| inviato il 15 Ottobre 2022 ore 11:43
Ci porterà a conoscere di più e perciò a fotografare meglio. |
| inviato il 15 Ottobre 2022 ore 11:58
@Claudio Cortesi concordo di arricchire il ''bagaglio culturale'' se questo intendi ma a fotografare meglio non credo proprio...ognuno ha i propri gusti |
| inviato il 15 Ottobre 2022 ore 15:34
“ si "fotografa" quello che si conosce (e si capisce). diversamente, cartoline. io non potrei mai fare foto ad una partita di pallone perché non ho mai seguito il calcio e non saprei cosa aspettarmi, quali momenti, le dinamiche da seguire ecc ecc. spero questo, riconosco banale, esempio non impatti sulla mente di nessuno configurandolo come filosofico. interrogarsi un minimo sul "gesto fotografico" e sulla misteriosa potenza di questo artificio in parte inafferabile aiuta. non si tratta di mero brandeggio di una fotocamera sofisticata di cui sappiamo tutta la fisica e la matematica del suo "essere". ;-) „ Lo quoto perché Kott-krud sembra Mission: Impossible, cioè i suoi messaggi si autodistruggono dopo essere letti. Così l'ho eternato, perché ha scritto cose importanti. |
| inviato il 16 Ottobre 2022 ore 10:26
Al di là di frasette fatte poco sensate. Io credo che il raffronto che viene fatto tra la fotografia di Cindy Sherman e quella di Diane Arbus sia molto interessante perché parte da due fotografie ritrattiste ma che arrivano a un risultato concettualmente agli antipodi |
| inviato il 18 Ottobre 2022 ore 17:25
Ci arriviamo presto, è nel prossimo capitolo. |
| inviato il 30 Ottobre 2022 ore 10:15
Quarta puntata – Secondo capitolo: Elogio del vampiro In questo capitolo Fontcuberta continua a discutere l'aspetto della fotografia come specchio della realtà. Inizia ricordando un'espressione molto suggestiva usata da Oliver Wendell Holmes nel 1861 per descrivere il dagherrotipo: "specchio dotato di memoria". Effettivamente il miracolo tecnologico di Niepce e altri pionieri fu non solo quello di raccogliere l'immagine del mondo reale, ma anche e soprattutto di riuscire a fissarla. Nonostante il precedente capitolo fosse partito con un discorso scientifico sulla natura del "messaggio", Fontcuberta è un intelligente istrione, così ha subito deposto l'argomentare rigoroso per procedere a suo modo, accostando suggestioni che hanno sempre qualcosa di semiserio – non prendersi sul serio può essere un segno di maturità intellettuale ma è anche un imperativo postmoderno. La struttura di questo capitolo è un binarismo concettuale, un "versus" ("modalità opposte di rapportarsi all'immagine" scrive Fontcuberta), allestito teatralmente tra "narcisi" rappresentati da Diane Arbus e "vampiri" da Cindy Sherman. Chi è davvero scettico capisce che si tratta di una drammatizzazione semplificante del lavoro delle due autrici. Quindi prendiamo il tutto appunto come modo teatrale di esporre la propria idea, che non necessariamente per questo è sbagliata o inutile. Fatto il dovuto disclaimer, leggiamo direttamente Fontcuberta: "Lo stile di Diane Arbus aveva fatto scuola. I suoi ritratti erano caratterizzati da uno stile perfettamente identificabile (formato quadrato, frontalità del soggetto, luce diretta del flash, ecc.), ma soprattutto dalla scelta di ritrarre un repertorio di individui ai margini della società. La Arbus indagava lo squallore di una certa subcultura urbana con un cinismo non privo di compassione, segnando, in qualche modo, una corrente umanista di rilievo nella storia della fotografia. Testimoniare il mondo dei freak e dei disadattati equivaleva a farsi coscienza di una problematica sociale che richiedeva attenzione per essere risolta." Ora Cindy Sherman: "I [Untitled] Film Stills di Cindy Sherman hanno un diverso approccio, sia estetico che morale. I ritratti sono ora composizioni che si rifanno alla finzione cinematografica, e il messaggio inerente a quella raccolta di falsi autoritratti è molto più disilluso. Negli anni Ottanta, il disincanto ha deteriorato ogni vestigia di messianesimo e le poetiche dell'impegno politico hanno finito con l'essere screditate. ... La Sherman ... non va nemmeno alla ricerca di un mondo fatto di cose: è appagata da un mondo fatto di immagini. Non le interessa l'esperienza diretta della realtà, ma solo i suoi sedimenti." "Cindy Sherman si interroga sull'identità femminile e la sua conclusione è che la donna non è altro che un cumulo di cliché prodotto dai telefilm e dalla pubblicità. Inoltre, le sue dissimulazioni evocano la depersonalizzazione e l'idea di identità come messa in scena." e aggiunge quella che, più che una descrizione, sembra un giudizio generale sul lavoro della Sherman: "In definitiva la sua opera costituisce una celebrazione del grand-guignol della cultura, un teatro di burattini governato dai mass media." Insomma Narciso è chi usa la fotografia per rispecchiare "la realtà e le cose tangibili, il mondo fisico che interagisce con il nostro io, da cui esso è però totalmente indipendente". Mentre per il Vampiro "la realtà è solo un effetto della costruzione culturale e ideologica che non preesiste alla nostra esperienza. ... Fotografare, in definitiva, è un modo di reinventare il reale, di estrarre l'invisibile dallo specchio e di rivelarlo" e Fontcuberta esemplifica questa tendenza col lavoro di Nancy Burson e di Keith Cottingham che producono dei fotomontaggi realistici. Il Vampiro - che secondo la leggenda non può rispecchiarsi, al contrario del Narciso che non può che rispecchiarsi, - non è interessato all'oggetto (il mondo reale), ma all'immagine. Arriviamo alla conclusione di Fontcuberta: "Forse c'è più realtà nei ritratti della Burson, come personificazione dell'intera umanità, o in quelli di Cottingham, come materializzazione di stereotipi, che in una qualunque futile istantanea. Perché, come nel caso della Sherman, essi sono costruzioni intellettuali che si mostrano come tali." "Il cordone ombelicale tra l'immagine e l'oggetto è stato tagliato. Il mito moderno dello specchio ha finito per disgregarsi. ... proprio grazie a queste caratteristiche converremo nella trasmissione dei valori più fragili dell'essere umano." ovvero, come da titolo, l'elogio del Vampiro. |
| inviato il 30 Ottobre 2022 ore 12:25
Interessante; in queste conclusioni di Fontcuberta sembra di cogliere un avvicinamento del suo pensiero a certe Teorie della Fisica moderna secondo cui la realtà (l'Universo) esisterebbe solo in funzione di un osservatore (la mente umana), che avrebbe perturbato l'originario stato di quiete delle particelle elementari creando il mondo così come lo percepiamo. “ la realtà è solo un effetto della costruzione culturale e ideologica che non preesiste alla nostra esperienza „ è in fondo un modo di esprimere lo stesso concetto, ma da un punto di vista più filosofico che scientifico. In entrambi i casi lo trovo terribilmente (e pericolosamente) antropocentrico, ma credo che rispecchi perfettamente il pensiero moderno. |
| inviato il 30 Ottobre 2022 ore 12:43
"L'uomo {ogni uomo} è misura di tutte le cose: di quelle che sono in quanto sono e di quelle che non sono in quanto non sono" |
| inviato il 30 Ottobre 2022 ore 13:10
Prima di tutto salvo quotandolo il messaggio di Kott-krud perché sicuramente lo farà sparire entro breve, e a questo punto sono quasi certo che egli sia un filosofo "assenzialista" sulle tracce di Learco Pignagnoli: “ Il mito dello specchio...ehhh Perseo e la Medusa, esiste la fuori una realtà che non può essere vista direttamente pena la pietrificazione...una realtà che può essere percepita solo di "riflesso" e mai si ha contezza diretta. Perseo usa lo scudo come specchio e noi? ;-) „ Kott-Krud ha trovato una sintesi migliore di quella di Fontcuberta (magari ci arriverà anche lui più avanti), cioè: se si vuole aprire uno spazio espressivo nella fotografia non serve prendersela con lo specchio, come se lo specchio riducesse tutto a una superficiale copia del reale, perché proprio la metafora dello specchio ci ricorda il mito di Perseo che per affrontare la Medusa (cioè il male ) usa lo stratagemma di guardarla riflessa nello scudo. Quindi lo specchio come strumento di relazione-mediazione con la realtà: né superficialmente realistico, né sterilmente onirico. Questa stessa tensione critica ha attraversato la letteratura contemporanea: cercare una via tra realismo e immaginazione postmoderna per rendere la letteratura uno strumento capace di affrontare in profondità il reale. |
| inviato il 30 Ottobre 2022 ore 13:16
“ Interessante; in queste conclusioni di Fontcuberta sembra di cogliere un avvicinamento del suo pensiero a certe Teorie della Fisica moderna secondo cui la realtà (l'Universo) esisterebbe solo in funzione di un osservatore (la mente umana), che avrebbe perturbato l'originario stato di quiete delle particelle elementari creando il mondo così come lo percepiamo. „ Sicuramente le teorie più avanzate della Fisica, così dirompenti nel pensare il reale, hanno un effetto sul pensiero della fotografia, credo che arrivino al pensiero fotografico mediate dalle scienze umane, in particolare la sociologia o tutto quel campo nuovo di studi come per esempio i gender-studies. |
| inviato il 30 Ottobre 2022 ore 18:32
“ "L'uomo {ogni uomo} è misura di tutte le cose: di quelle che sono in quanto sono e di quelle che non sono in quanto non sono" „ Vero, ma solo per l'uomo. Presumo che per una lepre sia la lepre la misura di tutte le cose, come per la volpe sia la volpe; tuttavia sia la lepre che la volpe si rincorrono nel medesimo prato. Significa che esiste una realtà oggettiva e universale, ma che questa è solamente una realtà materiale (il prato). Gli esseri viventi invece, hanno sì necessità di considerare ciò che li circonda, ma solamente all'interno di un processo utilitaristico, ovvero solamente in un rapporto di "sussistenza" personale, famigliare, sociale, lavorativa ecc. con la realtà materiale. Dunque non cogliamo quest'ultima per ciò che è, ma per ciò che ci offre, anche solo emotivamente, quindi non possiamo che coglierne un'interpretazione. |
| inviato il 30 Ottobre 2022 ore 18:38
@daniele credo che sia un discorso interessante ma "fuori tema" La lepre non fotografa sicuramente ;) |
| inviato il 30 Ottobre 2022 ore 19:06
No, la lepre non fotografa, ma sicuramente percepisce la realtà attraverso una sua interpretazione, esattamente come fa l'uomo. Certe diatribe sui rapporti tra fotografia e realtà diventano interminabili proprio perché non ci si rende conto di questo, ovvero che ciò che noi chiamiamo realtà è pur sempre una nostra interpretazione, con sfumature differenti da persona a persona. Ma allora quale "uomo è misura di tutte le cose"? Esiste un uomo assolutamente imparziale su cui tarare quelle “ costruzioni intellettuali che si mostrano come tali „ in modo che definiscano universalmente la realtà? |
| inviato il 30 Ottobre 2022 ore 19:32
@daniele ... se lo chiedi a me, ti risponderei che non esiste niente di oggettivo o di Assoluto. Aggiungo che non sono certo gli animali abbiano una coscienza del sè ... senza la quale non so se sia possibile "avere un punto di vista" ... |
| inviato il 30 Ottobre 2022 ore 22:25
“ se lo chiedi a me, ti risponderei che non esiste niente di oggettivo o di Assoluto „ E direi che, almeno nel mondo occidentale degli ultimi decenni, quasi tutti sembrano avere questa visione delle cose, quindi quella frase riferita a Cindy Sherman “ Non le interessa l'esperienza diretta della realtà „ si evolve nel tempo ed oggi è di fatto riferibile alla maggior parte di quanti elaborano immagini, siano esse fotografiche o di altra matrice. Questo accade perché la realtà viene percepita ormai come una semplice categoria del pensiero umano e, come tale, coinvolta nel crollo di quell'oggettività andata perduta con lo spostamento di significato del "pensiero umano", da una dimensione socio-culturale-ideologica, perciò collettiva, sempre più verso un'altra di stampo individualistico. Ognuno però vive in modo diverso questo spostamento di significato, perché il disincanto che ha portato alla perdita del concetto stesso di oggettività porta ciascuno ad essere "misura di tutte le cose" esclusivamente per se stesso; nessuno è più maestro di nessuno, ma tutt'al più un semplice suggeritore per chi ancora cercasse quali forme dare alla propria visione delle cose. Persino la contaminazione tra realtà materiale e realtà virtuale, oggi sempre più presente nel campo foto-grafico, è figlia di questo spostamento di significato, e forse andrebbe analizzata in quanto tale prima di venire condannata senza appello. |
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