| inviato il 30 Dicembre 2021 ore 18:11
 Condividendo la storia di questa immagine, narrata in didascalia, vorrei prendere spunto per alcune riflessioni su questo tipo di fotografia, cui la 645Z si presta particolarmente, a mio avviso. E cioè questo genere di cosiddetto "reportage geografico" o meglio geoantropico come preferisco io, in cui si cerca di rappresentare il nostro mondo dal punto di vista delle sue bellezze naturali, eventualmente in simbiosi con le attività umane, cosa quasi inevitabile, ormai. Si tratta di un tipo di fotografia bellissimo e molto appagante, soprattutto nel nostro Bel Paese, in quanto consente, o richiede, dipende dal punto di vista, di muoversi cercando le migliori opportunità di questo tipo. Questi movimenti possono essere brevi, o amplissimi, attraversando interi continenti, ma non importa, quasi sempre, anche nei dintorni della propria abitazione, soprattutto appunto nel nostro Bel Paese, è possibile trovare autentici gioielli da riprendere. Le caratteristiche tecniche che deve avere questo genere di fotografia, a mio avviso, sono soprattutto un estremo realismo e una qualità delle immagini molto elevata. Ho cominciato a praticarla moltissimi anni fa ispirandomi a due bellissimi libri del nostro miglior fotografo, per chi ne conosce storia ed opere, Fulvio Roiter, (altro che il massmediatico e prezzemolino di ogni minestra Berengo Gardin), e cioè "Essere Venezia" e "Laguna". Non ho informazioni su quanto abbia venduto il secondo, ma so che "Essere Venezia", con le sue 700.00 (settecentomila, una quantità pazzesca) copie vendute in tutte le lingue, è il libro fotografico più venduto nella storia della fotografia mondiale e altri record di vendita che adesso tralasciamo. Da studentello squattrinato non potevo permettermeli questi bellissimi libri, costavano un sacco di soldi, ma tutte le volte che andavo all'Hoepli o alla Clup, me li sfogliavo a lungo. Erano fatti con le migliori pellicole a colori e le migliori macchine del tempo, Kodachrome e Leica R. Non sto a descrivere nel dettaglio tutte le innovazioni di questi libri, (il formato, il colore, i soggetti, la qualità fotografica a colori al tempo ancora mai vista, la qualità e l'accuratezza della stampa, ...etc.) ma si trattava appunto di fantastiche immagini, nitidissime, con colori bellissimi, così realistiche che con semplici immagini stampate, con una dimensione minima a volte, sembrava di essere immersi nella scena. Caratteristiche queste, che la 645Z possiede perfettamente, per la qualità dei file che sforna, per la quantità di ottiche disponibili e per la loro qualità elevatissima. Avrei potuto fare queste foto col 500is2 e la 5DSr, o la r5, e pure l'ho fatto in altre situazioni con risultati buoni. Ok, a volte in questo tipo di fotografia mi appagano pure le piccole Sigma, ma aprire un file della 645Z su un 4k da 27" è un tale spettacolo cui non rinunciare, quando possibile. Le ottiche principali le ho già descritte. A mio avviso ne bastano anche 2. Grandangolo moderato e tele. Rispetto alle mie attrezzature, 55 e 200 per andare leggeri, o 28-45 e 300 se si ha la possibilità di portarseli dietro. Di solito, quando li ho dietro, uso sempre i due pesantoni. Perchè dove si usa il 55 (che corrisponde ad un 43mm, dunque un vero normale), sta ancora meglio il 28-45 (22-35 eq.) che permette il grandangolo moderato 45 (35), che somiglia molto, appunto, al 55 (43). Ma dà anche l'ampio grandangolo, che fa entrare nel fotogramma tutto quello che si vuole, con tutte le angolazioni intermedie dello zoom, se si vuole escludere qualcosa. E poi il 300 (236mm): trovata una situazione fotograficamente bella o interessante, raggiunto un punto di ripresa adeguato, consente grazie alla lunga focale di isolare più inquadrature diverse nella stessa scena. Tutto questo è possibile grazie all'elevatissima qualità di queste due ottiche, praticamente inesistenti negli altri sistemi, neanche nei più ambiti, tipo Leitz S, che arriva al massimo a 180mm di focale. Hasselblad ha un 300mm, ma introvabile e costosissimo. In ogni caso Pentax dispone anche di un ottimo af 400/5.6 e di un 600/5.6, di cui dispongo, entrambi con vetri speciali, maf interna, etc. Lo stesso per lo zoom. Anche l'accoppiata 55 e 200 (160 eq.) non scherza, con il plus di pesare un terzo. Si possono fare più o meno le stesse cose, ma in maniera meno estrema. |
| inviato il 30 Dicembre 2021 ore 21:14
Questo è lo stretto di Messina giusto Leone? |
| inviato il 30 Dicembre 2021 ore 21:19
Sì |
| inviato il 30 Dicembre 2021 ore 21:22
Condivido tutto ciò che hai scritto |
| inviato il 30 Dicembre 2021 ore 22:01
Quella che si vede è una feluca o spadara, viene usata nello stretto di Messina per la "caccia" al pescespada. Sull'albero (ora sostituito da un traliccio alto circa 25 metri) c'è l'avvistatore (banniaturi) e sulla punta della passerella lunga circa 40 metri c'è il fiociniere(fureri) . Bella Leone, è condivisibile tutto quello che hai scritto. |
| inviato il 15 Gennaio 2022 ore 16:21
@Leone Giuliano Bellissimo articolo e bellissima giornata. Veramente un peccato non aver fatto il bosco lato lago prima del sorgere del sole. Grazie per la splendida uscita. |
| inviato il 15 Gennaio 2022 ore 21:24
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| inviato il 20 Giugno 2022 ore 16:50
"Ivan è fatta con un dorso digitale Phase One P45+ su Phase One DF645 con un Mamiya 55mm f2.8. L'ho messa perchè si parla di medio formato" Antonio ho una Mamiya 645AFDIII presa usata e avevo una mezza intenzione di prendere un PhaseOne45+ ma sono molto combattuto. Mi scuso se vado un po' fuori tema ma volevo sapere come giudichi i risultati di un dorso digitale con CCD ormai vecchiotto come il P45+ in confronto ad un CMOS 44x33 moderno anche se non di ultimissima generazione cone il Sony che sta a bordo della Pentax 645Z. (Tra parentesi la Pentax 645D aveva se non erro un CCD KODAK della generazione appena successiva al P45+, ultimo CCD prodotto da Kodak, sempre de non erro) |
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