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"Il bianco e nero racconta il mio mondo interiore, le emozioni e i sentimenti più profondi che provo ogni giorno camminando per le strade di Tokyo o di altre città, come un vagabondo senza meta."
"Il colore descrive ciò che incontro senza filtri, e mi piace registrarlo per come si presenta ai miei occhi. Il bianco e nero è ricco di contrasti, è aspro, riflette a pieno il mio carattere solitario. Il colore è gentile, riguardoso, come io mi pongo nei confronti del mondo”
una narrazione soggettiva riguardante "Skatopia", la fattoria gestita dallo skater professionista Brewce Martin negli Appalachi (nel sud-est dell'Ohio) dove lo skate hardcore, il punk rock e la cultura hillbilly confluiscono in una comunità anarchica davvero unica.
Un lavoro sviluppato nella cittadina di Black River Falls, nel Wisconsin. La stessa cittadina è il soggetto di "Wisconsin Death Trip", un libro di fotografie scattate da Charles Van Schaick alla fine del 1800 che documenta le desolanti difficoltà delle vite e delle morti dei suoi abitanti.
Sanguinetti si è imbattuta per la prima volta in questo libro da bambina e l'esperienza è rimasta impressa nella sua memoria come il suo primo contatto con la mortalità. " Fu la prima volta che la mia mente di bambina di nove anni capì che molte altre persone erano venute prima di me, e non sarei mai stata in grado di guardarli negli occhi se non fosse stato per quelle fotografie " " Subito dopo, iniziai a fotografare tutto e tutti nella mia vita, per evitare che tutti noi scomparissimo ". Questo incontro l'ha portata a esplorare lo strano rapporto tra fotografia e morte e, infine, a visitare personalmente Black River Falls per quasi un decennio.
Le scene austere e scultoree e i ritratti ambigui e inquieti che compongono "Some Say Ice" ritraggono un luogo quasi fuori dal tempo, alludono a cose assenti o invisibili. Presentate senza testi o spiegazioni, le fotografie hanno lo spirito del gotico, giocando su atmosfere sia reali che immaginarie, nonché sulla possibilità spettrale di annullare la morte attraverso l'atto fotografico.
qui un video del libro:
per chi ha fretta, un video che dura pochissimo, appena un minuto, qui
A me é arrivato chocolate di Marc Lagrange regalo di mia moglie. Davvero un bel libro e come tutte le foto del fotografo molto eleganti e la colorazione seppiata da un bel tocco
Marc Lagrange non lo avevo mai sentito nominare, ma premetto che le foto di ritratto sono un genere che non ho mai approfondito bene e diciamo che apprezzo maggiormente i ritratti di persone "vere" dentro una storia o nel loro ambiente. In questo caso vedo ritratti di modelle bellissime che posano con lo sguardo rigorosamente in macchina e affascinati ambientazioni ma finisco ad osservare in velocità solo la ragazza e non la foto nell' insieme...sento che come esperienza visiva non mi resta molto su cui meditare. Ci trovo tanto manierismo in quello sguardo magnetico che attira l'attenzione del fruitore, come se il fotografo avesse passato un evidenziatore sugli occhi e ammetto che a tratti l' ho trovato disturbante.
Però questa segnalazione mi fa rimbalzare in testa se in un ritratto è meglio lo sguardo in macchina oppure no... credo che lo sguardo in macchina permette maggior sicurezza al soggetto e può far recitare il suo corpo come se si mettesse una maschera fingendo di essere chi vuole, mentre con uno sguardo da un altra parte mi sembra che il soggetto si mostri in maniera più sincera, si mette a nudo dando l' impressione che lo scatto sia meno costruito e consente al il fruitore di seguire lo sguardo all' interno o fuori dell' inquadratura permettendo sensazioni diverse in base alle proprie sensibilità o costruzione dell' immagine.
(Banali considerazioni a voce alta con la consapevolezza che ogni bravo fotografo di ritratto è in grado di raggiungere i propri intenti con o senza lo sguardo in macchina dei propri soggetti).
ieri da amici, visto il periodo, tra tanti libri di fotografia si è fatto notare un libro per il colore delle sue pagine e la colorazione del taglio, non avevo mai visto un libro tutto rosso...
Le fotografie di Sikka indugiano negli spazi silenziosi di Città del Capo, abbracciando sia la bellezza che il silenzio. E poi è la delicata danza tra paesaggio e memoria. In queste immagini, la terra stessa sembra sussurrare storie mai raccontate, riecheggiando la resilienza di un luogo che custodisce sia cicatrici che grazia. Le fotografie ci invitano a vedere oltre la superficie, a sentire il polso di una città intrappolata tra il peso del suo passato e la leggerezza della brezza marina.
Sicuramente già stato proposto, è una mia patologia ma se dovessi salvare un solo genere fotografico, salverei il reportage e la street; tra gli altri, forse banalmente, salverei per la sua eleganza l'Alan Schaller di Metropolis del 2023 ed.teNeues: un ragazzo dell'88 che ha molti proseliti. Lo terrei in biblioteca
Io lo trovo molto elegante, il classico libro che sfoglio e risfoglio Ogni immagine ha una una cura eccezionale, sicuramente appena possibile prenderò anche senza parole Personalmente non ho nessun libro street se non uno di Martin parr autografato e mi basta, anche se moriyama lo prenderei
Oltretutto la qualità di stampa del libro è notevole. Daido Moriyama anche mi piace: ne ho uno. Consigliabile Record 2 che ho in montagna.
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