| inviato il 25 Febbraio 2015 ore 20:27
Si ragazzi, vi ringrazio tutti per i vostri tanti e circostanziati contributi, ma temo che la lettura sia difficile per molti. Vi confesso che ho fatto fatica anch'io a seguirvi. Direi, di tornare all'articolo di Smargiassi e focalizzare l'attenzione su alcuni punti cruciali: Cos'è il kitsch in fotografia? Sono i fotoamatori, gli appassionati, i principali produttori di immagini fotografiche kitsch? Come possiamo riconoscere il kitsch in quello che facciamo? Perchè vediamo il kitsch nei lavori degli altri e non nei nostri? Il dubbio è l'unica strada per tentare di riconoscere ed evitare il kitsch? Meglio la consapevolezza o l'oca giuliva? Sospendere il nostro sentire (con consapevolezza) per "la pagnotta" o per i più svariati motivi è una scelta individuale difficile e controversa. Ne abbiamo parlato diffusamente, ma credo non sia di interesse generale, almeno in questo spazio, approfondire tematiche di etica comportamentale o filosofia morale. Scusate, non vorrei sembrare uno di quei "moderatori" che tolgono la parola agli ospiti. Mi ispira solo l'interesse di tutti @Max57 Non vorrei avessi frainteso i miei riferimenti al tuo intervento (quello con l'oca giuliva). Sono naturalmente d'accordo con te: meglio chi si diverte, magari in leggerezza e senza impegno, piuttosto di quelli che vivono per spaccare il pixel, che non escono senza l'effe 1,2 e scrivono sui forum: "meglio Canon o Nikon?" No, meglio l'oca giuliva.... |
| inviato il 25 Febbraio 2015 ore 20:42
“ Roberto, non ho ancora approfondito Feyerabend, però mi "intriga" parecchio „ Penso che lo troveresti interessante. Naturalmente era uno che argomentava molto "a tesi", che in certi casi adottava strumentalmente. In questo senso va considerata la sua critica a Popper e l'unilateralità con cui giudicava negativamente tutta la sua opera. C'era anche molto il gusto della provocazione, come quando faceva l'apologia del cardinal Bellarmino, sostenendo che la sua impostazione epistemologica fosse più vicina di quella di Galileo ai paradigmi della ricerca scientifica più avanzata del giorno d'oggi. Ci vedo l'intenzione di spingere il lettore a pensare fuori dagli schemi abituali e dai luoghi comuni. |
| inviato il 26 Febbraio 2015 ore 9:47
“ Perchè vediamo il kitsch nei lavori degli altri e non nei nostri? „ direi fondamentalmente perché il kitsch è generato dalla mancanza di consapevolezza a livello personale, non di gruppo; possiamo produrre entrambi immagini kitsch, ma ognuno a modo suo; se non c'è consapevolezza, non c'è nemmeno un vero dialogo, manca il riconoscimento semantico (*) reciproco e ciascuno vede il kitsch (cioè il "fuori di posto") nel lavoro dell'altro. “ Sono i fotoamatori, gli appassionati, i principali produttori di immagini fotografiche kitsch? „ Direi di si, ma per il semplice motivo che il professionista con poca consapevolezza di ciò che fa farebbe anche poca strada, almeno il dilettante non ci muore di fame (da dilettante, il sottoscritto è uno degli individui maggiormente a rischio) (*) onde evitare il ripresentarsi di spiacevoli OT e di polemiche inutili sul significato di singole parole ecc., so benissimo che il termine "semantica" è riferito al linguaggio verbale; qui lo applico col medesimo significato anche a quello visuale!!! |
| inviato il 26 Febbraio 2015 ore 10:42
“ Si sottolinea spesso la mancanza, negli oggetti chiamati kitsch, del senso di creatività ed originalità propri dell'autentica arte. „ Generale “ Una definizione generica adottata nell'architettura e nel design indica come kitsch qualsiasi oggetto la cui forma non derivi dalla funzione. „ Riguarda l'architettura - che io considero la più astratta delle arti, tanto che qualsiasi altra ha un fondamento... architettonico, per così dire - ma credo che per gli aspetti più tecnici possa attagliarsi anche alle altre forme d'arte. Abbiamo saltato genesi e storia del concetto che invece potrebbero gettar luce sul significato. Il concetto di buon gusto, così come quello di kitsch affonda le proprie radici nella volontà di distinzione sociale: oggi lo si direbbe uno status simbol. “ Il critico letterario inglese Matthew Arnold, non senza malanimo ma con significativa esagerazione, definì Kitsch l'arte delle classi medie e «ciarpame» quella delle classi inferiori. La differenza estetica si presenta come segno di una differenza sociale. Senza affrontare il compito di precisare il significato dei due termini - è sufficiente riferirsi all'accezione comune, generica - si impone un'osservazione: nel nostro secolo il giudizio su questi due livelli dell'arte dozzinale si è modificato. Nell'Ottocento il Kitsch - il riferimento alle classi medie lo conferma - veniva tollerato dal punto di vista estetico e anche annoverato tra le realtà artistiche (esso costituiva in un certo senso la realizzazione di taluni diffusi preconcetti sull'arte), mentre il ciarpame, che mostrava palesemente i suoi tratti primitivi e volgari e d'altra parte appariva variopinto e seducente, produceva un senso di ripugnanza in cui si mescolavano motivi estetici, sociali e morali, e obbligava a prenderne le distanze. Nel Novecento invece la sensibilità allergica nei confronti del Kitsch è aumentata fino al limite estremo di un'intolleranza nutrita di manie persecutorie; la creazione e l'affermazione del termine stesso da un lato dà espressione alla diffidenza, dall'altro la acuisce. La critica al ciarpame si è attenuata in misura analoga, e per ragioni diverse. ... „ C.Dahlhaus Al nostro scopo vorrei sottolineare questa frase: il Kitsch - il riferimento alle classi medie lo conferma - veniva tollerato dal punto di vista estetico e anche annoverato tra le realtà artistiche ( esso costituiva in un certo senso la realizzazione di taluni diffusi preconcetti sull'arte. ) Paolo |
| inviato il 26 Febbraio 2015 ore 11:56
Ottima citazione, Paolo, che però sembrerebbe ribaltare, almeno in parte, il discorso di Smargiassi, che mi pare tenda a separare il kitsch dai fenomeni sociali in quanto tali quando afferma che: “ la fotografia dei social network non è quasi mai kitsch. „ o quando, in riferimento agli "abbellimenti", per i quali anche noi utilizzeremmo indistintamente il termine kitsch, scrive: “ Ma anche qui, attenzione: a volte si usa un filtrino non tanto per dare una patina di bello a una foto brutta, ma come marchio di riconoscimento, per identificarsi con i pari, per desiderio di omologazione a un gruppo. „ Insomma, pare che voglia distinguere tra quello che è l'approccio personale e quello che è l'approccio di gruppo all'immagine. Per Smargiassi il dilettante tenderebbe spesso ad essere kitsch, ma non necessariamente per il fatto di appartenere ad una classe sociale media o ad un gruppo autoaggregatosi attorno a Facebook |
| inviato il 26 Febbraio 2015 ore 13:03
Daniele Io credo che noi utilizziamo il termine kitsch con accezioni diverse e forse un po' troppo estensivamente. Proprio per questo io ho proposto due criteri per identificarlo: 1) qualsiasi oggetto la cui forma non derivi dalla funzione; 2) costituisce una realizzazione di taluni diffusi preconcetti sull'arte. Entrambi fanno riferimento al fatto che non sono il risultato di un processo creativo di cui gli elementi sono funzionali allo scopo ma bensì dell'imitazione di stereotipi di ciò che si ritiene arte, senza che però i costituenti dell'immagine finita (o del progetto artistico) siano determinati da necessità funzionali del linguaggio visuale. Detta in soldoni: si ha un'idea impropria di opera d'arte e si fanno imitazioni non strutturali ma di facciata della facies di questi stereotipi. Per questo avevo citato O. Wilde: "la fantasia copia" vuol dire che quando abbiamo l'impressione di far ricorso all'ispirazione, alla fantasia, in genere stiamo attingendo a stereotipi per lo più dettati da norme di gruppo (quindi niente affatto originali). "Lo spirito critico crea" vuol dire che la creazione nasce da un processo critico nell'atto creativo di cui, di solito, non si conosce l'esito preciso a priori. Altri esperti del settore considerano il kitsch come un fenomeno d'annata, riconoscendogli valore artistico in certi casi. Non credo che fosse questa l'accezione di Jeronim. Del resto può dircelo lui. Paolo |
| inviato il 26 Febbraio 2015 ore 15:04
“ Una definizione generica adottata nell'architettura e nel design indica come kitsch qualsiasi oggetto la cui forma non derivi dalla funzione. „ Questa frase, ovvero "la forma deve derivare dalla funzione", la sento spesso attribuire a Gropius, meno spesso a Mies e qualche volta a Le Corbusier. Non escludo che anche essi l'abbiano pronunciata, tuttavia il primo da cui l'ho sentita è Augustus Welby Northmore Pugin, mi sembra nei suoi "Contrasts" del 1836, ma concetti analoghi fanno capolino in vari teorici d'architettura francesi del '700. Pugin, che da anglicano si era convertito al cattolicesimo (e una religiosità ai limiti del fanatismo è la cifra della sua opera), sosteneva la superiorità morale del neo-gotico, essendo architettura cristiana, sul neo-classico in quanto stile dei templi pagani. Del pari il neogotico era un linguaggio più "virtuoso" in quanto più adatto a rappresentare con la forma la funzione ed adeguarsi pragmaticamente ad essa, non essendo vincolato da esigenze formalistiche di simmetria, rispetto degli ordini classici ecc. E' singolare che questo enunciato da parte del più celebre teorico del neogoticismo ottocentesco abbia finito per diventare uno dei fondamenti teorici, quasi un dogma, da parte del "Movimento Moderno"*, da cui l'attribuzione della citazione a Gropius ecc., che se non errata è perlomeno parziale. Quel che conta è che in questo principio, sia che fosse espresso dai teorici del neogoticismo ottocentesco che da quelli dalla "Bauhaus" in pieno '900, l'istanza etica (o moralistica) prevale su quella estetica. Ma questo tema è già stato trattato da Donald Watkin in "Architettura e moralità : dal gothic revival al movimento moderno" (Milano, Jaca Book, 1982 - Op. orig: Morality and Architecture, Chicago 1977). “ Proprio per questo io ho proposto due criteri per identificarlo: 1) qualsiasi oggetto la cui forma non derivi dalla funzione; ... „ Nonostante che io abbia, in un certo senso, storicizzato e forse anche relativizzato questo concetto, penso che possa comunque costituire un riferimento di cui tener conto. Nel senso che è bene che un architetto o designer, in fase progettuale, rifletta su come quello che elabora si rapporta alla funzione. Che poi da quest'ultima la forma debba derivare in maniera meccanica e prevedibile, è ovviamente opinabile. Ricordo comunque le pagine in cui Bruno Munari, in quei suoi deliziosi libriccini in forma di pamphlet pubblicati da Laterza, ironizzava sulla proliferazione di oggetti che giudicava kitsch, quali sveglie inserite in finti libri ecc. Tuttavia certe recenti tendenze del design, quali il cosiddetto stile "cartoon", di cui Stefano Giovannoni e Philippe Starck sono tra i più noti rappresentanti, persegue un'esplicita trasgressione di questo principio funzionalista. Possiamo affermare che questi giocano consapevolmente con il kitsch, un po' come fa l'arte a partire perlomeno dagli anni '60 con la Pop-Art? Direi di sì. Però questo comporta il NON considerare il kitsch come un infezione da evitare a tutti i costi... * L'uso delle virgolette è dovuto al caso che sotto questa categoria si tendeva, fino a qualche decennio fa, a raggruppare personalità, concezioni e tendenze radicalmente differenti. |
| inviato il 26 Febbraio 2015 ore 16:47
“ in genere stiamo attingendo a stereotipi per lo più dettati da norme di gruppo „ Questo però mi porta a riprendere i miei primi interventi, in cui sostenevo una posizione simile a quella di Roberto “ questo comporta il NON considerare il kitsch come un infezione da evitare a tutti i costi... „ proprio perché dettato, almeno inizialmente, da norme create all'interno di un gruppo (e giudicate kitsch da chi? Non certo da appartenenti a quel medesimo gruppo!) e poi inserito in un discorso artistico (Pop-art) e perfino di design. Questo significa che, se affrontato coscientemente e con senso critico, il kitsch potrebbe inserirsi in un discorso artistico anche tramite la fotografia |
| inviato il 26 Febbraio 2015 ore 16:58
Ribadisco: non credo che l'intenzione di Jeronim fosse una discussione sul kitsch oppure una sua rivalutazione a livello artistico, e neppure di cercare le modalità per arrivarci. Io credo invece che lui abbia usato il termine in senso generico per individuare un certo tipo di produzione con velleità artistiche ed esito non conforme alle pretese. In questo senso credo che piuttosto che la discussione su "kitsch è arte oppure no", o "quali aspetti del kitsch siano eventualmente tollerati o suscettibili di... elevazione", il suo intento fosse di individuare uno dei maggiori problemi che affligge la produzione dei fotoamatori velleitari, proprio con l'obiettivo di prendere... l'altra strada. Paolo |
user57136 | inviato il 26 Febbraio 2015 ore 17:21
Sarò ottuso ma... farsi meno seghe mentali e uscire a fotografare no? Cosa importa se una foto sia arte o sia kitsch? A chi importa se un fotografo venga definito dilettante o amatoriale? O che uno scatto venga fatto per Facebook o per chissa quale altro scopo? Al di la di tutto, quello che conta veramente è l'immagine, che deve piacere a chi la fa (e magari anche a chi la guarda) senza tanto pontificare da parte del professorone di turno. Io fotografo da pochi mesi e fotografo male, ma dopotutto mica ci mangio! Quando un hobby diventa paranoia forse sarebbe il caso di andare a fare qualcos'altro. mia opinione personale |
| inviato il 26 Febbraio 2015 ore 17:39
Caro Lorenzo, certo, si può fare Ma gli scritti, le opere dell'uomo in generale, e quindi anche la fotografia, contribuiscono alle evoluzioni culturali, ai mutamenti di coscienza delle società, alla creazione insomma della nostra anima. Con le immagini si producono odi e simpatie, modelli estetici e comportamentali, si modificano scale di valori. Uscire a fotografare è ottima cosa, ma che ci siano "anche" riflessioni critiche sulle cose, o meglio la non accettazione acritica di quel che passa il convento solo perchè c'è, non fa male |
| inviato il 26 Febbraio 2015 ore 17:42
Ok, ma forse allora il problema è semplicemente di ripartire dal considerare la fotografia come mezzo di comunicazione e non necessariamente come forma d'Arte, accantonare l'idea di "aggiungere" il bello dove il bello non c'è, o quella di "drammatizzare" una situazione che di suo non è per nulla drammatica e cose simili. Magari si tratta di uscire dalla mentalità dei "generi" fotografici e dei loro presunti standard qualitativi (provando magari anche a "dimenticare" per un momento anche i grandi maestri), per concentrarsi sulle situazioni e sui soggetti che inquadriamo prima dello scatto; ricominciare provando a descriverli senza "interpretarli" a tutti i costi; e accettare il fatto che se quel giorno siamo riusciti a produrre solamente scatti banali ... sono banali, punto!!! Anziché volerli recuperare (o cestinarli subito senza pensarci due volte), li si prende, li si studia e ci si chiede semplicemente che cosa non ha funzionato. Poi si riparte... Credo che provare semplicemente a "descrivere" una scena aiuti a capire la differenza tra quello che "lei mi dice" e quello che "la mia fantasia ci vuole vedere"; magari potrebbe tornare utile qualche volta sostituire la penna e un notes alla macchina fotografica e vedere che descrizione ne esce. |
user57136 | inviato il 26 Febbraio 2015 ore 17:46
"ma che ci siano "anche" riflessioni critiche sulle cose, o meglio la non accettazione acritica di quel che passa il convento solo perchè c'è, non fa male" Su questo non ci piove ma... a che titolo questo signore sale sulla cattedra a pontificare? E' questo il problema secondo me... spesso si tende a prendere per oro colato o a dare eccessiva importanza a opinioni personali di personaggi che, per quanto autorevoli, non sono esenti da commettere errori di valutazione. "Ok, ma forse allora il problema è semplicemente di ripartire dal considerare la fotografia come mezzo di comunicazione e non necessariamente come forma d'Arte" Ma infatti la fotografia non è sempre e comunque una forma d'arte, così come non lo è la pittura, la scultura, la musica... |
user57136 | inviato il 26 Febbraio 2015 ore 17:56
"Lorenzo.... un punto importante: la "qualità" delle fonti... A te giudicare, in base a storia ed espressione complessiva se un autore, un critico o chi altri, abbia titoli e qualità per essere credibile e interessante. Se il suo punto di vista può cioè contenere idee che possiamo fare in parte nostre, o quantomeno prendere in buona considerazione. E poi, ognuno di noi ha una certa coscienza critica, che in questo può aiutare, no?!?" Su questo non ci piove. Ma, onestamente, credi seriamente che la massa abbia una coscienza critica minimamente sviluppata? Io sinceramente penso di no... ma magari sono supponente e pessimista. |
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