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donne e pippaioli







avatarsenior
inviato il 20 Luglio 2020 ore 10:57

da: Susan Sontag, Sulla fotografia

nel capitolo La grotta di Platone
Pagg. 12 e segg.

«Ho sempre considerato la fotografia una cosa sconveniente: era una delle mie opinioni predilette sull'argomento, — ha scritto Diane Arbus, — e la prima volta che ho fatto una foto mi sentivo molto perversa». L'attività del fotografo professionista può essere considerata sconveniente, per usare il termine della Arbus, se il fotografo cerca soggetti che si ritengono malfamati, tabú o marginali. Ma oggi è sempre piú difficile trovare un soggetto sconveniente. E poi qual è esattamente l'aspetto perverso del fotografare? Se i fotografi professionisti, quando stanno dietro la macchina, hanno spesso fantasie sessuali, la perversione consiste forse nel fatto che queste fantasie sono insieme plausibili e assolutamente improprie. In Blow-up (1966), Antonioni mostra un fotografo di moda che ondeggia convulsamente sul corpo di Verushka facendo continuamente scattare la sua macchina. Macché sconveniente! In realtà l'usare una macchina fotografica non è un modo molto efficace di instaurare un rapporto sessuale con qualcuno. La macchina non stupra, e neanche possiede, anche se può intromettersi, invadere, trasgredire, distorcere, sfruttare e, spingendo la metafora all'estremo, assassinare, tutte attività che, a differenza dell'atto sessuale, possono essere svolte anche da lontano, e con un certo distacco.
Una fantasia sessuale molto piú intensa la troviamo in L'occhio che uccide (1960), lo straordinario film di Michael Powell su uno psicopatico che uccide le donne mentre le fotografa, con un'arma nascosta nella macchina. Non tocca mai i suoi soggetti. Non desidera i loro corpi; le vuole solo in forma di immagini filmate — quelle che le mostrano nell'atto di vivere la propria morte —che poi si proietta a casa per il proprio piacere solitario. Il film presuppone una connessione tra impotenza e aggressività, tra occhio professionale e crudeltà, che porta alla principale fantasia collegata con la macchina fotografica. La macchina come fallo è, al piú, una fragile variante dell'inevitabile metafora che tutti tranquillamente adoperano. Per quanto vaga sia la nostra consapevolezza di questa fantasia, la esplicitiamo senza sottigliezza, ogni volta che parliamo di «caricare» e «puntare» una macchina.
La macchina fotografica di un tempo era piú ingombrante e piú difficile da ricaricare di un moschetto Bess. La macchina moderna cerca di essere una pistola a raggi. Dice un'inserzione pubblicitaria:
La Yashika Electro-35 GT è la macchina fotografica dell'era spaziale che piacerà alla vostra famiglia. Fa splendide foto di giorno e di notte. Automaticamente. Senza tante storie. Dovete soltanto puntare, mettere a fuoco e sparare. Il cervello elettronico e l'otturatore elettronico di GT faranno il resto.
Come l'automobile, la macchina fotografica viene venduta come arma predatrice, automatizzata il piú possibile e pronta a scattare. La gente si aspetta una tecnologia facile e invisibile. I fabbricanti garantiscono alla loro clientela che fotografare non richiede né capacità particolari né conoscenze approfondite, che la macchina sa far tutto da sola e risponde alla piú piccola pressione della volontà. È semplice come girare la chiavetta d'accensione o premere il grilletto.
Come le pistole e le auto, gli apparecchi fotografici sono macchine fantastiche il cui uso crea assuefazione. Tuttavia, nonostante le stravaganze del linguaggio quotidiano e di quello pubblicitario, non sono letali. Nell'iperbole che lancia le automobili come se fossero pistole, c'è almeno questo di vero: che, tranne che in tempo di guerra, le auto uccidono piú delle armi da fuoco. Ma la macchina fotografica - pistola non uccide, e quindi questa sinistra metafora sembra puramente un bluff, come la fantasia maschile di avere tra le gambe una pistola, un coltello o un utensile. Tuttavia l'atto di fare una fotografia ha qualcosa di predatorio. Fotografare una persona equivale a violarla, vedendola come essa non può mai vedersi, avendone una conoscenza che essa non può mai avere; equivale a trasformarla in oggetto che può essere simbolicamente posseduto. Come la macchina fotografica è una sublimazione della pistola, fotografare qualcuno è un omicidio sublimato, un omicidio in sordina, proprio di un'epoca triste, spaventa.
Col tempo la gente può imparare a sfogare la propria aggressività sempre piú con la macchina fotografica e sempre meno con la pistola, e il prezzo sarà un mondo ancor piú ingorgato di immagini. Una delle situazioni in cui già si sta passando dalle pallottole alla pellicola è il safari fotografico che sostituisce il safari con i fucili nell'Africa orientale. I cacciatori hanno delle Hasselblad al posto dei Winchester, e invece di guardare in un mirino telescopico per puntare il fucile, guardano in un miri-no fotografico per inquadrare un'immagine. Nella Londra fine secolo, Samuel Butler lamentava che «c'è un fotografo in ogni cespuglio, che s'aggira come un leone ruggente cercando chi divorare». Oggi il fotografo attacca belve vere, troppo perseguitate e troppo rare perché si possa ancora ucciderle. In questa commedia presa sul serio che è il safari ecologico, le armi da fuoco si sono trasformate in macchine fotografiche, perché la natura ha cessato di essere ciò che era sempre stata: una cosa dalla quale l'uomo aveva bisogno di proteggersi. Oggi è invece la natura — domata, in pericolo, mortale — che deve essere protetta dall'uomo. Quando abbiamo paura, noi spariamo. Ma quando siamo d'umore nostalgico, scattiamo fotografie.


Più avanti nel capitolo Vangeli fotografici
Pagg. 104 e segg.

Mostrare qualcosa, qualunque cosa, nella visione fotografica significa mostrare ciò che è nascosto. Ma non occorre sottolineare il mistero con soggetti esotici o eccezionalmente impressionanti. Quando Dorothea Lange sollecita i colleghi a concentrarsi sul «familiare», intende dire che il familiare, rappresentato con un uso sensibile della macchina fotografica, diventerà misterioso. L'impegno realistico non limita la fotografia a certi soggetti, ritenuti piú reali di altri, ma è piuttosto un'illustrazione dell'idea formalistica di ciò che avviene in ogni opera d'arte: la realtà, per usare un termine di Victor Sklovskij, viene «defamiliarizzata». Ciò che si sollecita è un rapporto aggressiva con tutti i soggetti. Armati delle loro macchine, i fotografi devono muovere all'assalto di una realtà vista come recalcitrante come disponibile solo in apparenza, come irreale. «Le fotografie hanno per me una realtà che le persone non hanno, — ha sostenuto Avedon. — È solo attraverso le fotografie che le conosco». Sostenere che la fotografia deve essere realistica non è incompatibile con l'apertura di un divario sempre maggiore tra immagine e realtà, nel quale la conoscenza misteriosamente acquisita e l'intensificazione della realtà che le fotografie forniscono presuppongono una precedente alienazione dalla realtà stessa o una sua svalutazione.
Nelle descrizioni dei fotografi, il fotografare è insieme una tecnica illimitata per appropriarsi del mondo oggettivo e un'espressione inevitabilmente solipsistica del singolo io. Le fotografie raffigurano realtà che già esistono, anche se solo la macchina può rivelarle. E raffigurano un temperamento individuale, che scopre se stesso attraverso il ritaglio di realtà effettuato dalla macchina.
[…] E il titolo che Stieglitz diede, alla fine degli anni venti, ai suoi studi di nuvole – Equivalenti – cioè esposizioni delle sue sensazioni intime – è un altro esempio, più moderato, del continuo sforzo dei fotografi di sottolineare il carattere benevolo della loro attività e di sorvolare sulle sue implicazioni predatorie. Ma ciò che fanno i fotografi di talento non è, ovviamente, definibile né come semplicemente predatorio né come semplicemente - ed essenzialmente benevolo. La fotografia è il modello di un nesso intrinsecamente equivoco tra l'io e il mondo, e la sua versione dell'ideologia realistica richiede a volte un annullamento dell'io di fronte al mondo, mentre autorizza in altre occasioni un rapporto aggressivo con il mondo a celebra-zione dell'io. Entrambi gli aspetti di questo nesso vengono, a turno, continuamente riscoperti ed esaltati.
Una conseguenza importante della coesistenza di vesti due ideali - aggressione e sottomissione alla realtà -è la ricorrente ambivalenza verso i mezzi della fotografia, Qualunque cosa si possa sostenere sulla fotografia come forma di espressione personale pari alla pittura, rimane il fatto che la sua originalità è inscindibilmente legata alle facoltà della macchina: è assolutamente innegabile che il carattere informativo e la bellezza formale di molte fotografie sono state rese possibili dallo sviluppo costante di queste facoltà; per esempio, le fotografie ultrarapide di Harold Edgerton di un proiettile che colpisce il bersaglio o del mulinare e turbinare di una palla da tennis in volo o le foto endoscopiche di Lennart Nilsson dell'interno del corpo umano. Ma, man mano che le macchine diventano più raffinate, più automatizzate e più penetranti, alcuni fotografi sentono la tentazione di disarmarsi o di lasciar intendere che in realtà non sono armati, e preferiscono accettare i limiti imposti dalla tecnologia premoderna, ritenendo che una macchina più rudi mentale e meno potente dia risultati più interessanti o più espressivi e lasci spazio maggiore al caso creativo.

avatarsenior
inviato il 20 Luglio 2020 ore 10:59

Mi piace notare come nei passi sopra riportati della Sontag appaiano le due fotografe donne appena citate, ovvero la Arbus e la Lange.
Per brevità non ho riportato i passi della Sontag in cui parla del carattere voyeuristico della fotografia e poi del fotogiornalismo, del quale dice che spesso il fotografo si trova davanti alla scelta se salvare una vita o documentare un crimine. Voglio qui sottolineare che per il codice penale non agire per evitare un crimine equivale a commetterlo.
Mi pare che ci sia materiale sufficiente per riflettere sul carattere "appropriativo" e "aggressivo" di molta fotografia, che non è solo maschile ovviamente.

avatarsenior
inviato il 20 Luglio 2020 ore 11:11

E fu così che una discussione antipippe divenne un magapippone.

avatarsenior
inviato il 20 Luglio 2020 ore 11:18

MrGreen
forse avrei dovuto copiare e incollare l'opera omnia della Sontag per evitare di venire accusato di estrapolare due cosucce da un pensiero articolato e complesso?

avatarsenior
inviato il 20 Luglio 2020 ore 12:20

Vuoi un aiutino?

Sì, vabbè... MrGreen
Allora anche il pane baguette, il cambio della macchina, la confezione di schiuma da barba in cilindro, una biro, una bottiglia, il cannocchiale (pure quello che usava Galileo Galilei)...hanno tutte forma fallica di dimensioni diverse.
Mi pare che percepire un obiettivo fotografico (ed altri oggetti) come qualcosa di fallico sia legato soltanto alla malizia dell'uomo e della donna moderni: un obiettivo è un obiettivo, non ci vedo altro. ;-)


Tornando alla Sontag:
Se i fotografi professionisti, quando stanno dietro la macchina, hanno spesso fantasie sessuali, la perversione consiste forse nel fatto che queste fantasie sono insieme plausibili e assolutamente improprie.

Mi domando se i fotografi professionisti di paesaggi e di documentari di animali hanno fantasie sessuali su paesaggi, rinoceronti, antilocapre, coccodrilli, ragni, squali... Eeeek!!!MrGreen
Come l'automobile, la macchina fotografica viene venduta come arma predatrice, automatizzata il piú possibile e pronta a scattare.

Mai vista una macchina fotografica come un arma, neanche dal punto di vista metaforico: è uno strumento per esprimere il proprio lato artistico o per congelare un istante degno di essere ricordato o meno.
come la fantasia maschile di avere tra le gambe una pistola, un coltello o un utensile.

Mai avuto neanche per un momento tale fantasia. Uso quello che mi serve per quello che mi serve.
Tuttavia l'atto di fare una fotografia ha qualcosa di predatorio. Fotografare una persona equivale a violarla, vedendola come essa non può mai vedersi, avendone una conoscenza che essa non può mai avere; equivale a trasformarla in oggetto che può essere simbolicamente posseduto. Come la macchina fotografica è una sublimazione della pistola, fotografare qualcuno è un omicidio sublimato, un omicidio in sordina, proprio di un'epoca triste, spaventa.

Ma quando mai? Ma se può vedersi essa stessa guardandosi la foto. E se si fa un auto scatto? Si auto-viola da sola? Si auto-uccide da sola? Sembrano un po' i discorsi degli aborigeni che avevano paura che la fotografia rubasse loro l'anima.
Col tempo la gente può imparare a sfogare la propria aggressività sempre piú con la macchina fotografica e sempre meno con la pistola...

Cioè quindi tutti quelli che fotografano sfogano agressività? Mah... Eeeek!!!
Quando abbiamo paura, noi spariamo. Ma quando siamo d'umore nostalgico, scattiamo fotografie.

Cosa c'entra?
Mostrare qualcosa, qualunque cosa, nella visione fotografica significa mostrare ciò che è nascosto.

Pure fotografando i fiori o paesaggi o gente in piazza? Che cosa c'è di nascosto? E' tutto visibile a tutti.
Una conseguenza importante della coesistenza di vesti due ideali - aggressione e sottomissione alla realtà - è la ricorrente ambivalenza verso i mezzi della fotografia,

Agressione e sottomissione alla realtà? Che cosa? Mah... non ci vedo nulla di tutto ciò.

Onestamente faccio fatica a condividere il suo pensiero. Mai visto la fotografia in questo modo e mai ho avuto sentimenti legati alla fotografia in tal senso.

avatarjunior
inviato il 20 Luglio 2020 ore 12:47

Tutto molto interessante, studiata anche all'università. Ecco, non commettiamo l'errore di pensare che le sue parole siano i dieci comandamenti eh... sono ottimi spunti di riflessione ma magari alcune teorie sono forse ormai un po' superate. Il discorso sul carattere appropriativo della fotografia oggi non so come potrebbe collocarsi.

Mentre ad esempio consiglio il suo saggio Davanti al dolore degli altri dove parla di come decenni di bombardamento quotidiano di immagini di carestia e fame in Africa ci abbiano di fatto desensibilizzato.

user177356
avatar
inviato il 20 Luglio 2020 ore 13:30

L'opinione che avevo espresso sopra era ovviamente ispirata alla Sontag, mi scuso per non averla citata.

Sontag, però, sembra riferirsi al ritratto (incluso quella particolare forma di ritratto che è la fotografia naturalistica). Io estenderei gli stessi concetti alla foto paesaggistica, e vi spiego perché.

L'occhio umano è in grado di mettere a fuoco solo una piccola porzione della scena che sta guardando, quella che sulla retina cade in corrispondenza della fovea. Se scattassimo una fotografia del paesaggio che stiamo guardando usando l'ottica dei nostri occhi, avremmo a fuoco solo quel gruppo di alberi, oppure quel campanile, o qualsiasi altro elemento sul quale ci stiamo concentrando in quel momento.

Invece, i paesaggisti sono ossessionati per avere tutto a fuoco, da un margine all'altro dell'inquadratura (nelle mie foto di paesaggio urbano ho la stessa fissazione, quindi non c'è alcun giudizio negativo in questa mia constatazione). Anche in questo ambito trovo spesso differenze tra le foto maschili e femminili: benché si diaframmi sono chiusi ed tutto sia a fuoco, le foto femminili tendono a convergere visivamente in un punto (spesso una figura umana o animale), mentre quelle maschili abbracciano l'intera scena, o prevedono una pluralità di punti di attenzione. In generale, mi sembra che il maschio tenda a voler "possedere" l'intera scena, mentre la femmina preferisca "dialogare" con un particolare, usando il resto come un palcoscenico per questo dialogo.

Ancora una volta, opinioni personalissime.

Edit in risposta a McBrandon: il desiderio di possesso ha un'origine sessuale ma non necessariamente si concreta in desiderio sessuale. Posso voler "possedere" quel leone regalmente disteso nella savana senza aver alcun desiderio di accoppiarmi con esso.

In ogni caso, non vedo perché sentirsi offesi da considerazioni generali quando non ci si riconosce in quella generalizzazione. Se una donna sostiene che i maschi pensano solo alla f1ga, alle auto e al calcio, non posso che concordare con questa generalizzazione, pur fregandome delle auto e detestando il calcio.

avatarsenior
inviato il 20 Luglio 2020 ore 13:53

The RealB: forse sarebbe interessante suffragare le opinioni con delle immagini quando si afferma
foto femminili tendono a convergere visivamente in un punto (spesso una figura umana o animale), mentre quelle maschili abbracciano l'intera scena, o prevedono una pluralità di punti di attenzione. In generale, mi sembra che il maschio tenda a voler "possedere" l'intera scena, mentre la femmina preferisca "dialogare" con un particolare, usando il resto come un palcoscenico per questo dialogo
.
Wideanglesrock: non è la prima volta che quando ripropongo dei pensieri della Sontag mi viene ribattuto che è un libro scritto negli anni 70 ed alcune sue teorie sono ormai superate. A mio avviso bisognerebbe specificare cosa e perché lo si ritiene superato. In tutta onestà di quello che ho riportato della Sontag trovo che assolutamente nulla sia stato superato dal fatto che al posto di un'emulsione fotografica oggi si usi un sensore al silicio, per quello che riguarda i passi che ho riportato io e limitatamente a quelli io trovo che non sia cambiata una virgola da allora anzi se mai certe cose sono divenute ancora più evidenti.
McBrandon: ognuno può pensarla come meglio crede ma faccio una semplice osservazione, il proiettare il proprio modo di fotografare o di intendere la fotografia su tutti gli altri fotografi generalizzandolo all'universo mondo non mi sembra un procedimento efficace e corretto di analizzare della realtà, (in ambito della fisica sarebbe come dire è il sole che gira attorno alla terra perché questo mi dicono i miei sensi, ma non vale solo nelle questioni delle scienze esatte). Ora ti faccio una domanda impertinente: ma secondo te il gelato Calippo ha quella forma lì perché così è più comodo da mangiare?

avatarsenior
inviato il 20 Luglio 2020 ore 14:01

In ogni caso, non vedo perché sentirsi offesi da considerazioni generali quando non ci si riconosce in quella generalizzazione. Se una donna sostiene che i maschi pensano solo alla f1ga, alle auto e al calcio, non posso che concordare con questa generalizzazione, pur fregandome delle auto e detestando il calcio.

Non mi sento offeso, semplicemente non concordo e mi sembra che vengano affermati discorsi non corrispondenti alla realtà attuale (forse decenni fa era così, ma ai giorni nostri direi non più).
Il fatto che si generalizzino ed assolutizzino i gusti valevoli per tutto un macro insieme di persone non corrisponde alla realtà: è come se qualcuno affermasse che tutte le donne si interessano solo di borse, scarpe e che sono tutte civettuole. Non è così, è un messaggio sbagliato voler assolutizzare e rendere omogenee tutte le persone sapendo che ognuna è diversa dall'altra e che c'è una certa eterogenietà specie fra culture diverse.
Posso sostenere che tutte le donne affricane pensino solo alle borse ed ai trucchi? Posso sostenere che le donne europee o asiatiche o del sudamerica pensino solo a quello? Allo stesso modo possiamo sostenere che gli uomini africani, asiatici, eurpei, del sudamerica... pensino tutti solo alla fi.a, alle auto ed al calcio?
Mi sembra che ragionare per assoluti in tal senso sia uno sminuire l'individualità della singola persona.

il desiderio di possesso ha un'origine sessuale ma non necessariamente si concreta in desiderio sessuale. Posso voler "possedere" quel leone regalmente disteso nella savana senza aver alcun desiderio di accoppiarmi con esso.

Puoi anche non voler "possedere" quel leone, pur ammirandolo come animale.
Puoi ammirare le linee aerodinamiche di una macchina, pur non volendola possedere, idem per un fiore, uno scoglio, una duna di sabbia...fino anche ad arrivare ad una stella od ad una galassia.

avatarsenior
inviato il 20 Luglio 2020 ore 14:54

McBrandon: ognuno può pensarla come meglio crede ma faccio una semplice osservazione, il proiettare il proprio modo di fotografare o di intendere la fotografia su tutti gli altri fotografi generalizzandolo all'universo mondo non mi sembra un procedimento efficace e corretto di analizzare della realtà, (in ambito della fisica sarebbe come dire è il sole che gira attorno alla terra perché questo mi dicono i miei sensi, ma non vale solo nelle questioni delle scienze esatte). Ora ti faccio una domanda impertinente: ma secondo te il gelato Calippo ha quella forma lì perché così è più comodo da mangiare?

Proprio per il motivo per cui sono contro la generalizzazione non bisognerebbe farla, come mi pare abbia fatto l'autrice del libro con alcune frasi.

Non so perché sia stata scelta la forma del Calippo, ma di certo la nostra bocca non è quadrata e la forma del calippo è sicuramente più comoda da essere presa con la mano (anche le cestine del gelato artigianale hanno una forma tonda).
Che poi ci si voglia vedere qualcosa di fallico (volendo anche nel cono gelato) è un altro discorso.
Idem per altri tipi di cibo: banana, wurstell, salame, cannolo siciliano (o alla crema o al cioccolato), melanzane...
Perché, ad esempio, la confezione cilindrica di schiuma da barba ha la forma che ha? Perché è più comoda da prendere in mano rispetto ad una confezione a forma di cubo (ad esempio): di fatto non ha spigoli.
Seguendo lo stesso ragionamento mangereste un Calippo con gli spigoli? Non credo.

user177356
avatar
inviato il 20 Luglio 2020 ore 15:15

forse sarebbe interessante suffragare le opinioni con delle immagini


Giusto. Stasera provo a corroborare quanto ho scritto con qualche esempio.

la nostra bocca non è quadrata


La nostra bocca ha una forma di certo più simile alla sezione (approssimativamente ovale) dei ghiaccioli tradizionali che a quella (circolare) del Calippo.

avatarsenior
inviato il 20 Luglio 2020 ore 15:29

Aaaaggghhhh ....!!!!!

avatarsenior
inviato il 20 Luglio 2020 ore 15:30

La nostra bocca ha una forma di certo più simile alla sezione (approssimativamente ovale) dei ghiaccioli tradizionali che a quella (circolare) del Calippo.

Vero, di però:
1) i classici ghiaccioli non hanno una forma ovoidale, ma più da parallelepido molto schiacciato e con i bordi tondeggianti;
2) il cerchio si avvicina molto all'ovale, di conseguenza la forma di Calippo è più comoda da tenere in bocca rispetto agli altri ghiaccioli tradizionali che ti allargano la bocca. Quando si arriva alla base dei ghiaccioli tradizionali, base più larga della sommità il ghiacciolo (anche per via dello stecco) non lo terresti tutto in bocca, invece, essendo cilindrico, col il Calippo lo puoi fare. Non solo. Quante volte si spezza verso la fine il ghiacciolo classico rispetto al Calippo?

avatarsenior
inviato il 20 Luglio 2020 ore 15:33

Aaaaggghhhh ...

datemi un Camillino ....

Triste



avatarsenior
inviato il 20 Luglio 2020 ore 15:41

di primo acchito mi è venuto da riflettere sul fatto che nel nostro forum ci sono moltissimi pippaioli della fotografia (uso un termine con il quale una mia amica descrive la mia attività sul forum di Juza, nessuno si offenda dunque) ma mi sembra ci siano pochissime donne iscritte. Perché?

Principalmente perché l'oggetto della quasi totalità delle discussioni pubblicate in questo forum gravita attorno al gossip tecnologico, una materia che storicamente interessa molto più gli uomini che le donne.

Non ci vedo nulla di strano. Se ci fate caso, nei contesti lavorativi che richiedono competenze tecniche/tecnologiche specifiche, sono ben poche le presenze femminili. Onestamente non credo che la ragione sia da imputare ad una qualche discriminazione, piuttosto penso che le donne interessate a diventare ad esempio tecnico di oleodotto, o più comunemente meccanico o elettricista, siano la nettissima minoranza. Trovo banale anche classificare come "pippaioli" gli individui appassionati di tecnologia, se è per questo.

Tutto ciò non ha nulla a che fare con la fotografia in quanto opera fotografica. Forse se la maggior parte delle discussioni avesse come tema centrale il linguaggio espressivo, l'aspetto estetico, l'analisi stilistica, il contesto culturale, i processi di ideazione e la funzione dell'opera fotografica, si vedrebbe su questo forum una partecipazione mista donne/uomini.

Che cosa ne pensi di questo argomento?


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