| inviato il 12 Marzo 2015 ore 12:56
@Caterina Bruzzone L'immagine di Turner che hai segnalato è stata la causa del mio passaggio al colore molti anni fa! Turner, insieme ad Haas, in quegli anni era uno dei pochi che usava il colore con risultati eccelsi. Si, ok, Filiberto, poi contribuirò anch'io con le mie preferite.... |
user39791 | inviato il 12 Marzo 2015 ore 13:01
“ Si, ok, Filiberto, poi contribuirò anch'io con le mie preferite....;-) „ Ci conto! |
| inviato il 12 Marzo 2015 ore 13:03
Franco, Haas è quello che mi ha fatta appassionare al mosso
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| inviato il 12 Marzo 2015 ore 13:10
E' curioso notare piuttosto come la media di questo thread si discosti dalla media del forum. I casi sono 2: - gli avifaunisti/paesaggisti non frequentano (se non rari casi) questa sezione - gli avifaunisti/paesaggisti amano foto diverse da quelle che fanno Ed entrambi gli scenari mi sembrano molto interessanti. |
| inviato il 12 Marzo 2015 ore 13:16
ecco uno scatto che quando l'ho visto mi ha fatto accapponare la pelle, riguarda un incendio, purtroppo.... la foto è servita in questo caso a far emettere ed imporre severe norme di sicurezza antincendio.
 foto di Stanley Forman, quella più piccolina si salvò, afferrata al volo da un Firefighter... |
user39791 | inviato il 12 Marzo 2015 ore 13:20
Shambola lo scopo non è quello di essere rappresentativi del forum, lungi da me un progetto così ambizioso, ma di aprire un piccolo spazio per condividere delle foto che ci hanno colpiti, pertanto lo fa unicamente chi ha interesse a farlo. Quindi ben vengano, se lo vogliono, avifaunisti, paesaggisti, fotografi sportivi, ecc.......... |
| inviato il 12 Marzo 2015 ore 13:26
Mario, questa non l'avevo mai vista. Terribile! |
| inviato il 12 Marzo 2015 ore 13:46
Dunque, la mia nascita, fotograficamente parlando, è sicuramente frutto di un paio di libri pubblicati su Venezia di un signore che si chiama Fulvio Roiter in cui da ragazzino letteralmente mi ci perdevo per ore. Potrei inserire qui delle celeberrime foto di Vittorio Sella, Berengo, Fontana, Eugene Smith, Lartigue, Walker Evans, Salgado o Erwitt (e sono solo i primi che mi vengono ora in mente), ma invece citerei un contemporaneo conosciuto di persona ad una sua mostra un paio di anni fa che sicuramente non ha la risonanza dei precedenti, ma che ha per me una visione immaginifica straordinaria: Mario Lasalandra
 Saluti Roberto |
| inviato il 12 Marzo 2015 ore 13:58
Non ho una foto preferita (anzi ne avrei molte). La mia segnalazione va ad un libro fotografico (e quindi a TUTTE le sue foto) che, ancora oggi, mi fa sobbalzare dalla sedia. Sono un'ottantina di immagini in B&N scattate negli anni '50 da Robert Frank durante un viaggio solitario negli Stati Uniti con una vecchia automobile. Ne uscì un racconto dell'America privo di retorica, senza alcuna ricerca di momenti decisivi o compiacimenti estetizzanti. Per l'epoca fu una rivoluzione. Frank venne sospettato di antiamericanismo (era ancora vivo il ricordo del maccartismo) e la diffusissima rivista Popular Photography stroncò i suoi lavori stigmatizzando come sfocature senza senso, grana, orizzonti storti, composizioni apparentemente casuali quelle che erano scelte consapevoli di un nuovo linguaggio fotografico. Quelle ottanta immagini si possono, ancora oggi considerare, come uno dei massimi progetti organici di narrazione fotografica. Si tratta di un esempio mirabile di ricerca tesa a superare il limite narrativo dell'immagine singola. Terreno di ricerca non ancora conclusa, che oggi sintetizziamo col concetto di "progettualità". Ha ancora senso discutere di questo libro a quasi 60 anni dalla sua pubblicazione? Per rispondere con Calvino è "un libro che non ha mai finito di dire quello che ha da dire". Ah, dimenticavo il libro, per quei pochi che non l'avessero capito, il libro è questo:
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| inviato il 12 Marzo 2015 ore 14:13
Ecco, quello di Robert Frank è un altro gran bel lavoro. |
| inviato il 12 Marzo 2015 ore 14:16
“ Non ho una foto preferita (anzi ne avrei molte). La mia segnalazione va ad un libro fotografico (e quindi a TUTTE le sue foto) che, ancora oggi, mi fa sobbalzare dalla sedia. Sono un'ottantina di immagini in B&N scattate negli anni '50 da Robert Frank durante un viaggio solitario negli Stati Uniti con una vecchia automobile. Ne uscì un racconto dell'America privo di retorica, senza alcuna ricerca di momenti decisivi o compiacimenti estetizzanti. Per l'epoca fu una rivoluzione. Frank venne sospettato di antiamericanismo (era ancora vivo il ricordo del maccartismo) e la diffusissima rivista Popular Photography stroncò i suoi lavori stigmatizzando come sfocature senza senso, grana, orizzonti storti, composizioni apparentemente casuali quelle che erano scelte consapevoli di un nuovo linguaggio fotografico. Quelle ottanta immagini si possono, ancora oggi considerare, come uno dei massimi progetti organici di narrazione fotografica. Si tratta di un esempio mirabile di ricerca tesa a superare il limite narrativo dell'immagine singola. Terreno di ricerca non ancora conclusa, che oggi sintetizziamo col concetto di "progettualità". Ha ancora senso discutere di questo libro a quasi 60 anni dalla sua pubblicazione? Per rispondere con Calvino è "un libro che non ha mai finito di dire quello che ha da dire". Ah, dimenticavo il libro, per quei pochi che non l'avessero capito, il libro è questo: „ Conosco quel libro: mi ricorda Carver. Anzi, ho considerato Robert Frank ( in quel libro meraviglioso tra l'altro "introdotto" da un tipetto come kerouac) il Carver della fotografia. |
| inviato il 12 Marzo 2015 ore 14:30
@Filiberto Lo so, ed è proprio perchè è (ovviamente) aperto a chiunque che mi fa strano che rappresenti un genere così circoscritto! @Jeronim hai visto il mio thread sul documentario (terribile) sull'opera di Frank? |
user12181 | inviato il 12 Marzo 2015 ore 14:35
Parecchi anni fa vidi un documentario alla televisione dedicato a un celebre fotografo americano dalla barba bianca, seguito dalla cinepresa mentre andava fotografando con una Hasselblad, e con qualche impaccio dovuto all'età, paesaggi americani. Rimasi colpito da alcune delle foto mostrate (una in particolare). Dimenticai subito il suo nome e anche i luoghi, ma rimasi sempre con il desiderio di comperare una Hasselblad e anche di trovare da qualche parte chi era il fotografo. Ancora dopo anni, quando facevo le mie passeggiate in montagna con al collo una Canon FTb e il cinquantino, avevo in mente quelle (quella) foto. Solo più tardi, quando ormai era morto, capii che si trattava di Adams e di Yosemite e che la foto che mi aveva impressionato in modo durevole era probabilmente Clearing winter storm. Ancora prima ero stato colpito dai seminaristi (i "pretini") di Giacomelli, anche in questo caso per alcuni anni non avevo conservato il ricordo del nome. Un po' dopo, altro colpo furono le foto valtellinesi di Vittorio Sella in una pubblicazione della Sezione Valtellinese del CAI, in particolare quelle del Disgrazia, con gli omini in bombetta al cospetto di rocce e ghiacci, che oggi, ahimé, mostrano solo una facies hippocratica. |
| inviato il 12 Marzo 2015 ore 14:37
Concordo con te Saben. In proposito aggiungo una considerazione di Elliot Erwitt. Non leggetela come un'impossibile, anacronistica classifica di valori ma semplicemente come una sintesi del pensiero moderno sul linguaggio fotografico. Parlando di The Americans, Erwitt dirà: Elliott Erwitt: "Le immagini di Robert Frank potrebbero colpire qualcuno come sciatte ? l'estensione dei toni non è giusta e cose del genere ? ma sono di gran lunga superiori alle immagini di Ansel Adams per quanto riguarda la qualità, perché la qualità di Ansel Adams, se posso dirlo, è essenzialmente la qualità di una cartolina. Ma la qualità di Robert Frank è una qualità che ha qualcosa a che fare con ciò che egli sta facendo, con quella che è la sua mente ? E' qualcosa che ha a che fare con l'intenzione". |
| inviato il 12 Marzo 2015 ore 14:44
“ Elliott Erwitt: "Le immagini di Robert Frank potrebbero colpire qualcuno come sciatte ? l'estensione dei toni non è giusta e cose del genere ? ma sono di gran lunga superiori alle immagini di Ansel Adams per quanto riguarda la qualità, perché la qualità di Ansel Adams, se posso dirlo, è essenzialmente la qualità di una cartolina. Ma la qualità di Robert Frank è una qualità che ha qualcosa a che fare con ciò che egli sta facendo, con quella che è la sua mente ? E' qualcosa che ha a che fare con l'intenzione". „ Null'altro da aggiungere (e chi se lo potrebbe permettere tra noi comuni mortali?) se non "non ha aperto le ombre" . Dunque, amen. |
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