| inviato il 05 Agosto 2023 ore 3:05
“ Comunque, se Daniele o altri, andate ad una mostra di GBG, per esempio con il lavoro fotografico da lui fatto sui manicomi, oppure quello sulle grandi navi a Venezia, non potro' certo io impedirvi di pensare che quanto mostrato sia una distorsione o una mistificazione della realta'. „ Mi spiace che non leggerai in quanto hai dichiarato di aver abbandonato il thread, ma ciononostante mi scappano queste considerazioni in risposta alle qui quotate tue... Almeno saranno a beneficio degli altri tra coloro che ancora vi partecipano. Di fronte agli accadimenti del mondo fisico che definiamo "realtà", questi o meglio questa realtà è percepita dagli umani attraverso il proprio cervello che agisce "interpretando". Sappiamo tutti che quando vengono sentiti testimoni a riportare su un dato fatto che hanno assistito, a dimostrazione, non si hanno mai ricostruzioni univoche e uniformi proprio perchè interviene l'interpretazione individuale con tutte le differenze di ciascun essere pensante. Chi "interpreta" in un modo e chi in un altro. Affermare che la fotografia riporta la realtà, è di per sè un concetto altamente lapalissiano, ove intesa la mera registrazione di ciò che appartiene al mondo fisico e che viene percepita attraverso i nostri sensi. (Anzi anche oltre ciò che rientra nei nostri 5 sensi, vedesi ad es. le lastre delle radiografie o la fotografia kirlian...). Ma questo concetto di realtà lapalissiana poi trova la fruizione di tanti cervelli diversi quanti sono gli osservatori di tale foto, oltre a quella del suo autore, ed ecco perchè entra in gioco la fatidica interpretazione, che porterà anche a "letture" difficilmente univoche, ma personalizzate e spesso diverse. Soprattutto in relazione di quella che è la "verità". Venendo al reportage di GBG sulle grandi navi a Venezia, l'uso dell'inquadrature, dei punti di ripresa e delle ottiche da lui utilizzate hanno restituito la sua interpretazione ovviamente volta a stigmatizzare tale prassi e per la quale tutti quanti noi concordiamo nella sua assurdità e da vietare. Ma per contro immaginando che le compagnie croceristiche avessero incaricato ad un altro fotografo di realizzare un servizio da contrapporre a quello di Gardin, costui con inquadrature, punti di ripresa e ottiche avrebbe sicuramente mostrato qualcosa di ben più soft. Senza scomodare l'abc della fotografia, ma dove l'uso del tele del Berengo mostra le iper-navi "incastrate" tra gli edifici e sovrastare gli scorci ripresi, l'altro ritraente utilizzando altri punti di ripresa con medi grandangoli, spinti, e ultra, avrebbe potuto restituire ben altra impressione, mitigandone gli spazi che da asfissianti sarebbero risultati ben più ariosi, dilatati e "accettabili". Stesso discorso per i manicomi, le foto di Gardin sono stati determinanti per arrivare a legiferare sulla loro chiusura. Ma se al suo posto un altro fotografo avesse realizzato immagini dove invece gli infermieri prestavano amorevole assistenza, una carezza ad un degente, sottobraccio a camminare nel verde, un alto aiutato o imboccato durante il pasto in mensa, altri mentre cercano di svagarne un gruppetto, medici colti con gesti di empatia durante una visita etc ... Si comprende bene come la "realtà" gardiniana vedrebbe un'altra altrettante "realtà" di quello stesso manicomio completamente opposta e per la quale magari la soppressione di tali nosocomi al tempo non sarebbe avvenuta. In compenso come spesso avviene, esistono eccezioni, e nel nostro caso è quando realtà e interpretazione coincidono in maniera univoca. Ad es. la foto del corpo di Moro nel bagagliaio della R4 con intorno il capannello di gente, o come una delle molte foto della Battaglia ritraenti anche illustri vittime di efferati omicidi, Mussolini che penzola a piazzale Loreto, la folla mentre abbatte il muro di Berlino, Notre Dame incendiata, le torri gemelle colpite e crollate, sono foto di questa "realtà" che in questi esempi risulta come comunemente percepita ed accettata, in questo caso universalmente, e dove la diversità di interpretazione risulta annullata. | 
| inviato il 05 Agosto 2023 ore 15:23
“ Bruno sinceramente non so se ti piace trollare o non capisci quel che leggi „ Penso si tratti dell'ennesimo alias di troll seriale espulso dal forum il 14 luglio e reiscritto il 15. Fa interventi fotocopia. | 
| inviato il 05 Agosto 2023 ore 16:49
Scusate se scrivo una cosa un po' da str*nzo, ma non è che quando tutto quello che si poteva dire è già stato detto bisogna per forza riempire le 15 pagine ripetendo le solite banalità... (continuo ad essere convinto che 15 pagine per una discussione sono troppe...) | 
| inviato il 06 Agosto 2023 ore 9:34
Certo che se per avere la "realtà" occorrono obbligatoriamente pellicole Velvia, fotocamere rigorosamente Leica e ottiche da millemila Euro, consulto un veggente che mi dica in anticipo dove accadranno questo e quell'altro misfatto e me li vado a vedere dal vivo: adrenalina pura e mi costa sicuramente meno | 
| inviato il 06 Agosto 2023 ore 10:29
“ Interventi fotocopia? Ma sei tu che hai le traveggole o soffri di diplopia „ Entrambi e molto altro, ma non cito impunemente De Andrè. |    
| inviato il 06 Agosto 2023 ore 19:35
Certo che se per avere la "realtà" occorrono obbligatoriamente pellicole Velvia, fotocamere rigorosamente Leica e ottiche da millemila Euro, consulto un veggente che mi dica in anticipo dove accadranno questo e quell'altro misfatto e me li vado a vedere dal vivo: adrenalina pura e mi costa sicuramente meno *********************************** Non ce n'è bisogno Daniele, certe cose avvegono solo nella sua mente | 
| inviato il 07 Agosto 2023 ore 8:22
Paolo l'ha detta giusta |  
| inviato il 08 Agosto 2023 ore 12:17
Alla fine un fotomontaggio si poteva realizzare a pellicola così come ora si può realizzarlo in digitale, al limite a pellicola non avrà l'accuratezza che ha se ottenuto in digitale ma comunque si poteva, e si può, fare. Questo a prescindere dalla ricerca della "realtà" che anima Gianni Berengo Gardin, e non solo lui! | 
| inviato il 08 Agosto 2023 ore 15:30
Bravo Paolo! | 
| inviato il 08 Agosto 2023 ore 17:27
Paolo dixit...Paolo è un mestro | 
| inviato il 16 Agosto 2023 ore 10:48
Torno dopo qualche tempo e leggo: “ Affermare che la fotografia riporta la realtà, è di per sè un concetto altamente lapalissiano, ove intesa la mera registrazione di ciò che appartiene al mondo fisico e che viene percepita attraverso i nostri sensi. „ Questo è (o dovrebbe essere) il punto di partenza.. “ Ma questo concetto di realtà lapalissiana poi trova la fruizione di tanti cervelli diversi quanti sono gli osservatori di tale foto, oltre a quella del suo autore, ed ecco perchè entra in gioco la fatidica interpretazione, che porterà anche a "letture" difficilmente univoche, ma personalizzate e spesso diverse. Soprattutto in relazione di quella che è la "verità". Venendo al reportage di GBG sulle grandi navi a Venezia, l'uso dell'inquadrature, dei punti di ripresa e delle ottiche da lui utilizzate hanno restituito la sua interpretazione ovviamente volta a stigmatizzare tale prassi e per la quale tutti quanti noi concordiamo nella sua assurdità e da vietare. Ma per contro immaginando che le compagnie croceristiche avessero incaricato ad un altro fotografo di realizzare un servizio da contrapporre a quello di Gardin, costui con inquadrature, punti di ripresa e ottiche avrebbe sicuramente mostrato qualcosa di ben più soft. Senza scomodare l'abc della fotografia, ma dove l'uso del tele del Berengo mostra le iper-navi "incastrate" tra gli edifici e sovrastare gli scorci ripresi, l'altro ritraente utilizzando altri punti di ripresa con medi grandangoli, spinti, e ultra, avrebbe potuto restituire ben altra impressione, mitigandone gli spazi che da asfissianti sarebbero risultati ben più ariosi, dilatati e "accettabili". „ Aggiungerei anche quello che banalmente è il senso del fotoreportage: si parte dalle fotografie per fare ritorno alla realtà che le ha generate. Se fermo all'immagine l'osservatore resterà in balia delle proprie interpretazioni "ad libitum" (d'accordo che comunque una certa soggettività di interpretazione rimane). Ad esempio nel caso delle grandi navi, senz'altro fondamentale la scelta dei punti di ripresa "atti allo scopo". L'uso del b/n ha certamente contribuito a "smascherare" l'imponente presenza delle navi. D'accordo in parte sull'uso del teleobiettivo. Alcune di quelle foto sono state effettuate con ottica normale, altre con medio tele. La realtà è che queste navi erano lunghe quasi il doppio di piazza San Marco, alte il doppio dei palazzi storici di Venezia, e passavano relativamente vicine alla banchina, attraversavano il canale della Giudecca. Non solo sembravano incastonate tra i canali quindi ma quasi quasi lo erano davvero. Lunghi fuochi non mi risulta siano stati necessari a Barengo, egli ci riporta quello che vedono i suoi occhi e il mirino della sua Leica. Il reportage "alternativo" del fotografo assoldato dalle compagnie di navigazione ci avrebbe detto che l'impatto visivo è soggettivo, cosa che è vera (un pò meno il rischio di incidente, le dimensioni e gli spazi quelli sono), ci avrebbe mostrato come la crociera che passa per Venezia sia un'esperienza indimenticabile per i turisti che ne prendono parte (con tutto l'indotto economico per la città)..anche queste mi sembrano cose vere, come dargli torto ? Quindi in definitiva credo che il reportage fotografico non sia da intendere come una dimostrazione della "verità assoluta" ma vada a mostrare alcuni aspetti della realtà, ciascuno dei quali non esclude l'altro. Chi deve prendere decisioni o dare un giudizio dovrà approfondire (nel mondo reale) i vari aspetti e metterli sul piatto della bilancia. “ Ad es. la foto del corpo di Moro nel bagagliaio della R4 con intorno il capannello di gente, o come una delle molte foto della Battaglia ritraenti anche illustri vittime di efferati omicidi, Mussolini che penzola a piazzale Loreto, la folla mentre abbatte il muro di Berlino, Notre Dame incendiata, le torri gemelle colpite e crollate, sono foto di questa "realtà" che in questi esempi risulta come comunemente percepita ed accettata, in questo caso universalmente, e dove la diversità di interpretazione risulta annullata. „ Sì qui il legame tra realtà ed immagine è quasi istantaneamente ed inconsciamente accettato, essendo noi o chi ha vissuto questi eventi informati in tempo reale o quasi da migliaia di testimoni, giornalisti presenti, immagini tv.. “ A questo punto entra in gioco l'uso che si fa di quella fotografia, e qui mi viene in mente una vecchia diatriba circa il fotoreportage, anzi, circa la più famosa foto di guerra: il "miliziano morente" ritratto da Robert Capa nel 1936. A cavallo tra gli anni '70 e '80, quindi in tempi non sospetti Cool, circolarono immagini che pareva proprio fossero altri scatti di Capa fatti al medesimo miliziano che cadeva, ma da punti di ripresa talora differenti e con pose altrettanto diverse. Forse c'erano più fotografi sulla stessa scena e quegli scatti non erano tutti di Capa? Eeeek!!! Oppure quella foto era tutta una montatura, il "miliziano" era in realtà solo un attore che fece più "cadute" da cui scegliere lo scatto migliore e, perciò, le foto non erano scattate nel bel mezzo di un'azione di guerra, ma in un momento in cui quell'area era sicura così da trasformarla in un set di ripresa (e il miliziano "morente" rimase in "realtà" vivo e vegeto, e magari ben pagato, dopo il servizio fotografico)? Eeeek!!! Non seguii la diatriba, non so e non voglio sapere come andò a finire (sempre che sia finita, dato che recentemente è stato messo in dubbio che quello scatto sia di Capa), ma da quel momento mi sono posto una domanda che ancora mi pongo ogni volta che faccio una foto, ovvero quale realtà sia più importante in quello scatto: quella puramente "formale" di aver congelato un istante indipendentemente dalla "reale" storia in cui quell'istante è inserito, o quella del significato che la foto assume quando viene posta di fronte ad un osservatore? „ Nonostante l'impatto e la sua grande forza evocativa, la famosa foto del miliziano morente, la cui veridicità è stata messa in discussione in una querelle ormai storica, un vero e proprio tormentone, mancava al momento della sua pubblicazione dei riferimenti spazio-temporali fondamentali "chi, dove, come, quando" (forse non c'erano, forse si trattava di un semplice soldato non di un personaggio di rilievo,..). Il legame fotografia-realtà è stato ricostruito a posteriori: come molti sapranno siamo nella guerra civile spagnola degli anni '30 del secolo scorso. "The falling soldier" è Federico Borrel Garcia detto Tàino, combattente che faceva parte di un gruppo anarchico, morto a 24 anni il 5 Settembre 1936 sulle colline di Las Malaguenas a Cerro Murriano (vicino Cordoba) in uno scontro contro i franchisti. Nonostante le ricerche, le testimonianze di parenti, anche oculari di compagni d'armi del caduto, l'analisi dei fotogrammi precedenti il momento della morte ( Richard Whelan, Robert Capa - A Biography ) e persino una analisi criminologica, che confermano perfettamente questa corrispondenza realtà-immagine, ormai le ombre erano state gettate e la ricostruzione non viene ancora universalmente accettata. Va detto che Capa ebbe la sciagurata idea di fotografare anche delle esercitazioni (perchè così avrebbe avuto il tempo di mettere in posa i combattenti ?), da cui altre foto simili, sia pur dopo riconosciute come non appartenenti alla sequenza incriminata. Inoltre di tutte queste foto mancano i negativi. Quindi i sospetti non erano nati dal nulla. Recentemente (2012) è stata ritrovata una registrazione radiofonica americana del 1947, quindi ben prima della querelle, in cui Robert Capa parla così della sua famosa foto: “E io mi trovavo là, in trincea, con circa 20 milicianos e quei 20 milicianos avevano 20 vecchi fucili e dall'altra parte della collina, di fronte a noi, c'era la mitragliatrice di Franco.I miei milicianos sparavano nella direzione della mitragliatrice per cinque minuti, poi si fermavano e dicevano: “Vàmonos”, e uscivano da quella trincea e iniziavano a attaccare la mitragliatrice. È abbastanza ovvio che la mitragliatrice li falciasse….. La cosa si ripeté circa tre o quattro volte. Così alla quarta volta ho come messo la mia macchina fotografica sopra la testa pur non vedendo e ho scattato quella fotografia mentre loro uscivano dalla trincea. Non vidi mai le mie fotografie là, ma le inviai con molte altre immagini che avevo fatto in Spagna. Mi fermai in Spagna tre mesi e quando tornai ero diventato un fotografo molto famoso perché la macchina fotografica che avevo sopra la mia testa ritrasse un uomo nel momento esatto in cui venne colpito. ” Per chi non dovesse credergli, c'è un'altra verità possibile, che pare non possa essere nè confermata nè smentita: la foto sarebbe stata scattata dall'altra fotografa allora presente in Spagna, della stessa agenzia Vu , nonchè fidanzata dello stesso Capa, Gerda Taro. Tristemente la Gerda Taro morì solo poco tempo dopo sullo stesso fronte, in un incidente nel quale venne schiacciata da un cigolato. Capa morirà in Indocina nel 1954, ferito da una mina. |
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