicazione. Non esiste alcuna costruzione premeditata. Alcune apparenti ovvietà vanno meditate prima di essere esposte.
Per il resto rispetto sempre qualsiasi giudizio sulle mie foto.
Ma infatti si sbaglia enormemente quando si parla del fatto che non ci sono novità, che è tutto già stato fatto, ecc. ecc.
Dedicarsi a fare un certo tipo di fotografia può avere una connotazione "politica", anche alla luce del fatto che è una pratica così diffusa e si parla tramite immagini che è praticamente la sintesi di consumo più veloce che abbiamo per comunicare, specialmente in questa epoca social/internettiana.
Quindi diciamo che tramite un mezzo "frivolo" alla portata di tutti, si ha la possibilità di parlare di cose tutt'altro che frivole.
Sarebbe un po' come dire non ha più senso scrivere o leggere libri di filosofia contemporanei perché di certe tematiche se ne occupavano già gli antichi greci.
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