| inviato il 10 Aprile 2019 ore 12:02
Mah, certo, le tecniche di stampa inkjet non utilizzano direttamente la luce e via di seguito, però mi chiedo anche come dovremmo considerare un classico libro fotografico come "Cadore, un incontro" di Giuseppe (Bepi) Bruno - e siamo negli anni '70, credo che all'epoca nessuno si ponesse il problema se chiamare foto o immagini quelle stampe per il solo fatto che il libro era in versione tipografica. |
| inviato il 10 Aprile 2019 ore 12:07
“ credo che all'epoca nessuno si ponesse il problema se chiamare foto o immagini „ Forse vado un po' ot, ma credo che siamo sempre di più dipendenti dalle parole. E come suggeriva Orwell, spostando il tiro dai concetti alle parole, alla fine è il vocabolario che fa la vita, e non viceversa. E in fotografia mi sembra che molto spesso questo sia la norma.... |
| inviato il 10 Aprile 2019 ore 12:11
“ Mah, certo, le tecniche di stampa inkjet non utilizzano direttamente la luce e via di seguito, però mi chiedo anche come dovremmo considerare un classico libro fotografico come "Cadore, un incontro" di Giuseppe (Bepi) Bruno - e siamo negli anni '70, credo che all'epoca nessuno si ponesse il problema se chiamare foto o immagini quelle stampe per il solo fatto che il libro era in versione tipografica. „ Io, al fine del presetne "giochino" filosofico, lo considererei un "libro di fotografia su..." o "sulla fotografia di...". La mia domanda riguardava la singola immagine-fotografia stampata, proiettata, visualizzata a monitor. |
| inviato il 10 Aprile 2019 ore 13:05
A quanto pare,con un processo di desalinizzazione è possibile utilizzare anche la sabbia marina. La desertificatazione,come dire non sarebbe piovuta dal cielo.Se non altro il saccheggio o lo sfruttamento incondizioniato delle risorse o di qualunque risorsa si è dirottato anche altrove. |
user90373 | inviato il 10 Aprile 2019 ore 13:49
@ Francesco.merenda “ Forse vado un po' ot, ma credo che siamo sempre di più dipendenti dalle parole. E come suggeriva Orwell, spostando il tiro dai concetti alle parole, alla fine è il vocabolario che fa la vita, e non viceversa. E in fotografia mi sembra che molto spesso questo sia la norma.... „ Quindi? Chi dovrebbe fare la vita? Vocabolario o viceversa? |
| inviato il 10 Aprile 2019 ore 13:59
“ Quindi? Chi dovrebbe fare la vita? Vocabolario o viceversa? „ Nella vita a volte fai 12 cose coordinate e viene fuori un bel blend. Altre volte non serve farne 12. Altre ancora ne fai 12 e sono un'accozaglia di cose e basta. A volte 12 cose sono utili e necessarie. Altre volte sono stupidamente ridondanti. In fotografia invece, un bravo fotografo deve fare il "progetto". Preferirei che la vita facesse il vocabolario e non viceversa. Mi pareva chiaro, ma grazie per avermi fatto notare che non lo era. |
user90373 | inviato il 10 Aprile 2019 ore 14:26
@ Francesco.merenda “ Preferirei che la vita facesse il vocabolario e non viceversa. „ Sono fondamentalmente d'accordo, ma consapevole che una base condivisa sul significato delle parole al netto di interpretazioni soggettive possa servire. Il progetto fotografico viene spesso accompagnato dalle parole (lo so che se una cosa devi spiegarla significa che non è venuta troppo bene) e se queste non avessero significati chiari e condivisi ..... la torre di Babele insegna. |
| inviato il 10 Aprile 2019 ore 14:43
Caro Ettore, io credo che sia esattamente come sempre è, a proposito di linguaggio. Ovvero, finché le parole mantengono un certo grado di ovvia neutralità la condivisione è tutto sommato semplice. Ma l'uomo pensa e riflette. E crea le scuole di pensiero. Che permeano le parole di valenze varie. Risultato: appena le pronunci hai di fatto realizzato un proclama. Pensa a "foto bella" e "foto buona": a un comune mortale credo non faccia poi sta differenza. E poi che vuol dire "buona"? Che se la mangi le papille gustative godono? Ma per molti amici fotografanti.... vabbé, lo sai meglio di me. Quindi, a mio avviso perlomeno, parole come "progetto", per restare lì, sono impossibili da inquadrare in modo sufficientemente distaccato e neutro, sprovviste (come dovrebbero essere) di una intrinseca valenza positiva o negativa. Anche trattandole comunque come immagini, perché tali sono. Per questo, per quanto si possa condividere efficacemente il codice, penso che un minimo di ragionamento compiuto sia inevitabile per non inquadrare in modo superficiale qualunque considerazione... |
user90373 | inviato il 10 Aprile 2019 ore 16:12
Essendo già da e di parecchio OT, mi fermo. Quello della "libera interpretazione" ad oltranza è un tema che andrò a ritrattare. Per altri lidi, per altri porti....... non qui. |
| inviato il 11 Aprile 2019 ore 8:00
Diebu, una riflessione. Una stampa inkjet al buio assoluto non la distingui da una stampa "bianca", per cui anche quell'immagine dipende dalla luce (tralasciando la fisica/chimica dietro ai diversi colori). Per cui a mio parere, anche se in modo indiretto, anche le stampe sono fotografie. Ciao Andrea |
| inviato il 11 Aprile 2019 ore 9:36
“ Diebu, una riflessione. Una stampa inkjet al buio assoluto non la distingui da una stampa "bianca", per cui anche quell'immagine dipende dalla luce (tralasciando la fisica/chimica dietro ai diversi colori). Per cui a mio parere, anche se in modo indiretto, anche le stampe sono fotografie. „ Mi aspettavo questa obiezione, ma se leggi attentamente la mia domanda parlo di "come l'immagine viene creata" Quindi: - la fotografia realizzata in camera oscura è "scritta" sulla carta dall'effetto della luce. E non sarà visibile al buio. - l'immagine stampata con una stampante inkjet è realizzata con la posa di inchiostri, non con la luce. Anche questa non sarà visibile al buio. Insomma parliamo di come l'immagine viene creata e non di come viene osservata. |
| inviato il 11 Aprile 2019 ore 14:48
Diebu, tecnicamente ti do ragione, ma visto che entrambe le tecnologie mi forniscono il risultato voluto, sia pure con differenze di resa che però sono imputabili alle caratteristiche dei materiali e supporti, non della luce in sé, non mi pongo il problema. Se avrò la possibilità (soprattutto di spazio) di tornare ad utilizzare anche la pellicola non sarà per la luce su tutto il processo, ma perché trovo le caratteristiche di resa della pellicola più congeniali a determinate foto, almeno sul BN. |
| inviato il 11 Aprile 2019 ore 14:52
Daniele, ribadisco quanto detto in premessa, il mio è un "giochetto filosofico", chiamiamolo così, da fare, per chi ne avesse voglia, a puro titolo di "divertissement" |
| inviato il 15 Aprile 2019 ore 20:34
“ il mio è un "giochetto filosofico" „ Allora mi scateno... Parlando di come "la fotografia viene creata", troverei corretto soffermarsi sulla cause prime. Ovvero, la creazione di una fotografia non viene forse generata da come la luce illumina la scena, come tale luce si impressiona sulla nostra retina? Ma andando oltre, la necessità di fotografare, e il come fotografare, non dipende fondamentalmente dalle emozioni che suscita quella particolare luce in quel particolare istante? Senza emozione può esserci luce. ma non fotografia. Per cui, in conclusione, nulla è fotografia ma tutto è sentimento. (da immaginare pronunciata con 'r' moscia e voce un po' nasale) |
| inviato il 15 Aprile 2019 ore 23:06
Intendi che le lenti essendo fatte di vetro e quindi di silicio sarebbero i sacchi di sabbia? |
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