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Innamorata della realtà


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avatarjunior
inviato il 04 Settembre 2023 ore 20:04

Per Nocram
A questo punto attendo un riscontro anche al mio intervento precedente, così solo per curiosità e per sapere se tutto quello che hai scritto su questo post è la naturale conseguenza di un tuo sapere e in questo caso aggiungerei invidiabile, oppure diciamo così, l'integrare con elaboratori di risposte o altro ancora. Grazie

avatarsenior
inviato il 04 Settembre 2023 ore 20:08

Ma che elaboratori di risposta? LoL
Hai mai sentito parlare di libri? MrGreen
Ha solo fatto dei collegamenti tra cose che ha letto, mica ha esposto una teoria rivoluzionaria.

avatarjunior
inviato il 04 Settembre 2023 ore 20:19

@ Rombro


A meno che non sia solo un interesse puramente filosofico, dal momento che fotografi ti tocca tradurre quello che hai in testa.


Mi sembra un'ottima sintesi ed anche un buon augurio a chiosa della discussione.
Io, ora come ora sono molto preso dalla stampa, che ha rinvigorito il me l'interesse per la fotografia dopo una lunga fase di sconforto. Se queste letture a làtere ossigenano le quattro celluline grigie? Io dico di si. Non fa mai male salire sulla collina e guardare "la città" con i suoi ingolfamenti da un'altro punto di vista (C.G. Jung!)

@MatteoGroppi

Se per te la fotografia digitale, grazie alla sua maggiore elasticità [eccetera] rappresenta meglio il mondo circostante io non ti contraddico per nulla. Non ho argomenti da opporti, in questo senso.
Ma riferendosi all'auto-referenzialità, per come l'abbiamo trattata qui, fare un passo avanti non è antitetico alla s-connessione (o sganciamento) a cui allude Han rispetto al refente.
Tu puoi anche pensare d'aver eliminato il vecchio martello heideggeriano per fare spazio ad un moderno motopick ma... "cui prodest scelus, is fecit" [il delitto l'ha commesso colui al quale esso giova] .
Tutto sta a capire questo, in fondo: a chi ed a cosa è convenuto? e cosa abbiamo lasciato indietro, che magari non volevamo ma è stato inevitabile perdere? A me pare, e l'ho argomentato, che non sia cambiato soltanto il "supporto" nella transizione dall'analogico al digitale, ma ci sia tutta una serie di tematiche aperte sulle quali, per carità, le conclusioni possono anche differire. L'amore per la filosofia è amore per le domande, non per le risposte.

@Carmelo S.
E come ti devo rispondere affinchè tu mi percepisca come "tra i viventi" e non come una macchina? MrGreen
Davvero non lo so. Non mi offendo perché, di questi tempi, magari il tuo dubbio ha una sua legittimità (che casca a fagliolo, tra l'altro, con gli argomenti trattati).

avatarsenior
inviato il 04 Settembre 2023 ore 20:28

L'amore per la filosofia è amore per le domande, non per le risposte.

Certamente. È che il fotografo è una figura pragmatica e stride facilmente col pensiero filosofico MrGreen

avatarsupporter
inviato il 04 Settembre 2023 ore 20:38

...e così, dopo aver sparso un tripudio di parole , la gran parte delle quali autoreferenziali, si spense senza neanche fare "click". Eeeek!!!

avatarsenior
inviato il 04 Settembre 2023 ore 20:54

Dimmelo tu cosa abbiamo lasciato indietro?
Me lo spieghi con 2 esempi uno digitale e uno analogico mostrandomi cosa abbiamo lasciato indietro e cosa abbiamo guadagnato?ma non parole ma foto e me lo spieghi nel dettaglio non generico ma esattamente su quegli scatti
Non aggirare le domande, hai una tesi dovresti saperla sostenere
Comunque si cambia il mezzo cambia ovviamente l'approccio, evolve si modifica e si cercano nuove strade

avatarsenior
inviato il 04 Settembre 2023 ore 22:20

In ufficio con me, anni fa, c'era un tizio che la metteva conitinuamente su questo piano,
quasi olistico,
oltre che sciorinare terminologie tecnicoidi attinenti agli angoli di campo, agli schemi ottici delle lenti cosiddette "nobili", alla trasportabilità ottimale dell'attrezzatura fotografica avvalendosi di zainetti in goretex teflonato, misto a kevlar intriso di seta liquida e chissà quali e quanti altri malefizi escogitati dalla Dupont o da qualche sottobosco avanguardistico russo, ma senza logo pubblicizzato.

Se non avessi poi dato una sbirciata alle sue fotE, (giuro), sarei potuto benissimo rimanere incantato dalle sue parabole da barTabacchi o da seggiole in paglia messe davanti a dove si vendono abbacchi e olive nere greche....ma ahimè un occhio ce l'ho poi buttato.
Il suo sguardo s'incupì, mentre io ed altri guardavamo le sue immagini...forse sentendosi colpevole di ciàltronerìa, mentre cercava di farci immaginare robe che in quelle foto non c'erano, ma che secondo il suo pensiero visionario esistevano, del tipo: "vedete qua? Questa cosa non si vede, ma provate ad immaginarla immersa nel contesto..."
Robe così, insomma.
Tipo la foto della ragazzina accovacciata accanto al leone, pubblicata qualche settimana fa qui sul foruMMe, per capirci.

Peccato che non stiamo più nello stesso ufficio, io e quel fenomeno,
altrimenti gli avrei ficcato un po' di cicuta nel caffè, mentre si distraeva un attimo... Triste

avatarjunior
inviato il 04 Settembre 2023 ore 23:13

@Rombro

Ragion per la quale i miei appunti di lettura sono postati nella sezione Blog, che mi pare la più adatta a me ed ai potenziali interessati ma, nonostante questa precauzione, faccio fatica a comprendere perché si sia sviluppata l'ostilità quasi intimidatoria che ho registrato mentre la discussione si è sviluppata.
Ho esordito che una citazione succinta di 4 righe, che mi è piaciuta come cosa finita e capace di vivere sé per sé, anche se dietro le quinte, come ho poi spiegato, c'è un mondo di possibili connessioni con molti altri autori. Nelle sezioni più tecniche del forum, dove io non intervengo, ho visto chiedersi se un piccione in partenza, mosso e sfocato, rappresenti o meno la realtà. Io non lo so ma, dinnanzi a questi dubbi tecnici, perché una retrospettiva sull'innamoramento per la connessione al reale incuta una così profonda ritrosia mi sfugge anche a prescindere dal sentire filosofico.

@ all'eroico resto che ancora regge/legge

Nell'antropologia del non-umano (la disciplina più moderna, tra quelle speculative) s'ipotizza l'esistenza di una multi-naturalità: non più una Natura, la stessa per tutti e condivisa, ma più Mondi Naturali contemporanei nei quali ad essere Uno diventa tutto ciò che vive, dagli uomini agli animali alle piante ai funghi [eccetera] . Viene escluso dalla “seità” (essere/rappresentare un Sé) unicamente ciò che "essendo" NON IMPARA, ovvero la materia inerte come può essere, ad esempio, un fiocco di neve che, pur manifestando una sua caratteristica unicità (non esistono due fiocchi di neve uguali) non ha alcuna autonoma capacità di modificare/si il futuro. Idem per i mulinelli vorticosi dell'acqua che scorre nel fiume: niente Sé.

Invece al “Pensiero” viene riconosciuto il grado di cosa vivente e pertanto dotato di un suo Sé (sia il pensiero individuale, sia il pensiero comunitario, ad esempio quello di una folla). La cosa buffa è che questa estensione di cosa considerare un Sé c'è sempre stata già nelle civiltà cannibali che si richiamavano all'animismo e non per niente gli antropologi elaborano questa teoria studiando, con nuovi occhi e nuovi metodi, le tribù amazzoniche. Ma vogliamo ridere? Gli amazzoni equadoregni (alcune tribù a metà tra il civilizzato ed il non) capiscono facilmente come la fotografia analogica abbia un Sé, sia "viva": rullino, scatto, sviluppo e stampa, in bianco e nero naturalmente, tutto nella foresta accanto alle loro capanne.

Tuttavia, gli stessi indigeni non “colgono” altrettanto facilmente un Sé nella fotografia digitale dei monitor. Eppure parliamo di gente che “parla” con le formiche, con gli alberi, con i sogni e persino con i morti ma proprio con la stessa facilità con cui noi si va a comprare il pane. Perché distinguono? Cosa gli manca? In realtà è già stato detto: gli manca un interlocutore, l' “aggancio” al reale, l'affidabilità cosale che si concretizza nell'utilizzabilità del martello. Insomma qualcosa che colpisca duro, che s'imponga SOPRA l'osservatore stesso. In questo senso l'analogico rimanda al juke-box (monetine e tric-trac) come il digitale rimanda ad ascoltare “la stessa musica” (virgolette d'obbligo) su YouTube.

Per approfondimenti (ad esempio: icone, indici e simboli - queste distinzioni antropologiche sono interessanti anche ai fini del linguaggio fotografico, per chi vorrà coglierne un nesso) rimando ai testi dell'antropologo canadese Edoardo Kohn. Se la cosa soddisfa il feticismo di qualcuno, sono libri che contengono la riproduzione di sue fotografie in bianco e nero, realizzate occhio e croce con una telemetro (Leica M? È una mia ipotesi, riconosco certi "errori" che a me sembrano tipici di noi dilettanti).


avatarsenior
inviato il 04 Settembre 2023 ore 23:30

Ma no, è che qui, in generale, essendoci pochi appassionati che leggono filosofia in senso ampio (antropologia, sociologia, ecc.), le reazioni sono sempre un po' sospettose. O ti prendono per uno che ostenta e vuole fare il figo o sei uno che trolla con delle supercàzzole basate sul nulla.
Se non ti fai risucchiare dalle discussioni tecnofile, avrai vita dura qui MrGreen

avatarsenior
inviato il 05 Settembre 2023 ore 9:14

Nocam
a me pare che l'esclamazione "Allora esiste!" di Wenders cada a fagiolo nel mondo dell'Oltre-LIKE già tratteggiato da Barthes.

Ho esordito che una citazione succinta di 4 righe

Da dove è tratta quella citazione di Wenders?
Lo chiedo perché ho dei dubbi sulla traduzione, essendoci alla fine una negazione del concetto:
" e che quindi guardandola non mi venga da dire né più né meno che « Allora esiste! ». "

In generale, come in effetti fai notare, sembra una parafrasi delle idee di Roland Barthes sulla fotografia, in particolare dai capitoli 35 e 36 di " La camera chiara ":

Il nome del noema della Fotografia sarà quindi: «È stato» (...) “Può darsi che, nel quotidiano dilagare delle foto, nelle mille forme d'interesse che esse sembrano suscitare, il noema «È stato» sia non già rimosso (un noema non può essere rimosso), ma vissuto con indifferenza, come un aspetto scontato.”

La Fotografia non dice (per forza) ciò che non è più, ma soltanto e sicuramente ciò che è stato. Questa sottigliezza è determinante. Davanti a una foto, la coscienza non prende necessariamente la via nostalgica del ricordo (quante fotografie sono al di fuori del tempo individuale) ma, per ogni foto esistente al mondo, essa prende la via della certezza: l'essenza della Fotografia è di ratificare ciò che essa ritrae.

Ogni fotografia è un certificato di presenza. Questo certificato è il nuovo gene che l'invenzione della Fotografia ha introdotto nella famiglia delle immagini.

E visto che viene citato Wim Wenders, ricordo che in una intervista fatta in occasione dell'uscita di " Fino alla fine del mondo " nel 1991 disse...

" "Fino alla fine del mondo" non è un film contro le immagini: è, piuttosto, un film che vuol mettere in guardia di fronte all' eccesso di immagini in cui oggi siamo tutti immersi. Dice, o vuol dire: diffidate delle immagini. E per dirlo, non può che mostrarne molte: troppe". "
" Si torna al tema delle immagini: "Vorrei che il mio film mettesse in guardia contro il rischio prossimo-venturo del narcisismo: più si vive di immagini, più si vuol essere ciascuno un' immagine per tutti gli altri, e il narcisismo diventa una malattia collettiva...". "
ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1991/11/30/wender

Sempre Wenders sulle immagini, un estratto da "L'atto di vedere", 1992
www.specchiomagazine.it/2021/04/wim-wenders-latto-di-vedere/
Dove leggo:
" Ma tutti i progressi dell'alta definizione non renderanno certo le immagini più affidabili e credibili, tutt'altro: saranno infatti manipolabili a qualsiasi livello, e quindi anche alterabili a piacere. Ogni singolo pixel, ogni minima unità, ogni atomo puntínato potrà essere manipolato. E non esistendo più alcun originale, non ci sarà più nessuna prova di autenticità. L'immagine digitale non farà quindi che spalancare ancor più il solco esistente tra la realtà in quanto tale e la rappresentazione, rendendolo forse insuperabile. "

avatarsenior
inviato il 05 Settembre 2023 ore 10:44

" Si torna al tema delle immagini: "Vorrei che il mio film mettesse in guardia contro il rischio prossimo-venturo del narcisismo: più si vive di immagini, più si vuol essere ciascuno un' immagine per tutti gli altri, e il narcisismo diventa una malattia collettiva...".


Wim Wenders o è un viaggiatore nel tempo o è "uno che ci capisce" Sorriso

avatarjunior
inviato il 05 Settembre 2023 ore 10:51

Nocram, assolutamente credo tu sia una persona in carne e ossa, non volevo offenderti, se l'ho fatto ti chiedo scusa e grazie di avermi comunque risposto.
Un saluto

avatarjunior
inviato il 05 Settembre 2023 ore 11:12

@Trystero
La citazione di Wenders è tratta da Landschaften. Photographien, Schirmer / Mosel, Düsseldorf 2015, p. 229.

@Carmelo S.
Ok, grazie a te.


avatarjunior
inviato il 06 Settembre 2023 ore 10:10

Stimolato da un riferimento di @Rombro a pagina 1, ho ripreso in mano “Della seduzione” di Baudrillard dove scrive:

“C'è qualcosa d'impersonale in ogni processo di seduzione, come in ogni crimine, qualcosa di rituale, di sovrasoggettivo e di sovrasensuale, di cui l'esperienza vissuta, del seduttore come della sua vittima, è solo il riflesso inconscio. Drammaturgia senza soggetto. [Fotografia come:] Esercizio rituale di una forma in cui i soggetti si consumano. L'insieme assume al tempo stesso la forma estetica di un'opera d'arte e la forma rituale di un crimine”.

Ergo: forma estetica e forma rituale andrebbero a costituire un'insieme.
La tensione metafisica (intesa come ricerca del reale assoluto) sembra della stessa pasta che anima Barthes ne “La camera chiara” però, rispetto al lavoro di Han, Barthes accentua molto gli aspetti romantici almeno stando alla definizione che Novalis offre del romanticismo:

“Nel momento in cui do a ciò che è comune un senso elevato, a ciò che è consueto un aspetto pieno di mistero, al noto la dignità dell'ignoto, al finito un'apparenza infinita io lo rendo romantico”.

Wenders, da parte sua, se ne discosta almeno per come usa il linguaggio anche nell'ultimo estratto proposto da @Trystero [L'atto di vedere] , e mi pare riveli la sua pragmatica “specificità” di fotografo, non troppo dissimile da un Wilson Bentley ed i suoi cinquemila cristalli di ghiaccio.

Sensibilità diverse quindi, che Han mette in relazione aggiungendovi i più recenti sviluppi della storia, prevalentemente legati alla non-cosità del digitale. Totò avrebbe concluso dicendo che “è la somma che fa il totale”.

avatarsupporter
inviato il 06 Settembre 2023 ore 10:22

La "non cosità" del digitale? Eeeek!!!
Perchè la chimica invece è "cosica"?
In fotografia, come in tutti i linguaggi, la somma non fa il totale.
Caro onorevole Trombetta..."ma mi faccia il piacere!"

Che cosa ne pensi di questo argomento?


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