| inviato il 06 Gennaio 2018 ore 10:32
Non va neppure dimenticato il fatto che il linguaggio fotografico ha per sua natura una forza, una potenza sconosciute al linguaggio letterario. La frase ricorrente che 'un'immagine vale più di mille parole' è indicativa. Quello che mi sembra di percepire nei tentativi di molti fotografi è ancora una non perfetta padronanza nel dosaggio dei vari ingredienti, cosa del tutto naturale vista appunto la breve storia del mezzo fotografico. Insomma si passa con estrema facilità dal troppo languido al troppo crudo, in un contrasto privo ancora di sfumature intermedie. Discorso che vale anche per il nostro amico di forum Arconudo. |
| inviato il 06 Gennaio 2018 ore 10:47
“ Allora va considerato anche come l'autore interloquisce con l'osservatore. „ in fotografia accade ogni volta che esseri animati ritratti sanno che c'è l'autore. In questo caso in qualche modo ogni foto è autoritratto poichè l'osservato restituisce il feed che percepisce dall'autore. poi sull'onirico... occorre anche dire che fa parte di un nostro immaginario. una barca nelle acque tra i canneti, all'alba e con la nebbia bassa ci restituisce qualcosa d'onirico, pur essendo cruda realtà. |
| inviato il 06 Gennaio 2018 ore 10:52
Ecco, il tuo esempio sull'onirico è proprio quello cui mi riferivo nel mio intervento precedente con 'troppo languido' |
| inviato il 06 Gennaio 2018 ore 11:18
Ma allora, se l'immagine della barca nella nebbia ti restituisce una sensazione di esagerato languore, puoi ammettere che la stessa possa evocare in altri un diverso stato d'animo, no? Quindi subentra il gusto personale, fatto di esperienze soggettive. Insomma, quello che per Tizio è onirico, per te è una palla noiosa? Ho capito bene? |
| inviato il 06 Gennaio 2018 ore 12:12
Non posso mica obbligare gli altri a non fotografare barche nella nebbia, ci mancherebbe Però un conto è dire 'ho visto una barca nella nebbia', un altro è spiattellare davanti agli occhi un'immagine di una barca nella nebbia. “ Quindi subentra il gusto personale, fatto di esperienze soggettive. „ Senza dubbio. Io ritengo però che l'immagine sia troppo forte e vada in qualche modo attuenuata per essere credibile, come la parola sa essere ormai credibile. La spettacolarizzazione, l'effetto che colpisce lo spettatore alla lunga stanca. Non si scrive un romanzo tutto con frasi ad effetto. |
| inviato il 06 Gennaio 2018 ore 12:14
“ Non si scrive un romanzo tutto con frasi ad effetto „ Anche questo è un concetto che un linguaggio "giovane" come la fotografia deve probabilmente ancora metabolizzare completamente |
| inviato il 06 Gennaio 2018 ore 12:50
Mi piace questo topic. Mi aiuta molto. Continua Fotogion, mi interessa. Tu dici dunque che il linguaggio va modulato: posso richiamare alla memoria Delgado, tanto per citare uno sprovveduto, che nel suo "Il sale della terra" riesce a raccontare le storie di chi ha incontrato, p.es. la madre che fugge dal bombardamento.. Lo fa con un "semplice" click: lui era lì ed ha ripreso la scena. Di certo non va decontestualizzata per sentirsi coinvolti. Bisogna sapere il "chi", il "cosa" ed il "dove" per leggere l'immagine dandogli il senso voluto dall'autore. Ma se io volessi rendere la drammaticità di un momento del genere, oggi qua a Grosseto, posso adoperare mille artifici tecnici e non, ma la mia sarà sempre e solo la foto di una donna che corre. Mi verrebbe spontaneo allora dare maggior contrasto, clippare anche le luci, per dare enfasi al dramma messo in scena. Dovrei "scrivere in maiuscolo " per far passare il messaggio. Non trovi? |
| inviato il 06 Gennaio 2018 ore 15:11
In genere le simulazioni si fanno con attori e comparse in location adatte. La post-produzione viene utilizzata, ma non regge da sola il peso del messaggio che si vuole trasmettere. Ma stiamo andando fuori tema |
| inviato il 06 Gennaio 2018 ore 19:08
Insomma un messaggio non deve mai essere 'forzato'. Può essere anche falso (purchè sia credibile, vedi certa pubblicità) ma mai 'imposto'. In teoria. In pratica ce ne sono molti di messaggi forzati, ma sono sintomo di debolezza. Non è che si può essere sempre ai massimi livelli, e allora si ricorre ai soliti trucchi del mestiere. Il bravo scrittore sa come rendere interessante una storia, lo sa il bravo musicista, lo sa il bravo fotografo (o il direttore della fotografia nel cinema). Si salva lo spettacolo, certo. |
| inviato il 06 Gennaio 2018 ore 21:01
Finalmente ho acquistato la mia prima ottica da kit. Ora speriamo di riuscire a fare almeno qualche foto da kit, ma so già che sono inarrivabili. Come le coincidenze, come gli opuscoli che è meglio conservare. Non si sa mai. |
| inviato il 06 Gennaio 2018 ore 21:06
In bocca al lupo! |
| inviato il 07 Gennaio 2018 ore 8:36
Crepi! |
| inviato il 07 Gennaio 2018 ore 15:42
“ Mi verrebbe spontaneo allora dare maggior contrasto, clippare anche le luci, per dare enfasi al dramma messo in scena. Dovrei "scrivere in maiuscolo " per far passare il messaggio. Non trovi? „ Resta sempre e comunque una donna che corre a Grosseto. Quale messaggio dovrebbe passare? Anche se "giovane", la fotografia è pur sempre una forma di comunicazione. E se non si ha nulla da dire, talvolta, meglio il silenzio. |
| inviato il 08 Gennaio 2018 ore 11:12
Il linguaggio della fotografia è potente e gli stessi fotografi ne sono a volte soggiogati. Parlo da sperimentatore in qualche modo pentito. Non sono mancati giudizi molto lusinghieri (ricordo con mal celato orgoglio "miglior b/n degli ultimi decenni" ) ma oggi predico moderazione. Il linguaggio della fotografia è potente. |
| inviato il 08 Gennaio 2018 ore 11:27
Foto, non avresti proprio alcuna voglia di farti ammirare anche da noi? Non mi fraintendere: la mia è voglia di capire e apprendere. Ma se non lo ritieni opportuno, fai pure finta che non abbia detto nulla. |
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