| inviato il 04 Agosto 2023 ore 9:58
Si ritorna sempre a quel punto di partenza: la fotografia è quel procedimento che ha necessariamente bisogno della realtà sensibile per esistere. Fosse anche la mano del fotografo appoggiata sul foglio di carta da stampa poi sviluppato. Per il fotografo non esiste la tela bianca del pittore o la pagina vuota dello scrittore. Questo è il nostro specifico: la realtà sensibile. Poi ci sono tutte le possibili interpretazioni... E' questa "filiazione" dalla realtà che non va tradita. Tuto il resto è grafica. |
| inviato il 04 Agosto 2023 ore 12:34
“ ma in quel momento Vasco su quel palco c'era realmente. Il problema è confondere il valore del messaggio veicolato con il valore del mezzo utilizzato. Per me quel Vasco ritratto sul suo palco, anche se il giorno dopo, ha un valore comunque ben diverso da una immagine di Vasco disegnata (o magari in futuro generata in AI) „ Se è tutto qui il valore della realtà fotografica, allora a cosa serve la fotografia? Meglio il disegno, che implica anche maggior abilità e quindi ha più valore. Se ci dimentichiamo di ciò che veicoliamo all'osservatore, allora diamo ragione a chi sostiene che la realtà non esiste. |
| inviato il 04 Agosto 2023 ore 13:33
Se fosse, non avrebbe senso la scultura con le stampanti 3D, o la pittura con le fotografie... Forse non avrebbe senso neanche andare a pesca con la pescheria sotto casa. La Fotografia questo è, la sfidante necessità di mentire mostrando la realtà. La bravura ed il divertimento sta tutto lì. Poi c'è chi imbroglia, contento lui. Però mettere il tramonto o cambiare la luce con Photoshop è un po' come tornare a casa con le canne, i mulinelli ed il cestino pieno di pesci... comprati in pescheria al ritorno |
| inviato il 04 Agosto 2023 ore 14:21
A me delle sfide e di far vedere quanto sono bravo e quanto ce l'ho lungo non importa un caxxo, a dire la verità. Cerco di fare le cose che mi diano soddisfazione mentre le faccio, e fancul* tutto il resto. |
| inviato il 04 Agosto 2023 ore 14:50
Perchè invece di parlar di cavolate non iniziamo a parlare di fotografia un po' più seria? Prima cosa può essere che la costruzione dell'immagine sia fatta con uno scopo assolutamente comunicativo. Prendiamo un fotografo che viene sempre citato un po' ovunque nei libri di storia della fotografia per la sua importanza nel rilanciare un certo genere ossia Jeff Wall e che usa spesso l'unione di molti scatti come in questo caso
 Oppure prendiamo l'estremo opposto ossia sandy skoglund
 qui si ragiona all'opposto ossia si fotografa la realtà ma una realtà costruita in base all'intento comunicativo |
| inviato il 04 Agosto 2023 ore 15:28
Tutto autori molto diversi da Berengo Gardin Comunque |
| inviato il 04 Agosto 2023 ore 15:49
Vero ma il discorso si é un po' fatto metafisico parlando di Vasco ecc.. Se vogliamo parlare di reale o non reale ci stanno e si torna al fatto che sicuramente ha importanza il fotografo e la sua integrità per definire cosa sia documentazione o no che é un termine per me poco sensato con la fotografia Un lavoro può essere posato e studiato ma essere un racconto. |
| inviato il 04 Agosto 2023 ore 16:02
Per me possiamo parlare anche del lavoro di Philip-Lorca DiCorcia sui ragazzi andati a fare gli attori e poi finiti a prostituirsi, un buon lavoro sulla prostituzione maschile di cui si parlava poco e totalmente posato, ma assolutamente veritiero e interessante |
| inviato il 04 Agosto 2023 ore 17:56
La fotografia racconta la realtà......istantanea, non tutta la realtà. Nè potrebbe farlo, neanche un video può farlo. Spesso una fotografia, che parte sempre da un qualcosa di reale (come dice anche Paolo) , utilizza questo frammento di realtà per raccontare un qualcosa che è nella mente del fotografo. Chiaro che l'interpretazione della realtà fotografata è libera ma, in qualche modo, il fotografo la forza, la indirizza. Se, invece, una fotografia racconta esattamente la realtà è un documento. |
| inviato il 04 Agosto 2023 ore 17:58
Quindi la foto della skoglund é un documento |
| inviato il 04 Agosto 2023 ore 18:05
Esattamente, il punto è la comunicazione; se l'immagine risponde a ciò che il fotografo vuole comunicare e se questo è chiaro all'osservatore il problema non sussiste più, qualunque sia il lavoro che è stato fatto su quella immagine. Se "la fotografia rappresenta la realtà", l'importante è che sia chiaro dove stia la rappresentazione e quale sia la realtà che ci sta dietro, che può benissimo essere quella personale del fotografo. Sono solamente generi fotografici come il reportage in senso stretto che hanno grossi limiti rispetto a questo concetto. |
| inviato il 04 Agosto 2023 ore 18:11
La cosa surreale è che potrebbero essere portati infiniti esempi in cui persino la documentazione più rigorosa accetta cose apparentemente blasfeme come il cambio dello sfondo: pensiamo a tutte le foto di campioni di collezioni museali, che vengono scontornati e posti su un fondo nero omogeneo, pubblicate sulle riviste scientifiche che serviranno per lo studio di quei campioni. |
| inviato il 04 Agosto 2023 ore 19:20
Poi ci sono i casi in cui la fotografia è più vera della realtà… Se mi ferma la polizia e mi chiede i documenti, devo sperare che il poliziotto mi riconosca somigliante a quella fotografia che porta sotto il mio nome, altrimenti sono nei guai… passo io per "falso". |
| inviato il 04 Agosto 2023 ore 20:01
A proposito di fotografia e polizza guardate il lavoro di taryn simon innocent che indaga sulle persone arrestate e condannate ingiustamente basandosi su un riconoscimento di testimoni oculari attraverso foto segnaletiche Una bella riflessione su fotografia e nostra capacità di riconoscerne la realtà |
| inviato il 04 Agosto 2023 ore 20:48
La realtà è sempre composita, complessa e dinamica. L'abilità del fotografo è saperla racchiudere, in tutto o in parte, in un'immagine. Si può farlo come Berengo-Gardin o come Jeff Wall (grazie a MatteoGroppi per averlo riportato alla mia attenzione... Lo avevo perso di vista). Non si é più o meno bravi se si riesce a cogliere il tutto o una piccola parte. L'importante è che il messaggio del proprio "scritto di luce" venga visto dal pubblico (piccolo o grande) che intendevi raggiungere, venga apprezzato e compreso. Allora si può affermare di aver raggiunto lo scopo del proprio lavoro o della propria passione. Faccio un'analogia che può sembrare ardita: siamo sicuri che Manzoni volesse che analizzassimo puntigliosamente ogni passaggio dei suoi Promessi Sposi cone si fa a scuola? O avrebbe preferito lo leggessimo come un semplice romanzo? |
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