| inviato il 12 Settembre 2018 ore 11:11
“ Ma é troppo semplicistico etichettare tutto come spazzatura credo che fenomeno vada capito e i dagato „ La fotografia è nata come figlia della pittura. Sono stati proprio gli amatori (vernacular photography) a trovare inconsapevolmente una via che la distanziasse. Una nuova forma. Proprio perché chi non è consapevole non è legato a forme precostituite (come la pittura appunto).. Poi certo la forma è stata cristallizzata ed elevata da quelli bravi. Mi viene in mente il colore... usato inizialmente solo per le fotografie "amatoriali" e poi solo successivamente sdoganato da Eggleston & C. come forma d'arte. Penso che possa accadere la stessa cosa per i selfie. Anche qui una forma nuova nata dall'espressione popolare che poi viene rielaborata e resa "fotograficamente interessante" da quelli bravi... |
| inviato il 12 Settembre 2018 ore 11:13
Concordo opisso e è anche così che la rete influisce sulla fotografia |
user158139 | inviato il 12 Settembre 2018 ore 11:22
“ é come se ci fosse un nuovo bisogno di affermarsi attraverso l'immagine „ Direi che si tratta di una democratizzazione dell'affermazione di sé attraverso l'immagine: pratica una volta riservata ai belli e famosi (o almeno una delle due cose) che adesso diventa accessibile ai bellocci e ignoti. |
| inviato il 12 Settembre 2018 ore 11:23
Forse non ho ben capito il tema, ma la mia risposta alla domanda del topic è negativa. Secondo me si fa confusione tra l'atto di fotografare e la divulgazione degli esiti. Il secondo aspetto, che può essere precisato in comunicazione, marketing, vendita e via dicendo subisce o innova, a secondo dei punti vista, quello che ha comportato la rivoluzione della rete. Il primo aspetto no, è solo una normale evoluzione, come lo è stato l'avvento del digitale. I contenuti, se vi sono, non cambiano in funzione degli strumenti di conoscibilità e conoscenza. In merito alla affermazione di Matteo Groppi sull'anacronismo di HCB credo che sia ampiamente opinabile. Mi piace far mie le motivazione del link che riporto di Alex Coghe su un certo aspetto di una certa fotografia. fotoreportando.wordpress.com/2018/09/10/riappropriarsi-dellemotivo-in- Anche questo va però preso "Cum grano salis", non valevole per tutti i generi. Come è normale che sia. Un saluto |
| inviato il 12 Settembre 2018 ore 11:42
Sarà una frase provocatoria quella di Umberto Eco ma la condivido.Internet è un'arma a doppio taglio nel senso che da la possibilità a molti autori bravi e sconosciuti di avere visibilità ed essere apprezzati ma anche di sopravvalutare autori pessimi o che non hanno nulla in più dagli altri. Instagram o fb oggi giorno sono essenziali per far girare le proprie immagini anche se diventa sempre più difficile starci dietro. Autori che mi son rimasti impressi per i loro lavori ne sono tanti tra questi Francesco Jodice per le sue immagini pulite e dalle cromie colore pastello o anche Paolo Pattigian che conosco poco ma lo trovo interessante. Alessio Albi giovane autore perugino sicuramente è uno di quelli che si è fatto strada grazie instagram (non è che mi faccia impazzire ma ci sono alcune sue immagini davvero molto belle). Ho buttato giù qualche nome quasi a caso per fare un esempio che oggi giorno internet da un forte contributo a farci conoscere autori che probabilmente non avremo mai saputo della loro esistenza nel campo fotografico. |
| inviato il 12 Settembre 2018 ore 11:49
Quello si ma internet ha modificato e nel caso come il loro approccio alla foto? È questo l'argomento in realtà |
user158139 | inviato il 12 Settembre 2018 ore 11:52
“ Quello si ma internet ha modificato e nel caso come il loro approccio alla foto? „ Mi sembra difficile poter affermare il contrario, è come se pretendessimo che un fotografo negli anni '60 non fosse influenzato dal cinema. Nessun uomo è un'isola, figuriamoci un fotografo. Sul "come" si può ovviamente discutere. |
| inviato il 12 Settembre 2018 ore 11:57
“ Sul "come" si può ovviamente discutere. „ è appunto quello che vorrei fare |
user158139 | inviato il 12 Settembre 2018 ore 12:22
Dunque, a me sembra che si stiano affermando due diverse direttrici, entrambe in contrapposizione al gusto dominante. La prima cerca la foto 'sporca', iperrealista, come a voler ricordare una realtà visiva dalla quale i filtri Instagram ci allontanano (ci proteggono?). La seconda invece si fa più sofisticata, usa tecniche inaccessibili agli smartphone (come le esposizioni lunghe, i tilt shift, etc.), allontanandosi quindi in direzione diametralmente opposta. Ma io di fotografia non ci capisco nulla, ci tengo a dirlo. |
| inviato il 12 Settembre 2018 ore 13:35
Sicuramente internet permette di visualizzare tantissimi autori diversi come generi ed approcci, questo continuo visualizzare aiuta molto a imbattersi in cose nuove come ad esempio il "selfie d'autore" (non ricordo il nome di una fotografa molto brava). C'è da dire anche che molti seguono le tendenze del momento diventando spesso un copia in colla di foto simili (questo per quanto riguarda in genere paesaggi e street) che possiamo anche definirle rumore. Forse il cambiamento non sta tanto nel fotografare ma nel postprodurre. Infatti buona parte delle immagini di massa che ci attraggono è per le cromie frutto dei tanti plugin che possiamo scaricare gratuitamente su internet.Fortunatamente questa invasione d'immagini simili tra di loro permettono d'individuare più facilmente autori bravi che in qualche modo si distinguono dalla massa tipo Jon Paul Douglass, Matt Black, Andhika Ramadhian, Dmitry Markov, Jonathan Higbee che a quanto pare non pubblicano immagini che si possano definire rumore. L'ultimo citato Higbee sicuramente per chi ama la Street potrebbe essere un buon punto di riferimento a chi è in cerca di una visione un po' diversa di questo genere fotografico dove la maggior parte delle immagini sono ormai simili tra di esse. |
user158139 | inviato il 12 Settembre 2018 ore 14:08
“ Jonathan Higbee „ Molto, molto interessante. Un HCB on steroids , un occhio davvero fenomenale, mi chiedo come faccia a realizzare certi scatti. Non lo conoscevo (forse avevo però già visto qualcosa di suo), grazie. |
| inviato il 12 Settembre 2018 ore 14:26
Ok, abbiamo detto che la rete influenza i fotografi e la fotografia. E siamo a pagina 7.... Teniamo distinti però almeno due livelli: 1) uso la rete come strumento per diffondere le mie immagini. Se devo distinguermi sul mercato dovrò produrre immagine almeno apparentemente originali, ben confezionate e proposte. Ci vogliono competenze non solo fotografiche, ma anche di marketing, di web design, ecc. 2) uso la rete per conoscere nuove tendenze, nuovi autori... e la uso anche inconsapevolmente, nel senso che inevitabilmente la rete (e soprattutto i social) come fenomeno sociale hanno influenza su di me che sono un individuo immerso in un contesto. Su questo secondo punto la mia limitata esperienza personale di fotografo mi dice che: A) certamente cerco sulla rete informazioni. Anche sull'orario delle mostre... Ma la mia "formazione continua" sulla fotografia rimane sempre mainstream (mostre, libri). Quello che mi è frullato in testa sabato vedendo insieme le sue mostre del MAST a Bologna (W. Eugene Smith e USA '68) difficilmente sarebbe scattato recuperando le stesse immagini sul web.... B) dal punto di vista "progettuale" (se non come opportunità di ricerca) la rete non mi pare abbia avuto chissà quale influenza sul mio modo di pensare alla fotografia. Ma questo, ripeto, è solo la mia personale esperienza. |
| inviato il 12 Settembre 2018 ore 14:30
Dimitry Markov è davvero MOLTO interessate. |
| inviato il 12 Settembre 2018 ore 15:05
Premetto che ho letto la discussione solo parzialmente e perciò mi scuso fin d'ora per eventuali “ritorni”a concetti già trattati. Il Web è stato, ed è, una rivoluzione epocale che ha cambiato il modo di vivere di tutti noi. E certamente non solo in campo fotografico. Tuttavia, ascoltando le sollecitazioni dell'autore del topic, vorrei restringere il mio ragionamento a questo ambito con una chiave di lettura che definirei “soggettiva” soffermandomi sulle possibilità di approccio che la contemporaneità consente a chi, da appassionato, intende cercare ed intraprendere un percorso fotografico di maggior consapevolezza espressiva. Chiave di lettura di possibili approcci “soggettivi” (dei singoli autori) dunque, anche se, nel tentare di tracciare un sentiero percorribile ritengo necessaria una breve premessa di carattere storico. L'invenzione della fotografia è stata anch'essa una vera e propria rivoluzione che, per limitarmi solo a questo aspetto, ha dato uno scossone al mondo dell'arte, alla pittura in particolare. Cercando di schematizzare al massimo (scusate!), sperando di non far scadere il valore dei concetti, è noto lo sforzo da parte dei primi fotografi per dare dignità espressiva ad un mezzo che molti rifiutavano in quanto frutto di un'azione meramente meccanica. Il pittorialismo fotografico nasceva proprio dal tentativo di dimostrare le possibilità espressive della fotografia attraverso molteplici interventi del fotografo (fotografie colorate a mano ad esempio). Con lo sviluppo di mezzi tecnici più adeguati e pellicole più sensibili, la fotografia intraprese, successivamente la grande epopea del reportage. In tutto il mondo nacquero riviste di successo che hanno fatto la storia della fotografie, cito, una per tutte, Life negli USA. L'avvento di nuovi mezzi di comunicazione più immediati ed efficaci nella descrizione degli avvenimenti del mondo (televisione e cinema documentario) decretò la fine lenta, ma inesorabile, di quell'epoca. Epoca che lasciò comunque in eredità una riconosciuta dignità e specificità alla fotografia. Non più, dunque, parente povera della pittura ma mezzo d'espressione autonomo con i caratteri dell'autoralità (famosi reporter entrarono nel mito). Il riconoscimento dell'autoralità è stato un passo importante la cui genesi è molto più articolata e complessa di quanto ho descritto qui ma, sempre procedendo a balzi nella storia, è stata l'origine del lento processo di sdoganamento della fotografia nel mondo dell'arte. Oggi la fotografia di Cartier Bresson viene unanimemente considerata arte anche se ciò non fosse tra le intenzioni dell'autore. L'avvicinamento e la contaminazione tra le arti a cui abbiamo assistito nei recenti decenni ha fatto sì che la fotografia contemporanea, dopo aver faticosamente conquistato autonoma dignità attraverso la sua dirompente capacità descrittiva nel cogliere la realtà (reportage) fin nei suoi “attimi fuggenti”, ha, per molti suoi aspetti, intrapreso (o ripreso) un percorso inverso. Una via di ricerca espressiva concettuale sempre più lontana dalla tradizione descrittiva e di documentazione della realtà. Un po' quello che successe alla pittura quando, in concomitanza con l'avvento della fotografia, abbandonò ogni spinta realista per approdare a soluzioni nuove (impressionismo, cubismo etc.) La fotografia era infatti un mezzo imbattibile per chi dipingeva con pretese di riprodurre la realtà. Parimenti oggi, il fotografo che si limita a riprendere il “bello intorno a sé”, magari raccoglierà soddisfazioni personali e tra gli amici. Non c'è niente di male eh! Magari vincerà anche l'EP ma difficilmente andrà oltre. Migliaia di fotografie descrittive, di qualsiasi luogo o soggetto, di qualità tecnica quasi sempre superiore alle nostre, si possono trovare in internet in pochi secondi. Idem per le foto “spettacolari” che si consumano quasi sempre alla velocità della luce e, a distanza di anni, fanno tenerezza al pari degli effetti speciali del cinema di cinquant'anni fa. Il web, a mio giudizio, ha segnato, nella povertà contenutistica di gran parte dei suoi spazi social e popolari, una profonda linea di demarcazione tra fotografia percettiva (fotografo quello che vedo) e fotografia interpretativa (interpreto quello che fotografo). Un confine più che mai segnato, che si appalesa alla prima visita ad una mostra di un autore di livello o percorrendo una serie di esposizioni in un qualsiasi festival di fotografia (i Rencontres di Arles, per esempio). Paradossalmente la spazzatura del web ha fornito maggiori strumenti che in passato al fine di acquisire capacità critica nel distinguere il banale da ciò che vale. I 1000000 tramonti spettacolari (gli americani li definiscono “porno landscape”) o le gondole con S. Giorgio sullo sfondo non hanno nessuna possibilità di distinguersi tra migliaia di altre. Internet consente anche, con ricerche certo più mirate e pazienti, di scoprire e/o conoscere autori di qualità molto più facilmente che in passato ed ha dimostrato quello che molti critici sostengono da anni: “la fotografia è un linguaggio”. Personalmente preferisco dire che la fotografia è ANCHE un linguaggio ma ciò non toglie che mai come oggi, soprattutto i giovani, preferiscano parlare e comunicare per immagini postate sulle varie piattaforme social. Un linguaggio universale che non richiede nemmeno traduzione! Come si deve muovere, dunque, un appassionato che non vive di fotografia in un mondo tanto variegato ed in continua trasformazione? Dato per scontato che ciascuno può fare, naturalmente, ciò che più lo soddisfa, fosse anche la più banale, trita ed insignificante delle fotografie, la mia personale risposta, come ho scritto mille volte in passato, mai come oggi è quella di ricercare la via dell'approfondimento espressivo. Provare ad esprimere la propria individualità e personalità attraverso la fotografia. Questo spesso significa trovare contenuti da condividere indagando su ciò che per gli altri è invisibile (un bel tramonto lo vedono e lo fotografano tutti!). Il web dovrebbe dunque essere utilizzato per quello che è: un mezzo per comunicare, studiare e raccogliere informazioni. Non venir risucchiati nel vortice del banale, della spazzatura, non è poi così difficile se si utilizzano i mezzi a disposizione solo per i nostri scopi e senza diventarne dipendenti. |
| inviato il 12 Settembre 2018 ore 15:07
"Quello che va di più è la foto formato quadrato a colori senza post produzioni o tecniche eccessive che rappresentano frammenti quotidiani"...Opisso ormai sono anni che utilizzo spesso il formato quadrato con cornice bianca massiccia con foto sia a colori che in b.n e una p.p ridotta all'osso.Giuro di non essere stato influenzato dal web. Tutto naque anni fa guardando delle vecchie istantanee e fui colpito perché quelle immagini sapevano di vecchi ricordi scattate da gente comune...il fascino della non perfezione, momenti immortalati così come erano stati visti, foto nate per ricordare alcuni momenti belli o brutti che siano. Tutto questo rientra nel mio approccio con la fotografia. Elaborare le immagini con una p.p eccessiva porterebbe l'osservatore alla sensazione di foto elaborata perdendo così la sensazione dello scatto amatoriale spontaneo. |
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