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avatarsenior
inviato il 01 Aprile 2014 ore 17:33

Personalmente, al massimo, quando pensavo di avere pochissima luce, utilizzavo la pellicola Fuji 1600 ASA ...
sono passati tanti anni in quanto il mio "passaggio" totale al digitale è stato molto prematuro: febbraio 1998 ...

avatarsenior
inviato il 01 Aprile 2014 ore 17:51

belin hai comprato la prima macchina sul mercatoMrGreen
bella la fuji 1600, grana contenuta e ben disegnata...resa un po' metallica.

avatarsupporter
inviato il 01 Aprile 2014 ore 17:52

Leggendo il forum pare che ormai se non si hanno 6400 ISO usabili non si scatti. Eppure, in quelle pagine, raramente si parla di sensibilità oltre gli 800, se non per impieghi speciali.
Secondo voi perchè? La tecnica fotografica è cambiata così tanto?

Semplicemente le nuove possibilità hanno aperto nuovi orizzonti anche un genere di fotografia "semplice" come il paesaggio dove la tecnologia sembra contare meno è stata rivoluzionato dal digitale questa foto ad esempio in Analogico sarebbe stato dura farla www.juzaphoto.com/galleria.php?l=it&t=757660 e anche in digitale siamo al limite, non ci fossero stati i fari avrei potuto riprendere solo un mare "piatto", per quello continuo a sognare senza vergogna una reflex da 200.000 iso relativamente puliti, che poi le macchine attuali siano meraviglie che sfruttiamo solo in piccola parte è vero ma ognuno ha i suoi intenti e cerca nel mezzo la funzione che più gli serve per raggiungerli;-)
Ps leggo adesso, anch'io usavo molto la Fuji 1600 buona pellicola dai rossi un po' violenti e in Bn la Tmax 3200 ma i risultati erano piuttosto ontani da quelli di oggi;-)

avatarsenior
inviato il 01 Aprile 2014 ore 17:55

come non quotare Caterina.
molto molto ben realizzata la foto, in tutta la sua globalità!

avatarsenior
inviato il 01 Aprile 2014 ore 21:17

la storia evolutiva insegna che l'uomo si è affinato, non si è rincoglionito


Beh, insomma ... MrGreen

avatarsenior
inviato il 01 Aprile 2014 ore 21:19

MrGreen
è che quello affinato si rincoglionisce con l'etàSorriso

avatarsenior
inviato il 01 Aprile 2014 ore 21:21

MrGreen

avatarsenior
inviato il 03 Aprile 2014 ore 1:19

Più che la tecnologia legata allo scatto ci sta ammazzando il metodo di fruizione delle foto, un mordi e fuggi micidiale. Persino una foto bella come quella postata da Caterina qui sopra viene osservata giusto il tempo di un battito di ciglia e tra due giorni la confonderemo con altre 1000, probabilmente scordandoci dell'autore. Questa è la vera tristezza della fotografia moderna.

avatarsenior
inviato il 03 Aprile 2014 ore 8:55

è vero, in rete si trovano milioni di bellissime foto, tanto da farne perdere il valore intrinseco.

user39791
avatar
inviato il 03 Aprile 2014 ore 11:57

Senza nessun riferimento a caterina, il fatto è che ci sono milioni di bellissime foto ma pochissime originali e con un messaggio un pò fuori dagli schemi soliti. Non bucano lo schermo, come dicono quelli che si intendono di comunicazione, quindi le vediamo poi scivolano via senza lasciarci nulla.

avatarjunior
inviato il 03 Aprile 2014 ore 13:31

Beh ormai è difficile essere originali.
Una volta confrontavi le tue foto con pochi altri amatori, sempre se lo facevi, ora le foto sono infinite, tante di fattura e qualità medio alta. Se cerchi il nome di una location decente saltano fuori almeno 100 ottime immagini, va finire che per farla originale la si deve fare "sbagliata".
Anche nelle ultime foto di Juza vedo questa ricerca dell'originalità a discapito di saturazione e apertura delle ombre. Le sue foto sono molto riconoscibili e sempre ottime, ma al momento non rispecchiano, secondo me, la moda (e quindi il gusto) più comune. E' un complimento, che sia chiaro.
La convergenza del gusto è normale e implica convergenza anche nelle inquadrature e nei tagli delle immagini; anche nella pp.
E come con le belle donne. Anche lì c'è convergenza di gusti.

avatarsenior
inviato il 03 Aprile 2014 ore 13:37

va finire che per farla originale la si deve fare "sbagliata".


divertente questa cosa!
con la pellicola si usava questo metodo; si apportava tecnica agli errori della fotografia, come ad esempio il processo crossing, oppure abbiamo grandi esempi, anche attuali, di fotografia volutamente sfocata o mossa.

user39791
avatar
inviato il 03 Aprile 2014 ore 19:27

Ma......., da molto tempo vedo il livello basso alzato e il livello alto abbassato. Un avanti al centro che puzza un pò di mediocre.

avatarjunior
inviato il 07 Giugno 2015 ore 14:30

Ciao ragazzi, vorrei dire la mia.

Per la precisione l'autofocus esisteva già, era già prodotto dai Giapponesi negli anni '80, forse mutuato dall'esempio delle videocamere - se ben ricordo, Sony Mavica fra compatte innovative (1981), Pentax ME-F tra le reflex credo verso il 1981, le Minolta autofocus serie 7000 nel 1985 c'erano... ma questo accessorio non lo voleva quasi nessuno e questa funzione tendeva a fallire quanto a vendite commerciali. Si dovette aspettare il 1992 per cominciare le vendite. La reflex, all'epoca, era utilizzata perlopiù da amatori evoluti e professionisti.
I marchi top come Leica e Contax rifiutavano l'uso dell'autofocus perché implica (come anche lo stabilizzatore) automatizzare il lavoro del fotografo scendendo molto di qualità ottica, una bestemmia per chi, come Zeiss Contax, ovvero Contax-Yashica, viveva della filosofia della qualità senza compromessi 8era possibile comunque avere la conferma della messa a fuoco).

Oggi vedo genitori che acquistano la Canon 6D al figliolo bimbominkia per farsi i selfie in gabbinetto, e delle Beats by Dre da 400 euro per ascoltare gli mp3 col telefonino.

Gli stabilizzatori erano diversi e ingombranti, ci usavano perlopiù in campo cinematografico.

La sensibilità era sì vincolata dalla pellicola, ma la fotocamera non si utilizzava come oggi il telefonino o le digitali, sprecando scatti a più non posso. La fotografia era un progetto. Prima di una partenza o di un evento si sceglieva la pellicola giusta. Bianco e nero? Dia da 50 ISO (anzi, prima di una certa data, 50 ASA)? Infrarosso? 100 ISO standard a luce diurna? 400 ISO per luce artificiale? 1600 ISO per foto a lume di candela (sì, la risposta è: si può, soprattuto con la pellicola)?
Io in caso di situazioni variabili con poca luce e contrasti difficili usavo Ilford 400 Delta o meglio Ilford HP5 Plus, che era molto «elastica», nominalmente da 400 ISO si poteva portare (mediante sviluppo ad hoc) da 100 a sensibilità alte, tirandola fino a 1600 ISO (oggi regge bene i 3200 ISO).

Cambiare la pellicola con una a sensibilità diversa non era affatto utopia a patto di avere la macchina giusta, chi c'era in quegli anni sa cosa sono i magazzini intercambiabili con meccanismo di sicurezza (oggi si direbbe hot swap) di cui erano dotate molte fotocamere di Zenza Bronica, Topcon, Rollei, Pentacon, Mamiya, Hasselblad, Yashica, Pentax, ma anche Kiev, Lubitel, alcune Zenit, e via discorrendo. Come se oggi, anziché taroccare la sensibilità de sensore (che sia ben chiaro, quella reale è una sola ed è di norma compresa fra 80 e 120 ISO) col software incorporato (operazione possibile anche in seguito su formato Raw), sostituissimo direttamente il sensore con uno diverso.
Oggi questa operazione è possibile, con i grandi marchi sopravvissuti del medio formato (Hasselblad, Mamiya, Leaf, ma anche Phase One), ma un sensore di una digitale di quel livello costa da solo un patrimonio, non certo il prezzo dei dorsi più pellicola da acquistare. Il fatto di cambiare gli ISO lo vedo come le pellicole sovrasviluppabili già citate, con la differenza che se per un trattamento unificato non c'era problema, uno differenziato per ogni fotogramma all'epoca era da nevrosi mistica, mentre oggi tutto è facile.

Facile, sì. Ma abbiamo dimenticato un po' troppo la qualità.
Prima si compravano molto di più gli obbiettivi "prime". Usare un f/2.0 era del tutto normale, ma non era certo un fatto raro avere ottiche da meno, f/1.7 o f/1.4 (Canon un periodo produsse un'ottica f/0,95, per stupire c'ernao questi, non gli f/1.4...).
Oggi vogliamo il flash TTL valutativo, le scene automatiche, lo zoom (troppa fatica cambiare l'obbiettivo...) anche molto spinto e anche quando non è indispensabile.
Non vogliamo sbatterci per fare foto buone, tanto ci pensa il computer della fotocamera...
E non soltanto devono essere zoom ma anche stabilizzati.
E non importa sbagliare, possiamo scattare anche 30.000 foto, tanto se vengono male le cancelliamo, no? Di che preoccuparsi?
Però prima dovevi pensarci bene prima della foto, avevi 6, 12, 18, 24 o 36 fotogrammi. Non migliaia.
I colpi andavano calibrati e dovevano essere precisi come quelli di un cecchino.
Sbagliare era scomodo, deludente, e costava qualche lira sprecata.
Ebbene, queste scelte di comodo hanno un prezzo. Non che ci sia niente di male nella tecnologia, ad avere il flash TTL o la stabilizzatore in sé.
Ci siamo viziati e vogliamo che le foto le faccia la fotocamera, e non noi.
Vogliamo il risultato senza fatica, senza sbatterci.

Abbiamo eliminato la nostra palestra della qualità.



Le reflex più serie (per citarne giusto due le Minolta XM e KM) avevano un'architettura modulare, con pentaprisma intercambiabile o sostituibile con mirino a pozzetto, schermo di messa a fuoco intercambiabile (con mirini speciali per esempio per messa a fuoco notturna, o di precisione, etc.), obbiettivo intercambiabile, dorso intercambiabile, mirino intercambiabile o con addizionali specialistici.
Era normale avere il tasto di verifica della profondità di campo, la possibilità di multiesposizione sullo stesso fotogramma, la posa B (spesso anche la posa T), ed era normale (anzi universale) poter controllare la profondità di campo anche sul barilotto dell'obbiettivo, ed usare eventualmente tecniche di raggruppamento focale impostando la macchina prima dell'evento (quindi prima di qualsiasi autofocus) o eventualmente utilizzando anche l'iperfocale se serviva.

Vorrei vederlo oggi un Robert Capa sporgere la faccia dalla trincea, puntare l'obbiettivo, selezionare i punti di messa a fuoco, attendere la seppur breve conferma del fuoco, col viso esposto alle dense e feroci raffiche di mitra che falcidiano i miliziani. Ciò che prima c'era era per la pratica o per la qualità.
Gli Zeiss e gli Schneider-Kreuznach delle Ikon e delle Voigtlander (degni concorrenti delle Leica) erano settabili con precisione sui range di distanze in anticipo, senza perdere tempo nella messa a fuoco quando il tempo non c'era, ed avevano anche dei preset (di solito 3) per le situazioni più tipiche (distanza da ritratto, gruppo di persone, gruppo esteso oppure al suo posto panorama).
Così Capa regolò la fotocamera e la mise sul cappello o sull'elmetto, scattando senza sporgersi con la testa, così fotografò la morte del miliziano, senza nemmeno sapere cosa sarebbe successo.
Non intendo dire che le fotocamere devono essere necessariamente attrezzate per situazioni estreme.
Ma la potenza dei mezzi in apparenza semplici ma ben congegnati e controllabili manualmente, questo faceva la differenza.

Oggi l'autofocus peggiora un po' la qualità di ogni ottica, e, con l'uso smodato degli zoom, preclude l'uso dei preset, dell'iperfocale, dell'impostazione scientifica della PDC.
Le lenti che si aggiungono per lo stabilizzatore deteriorano ulteriormente la qualità delle ottiche, ne complicano la costruzione e si sentono nel prezzo. Non voglio drammatizzare la situazione, non intendo nemmeno dire che oggi la qualità è solo bassa, ma sicuramente per essere soddisfatto della qualità, oggi, sono costretto scegliere bene e spendere per ottiche molto costose, e a volte anche così manca qualcosa, anche se la tecnologia è tanta.

Per avere quelli che prima erano i normali Sincro F e FP (oggi HSS) dobbiamo acquistare un costoso flash compatibile.

Prima la regola era «3 su 36», 36 fotogrammi per i quali ci si doveva sbattere, pensar bene prima di sparare la cartuccia, di cui solo tre erano da considerarsi fotografie e non scarti. Oggi la regola forse è: quelle che escono se scatto 100 o 1.000 volte.

Non sono contro la tecnologia, ma l'invito è a non utilizzare troppo e quando non è necessario tutti gli automatismi.
Facciamo che siamo noi i fotografi e non il computer della macchina.
Ricerchiamo la qualità, e non la comodità.
Lasciamo il SUV modaiolo a chi vuole comodità, noi scegliamo la Lotus per andare su strada veloci, o una Land Rover se andiamo in fuoristrada.

Vedo attorno a me gente che in situazioni fotografiche leggermente più complicate si scoraggia subito e perfino ame suggeriscono: «Non serve, è difficile... metti automatico.»
Non ho niente in contrario nemmeno ai selfie dei bimbiminkia e delle teen ager emo, se vogliamo, ma perdìo, separiamo le due cose. Sbattiamoci, cerchiamo la Qualità, non abbiamo paura di sperimentare, usiamo i modi manuali. Anche coi flash i risultati sono ineccepibili, il TTL sbaglia.

Scegliamo il controllo totale sulla macchina, e non che la macchina controlli al nostro posto e ci controlli.

Riserviamo una priorità di tempi e il TTL a eventi rapidi incontrollabili, limitiamo gli automatismi alla necessità reale (quasi mai se non siamo reporter), evitando magari quelli totali. Ringraziamo le nostre Nikon, Canon e Pentax per le raffiche di fotogrammi, per le scene, per il bilanciamento del bianco automatico, per il programma Sport e quello Ritratto, per la "P" sulla ghiera o sul menu dei modi espositivi, e spieghiamole con affetto che però il cervello è il nostro, l'arte è la nostra, e che gli daremo un po' meno soddisfazione.
Facciamo che la soddisfazione la prossima volta la vogliamo tutta per noi.
Con tutto il rispetto per il fototurista della domenica, facciamo in modo di essere fotografi, e non proprietari di fotocamere.

user39791
avatar
inviato il 07 Giugno 2015 ore 15:08

Non sono gli autofocus, gli stabilizzatori e nemmeno la facilità di scattare tante foto che portano a risultati standardizzati e mediocri. Semmai è la acriticità dei meccanismi social a farlo. Se anni fa portavi al mio foto-club certe immagini da centinaia di like attuali ti prendevano per un orecchio e ti insegnavano l'ABC. Ci rimanevi male ma poi un poco crescevi fotograficamente parlando.

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