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Corso post-produzione avanzato paesaggistica.


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avatarsenior
inviato il 20 Dicembre 2018 ore 17:00

Riprendo dal primo punto e passo al secondo Punto, quello di ordine morale.
Dunque: la coerenza tra i fini ed i mezzi espressivi, dicevo. Se voglio fare pittura "en plein air" prenderò il cavalletto ed andrò per il modo a dipingere, senza fare uso di fotografie, se invece voglio fare l'illustratore mi concederò di prendere i pennelli a casa mia e dipingere con una foto davanti.
Se voglio fare "illustrazione fotografica", se voglio ad es. pubblicare su riviste di "science fiction", oppure fornire illustrazioni per una saga tipo Tolkien oppure creare sfondi scenografici e ambientazioni teatrali per quel genere posso benissimo partire da una foto qualsiasi e ricorrere alle più disparate tecniche di postproduzione per raggiungere gli "effetti" spettacolari (perché di effetti si tratta, questo mi sembra che debba essere ben chiaro, ed il prodotto del continuo uso di effetti è l'"effettismo" e spesso porta all'inseguire ogni volta un effetto diverso più nuovo e strabiliante del precedente, in una continua rincorsa per "stupire").
Ma se mi ripropongo di fare della foto " natura listica" io credo che un "giusto" approccio, ed uso l'aggettivo giusto dandogli anche una connotazione morale , sia quello che mette appunto la " natura " al centro e per conseguenza siano da escludere mezzi espressivi che spostano l'accento dalla natura all' artificio . In altri termini se il mio interesse è la natura appare contraddittorio fare ricorso a mezzi di sofisticazione. Parlando per metafore, se si vuole fare del buon vino si deve partire dalla campagna, dall'uva ed averne rispetto in cantina, non si può partire dall'acqua distillata, aggiungere sali minerali, aromi artificiali e coloranti, perché questo ha un nome, si chiama "sofisticazione alimentare" e chi la vende a tutti gli effetti sta facendo una "frode in commercio", esiste pur sempre un'etica. Se faccio foto naturalistica e voglio pubblicare su riviste naturalistiche non è normale, giusto e coerente con i miei fini artistici che io prenda una foto notturna scattata a Cernusco sul Naviglio e che ci piazzi sul cielo una bella aurora boreale. Come non è giusto che io prenda la foto di montagna A scattata alle 15 del pomeriggio azzurro di una normale giornata e la trasformi nella foto B con un inesistente tramonto infuocato, prima che estetica è una questione etica. E non è importante che io o l'editor della rivista naturalistica capisca se è stato fatto o meno un pesante lavoro di postproduzione, perché comunque quell'immagine è una "sofisticazione fotografica" né più né meno di un "vino" prodotto con acqua e aromi artificiali, e tu non sei un fotografo ma un sofisticatore. E se su di una rivista naturalistica appare una foto "sofisticata" e l'editor della rivista ne è consapevole, a mio parere si configura la fattispecie di "frode in commercio" e per quel tipo di rivista o sito sarebbe assolutamente doveroso interessarsi di come fosse l'originale (e di fatti mi sembra che ad esempio National Geographic ci stia piuttosto attento dopo aver preso qualche cantonata negli anni passati). Dove sta dunque il limite della postproduzione per una fotografia naturalistica? Credo che forse non lo si possa stabilire solo con due regolette, dipende un po' da caso a caso, ma stiamo tranquilli che in cuor nostro noi fotografi sappiamo volta per volta se stiamo o meno varcando il limite. Lo stesso identico discorso vale in altri ambiti fotografici. Per fare altri esempi, se si vuol fare fotografia "staged", diciamo alla Gregory Crewdson, è normale e coerente con i fini espressivi che il fotografo si avvalga di attori, ma se sono un fotoreporter il fatto che mi avvalga di attori dovrebbe essere guardato con sospetto, anche qui starei facendo della "sofisticazione fotografica" il che dovrebbe essere moralmente riprovevole o quanto meno non coerente con il fine. Se decido di fare una fotografia in "stile documentario" non sarebbe coerente che io facessi dei fotomontaggi con istantanee riprese in diversi momenti della giornata o in diversi luoghi sulla terra con l'intento di creare una impressione fallace.

avatarsenior
inviato il 20 Dicembre 2018 ore 17:08

E fin qui tutti d'accordo ma, per tornare on topic, quando dici
sono abbastanza convinto che in quei tutorial si faccia molto dispiego di "virtuosismo" tecnico senza insegnare contemporaneamente o senza chiarire quale è la differenza fra il buon vino e la cocacola"
parli per esperienza personale (cioè, hai mai frequentato –o comprato– dei corsi tenuti da fotografi professionisti che insegnano la pp) o è una tua impressione?

avatarsenior
inviato il 20 Dicembre 2018 ore 17:35

no CosmoSub, sia chiaro io parlo solo di quei tutorial che si vedono e vendono su You Tube, giudico per la parte di cui ho potuto prendere visione gratuitamente su YouTube, non mi riferisco a corsi tenuti dal vivo che non ho mai frequentato e nei quali non so cosa avviene, parlo di YouTube. La mia esperienza si limita a quello. A volte capita che il "dimostratore" della tecnica specifichi anche che "sta volutamente esagerando" per scopi dimostrativi; in tutti
quelli che ho visionato però non mi è mai capitato di sentire che si discutesse degli ambiti e dei limiti con cui applicare la tecnica, quello è un aspetto che mi sembra lasciato all'approfondimento ed alla buona volontà individuale.
Quale è la tua esperienza CosmoSub? Sei così sicuro che "siamo tutti d'accordo"? Dando un'occhiata in giro sulla rete a me onestamente non sembra che tutti siamo d'accordo, mi sembra che sugli aspetti che ho voluto sottolineare molti tendono a sorvolare, non se ne parla molto ed il mainstream pare che vada nel senso del "tutto è lecito" e "l'importante è il risultato", "quel che conta è solo quel che si vede".

avatarsenior
inviato il 20 Dicembre 2018 ore 17:55


avatarsenior
inviato il 20 Dicembre 2018 ore 17:59

Quale è la tua esperienza CosmoSub?

I professionisti ci tengono moltissimo a sottolineare la differenza tra un pp professionale (targeted) e quella fata in casa (overcooked), insegnano che la pp influenza la fase di scatto e, pertanto, incoraggiano la previsualizzazione, la progettualità, la consapevolezza dei propri mezzi tecnici ma, soprattutto, delle proprie 'intenzioni'.;-)

Sei così sicuro che "siamo tutti d'accordo"?

La cultura fotografica sta crescendo anche in questo campo, c'è ancora molto, molto margine di miglioramento ma, ormai, persino la FIAF organizza corsi di post produzione.

Per concludere vorrei solo sottolineare che 'post produzione' e 'sofisticazione' non sono sinonimi (nello stesso modo in cui non lo sono 'coltello' e 'rapina') e che, soprattutto con l'avvento del digitale (e relativa democratizzazione dei mezzi), il processo di creazione di una fotografia non può più (non dovrebbe) prescindere dalla post produzione (che si tratti di scelte fatte automaticamente dalla macchina fotografica o manualmente da una persona, preferibilmente se questa coincide con l'autore).;-)

Sull'etica dell'impiego dei mezzi mi trovi abbastanza d'accordo, purchè non la si butti ancora una volta sulla verità e l'onestà della fotografia 'vera e pura' contro la menzogna e l'inganno della post produzione.

avatarsenior
inviato il 20 Dicembre 2018 ore 18:56

@Andrea.taiana, scrivi cose di buon senso, concordo su molte, ma non su tutte.
Usiamo il paragone proposto da te.
Se faccio una bevanda simile ad un ottimo vino d'annata, diciamo un pincopallo del 72, senza usare uva, non commetto alcun reato. Anzi, se chi beve questa bevanda non sarà in grado di cogliere la differenza tra questa e il vino d'annata, vuol dire che il modo in cui ho prodotto questa bevanda, dal punto di vista del gusto, non ha nessun rilievo.
Commetto invece un reato se vendo la bevanda scrivendoci sopra "Pincopallo del 72".
ecco quindi la falsificazione. Tutto questo per dire che ciò che e' "eticamente" sbagliato non è produrre una bevanda senza usare l'uva, anzi, magari con questo nuovo metodo, tutti potranno gustarsi una ottima bevanda che prima, causa il costo, era un lusso per pochi.

Torniamo alla pittura, alcuni pittori si "specializzano" nella rappresentazione il più fedele possibile della realtà, il loro fine è, per quanto possa sembrare assurdo, ingannare lo spettatore, ovvero fargli credere che l'immagine che vedono è una foto, non un disegno. Per ottenere questo risultato non usano solo i pennelli, ma magari un aerografo, magari ricalcano l'immagine riflessa da uno specchio su un foglio, e qualunque altra tecnica che consenta il raggiungimento dello scopi.
In questo "inganno" nessuno tira in ballo l'etica.
Torniamo alle fotografie, cosa significa contraffazione? se ho una foto di una montagna con un cielo insignificante, e gli inserisco un tramonto di fuoco, e pubblico quella immagine, in che modo ho ingannato lo spettatore? Sulle foto non esiste l'etichetta come sui vini, non ho falsificato alcun dato e non ho commesso alcun reato, ergo non ho fatto alcun inganno.

Ci sono i mezzi per poter produrre una ottimo vino senza usare l'uva, anzi, tutti hanno a disposizione questi mezzi. non ho più bisogno di avere filari di viti in qualche rinomato terreno francese, non devo più aspettare 20 anni di invecchiamento in botte. Che problema c'è in tutto ciò? io non ne vedo. Aggiungo in fine che, poiché tutti sono in grado di farlo, tutti sono consapevoli che quando bevono una bevanda che sembra un Pincopallo del 72, molto probabilmente non è stata prodotta con l'uva ma con il metodo che tutti conoscono, ma non importa a nessuno, il gusto è buono, solo quello conta.
È allora a chi è che la cosa non va bene? non va bene a tutti quelli che producono il Pincopallo del 72 e a quelli che non si avvicinano neanche lontanamente all'ottimo Pincopallo del 72, ma comunque faticano tanto per crescere la propria uva, vendemmiarla, farla fermentare, il tutto per ottenere un vinello neanche lontanamente buono come il famoso Pincopallo.
Resta inteso che se si fa un concorso in cui gli organizzatori dicono che le uniche bevande ammesse sono quelle a base di uva, e viene presentata la bevanda senza uva, allora lì entra il discorso sull'etica. Mi preme tuttavia far notare che se il vincitore del concorso fosse per caso proprio la bevanda senza uva, e poi scoperto l'inganno il premio le fosse tolto, dovrei dedurre che il fine ultimo del concorso medesimo non era premierale il gusto migliore, ma premiare altro, cosa sia questo "altro" tuttavia non lo capisco.



avatarsenior
inviato il 20 Dicembre 2018 ore 19:21

Mi preme tuttavia far notare che se il vincitore del concorso fosse per caso proprio la bevanda senza uva, e poi scoperto l'inganno il premio le fosse tolto, dovrei dedurre che il fine ultimo del concorso medesimo non era premierale il gusto migliore, ma premiare altro, cosa sia questo "altro" tuttavia non lo capisco.


"Altro" è quello che è già stato detto (non solo in questa occasione).
Io premio la fotografia dal "gusto migliore" che è fatta stravolgendo ad esempio le condizioni di illuminazione di un paesaggio.
Se è un concorso fantasy, ok, ogni "gusto" è "giusto".
Se è un concorso "di paesaggio", cioè naturalistico, cioè dove al centro ci sono le mille manifestazioni della natura, allora le alchimie digitali non sono giustificabili.

Il problema è che gli strumenti (culturali) che permettono questa distinzione possono essere presenti o essere lacunosi sia nel fotografo sia nel pubblico.

avatarjunior
inviato il 20 Dicembre 2018 ore 22:45

seguo

avatarsenior
inviato il 20 Dicembre 2018 ore 23:26

Sopra ho postato un filmato. Il punto saliente a mio modo di pensare è quello che va dal minuto 1:03 al minuto 1:53. Lì si riassume quello che è la differenza fra una foto di paesaggio che può ambire ad entrare nella storia della fotografia e la foto che può invece ambire ad essere una buona illustrazione (ovviamente non esiste una linea di confine netta e facilmente tracciabile, quello che viene esposto è un criterio di valutazione che non è scientifico o matematico). Ci sono ottimi fotografi ed ottimi illustratori e forse è meglio essere un ottimo illustratore che un mediocre fotografo. Così come ci sono pittori ed illustratori e forse è meglio essere un ottimo illustratore che un cattivo pittore. E poi c'è il discorso della coerenza dei mezzi: per un pittore "en plein air" sarebbe curioso usare specchi aerografi o anche camere obscurae se la sua filosofia si richiamasse a quella di Turner o degli impressionisti.
@ Cosmosub: su "sofisticazione e postproduzione non sinonimi" ho specificato che
Dove sta dunque il limite della postproduzione per una fotografia naturalistica? Credo che forse non lo si possa stabilire solo con due regolette, dipende un po' da caso a caso, ma stiamo tranquilli che in cuor nostro noi fotografi sappiamo volta per volta se stiamo o meno varcando il limite
e sottolineo l'aggettivo fotografia naturalistica , se voglio fare fotoillustrazione cambia il limite evidentemente.


avatarsenior
inviato il 21 Dicembre 2018 ore 0:08

@ Enzillo: ho introdotto la metafora del vino ma bisogna stare attenti ad introdurre metafore perché poi c'è sempre il rischio che ci atteniamo alla metafora e la tiriamo come un elastico anche quando non ha più attinenza con il concetto di partenza. specificato questo cerco di rispondere alle tue osservazioni.
Se voglio fare il produttore di vino biologico e rispettoso della tradizione e del territorio e ci costruisco sopra tutta la filosofia aziendale e poi vado in cantina a fare i piccolo chimico e l'alchimista mento in primis a me stesso e poi a tutti gli altri se le bottiglie le spaccio per vino biologico. Se invece ci scrivo bevanda alcoolica senza alcun riferimento all'uva può anche star bene. Tu dici le etichette in fotografia non esistono. Questo è vero solo parzialmente. Le etichette in fotografia ce le diamo noi per primi e per primi non dovremmo mentire a noi stessi. In secondo luogo ci sono le filosofie editoriali. Una rivista come National Geography o come altre che potrebbero avere un'impronta naturalistico/ecologista/scientifica/geografica hanno una loro linea editoriale. Se invio alla rivista una foto con un bel tramonto sulle aree acquitrinose del delta del Po completamente taroccato o di una inesistente bufera di neve sulle cime del Monte Bianco o con dei riflessi tarocchi sulla Mer de Glace, sto ingannando la rivista e la rivista i suoi lettori, poco importa che ci sia reato o meno. Se le stesse foto le metto sul calendario della Acme Pneumatici forse non faccio danni.
Faccio ora una digressione in cui probabilmente la metafora enogastronomica non ha più possibili analogie con la fotografia, solo per chiarire il mio punto di vista su questi argomenti.
1) quando le grosse industrie alimentari fanno lobby sulla comunità europea per produrre il vino barriquato con i trucioli o il cioccolato senza cacao non è certo per spirito filantropico e/o per sfamare il mondo, lo fanno solo per aumentare il loro margine di contribuzione sul prodotto venduto (e poi perché chiamarlo "vino" o "cioccolato" se di fatto non lo é? credo di saperlo il perché )
2) se anche trovassero il modo di creare una bevanda dal sapore di vino che fosse perfino più buona di un Brunello, il suo contenuto nutritivo sarebbe altrettanto buono? E siamo sicuri che non sia nociva? Può darsi che io nel bere un vino sofisticato non mi accorga di differenze organolettiche, nondimeno se tu ci metti dell'alcool metilico posso andare al creatore, cose già successe.
3) la tradizione agroalimentare ed il territorio per te non hanno nessun valore? un mondo senza biodiversità, con una sola varietà di riso un sola varietà di mele, ecc ecc, dove tutto il finto vino fosse fatto con la stessa ricetta in tutto il mondo così come si fa la Coca Cola e la Heineken ed il cheese burger sarebbe un mondo migliore?

avatarjunior
inviato il 21 Dicembre 2018 ore 1:29

Nel quotare in tutto e per tutto Andrea Taiana, aggiungo che tutto ciò mi domando cosa abbia a che fare con la fotografia, ovvero il pesante utilizzo del pc.
Passino le correzioni laddove l'informazione è nel pixel ( o nel cristallo chimico ) ma uno sviluppo "piatto" lo nasconde.
Ma il trasformare un pixel verde in uno rosso, creare ridicoli tramonti dove le ombre stanno dalla parte sbagliata di dove è il sole, a mio avviso fa una cosa sola: mortifica la fotografia.
State lì a sofisticare ore ed ore sulle proprietà asferiche di una lente, per poi imbrattare tutto con colori da burinozzi ripuliti e fatti al computer, tanto chi vuoi che se ne accorga che ho mosso un cursore.

Per chi ha domandato:
" una domanda senza polemica, giusto per capire

Se a te venisse presentata solo la seconda foto riusciresti a capire che è stato fatto un lavoro pesante di PP?
La riterresti valida?
E sopratutto, se dovessi comprarla per una rivista, blog o altro ti interesserebbe di com'era l'originale?"

rispondo io.
Sì, si vede lontano un miglio qual è la foto taroccata, per il semplice fatto che certi scenari semplicemente NON ESISTONO in natura. E' sufficiente farsi una passeggiata da qualche parte ogni tanto per vedere cosa propone madre Natura e cosa è frutto di allucinogeni multimediali.

Nemmeno chi vive da settant'anni in val d'Orcia ha mai visto dal vivo le panzanate che vengono proposte nelle gallerie, spacciate per fotografie. E' computergrafica, non fotografia.
E tutti sappiamo dove sta il limite della pp, ma questo sminuirebbe il nostro essere genietti dell'informatica.

Da ultimo, per chi sostiene che " le etichette in fotografia non esistono ", affermare che "questa è una fotografia" è mettere l'etichetta, ovvero appiccicare sotto l'immagine la dicitura " fotografia ". Altrimenti ci mettevi " pittura ", " computergrafica ", " allucinazioni " eccetera. Esattamente come sui libri in prima di copertina c'è scritto " romanzo " oppure " saggio ", tanto per chiarire cosa stai per leggere, se un'opera di fantasia oppure un testo tecnico.

avatarjunior
inviato il 21 Dicembre 2018 ore 1:49

Torniamo alle fotografie, cosa significa contraffazione? se ho una foto di una montagna con un cielo insignificante, e gli inserisco un tramonto di fuoco, e pubblico quella immagine, in che modo ho ingannato lo spettatore? Sulle foto non esiste l'etichetta come sui vini, non ho falsificato alcun dato e non ho commesso alcun reato, ergo non ho fatto alcun inganno.


Se prendo la fotografia di una noiosa piazza Duomo a Milano, e per renderla più interessante ci inserisco, a scelta, un UFO nel cielo oppure un carro armato davanti alla scalinata, qual è il problema ? In che modo ho ingannato lo spettatore ?
Ci arrivi a capirlo ?

Nel tuo esempio: se fai una foto insignificante e sei costretto a metterci gli effetti speciali, non ti viene in mente che come fotografo non vali niente ?

avatarsenior
inviato il 21 Dicembre 2018 ore 1:51

Tornando ancora un attimo alle due foto alpine con cielo azzurro e con tramonto infuocato, voglio dire cosa avrei e non avrei fatto io e chiedere cosa avreste fatto voi e perché?
Io dico apertamente che, a partire dalla foto 1 le uniche cose che avrei fatto sarebbero state di modificare il WB, cercare di togliere la dominante fredda azzurrognola nelle ombre, regolare ombre e contrasto generale ed agire sul dettaglio e sull'eventuale noise nelle ombre e/0 altrove. Questo è tutto ciò che avrei fatto io e se al termine di ciò la foto non mi avesse soddisfatto pienamente le avrei messo un tre stelle su cinque di classificazione Lightroom e la cosa finiva lì. Non so, lo ammetto candidamente, se sarei stato in grado di passare dalla foto1 alla foto2 con cielo rosato e tramonto infuocato. La verità è che a me proprio non sarebbe venuto in mente di farlo. Un po' con lightroom e con photoshop ci pasticcio, Photoshop l'ho usato per anni in ambito professionale tessile. Probabilmente vedendo già fatto il passaggio dalla foto 1 alla foto 2, credo che un modo per arrivarci, per arrivare a quel cielo rosa ed a quel tramonto con finti riflessi dorati sulle nevi, con lightroom e photoshop lo saprei trovare, dopo alcuni tentativi. Vedendolo già fatto da quel Simone. Ma ripeto che a me non verrebbe mai nemmeno in mente di farlo per il fatto che non ne comprendo lo scopo.
A voi verrebbe in mente di farlo? Lo fareste sapendolo fare? E per quale motivo lo fareste?

avatarjunior
inviato il 21 Dicembre 2018 ore 1:55

Altro esempio.
Siete mai stati ad un concerto dal vivo ? Credo di sì. C'è una band o uno che suona, e ci sono gli amplificatori e le cassee c'è la musica.
Ok. E non era la stessa cosa andare allo stadio o al teatro e metter su il disco guardando il poster della band ? Sempre amplificatori e casse si usavano e la musica era la stessa, no ?

Anni fa mi capitò ad un concerto in teatro proprio questo: improvvisamente i componenti della band tolsero le mani dagli strumenti, ma la musica andò avanti. Avevano fatto un pezzo in playback ma nessuno se ne era accorto...

avatarsenior
inviato il 21 Dicembre 2018 ore 8:35

Io concordo abbastanza con Andrea.taiana e Watson, penso però che la post produzione con un fine di trasmettere un messaggio o una senzazione sia a suo modo una forma d'arte e comunicazione.
Non parlo di mettere un tramonto dove non c'è, però fare color grading, cambiare atmosfera della foto, rimuovere elementi di disturbo o oscurarli pe far risaltare il soggetto o comunicare qualcosa secondo me è legittimo.
Oggi la tecnologia ci da a disposizione dei strumenti per modificare la realtà di una foto, e se questo ha uno scopo comunicativo a mio parere non c'è niente di sbagliato nel farlo.
Ovviamente tutto nel rispetto del soggetto che si fotografa come detto da Andrea

Portando un paragone musicale è come dire che non si può usare il sintetizzatore o fare musica a pc perchè non fatta con strumenti veri ma digitalmente

Che cosa ne pensi di questo argomento?


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