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Forse un giorno, se riuscirò a capire come si toglie il tappo all'obiettivo da kit che mi è appena arrivato (da qualche giorno per la verità), se prenderò il coraggio a due mani e uscirò di casa, se avrò la sfrontatezza di portare appresso la reflex, se vedrò qualcosa di interessante da fotografare, se ne verrà fuori qualcosa almeno di passabile... beh, allora forse posterò una foto. Ma sarà comunque un lavoro nuovo. Chissà, può anche essere stuzzicante l'idea. Ci ragiono su.
Questa idea che c'è un messaggio che il fotografo vuole/deve trasmettere mi si è avviticchiata addosso e non riesco più a liberarmene. Ma sarà davvero così, o meglio, è nato prima il messaggio o il fotografo?
Mi viene spontaneo dire: è nata prima la voglia di comunicare. Se è vero, ed è vero, che ogni specie animale ha il proprio linguaggio fatto di gesti e di suoni, noi abbiamo voluto esagerare ed abbiamo voluto articolare suoni trasformandoli in parole, abbiamo preso un bastoncino carbonizzato per disegnare scene di caccia rupestri magari beneauguranti... arrivati a creare la camera oscura, intravedere che mediante essa si può mandare un messaggio è stato un passo fisiologico, direi.
Io non ho una risposta precisa ed anche qui credo che non ce ne sia una unica.
Alle volte "mi auguro" che sia nato prima il bisogno di "buttar fuori" qualche contenuto interiore profondo e solo subito dopo ci si sia posti il problema di quale forma potesse prendere (messaggio).
Poi mi rendo conto invece che ci sono fotografie nate esclusivamente perché dovevano essere messaggi. È la storia del fotogiornalismo.
Se la fotografia è "solo" (si fa per dire) uno degli ultimi linguaggi espressivi creati dall'uomo, allora sembra logico che sia nato prima il bisogno di comunicare, non necessariamente un "messaggio" complesso, anche un'emozione, una sensazione; non ha senso un linguaggio se non c'è una comunicazione
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