| inviato il 21 Settembre 2023 ore 8:56
Non amo le foto che percepisco come inutilmente “forti” ma penso che quelle che non lo sono inutilmente siano non solo benvenute ma anche necessarie. ********************************************** Interessante... Il problema è nel come si distinguono quelle "inutilmente forti" da quelle "non inutilmente forti" |
| inviato il 21 Settembre 2023 ore 9:02
Non accadrà MAI caro Paolo. ******************************** Hai ragione amico mio... una volta tanto MIO MALGRADO, ma anche stavolta devo darti ragione. |
| inviato il 21 Settembre 2023 ore 9:06
Il tempo in cui erano pochi a scattare per motivi di arte, lavoro, comunicazione o reportage, è finito. Ci sono ancora storie da raccontare è verissimo, ed è altrettanto vero che nella marea di immagini e di disagi raffigurati non si entra più in punta di piedi. Non c'è tempo, bisogna consumare l'evento prima possibile, senza capirlo o almeno rispettarlo. Nel dubbio, dopo che scatti, puoi aspettare che la coscienza ti parli. Se ne vale la pena, ne varrà sempre. |
| inviato il 21 Settembre 2023 ore 9:19
La maggior parte dei fotografi che hanno testimoniato gli eventi più crudi della storia, a livello psicofisico, hanno subito notevoli conseguenze a posteriori, non cercavano fama, vedi Salgado in biafra o il suicidio di Kevin Carter dopo la foto del bimbo con l' avvoltoio. |
| inviato il 21 Settembre 2023 ore 9:48
Si potrebbe chiedere a Fabrizio Corona un autorevole parere sull'argomento, vista la sua nota sensibilità alla privacy... |
| inviato il 21 Settembre 2023 ore 10:03
La cosa buona è che molto probabilmente la terra sopravviverà sia alle foto "inutilmente forti" che a quelle "utilmente forti" nonchè a quelle di tutti i fotoamatori e smartphone in attività. |
| inviato il 21 Settembre 2023 ore 10:07
“Basterebbe seguire un semplice principio cardine dell'ordinamento giuridico, e persino di alcuni dettati religiosi: essere certi che il soggetto ritratto fosse pienamente capace di intendere e di volere, raccogliere il consenso e astenersi dal pubblicare immagini che non verifichino questa condizione. Nell'intendere c'è un elemento culturale: se il soggetto diventasse una nuova donna afghana accetterebbe quel tipo di notorietà? Nel volere c'è un elemento di libertà: se il soggetto fosse scevro da ogni forma di dipendenza, non solo economica ma anche ad esempio la sete di notorietà, accetterebbe che la propria immagine diventasse pubblica? Il campo si restringe in un attimo.......” Da un punto di vista etico il concetto di consenso consapevole è un altro concetto piuttosto fumoso. La consapevolezza di un soggetto è anch'essa pesantemente condizionata dalla situazione in cui vive. Più si entra nella sfera del disagio, più il condizionamento è forte. Al netto dell'evoluzione tecnologica che rende impossibile prevedere la portata e la modalità di diffusione di un'immagine scattata oggi |
| inviato il 21 Settembre 2023 ore 10:09
“ Interessante... Il problema è nel come si distinguono quelle "inutilmente forti" da quelle "non inutilmente forti" Triste” È il relativismo intrinseco al quale facevo riferimento nella frase precedente a quella che hai citato ed il il motivo per il quale ho utilizzato l'espressione “che percepisco” anziché “sono” |
user109536 | inviato il 21 Settembre 2023 ore 10:18
Condivido al 100 % ma ci sono tanti ma e tante situazioni dove può essere necessario non condividere soprattutto per professionisti che fanno reportage. |
| inviato il 21 Settembre 2023 ore 10:25
ma oltre alle fotografie ci sono i video. Non fotografare certi soggetti o certe situazioni. Ma in rete, anche sulla piattaforma più famosa, girano video di situazioni più assurde, strane, di persone inquadrate senza neanche chiedere il permesso e vengono pubblicate. Soprattutto ora che coi cellulari puoi fare di tutto. Inquadri e fotografi il senzatetto, il barbone, l'handicappato, ecc. E la piattaforma posta tutto. Cioè sta sicuramente a noi, al buonsenso capire cosa fare o meno ma il buonsenso tanti neanche sanno cosa sia. |
| inviato il 21 Settembre 2023 ore 10:34
È il relativismo intrinseco al quale facevo riferimento nella frase precedente a quella che hai citato ed il il motivo per il quale ho utilizzato l'espressione “che percepisco” anziché “sono” *********************** Ma il punto è proprio questo... e cioè che TUTTO è relativo. Perché quello che TU "percepisci" per TE È... e a questo punto come metti d'accordo quello che TU "percepisci" (e che quindi per te È) con quella stessa cosa che un altro "percepisce" (e quindi per lui È) in maniera diversa da te? |
| inviato il 21 Settembre 2023 ore 10:57
Siamo d'accordo. Nel dubbio non censuro perché censurare sarebbe assolutizzare la mia percezione (semplificando al massimo eh..) |
user203495 | inviato il 21 Settembre 2023 ore 11:29
Questa libertà assoluta che viene riconosciuta alla stampa,e quindi alla fotografia,è una sesquipedale protervia. “ e cioè che TUTTO è relativo. „ Già.Viviamo ormai soppraffatti e meschinamente irretiti dalla certezza dell'inutilità,ergo della non presenza,degli assoluti morali. “ È un decalogo perfetto per mitigare la street casuale moderna e darle un'etica. „ Il Relativismo si applica a tutto e non si riduce a niente.In questa perversione,tutta moderna,anche l'etica è fluida.Liquida.Plasmabile.Soggettiva. Alcuni giornalisti,e per affinità anche il fotoreporter,utilizza il mezzo come una clava.Collettivamenti irretiti entro le loro impenetrabili anfizonie,celebrano il culto del diritto all'informazione,questa Idra di Lerna che da mostro genera mostri. Solo una testa è immortale.Legibus solutus. “ Ma il punto è proprio questo... e cioè che TUTTO è relativo. Perché quello che TU "percepisci" per TE È... e a questo punto come metti d'accordo quello che TU "percepisci" (e che quindi per te È) con quella stessa cosa che un altro "percepisce" (e quindi per lui È) in maniera diversa da te? „ Ovvero l'insostenibile inutilità del dialogo. Ma è inutile discuterne.Ognuno resta ancoràto alla sua zolla.Me compreso. |
user251480 | inviato il 21 Settembre 2023 ore 11:33
Credo sia sempre necessario applicare una semplice regola: immedesimarsi nel soggetto ritratto e pensare cosa si vorrebbe dal fotografo (come si vorrebbe essere trattati). |
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