| inviato il 18 Dicembre 2022 ore 7:53
Dai invece di usare un cielo di photoshop (che pagate) , vi do il permesso di usarne uno MIO aggratis
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| inviato il 18 Dicembre 2022 ore 8:54
..siete antichi. Passati si dall'analogica alla digitale, ma rimasti nel passato per tutto il resto. |
| inviato il 18 Dicembre 2022 ore 8:56
Stiamo ancora aspettando i tuoi cieli al ragù |
| inviato il 18 Dicembre 2022 ore 9:18
Il punto è questo secondo me: se ti devi guadagnare la pagnotta guadagnatela con tutti i cieli e ritocchi che vuoi, resta il fatto che se un appartamento di 30mq in una palude umida me lo fai diventare una reggia su una spiaggia tropicale e poi questo finisce sul catalogo dell'agenzia di viaggi siamo già sconfinati nella t*fa ( quindi in quel caso vale il criterio della possibile verosimiglianza che non induca in errore). Sul ritocco delle fotomodelle: come sopra, il mercato pubblicitario richiede quegli obbrobri estetici e uno ci lavora, si adegua al mkt se vuol lavorare, resta il fatto che quei volti da bambole in porcellana sono esteticamente vomitevoli, come aggiungere zucchero ad un bicchiere di Coca-Cola: il risultato e la filosofia retrostante sono triviali, disdicevoli. Le copertine di Urania: se sei appassionato di fantascienza e/o di genere fantasy fai tutti gli interventi che vuoi su una immagine, sostituisci il cielo, metti un cratere sulle colline di Valdobbiadene e fai scendere del magma da Monviso, tutto lecito, sappiamo in che ambito ci muoviamo. Ma mi sfugge lo scopo per cui un fotoamatore debba mettere un cielo comprato al supermercato in una foto. Se andassi alle famose isole islandesi e non beccassi una singola aurora boreale che senso avrebbe prendere una mia foto, appiccicare un'aurora boreale presa su fotostock e pubblicarla su un social? Mi sfugge la ratio, la motivazione. Posso farlo, intendiamoci, fra le 4 mura di casa mia, alla fine mi guardo il risultato e dico sono diventato abile nel fotomontaggio. Ma lì finisce. Non è che se prendo un kg di eritropoietina e faccio lo Stelvio in 20 minuti scendo dalla bici soddisfatto, io, non so voi. |
| inviato il 18 Dicembre 2022 ore 9:33
Andrea, la penso esattamente come te, virgole comprese. |
| inviato il 18 Dicembre 2022 ore 9:37
Io credo che la domanda fondamentale non sia perché lo si faccia, ma per chi. Cerco di spiegarmi meglio: credo che, dopo la massiccia invasione degli effetti speciali cinematografici, siano rimasti ben pochi quelli che non hanno ancora capito che gran parte delle immagini che osservano integrano effetti dello stesso tipo. Ma allora, se lo sanno e apprezzano questo tipo di interventi, significa che è esattamente questo quello che cercano. Se vi è capitato di guardare le immagini di Marc Adamus (che oltre tutto credo non utilizzi questi taroccamenti, ma "si limiti" a pompare i dati già contenuto nello scatto, magari integrando con effetti Orton e simili) non potrete certo credere che anche l'osservatore medio non capisca che sono pompate, però le apprezza. Il discorso è perciò similare. Semmai dovremmo chiederci quali siano le motivazioni che spingono ad apprezzare questi "paesaggi impossibili"; personalmente credo sia il fatto di essere consci che ormai in natura, quella vera, non ci sia più nulla di nuovo da scoprire, quanto meno a livello macroscopico (ma ciò che è piccolo non è altrettanto affascinante per chiunque), mentre il desiderio di "andare oltre" ciò che già si conosce, sempre e comunque, sia quello che anima parecchia gente; insomma, un fenomeno sociologico da studiare e comprendere prima di di giudicare quelle immagini in quanto tali. Che poi anche in questo prenda piede lo spirito di emulazione e in troppi fotografino e tarocchino in modo identico i medesimi soggetti è un altro paio di maniche. |
| inviato il 18 Dicembre 2022 ore 9:38
“ Dubbio, un poco di frustrazione e voglia di qualche apprezzamento da social un tot al kg? „ Questo c'è sicuramente, ma credo sia solo una conseguenza |
| inviato il 18 Dicembre 2022 ore 9:54
“ Ci passa il mondo. „ Mica tanto, ci passa solo la bravura o meno di chi effettua il tarocco vero e proprio (o la potenzialità del software utilizzato). L'osservatore a cui piace il risultato di tipo WOW non si pone troppe domande su come venga raggiunto, anzi, se sei capace di riproporre una scena di Avatar ambientandola in Piazza Duomo a Milano l'apprezzerà ancora di più |
| inviato il 18 Dicembre 2022 ore 9:55
Beh, ma se, come leggo, c'è chi non si fa problemi a sostituire un cielo, non dovrebbe farsene nemmeno ad indicarlo in didascalia… O questo sminuirebbe la sua foto e procurerebbe meno consensi? C'è ad esempio molta attenzione nel genere naturalistico (caccia fotografica) nel chiedere che si dichiari che l'animale è stato ripreso in “ambiente controllato” e giustamente, anche per rispetto di chi va in Africa a cercarli gli animali… Quindi, perché non dichiararlo anche nei paesaggi, quando c'è un tale tipo di intervento? |
| inviato il 18 Dicembre 2022 ore 9:55
Bada, non dico di essere d'accordo con questa tendenza, ma solo che le motivazioni andrebbero ben comprese. Credo sia anche per questo che ho un po' abbandonato la paesaggistica e mi sto dedicando quasi esclusivamente alla macro |
| inviato il 18 Dicembre 2022 ore 10:00
Purtroppo viviamo in un'epoca in cui sempre più persone hanno fatto della malafede e dell'inganno uno stile di vita fine a se stesso. Traggono piacere dal semplice atto anche quando già sanno a priori di non ricavarne alcun profitto materiale. Forse solo per un po' di notorietà o per soddisfare il proprio ego ferito dal fatto di non essere in grado di ottenere risultati alla portata di altri. Casi limite in cui vengono prese fotografie altrui e dopo averle ritoccate (anche maldestramente) spacciarle per proprie. Anche nell'intento di sfruttare magari la poca conoscenza, o la totale mancanza di essa, di chi le guarda al solo fine di ottenere qualche like o commento positivo. L'Invidia è una brutta bestia. |
| inviato il 18 Dicembre 2022 ore 10:00
io, non so voi. Partirei da qui. Se è possibile fare una cosa, qualcuno la farà. Sostituire un cielo in una foto non è un illecito. Non c'è una legge che lo vieta. Quindi chi vuole farlo non viola nessuna legge. Poi naturalmente ci sono quelli che , per fotografare un paesaggio perdono un sacco di tempo, cercano il posto giusto, aspettano le giuste condizioni, magari tornando diverse volte sul posto, etc etc. A questa tipologia di fotografo ( in cui rientro ), semplicemente brucia la consapevolezza che tutta la dedizione messa per fare uno scatto è tendenzialmente inutile potendo ottenere risultati magari anche esteticamente più piacevoli con un semplice click. E quindi parte la crociata contro il fotoritocco. Naturalmente anche questi fotografi "puristi" usano ritoccare le foto, ma ai loro occhi , per qualche motivo il loro è lecito. Non la pensano così quali che scattano in JPEG. Poi abbiamo quelli che usano la pellicola, gli unici leggittimati a essere i difensori della realtà. In sostanza sono quelli che ritengono che la foto possa essere stravolta solo prima dello scatto, con filtri, pellicole in bianco e nero etc etc. Tutti noi fotografiamo per qualche motivo. Se riteniamo preponderante stupire il prossimo, utilizzeremo tutti gli strumenti disponibili per giungere al risultato. Se invece è più importante la nostra soddisfazione nell'ottenere una foto, allora ci porremo dei limiti ( a nostro piacere ) in fase di post produzione. Assodato quindi che nessuno di noi è un fedele riproduttore della realtà, mi interessa poco giudicare chi si pone limiti più ampi dei miei. |
| inviato il 18 Dicembre 2022 ore 10:02
“ Quindi, perché non dichiararlo anche nei paesaggi, quando c'è un tale tipo di intervento? „ Ho l'impressione che sia per lo stesso motivo per cui quando si raccontano le fiabe ai bambini non gli si dice che Babbo Natale non esiste o che i lupi in realtà non parlano come quello di Cenerentola; anche se già lo immaginano, dirglielo apertamente toglierebbe fascino alla cosa. In fondo è un modo "moderno" di cercare di elaborare il "mito" |
| inviato il 18 Dicembre 2022 ore 10:07
“ Casi limite in cui vengono prese fotografie altrui e dopo averle ritoccate (anche maldestramente) spacciarle per proprie „ Qui si entra in un campo diverso: spacciare per proprio un lavoro altrui è un illecito del medesimo tipo del falsario che spaccia per leonardesco un proprio lavoro. Generalmente lo fanno entrambi per denaro o comunque per un utile personale. Dello stesso genere diventa quindi anche il tentativo di proporre un tarocco su una rivista di naturalistica. Non dobbiamo confondere l'elaborazione in sé con la motivazione per cui la si pratica |
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