| inviato il 10 Ottobre 2024 ore 10:39
Se c'era uno che "metteva in scena" le due foto facendo credere fossero eventi casuali e spontanei "colti al volo" era HCB (il che mi ricorda un altro fotografo molto, molto popolare di oggi...). Dopodichè chissene, è il talento artistico che conta(va) e lui ne aveva a pacchi. Sulla "realtà" dei reportage alterata dalla facilità di modifica concessa dalle tecniche digitali, c'è del vero. Ma credo che il difetto stia nel manico, è lo spettatore che ha o non ha i metri critici (e le informazioni necessarie) per intuire cosa è vero e cosa è falso. Esiste però un reportage "realista" (la documentazione di fatti, eventi o situazioni reali a fini di informazione) e un reportage "artistico" il cui fine non è puramente documentativo. Nel primo caso mi aspetto che ogni alterazione, digitale o meno, dell'immagine sia dichiarata e mi comunque che sia minima, d'altro canto della qualità artistica mi importa poco. Nel secondo è molto meno importante se l'immagine è stata un poco alterata se questo porta ad una espressività maggiore, entro certi limiti. |
| inviato il 10 Ottobre 2024 ore 11:07
Mi inserisco un po' in punta di piedi senza aver letto tutto ma partendo dal post iniziale. Non è una questione di digitale, è una questione legata all'editoria e più in generale alla cultura. Senza girarci intorno la crisi del settore è iniziata ben prima del digitale e difatti la fotografia reportagistica è cambiata perchè sono cambiati anche gli spazi dove viene vista. Il reportage nudo e crudo sono anni che non ha più presa, i fotografi si sono adattati, la fotografia di reportage è entrata nel giro delle mostre e a volte nei musei. La conseguenza è che sono nate fotografie con lo scopo di essere "monumentali", per parlare a un pubblico diverso e essere dei simboli, non un vero racconto ma rappresentare una specifica idea. Lo si vede anche nell'ultima foto vincitrice del WPP dove si associa un'iconografia cristiana che non appartiene al popolo palestinese, ma la foto è per "noi" per mostrare un simbolo, per rappresentare un'idea. Il settore è in crisi, come lo è anche il giornalismo, vanno le notizie stupide, il gossip, uno si informa su improbabili gruppi facebook e ritiene che la persona acculturata sia un bacchettone inutile e borioso e questo si riflette su tutto anche sul reportage. Il digitale non ha ucciso nulla, è la società che non è interessata |
| inviato il 10 Ottobre 2024 ore 11:11
Parlando di Bresson quando si fanno questi discorsi manca sempre di contestualizzazione. Bresson e molti altri autori erano a Parigi in un contesto molto specifico, tutti gli autori che contavano transitavano da li, era il fulcro e quello specifico modo di fotografare era perfetto in quel momento, non solo lui è diventato famoso e conosciuto, ma tanti che ora definiamo maestri. Di acqua sotto i ponti nè è passata, autori hanno ribaltato il concetto di attimo decisivo, alcuni lo hanno totalmente rifiutato, altri hanno fotografato il "dopo", si sono susseguiti lavori e scatti negli anni validi e che hanno dialogato con quello che era prima. Ora copiare HCB non ha senso, lui c'è gia stato, la storia è andata avanti, gli approcci e il modo di guardare le fotografie è cambiato, non si può ragionare sempre senza considerare la situazione sociale e storica |
| inviato il 10 Ottobre 2024 ore 11:14
+1 per Matteo, sempre un piacere leggerlo |
| inviato il 10 Ottobre 2024 ore 12:53
"perché il reportage fotografico è morto da tempo, come la rivista Life. Il mondo è diventato piccolo e straconosciuto e le foto in stile reportage hanno annoiato con il loro aspetto " deja vu". Facciamo un bel reportage sui santoni in India o sugli indios amazzonici ? Ma dai, ansai che palle...il reportage si potrebbe ancora fare, anche qui in Italia. Ci sono gli immigrati, la loro vita da schiavi nei campi e ci sono anche molti Simon Legree. Ma ci sono stati già i reportages televisivi, che hanno ucciso la fotografia ed i settimanali illustrati. Una volta si vendevano moltissimo i fotoromanzi. Oggi chi li acquisterebbe ?" Non è morto. È di nicchia. Le riviste di reportage ci sono eccome, ad esempio l'ottima: witnessjournal.com/ |
| inviato il 10 Ottobre 2024 ore 20:59
Tanto mi pare abbia già vinto il cappuccino |
| inviato il 11 Ottobre 2024 ore 9:00
Ls83 ha scritto " Non è morto. È di nicchia. Le riviste di reportage ci sono eccome, ad esempio l'ottima: witnessjournal.com/" Appunto...cvd |
| inviato il 13 Ottobre 2024 ore 22:50
Un nuovo Bresson non può più esserci perché la fotografia è cambiata, come cambiano nel tempo tutte le forme espressive. Bresson e' un fotografo del suo tempo. Come Giotto è un pittore del suo tempo. Anche il reportage è cambiato e cambia continuamente, basta seguire il world Press Photo per rendersene conto. E non è affatto morto. Il reportage è un genere che ha lo scopo di indagare, di approfondire un evento, un contesto secondo il punto di vista dell'autore. Cambia lo stile, cambia l'approccio ma reportage rimane. Se analogico o digitale non cambia le intenzioni e lo scopo del reportage |
Che cosa ne pensi di questo argomento?Vuoi dire la tua? Per partecipare alla discussione iscriviti a JuzaPhoto, è semplice e gratuito!
Non solo: iscrivendoti potrai creare una tua pagina personale, pubblicare foto, ricevere commenti e sfruttare tutte le funzionalità di JuzaPhoto. Con oltre 252000 iscritti, c'è spazio per tutti, dal principiante al professionista. |

Metti la tua pubblicità su JuzaPhoto (info) |