| inviato il 11 Dicembre 2019 ore 14:38
Sono un vero uomo allora..... Usavo a mano libera il Leitz 400 2.8 R che pesava 4.500 grammi. Diciamo il doppio di quello zoom. |
| inviato il 11 Dicembre 2019 ore 14:49
..... Spero di essere sempre tuo amico |
| inviato il 12 Dicembre 2019 ore 9:33
Che forte! Grazie per la segnalazione: un tuffo indietro nel tempo (nel 1981 avevo 21-22 anni). |
| inviato il 12 Dicembre 2019 ore 10:11
Io 10-15, e fotografavo con la Canon FX di mio padre e l'FL 50 1,8..... |
| inviato il 12 Dicembre 2019 ore 12:52
Sei il SUPREMO ! |
| inviato il 12 Dicembre 2019 ore 13:03
Stikazzi... foto!! |
| inviato il 12 Dicembre 2019 ore 13:09
erano i gloriosi anni '70 |
| inviato il 12 Dicembre 2019 ore 23:30
Ieri sera mi sono dedicato ad uno semisconosciuto zoom del 1982, un 70-210 f 4.0, fabbricato dalla Kino Optics in Giappone, subito dopo che la Vivitar aveva passato dalla Kino alla Cosina il compito della costruzione dei suoi 70-210 dell'apprezzata Serie 1. Pagato 30 euro da RCE un anno fa senza un graffio e con il celebre bollino oro elissoidale ancora intonso, ne avevo apprezzato la particolare resa sul colore, con un'enfasi pastello sui verdi e blu che mi piaceva parecchio, oltre ad essere un raro vero zoom parafocale con monocomando a pompa per cambio focale e messa a fuoco. Presentava una bizzarra opacizzazione biancastra puntiforme a grana finissima, tipo borotalco, unicamente all'interno dell'ultima lente che mi sbiadiva oltremodo l'immagine, oltre che darmi sui nervi. Così, dopo essermi procurato info fotografiche sulla costruzione interna dei Vivitar (il Kiron è evidentemente un clone, dato che glieli facevano loro), sono intervenuto sul problema.
 - Il nocciolo ottico si smontava facilmente da dietro dopo la rimozione della baionetta con il meccanismo a rotazione di sfere del lungo comando diaframma; quest'ultimo possedeva la finezza cinematica dell'alleggerimento della massa tramite fori praticati lungo il suo asse longitudinale. In questa foto potete notare la mia Assistente che ci sta lavorando... Il nocciolo era composto da un tubo a tre stadi saldissimamente avvitati da loro e mantenuti in posizione da un micidiale frenafiletti rossiccio alla Kriptonite. Dopo un attacco chimico a base di acetone puro sono riuscito ad ammorbidire il legante e separare le tre sezioni con l'aiuto di due grosse pinze per idraulica. Una volta avuto accesso all'interno, ho proceduto separando e pulendo con benzina avio i due doppietti di lenti non collate poste alle estremità. Rimesso per bene tutto a posto e, già che c'ero, smontando & pulendo tutte le altre lenti dei gruppi anteriore e centrale, la mia gloriosa lente è tornata otticamente come nuova. Tutto questo lungo pistolotto serve a sottolineare, nello spirito di confronto del titolo del bel 3D, che all'interno della suddetta lente vintage ho potuto apprezzare la buona facilità di smontaggio e manutenzione, e osservare una costruzione solidissima a base di Ottone, Acciaio e Alluminio perfettamente torniti. Nelle lenti moderne avrei potuto probabilmente osservare la croccante plastica dei regalini Kinder e la cervellotica, intricatissima, Kafkiana costruzione ........... immaginate che sarebbe successo, tanto per stare in casa Nikon, se avessi usato le chiavi da idraulica sul modernissimo AF-S 70-200 f4 G |
| inviato il 13 Dicembre 2019 ore 7:53
Nel congratularmi per il felice esito della temeraria impresa e citando il tuo pensiero: “ immaginate che sarebbe successo, tanto per stare in casa Nikon, se avessi usato le chiavi da idraulica sul modernissimo AF-S 70-200 f4 G „ mi chiedo: 'si stava meglio quando si stava peggio?' p.s. i Kiron dalle mie parti non erano poi così sconosciuti, mai usato uno, ma correva voce che andassero veramente bene. |
| inviato il 13 Dicembre 2019 ore 8:01
Bravo Jacopo! |
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