user30823 | inviato il 27 Settembre 2013 ore 0:25
Edo io di esempi ne ho a migliaia fra dia e stampe....la pellicola quanto a naturalezza della scena creata e' migliore nn c'e niente da fare .I sensori ne hanno da fare di strada sotto questo aspetto ....se poi li scatti digitali li fai con una reflex nn a pieno formato il divario aumenta... |
| inviato il 27 Settembre 2013 ore 0:27
Un altro esempio, sempre Fuji C200 EF 24 f/2.8
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| inviato il 27 Settembre 2013 ore 1:02
nella foto in questione sono le regole base della prospettiva che regalano la sensazione di tridimensionalità...le linee del pavimento...quelle del soffitto illuminato in alto a dx aiutano il nostro occhio a valutare l'immagine con piani diversi, inoltre lo sfuocato in primo piano...il nitido al centro e lo sfuocato in fondo aumentano notevolmente questa sensazione... forse è un'analisi poco romantica.... |
| inviato il 27 Settembre 2013 ore 5:51
sarà mica che nell'analogico la profondità, che è data dagli sfocati che staccano, si vede di più perché non si pompava come disperati con lo sharpening digitale ( lo so che si poteva dare acutanza con la diluizione del rivelatore)? certa pastosità dovuta alla grana, le gradazioni tonali "infinite" rispetto alla quantizzazione miserabile, tutto aiutava a quelle transizioni che davano senso di profondità... ma onestamente non posso dire di aver visto delle differenze così grandi in quel senso che non potessero spiegarsi con altri fattori. io quello che sento di più usando la 5d, rispetto alla pellicola, è proprio la mancanza di livelli tra i toni bassi. i bit contano porca miseria. i 12 della vecchia 5d sono pochi. io ne vorrei almeno 16 altro che i 14 delle nuove |
| inviato il 27 Settembre 2013 ore 6:22
" Il problema più grande del digitale sono i neri...purtroppo. " Io non concordo:a parer mio, dopo 38 anni di stampa a pellicola, solo 30 X 40 cm, e 5 anni di stampa digitale, sempre 30 x 40 cm, in digitale si fanno fotografie, il più delle volte, migliori che a pellicola. A pellicola usavo un Auregon della IFF, con uno Schneider Componon 50 mm f 4 ed un Rodenstock Rodagon 50 mm F 2,8, che usavo per le foto più scure, quest'ultimo con MAF manuale. Stampa, mediamente, su AGFA BROVIRA BEH, gradazione 4, 5 e 6, sviluppo Bromor ST 50, tono freddo: carta e sviluppo scelti proprio per avere i bianchi puri ed il nero, nero vero, profondo. Le foto sono su carta lucida e smaltata a caldo, tutto fatto in proprio. In digitale stampo in B/N con una stampante professionale, anche in A2, con carta Canson Barita o Ilford Galerie. Le foto stampate in digitale non hanno nulla da invidiare a quelle stampate in chimica. e con il fotoritocco, che permette di modulare con precisione i grigi, le stampe sono modulate benissimo, "tridimensionali" e la Canson che uso fornisce i bianchi puri ed i neri profondi pari pari a quelli che si ottenevano con la Brovira, considerata a suo tempo la miglior carta da stampa B/N. Chiaramente, le stampe vanno viste, la qualità di una stampa la si apprezza di persona. La qualità che faccio con stampa in proprio è assai più ellevata di quella che vedo prodotta da laboratori, anche seri, noti a livello italiano, con certificazione Hannemule, etc., come era migliore rispetto ai laboratori con le stampe fatte a chimica Il metamerismo, che affligge moltissime stampe digitali che vedo da laboratori, fatte con inchiostro a colori, non affligge le mie, nulla, semplicemente perchè vado a cercatre le tonalità di grigio dell'immagine che solitamente sono afflitte da metamerismo, e non sono tutte tra 0 e 255, e le correggo in complementazione, lavoro che praticamente nessuno fa, dato che è delicato e complesso. Chiaramente, la stampa va saputa fare, ma in digitale non faccio nulla che già non facessi in chimica, lo faccio solo in modo diverso, compresi i fotomontaggi, e più rapido. Con il digiatle si fanno stampe, tutto sommato, migliori che con la pellicola, praticamente in tutto: la differenza vera è che in digitale, per stampare bene, ci vogliono investimenti assai più elevati che a pellicola, assai più elevati, e non solo di stampante, ma di tutta la catena che porta all'immagine finita (monitor, colorimetro, PC, stampante, controllo calibrazione stampante e carta) ed è tutta sistemistica costosa se si usa di qualità ed affidabilità professionale. Per quanto mi riguarda, il miglior benvenuto al digitale! Saluti cordiali. |
| inviato il 27 Settembre 2013 ore 8:44
Ora dico una banalità. La tesi di Alessandro Pollastrini secondo la quale non è il mezzo in sé responsabile delle differenze secondo me è supportata dalla considerazione che il processo di PP in camera chiara porta ad una molto più massiccia disaggregazione dei parametri qualitativi. Nel controllo dell'analogico molti parametri restano collegati fra loro e, nelle regolazioni, si muovono simultaneamente in modo più... armonico. In tutti i casi in cui si verifica una dissociazione spinta, per ricostituire un totale efficace e coerente è necessaria una dose di Maestria crescente in modo esponenziale . La Maestria presuppone il controllo perfetto di tutte le componenti. E il semplice dubbio del titolo dell'autore del thread - oltre, naturalmente, a tante realizzazioni di PP che si vedono e suscitano qua e là critiche di "credibilità" - è un indizio del fatto che, sul controllo dei parametri dell'immagine digitale non abbiamo raggiunto il livello che desidereremmo. Paolo |
| inviato il 27 Settembre 2013 ore 9:02
Forse con i vecchi obiettivi vintage si nota una certa tridimensionalità i nuovi dx hanno una sorta di finto. In fatti è l ottica che dà tridimensionalità. |
| inviato il 27 Settembre 2013 ore 9:02
@edobette... come ho già scritto sopra è innegabile che le stampe da una emulsione siano, anche dopo digitalizzazione, decisamente migliori nella resa delle alte luci rispetto al digitale, sopratutto se scattate in ambienti con luce non controllata. Quando il digitale supererà la pellicola nella resa delle alte luci allora sarà riuscito a superarla completamente. Concordo anche con quanto scritto da Paolo sull'armonia del processo chimico. Ciao Max |
| inviato il 27 Settembre 2013 ore 9:35
Non si può non condividere l'osservazione sulla differenza di resa tra le alte luci. Ma temo che la portata di questa differenza sia di gran lunga inferiore alle conseguenze che ha aperto la "camera chiara". Non ho detto prima che il controllo molto più dissociato e fine dei parametri ha portato a esiti in qualche modo nuovi, alcuni dei quali molto interessanti, di natura più... grafica. A molti questo sembra uno snaturare la fotografia. Io, che normalmente ho gusti piuttosto tradizionali, non ritengo tuttavia che sia tale. Credo che alla base della fotografia ci sia un fondamento grafico, e credo che lo dimostra il fatto che tutti riconosciamo il concetto di "composizione" come pertinente alla fotografia. Se si trattasse solo di riprodurre la realtà non ci sarebbe l'esigenza di farlo con una modalità graficamente efficace. Foto come
 non sono molto... naturali per chi è abituato a vedere foto analogiche, anche in B&W. Ma tuttavia non si può negare che siano interessanti e abbiano un indubbio appeal grafico. In sostanza la PP ha aperto la strada a innumerovoli possibilità tanto di natura fotografica quanto, e forse più, di natura grafica. Questo non vuol dire che siano tutte inautentiche né che siano automaticamente tutte opere d'arte: significa che dobbiamo elaborare un'estetica anche dell'elaborazione fotografica. Passata la sbornia del "lo faccio perché è nuovo e comunque colpisce" si dovrà distinguere ciò che è valido da ciò che non lo è: e questo credo lo si farà non astrattamente, sulla base di criteri "naturalistici", ma con riferimento all'adeguatezza al soggetto, al messaggio che si vuole trasmettere, al tono della comunicazione che si vuole instaurare. Paolo |
| inviato il 27 Settembre 2013 ore 9:47
Grazie a tutti per gli interventi ma stiamo andando fuori tema. Io non critico chi sperimenta grazie al digitale nuove interpretazioni della realtà, mi limito ad osservare la resa tridimensionale di una foto ed avverto in quelle a pellicola qualcosa che nel digitale non vedo. Al momento l'unica spiegazione che mi ero dato era quella di Blackimp, l'utilizzo scellerato della maschera di contrasto nel digitale. La spiegazione di Pollastrini sul metamerismo è interessante ma non vedo come possa influenzare la tridimensionalità. Anche la teoria delle ottiche vintage che restituiscono di più questo effetto non tiene perchè il digitale è pieno di immagini fatte con ottiche vintage (è molto di moda) eppure non assimilo queste immagini a quelle a pellicola. Sul discorso delle transazioni sulle alte luci può essere un elemento in più effettivamente.... Ieri sera ho cercato velocemente sul HDD delle foto da virare in B/N per elaborarle ed ottenere un effetto il più possibile simile a quello della pellicola, ovviamente quando si cerca qualcosa non la si trova mai, cmq ho trovato questo scatto anche se non è molto pertinente. L'ho elaborato in LR azzerando la nitidezza (di solito lasciavo quella di default raggio 1 e fattore 25) ed ho lavorato selettivamente solo sulla parte a fuoco. Il risultato posso considerarlo interessante ma non ho la sensazione dello scatto a pellicola.... 6D + Canon 50L @ F1,2
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| inviato il 27 Settembre 2013 ore 9:51
io personalmente non ho mai provato ad usare la pellicola b/n, però sembra che garantisca una latitudine di posa maggiore delle odierne digitale, in questa maniera esaltando (o meglio, mantenendo) la morbidezza nei passaggi tonali ove la luce 'disegna' gli oggetti tridimensionali. probabilmente le digitali sono ancora leggermente inferiori su questo piano, tagliando un po' le alte luci e le ombre così sembrano più nette, secche o che dir si voglia. poi probabilmente il tutto si può recuperare con un workflow adeguato in digitale che estenda la gamma tonale mantenendola tale in stampa. |
| inviato il 27 Settembre 2013 ore 10:07
“ Il risultato posso considerarlo interessante ma non ho la sensazione dello scatto a pellicola.... „ Perché? Anche a me il risultato sembra interessante. La differenza che vedo io rispetto alla foto dell'esordio è che qui lo sfocato non è costituito di grana percettibile, che nell'altra foto forma invece una specie di texture di basso livello, e garantisce una specie di integrazione fra le zone altrimenti distinte dallo scarto a fuoco/sfocato... Questa particolarità è tipica del digitale (denoise selettivo, secondo juza): difficile riscontrarla nell'analogico. Poi si dovrebbe vedere su una stampa di significative dimensioni. Paolo |
| inviato il 27 Settembre 2013 ore 10:53
“ Ieri sera ho cercato velocemente sul HDD delle foto da virare in B/N per elaborarle ed ottenere un effetto il più possibile simile a quello della pellicola, ovviamente quando si cerca qualcosa non la si trova mai, cmq ho trovato questo scatto anche se non è molto pertinente. L'ho elaborato in LR azzerando la nitidezza (di solito lasciavo quella di default raggio 1 e fattore 25) ed ho lavorato selettivamente solo sulla parte a fuoco. „ Non so se quattro passaggi automatizzati in LR possano restituire l'effetto della pellicola, gli studi di post fanno lavori personalizzati, non standardizzati. Quindi vien da sè che non ha lo stesso "sentimento. Ciao LC |
| inviato il 27 Settembre 2013 ore 10:53
Sulla tridimensionalià io non credo che c'entrino molto neanche il modo di riprodurre la alte luci, e neanche la latitudine di posa. E parlando di foto con tutto a fuoco, neanche dimensioni del sensore e ottiche. Quello che dà la sensazione di tridimensionalità è principalmente la luce ( in fase di ripresa e anche in fase di visione, cioè il supporto che mostra l'immagine ) e in sott'ordine il colore e infine naturalmente la composizione. E' per questo che ci sono regole e canoni da rispettare prese dal mondo della pittura, per dare al cervello dell'osservatore la sensazione di più piani e quindi di tridimensione in una immagine bidimensionale. Max |
| inviato il 27 Settembre 2013 ore 11:13
Concordo con Max Lucotti sulla luce quale elemento predominante. Queste foto sono fatte in digitale, alcune con illuminazione in parte artificiale, e trovo siano un esempio di come anche il digitale possa rendere perfettamente la tridimensionalità, con la luce adatta: www.joeyl.com/favor-galleries/quick-selection/#!1935 www.joeyl.com/favor-galleries/quick-selection/#!1013 www.joeyl.com/favor-galleries/quick-selection/#!3136 E devo dire che la sensazione di tridimensionalità é molto maggiore vedendole sul 15" del MacBook Retina rispetto al 27" Eizo. Immagino che i DPI molto maggiori aiutino l'occhio a percepire differenze anche minute nel fuoco tra i vari piani. Poi trovo anche che un'ottica con: A) piano a fuoco ben corretto e B) sfocato morbido e progressivo che non é un connubio evidente, possono aiutare per confondere il cervello e dare l'idea di stare a guardare una scena "reale". |
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