| inviato il 01 Aprile 2017 ore 13:04
Il tanto criticato (per le due scelte non green) Donald Trump qualcosa di green involontariamente forse la sta facendo: impedire (o rendere più costoso) che l'acqua minerale san pellegrino viaggi dall'Italia agli stati uniti! Già è assurdo il traffico nazionale delle acque minerali, addirittura intercontinentale... |
| inviato il 02 Aprile 2017 ore 1:59
Le logiche dell'allevamento sono radicalmente differenti. Quello si, che è uno spreco esagerato. La produzione animale non può essere configurata come attività che produce alimenti. La produzione alimentare, nel senso stretto della parola, è il complesso di attività che trasforma fonti energetiche non edibili in fonti energetiche utili per il sostentamento dell'uomo. L'agricoltura è produzione alimentare, perchè converte essenzialmente l'energia solare in energia chimica (quella dei principi alimentari) disponibile per il sostentamento umano. L'allevamento lo è in parte: la cosa funziona essenzialmente per le specie poligastriche e - in parte - per i ciecotrofi. Tali animali mangianoo in parte alimenti che sarebbero utilizzabili direttamente dall'uomo, ma in gran parte foraggi fibrosi che non ci sfamerebbero. Agiscono in parte come produttori di alimenti, in parte come nobilitatori (organismi che consumano alimenti a basso valore nutritivo e li trasformano in proteina nobile e grasso, entrambi di alto valore). La funzione di nobilitatore di alimenti è pienamente rispettata dagli animali di allevamento domestico, generalmente foraggiati con alimenti di scarto o di risulta. Nell'allevamento intensivo le cose cambiano: i monogastrici sono alimentati con cereali prodotti ad-hoc, semi oleosi e proteici, cruscami, tutte cose che ci potremmo mangiare noi con resa nettamente superiore che non passando attraverso la trasformazione animale. Per produrre ad es. 1kg di maiale, che significa ca. 600 grammi di carne con un contenuto di ca 400 g di acqua e un valore calorico di meno di 1000 kcalorie, si spendono circa 3,5 kg di mangime composto (formulato per lo più con alimenti commestibili) che apporterebbero quasi 8.000 calorie se consumati direttamente. Anche per gli erbivori c'è di che disquisire, perchè sarebbe interessante capire quanto renderebbero in più, se coltivati diversamente, i prati destinati al foraggio. Inoltre, la produzione animale è fonte di un consumo mostruoso di acqua e di un folle carico inquinante sui terreni. Gli animali - soprattutto i monogastrici - concentrano nelle feci tutto l'indigeribile della razione (in particolare i minerali). Succede che il carico inorganico proveniente da siti più disparati (tutti i luoghi in cui vengono prodotte le varie componenti della razione) viene disperso nei terreni di pertinenza dell'allevamento attraverso lo spandimento dei liquami. Gli inquinanti si accumulano e producono problemi che ai più sono sconosciuti, ad esempio intossicazione da rame (nanismo delle culture di cereali) o da cadmio (sterilità dei terreni e gravi intossicazioni a carico dell'uomo). Altro serio problema è l'enorme quantità di ammoniaca che il catabolismo proteico accumula nelle deiezioni e che passa nelll'acqua, con gravi danni a carico della gola, del cavo orale e delle alte vie respiratorie. Insomma, dell'allevamento si potrebbe proprio fare quasi a meno. |
| inviato il 02 Aprile 2017 ore 18:46
Rimangono comunque almeno due problemi. Il primo è la crescita eccessiva della popolazione umana che, comunque, non potrà aumentare all'infinito e, con i tassi attuali, sta già raggiungendo livelli critici nelle megalopoli e nelle aree più densamente abitate. Il secondo riguarda l'industrializzazione della produzione alimentare, che non può funzionare se non "liberalizzando" il mercato su larga scala e ad ampio raggio. Questo per una semplice questione economica: con la logica attuale dell'industrializzazione, non vale la pena produrre alcunché se non in quantità enormi. Questo significa esportazione a lungo raggio (i dazi che vorrebbe introdurre Trump non servono a creare un mercato locale, ma a monopolizzare il mercato mondiale a favore dei produttori statunitensi, perché sa benissimo che le altre nazioni non potrebbero attivare contromisure altrettanto efficaci senza uscirne malconce; gli USA sono tuttora un partner troppo importante per un sacco di ragioni anche non economiche) e creazione di ulteriori sprechi al consumo e lungo la filiera di distribuzione: trasporti, stoccaggio ecc. (che comunque portano un guadagno per i produttori). Inoltre, l'industrializzazione alimentare porta una serie impressionante di consumi e sprechi "accessori" e potenzialmente inutili, ad esempio sul confezionamento: per gli alimenti che devono essere commercializzati su larga scala devono essere previsti tempi di "mantenimento" delle qualità organolettiche molto più lunghi. I biscotti prodotti dal forno sotto casa e che vengono venduti in giornata, nel comune sacchetto di carta, possono durare una settimana prima di perdere fragranza e consistenza, quelli industriali devono giungere integri alla data di scadenza (cioè mantenersi per alcuni mesi); questo significa confezioni realizzate con materiali ben diversi dalla comune "carta per alimenti", confezioni che per la maggior parte finiscono nell'indifferenziata, ovvero in discarica, perché non compostabili e spesso non riciclabili se non con costi assurdi. Altre volte, nella logica di aumentare in ogni modo le vendite, possono venire attivate addirittura soluzioni contrarie, ovvero la scelta di materiali che diminuiscano la durata potenziale del prodotto contenuto (il latte UHT durerebbe troppo a lungo rispetto ai ritmi di produzione), in modo da indurre il consumatore ad un iperutilizzo o a smaltire (sprecare) senza una vera ragione i prodotti che abbiano raggiunto la scadenza indicata in etichetta: è il caso, ad esempio, delle bottiglie in PET anziché in vetro che, nonostante siano certificate "per alimenti", prevedono la possibilità di rilascio di sostanze potenzialmente nocive dopo un periodo di utilizzo relativamente breve, per cui la data di scadenza non è riferita realmente all'alimento contenuto, ma alle problematiche del contenitore. Ne consegue, sempre ad esempio, che il latte a "lunga conservazione" potrebbe avere una durata certificata quasi doppia se posto in contenitori di vetro, ma questo vorrebbe dire venderne meno, soprattutto a quei settori di mercato, come la ristorazione, che non possono acquistarne solo una o due bottiglie al colpo e che, con questo sistema, vedono aumentare gli sprechi (il cui costo viene comunque scaricato sui clienti e tutti vivono felici e contenti). |
| inviato il 02 Aprile 2017 ore 20:30
Il tasso di crescita della popolazione sta già dando segnali di flessione. |
| inviato il 02 Aprile 2017 ore 21:21
@andrea ferrari non c'è molto altro da aggiungere alla tua analisi.. l'aspetto etico non viene "ascoltato", l'aspetto logico e pratico deliberatamente messo a tacere per giustificare un'abitudine alimentare che di storico non ha nulla, posto che anche questo sarebbe un argomento privo di senso.. |
| inviato il 02 Aprile 2017 ore 22:12
Tendo a mantenere l'etica abbastanza distinta dai comportamenti naturali e istintivi. E' un dato di fatto che la natura ci ha resi onnivori. Discendiamo dalle grandi scimmie frugivore (qualcun l'ha capito tramite analisi comparativa della dentatura), ma anche i grandi primati, pur avendo una dieta a base vegetariana, cacciano saltuariamente, evidentemente perchè le proteine animali - nei debiti quantitativi - hanno un valore alimentare superiore ad ogni altra fonte. Secondo me "l'aspetto logico e pratico" più funzionale all'interesse della specie (questo è il must che la natura e l'evoluzione pongono agli esseri viventi) sarebbe quello di recuperare il vero senso della produzione animale: la nobilitazione degli alimenti. Infatti, se andiamo a vedere i costumi alimentari delle popolazioni meno socializzate, industrializzate e scientificamente avanzate, il valore economico degli animali da produzione è l'opposto di quello che pratichiamo noi: i bovini non si mangiano perchè sono fonti di latte e forza motrice, gli erbivori (es. conigli) sono quelli di valore più basso, i monogastrici (suini, polli) sono le carni "di lusso". Comunque, l'allevamento si approovvigiona di scarti alimentari, residui, rifiuti e tutto quanto l'uomo non mangia. Certo, i polli non diventano tre Kg in 60 giorni, i maiali ci mettono due anni a diventare 100 kg.....ma il grano e il mais se lo sbafano gli umani!! E non si parla di ormoni e antibiotici!! Comunque, ci arriveremo. E' solo una questione di tempo. |
| inviato il 02 Aprile 2017 ore 22:28
Aggiungo una chiosa: l'allevamento ha posto dei dettami di produttività talmente tirati e innaturali da aver introdotto in se il seme della sua stessa estinzione. Un esempio su tutti: l'allevamento delle vacche da latte (gli snob storcano pure il naso, ma si chiamano proprio così, vacche! Le mucche sono un'altra cosa, quelle non fanno il latte). Una vacca da latte partorisce a ca. 2 anni e poi una volta l'anno; siccome ogni ciclo di lattazione corrisponde a una gravidanza e dura altrettanto, tranne due settimane iniziali di produzione di colostro e due mesi finali di asciutta per preparare il parto, ogni vacca fornisce tanti cicli di lattazione quanti sono i parti che produce in carriera. La produttività di ogni lattazione non è costante. Un animale di alta genealogia produce, in piena carriera, circa 10 tonnellate di latte per lattazione. Vi sembrano tanti? Sono un valore medio per allevamenti di altissima tecnologia. Se parliamo di animali campioni, vi posso dire che 30 anni fa ho visto una vacca attaccata al gruppo di mungitura che ha riempito la boccia ben oltre la tacca dei 28 litri, poi la boccia è stata vuotata e ne ha messo giu ancora una spanna. Ha prodotto tra i 35 e i 40 litri di latte, e le vacche si mungono 2 volte al giorno... Al primo parto produce 60-65 tonnellate di latte, al secondo va prossima al massimo, la terza e a quarta lattazione sono le più abbondanti poi la produttività cala per sfruttameento della bestia. Anni fa era normale vedere ancora in produzione vacche (buone...) al quinto, sesto, settimo parto. Oggi no: 3-4 parti, poi gli animali vengono "riformati" (si scrive riforma, si legge Simmenthal...). Bisogna avere animali sempre freschi, perchè bisogna avere il massimo della produzione. Quindi una vacca partorisce al massimo 4 volte prima di andare nella scatoletta. Siccome metà dei nati soono maschi (non ci si può fare nulla...), qualche vitello non è una meraviglia, qualche vacca si ammala e muore, cose così...finisce che un allevamento non produce più gli animali necessari per l'avvicendamento in produzione (in linguaggio tecnico, rimonta). Roba da matti, vent'anni fa un allevatore di altissima genealogia guadagnava di più con le manze che con il latte!! |
| inviato il 03 Aprile 2017 ore 11:37
una cosa naturale non è di per sé anche cosa "buona", la nostra presunta superiorità intellettuale dovrebbe permettere un ragionamento oggettivo su quali siano i comportamenti etici da seguire.. si possono trovare interessanti massime sulla dieta umana ed in generale sul rapporto uomo / animale fin dai tempi antichi, in duemila e rotti anni di "progresso" siamo solo che peggiorati, seppur in assoluto il numero di persone che scelgono di non mangiare carne sia in costante aumento.. che la carne abbia un quantitativo proteico superiore ad altre fonti vegetali non è vero.. e basterebbe analizzare il rapporto tra proteine vegetali consumate e restituite in forma animale per capire che è uno scambio distruttivo e privo di senso.. se poi i mangimi siano solo scarto non lo so, mi sembra strano, ma anche se fosse io non ci tengo a mangiare carne di una bestia che a sua volta ha mangiato scarti, pastiglie ed in qualche caso tritati della sua stessa specie.. |
| inviato il 03 Aprile 2017 ore 12:35
Buh, sul fatto che la specie umana sia sempre stata onnivora non ci piove, dato che le prove archeologiche dimostrano che anche quelle che ci hanno preceduto lo erano; invece, sul fatto di alimentare gli animali con gli scarti, questo non significa che gli si debbano dare cose inadatte a loro (come purtroppo avviene negli allevamenti industriali), ma semplicemente inadatte all'uomo, esattamente come faceva chi allevava maiali 2000 anni fa; è questa cosa che trovo difficile da applicare se la produzione alimentare dovesse veramente diventare industrializzata in toto. |
| inviato il 03 Aprile 2017 ore 12:57
non capisco il punto, stiamo mettendo sullo stesso piano la consapevolezza del mondo dell'uomo delle caverne con quella della nostra generazione..? sarebbe un po' come giustificare guerre, stupri, furti ed in generale qualsiasi maltrattamento che l'uomo riserva ai suoi stessi simili perché da che storia ricordi è stato così.. le cose adatte agli animali sono quelle che nascono in modo naturale dalla terra, sono i campi d'erba e l'acqua di lago o ruscello.. tutto il resto è noia (cit.) |
| inviato il 03 Aprile 2017 ore 14:30
Buh, cosa significa "consapevolezza della nostra generazione"; Intendi dire che solo gli animali sarebbero esseri viventi e in grado di avere sensazioni piacevoli o spiacevoli quali il dolore fisico ecc.? Perché se è così dovresti informarti circa gli studi degli ultimi 20 anni sulle capacità percettive delle piante: rimarresti stupito! Che lo vogliamo o no, per vivere dobbiamo mangiare, e siccome non possiamo mangiare sassi, per farlo siamo costretti a uccidere altri esseri viventi, animali, piante o funghi poco importa da un punto di vista etico, anche se ammetto che sentimentalmente non fa lo stesso effetto; ma etica e sentimento non sono necessariamente la stessa cosa. Quanto al fatto che gli animali mangino cose adatte a loro, quando abitavo in campagna e i miei allevavano qualche coniglio, questi erano felicissimi di sgranocchiarsi i fusti carnosi e le foglie esterne dei cavoli che raccoglievamo dall'orto, e non credo che li avrebbero disdegnati se li avessero trovati in natura; però per noi "umani" costituivano gli scarti: è questo che intendo quando scrivo di ciò che i contadini di 2000 anni fa davano a maiali, conigli ecc. E ti assicuro che stavano ben attenti a non foraggiare con residui di carne gli animali notoriamente erbivori come i conigli. Se invece vogliamo parlare del problema dell'industrializzazione delle produzioni alimentari e del fatto che stia puntando eccessivamente sull'allevamento animale, magari con forme eticamente condannabili, perché fornisce maggiori guadagni, allora sono pienamente d'accordo: secondo me l'industrializzazione in questo settore non può fare altro che peggiorare le cose, proprio per una questione di monetizzazione. |
| inviato il 03 Aprile 2017 ore 14:54
non ho bisogno di leggere nulla, so benissimo a cosa ti riferisci.. sono anche abbastanza sicuro che l'uomo per sopravvivere non debba necessariamente cibarsi di carne animale, altrimenti sarei morto da un pezzo e invece sono qui vivo e in salute.. non confondiamo gola e pigrizia con necessità, non consideriamo abitudini alimentari di dubbia storicità come elementi fondanti delle nostre scelte di oggi e domani.. in occidente si mangia male, si mangia esclusivamente per piacere e soprattutto si mangia troppo.. |
| inviato il 03 Aprile 2017 ore 15:10
Sul fatto che in occidente si mangia troppo sono pienamente d'accordo, ma questo vale per qualunque tipologia di cibo. Comunque, quello di cui ci cibiamo dovrebbe anche tener conto delle situazioni ambientali in cui viviamo: non è la stessa cosa dover sopravvivere oltre il circolo polare piuttosto che nella fascia tropicale. Se abbiamo colonizzato l'intero pianeta è proprio grazie alla grande adattabilità tipica degli onnivori (e su questo non ci sono questioni di dubbia storicità); l'errore "moderno" è quello di pretendere che la gente mangi il medesimo cibo ovunque viva e per ogni situazione ambientale che si trovi ad affrontare. Le scelte alimentari personali sono una cosa diversa e spesso discutibile tanto da un verso quanto dall'altro (alcuni mesi fa leggevo che l'attuale donna più vecchia del mondo, un'italiana se non ricordo male, riteneva che il suo "segreto" di longevità consistesse nel mangiare diverse uova al giorno; una cosa che, alla lunga, creerebbe parecchi problemi a moltissime persone; ma anche mangiare fagioli tutti i giorni non sarebbe da meno) |
| inviato il 03 Aprile 2017 ore 15:53
il cosiddetto mondo occidentale vive in fasce geografiche prive di complicazioni climatiche.. non saranno certo quei quattro gatti in groenlandia a fare statistica.. mentre tutto il resto del mondo fa sostanzialmente la fame, caldo o freddo che sia.. o meglio, fanno la fame per i nostri standard e le nostre abitudini.. definire personale uno stile di vita vegetariano o vegano, quando nel mondo sono milioni e milioni, mi sembra un tantino azzardato.. |
| inviato il 03 Aprile 2017 ore 16:34
Non è il numero, ma la motivazione a farne un caso personale o meno: nel caso di un occidentale si tratta sempre e comunque di una scelta personale, mentre nei paesi del terzo mondo si tratta di impossibilità ad accedere ad altre risorse. Sistemi sociali che siano interamente basati su un'alimentazione rigorosamente vegetariana, in virtù di "valori popolari tradizionali", non ne conosco, e comunque non la considero una questione etica nel momento in cui devi pur sempre mangiare organismi viventi, mentre il maltrattamento "durante la vita" di quegli organismi è la vera questione etica; ma di fatto è ugualmente un caso di maltrattamento anche il lasciar morire di sete una pianta di geranio in vaso. L'unica differenza consiste nel fatto che, nonostante tutto il nostro avanzamento scientifico e tecnologico, il concetto di "essere vivente" fatica ad essere compreso pienamente a livello di gente comune, per cui tutto ciò che non strilla o si dimena quando gli dai un calcio viene considerato "materia inanimata" al pari di un pezzo di roccia. Una volta che riuscissimo a scindere le due cose (il rispetto per qualunque organismo, finché è in vita, dalla necessità di uccidere un organismo per mangiare e sopravvivere) avremmo probabilmente imboccato la strada verso un diverso approccio tanto all'allevamento quanto all'agricoltura, ma soprattutto alla Natura intesa in senso globale e completo. Ma, paradossalmente, avremmo riscoperto la validità moderna di un'etica antica quanto l'uomo (l'uomo delle caverne non era così stupido e inconsapevole come viene dipinto; ed era anche molto meno guerrafondaio dell'uomo moderno) |
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