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In sintesi è un progetto creativo. Parte da un brainstorming di fotografie che tolte dal loro stato di testimonianza e quindi dalla loro posizione di catalogazione inerente ad una narrazione o fatto specifico di luogo/tempo, vengono proposte senza un collocamento allo spazio temporale dello scatto e alla sua importanza di testimonianza, quindi diventano immagini che hanno un significato per chi le ha raccolte e riproposte. Ora non servono da testimonianza, ma servono da stimolo all'osservazione, dove chi vede è libero di interpretazione personale. E le sue risposte sono quindi l'obiettivo del progetto.
Mi ricorda i primi lavori che ci facevano fare negli anni 70 nelle varie scuole in cui si insegnava la comunicazione e la creatività. Dopo una settimana in cui tutti buttavano in un loro cestone i loro rifiuti senza svuotare il cestone, alla seconda settimana si svuotava il proprio cestone sul pavimento e si doveva produrre un'oprera creativa con solo gli elementi di scarto della settimana.
Dove la spazzatura diventava opera creativa. Poi se aveva una comunicazione tutto dipendeva dal come si era stati capaci di creare un linguaggio visivo che veniva percepito con facilità dalla massa che osservava l'opera. E che era il giudice della nostra capacità di creazione e comunicazione.
Non a caso ci sono riferimenti agli anni 70 in cui l'arte in alcune correnti ha iniziato a non comunicare, ma a provocare aspettando una risposta dall'osservatore che serviva per capire dove potersi spingere nella realizzazione di un nuovo concetto di arte. Quindi la comunicazione a due direzioni. Artista verso osservatore e osservatore verso artista. Quindi l'arte restava in ascolto per potersi aggiornare.
Resta comunque interessante come ricerca e non solo nell'ambito della fotografia anche se oggi il processo creativo e comunicativo è estremamente diverso e più complesso. Non sarebbe poi tanto un OT l'inserire l'AI nel contesto della discussione visto che sta diventando una forma di comunicazione dove il creatore parte da elementi e situazioni della vita odierna e propone le sue visioni all'osservatore. Se ci facciamo caso le immagini e i video AI sono legati sia visivamente che concettualmente alla metafisica di De Chirico e al surrealismo di André Breton.
Ma mi fermo qui perchè questa vuole essere solo una mia visione personale che non cerca una corrispondenza artistica, ma resta puramente personale.
“ Di per sé mi attira l'idea di "sradicare" l'origine di un'immagine per crearne degli altri significati/narrazioni. „
mi viene in mente Koyaanisqatsi di Godfrey Reggio con musiche di Philip Glass, un esperienza visiva e sonora supportata da un collage di filmati "in un modo "differente" da quello a cui si è abituati" .
Strip of Happiness : Mi sono imbattuto in alcune bobine di film in pellicola cinematografica girati in 16 mm da una famiglia inglese presumibilmente nella prima metà degli anni 50: alcune sequenze di momenti felici e spensierati che potrebbero appartenere alla quotidianità di molte famiglie. Dopo aver esaminato l'intero girato ho deciso di intervenire su alcuni frames riproducendo fotograficamente le immagini, trattandole chimicamente o creando delle sovrapposizioni con altri fotogrammi. Questo approccio tecnico mi ha consentito di creare un rapporto personale con immagini che appartengono all'album di una famiglia a me sconosciuta e mi piace l'idea, che la vita di queste immagini, appartenenti a un diario intimo, non si sia esaurita con la sua destinazione naturale di album di famiglia ma sia riuscita a fornire nuove emozioni e significati a uno sconosciuto, che ne è venuto in possesso accidentalmente.
Interessante thread. Ho poco da aggiungere perché i pochi lavori che conoscevo (Evidence, i lavori di Kelles e Uğur Gallenkuş). Sono già stati citati. Effettivamente si potrebbe fare un distinguo fra i lavori come Evidence che che si interrogano sul medium fotografico e sulla percezione della foto da parte dell'osservatore finale e i lavori di raccolta di Kelles / Penelope Umbrico (appena scoperta su internet). Il secondo tipo in effetti si basa spesso sui pattern ma soprattutto esplorano il consumo massivo di immagini riflettendo più sull'impatto di questa iperproduzione che sul medium fotografico in se. Gli autori (artisti? , curatori?) più recenti possono pure attingere dallo "sconfinato database" di internet e social media. Se poi si avvalgano anche della AI per aiutarsi nella ricerca... chi può dirlo. Ha poca importanza comunque: sarebbe un po' come interrogarsi se una foto è stata scattata in manuale o in modalità automatica.
Aggiungo... Angelo Tassitano (che non conoscevo, interessante...) e Ugur Gallenkus fanno una cosa leggermente (o totalmente?) diversa in quanto eseguono modifiche/rielaborazione delle foto originarie. Se no allora potremmo citare pure Richard Prince...
Nella categoria ci farei rientrare anche Godfrey Reggio visto che buona parte della riuscita del film è dovuta alla colonna sonora di Glass.
Comunque buona parte della pop art è basata su rielaborazioni di icone immagini già esistenti... Mettiamoci pure il ready made di Duachamp... ma sto divagando...
Tempo fa quando vi fu l'uragano Katrina 2 giornalisti (di cui purtroppo non ricordo il nome) crearono un racconto molto dettagliato. Decisero che da soli non avrebbero mostrato la devastazione e le vere conseguenze perchè era fisicamente impossibile essere in tutti i luoghi colpiti, ma raccolsero centinaia di immagini e di racconti che furono raccolti on line e pubblicarono un lavoro davvero importante in cui la realtà era raccontata nel dettaglio dagli stessi che l'avevano vissuta e mostrata con foto dei loro cellulari Non voglio addentrarmi nella questione che in parte nè nacque ossia che certi giornali iniziarono a pensare che gli scoop giornalistici e i racconti potessero a questo punto arrivare dal basso e sfruttare questo flusso di informazioni. Non avvenne proprio così, ma non è questo il punto del topic. La mia riflessione vuole essere diversa, spesso si è detto che scattiamo troppo, che pubblichiamo troppo, che è difficile essere originali oggi o forse è quasi impossibile. E se il racconto che vogliamo mostrare esistesse già e va solo composto? se il reportage che vorremmo fare esiste ma va solo trovato? non rubato intendiamoci. Una volta un fotografo disse: spesso è più vero il racconto di un luogo fatto dei cellulari dei ragazzini che lo vivono delle belle foto dei reportagisti che vanno li per un tempo limitato e provenendo spesso da una cultura diversa. Ci sono miglioni di immagini che girano, è possibile ragionarci e farci qualcosa anche come amatori? ci avete mai riflettuto ?
Richard Prince... è un bel furbacchione, la mostra fatta con le immagini di chi lo seguiva su instagram e vendute per dei bei gruzzoletti sono state sicuramente un'operazione commercialmente redditizia. Però untitled (cowboy) è stata sicuramente un'intuizione concettuale decisamente interessante, sul tema ricordo anche che negli anni '80 Levine ha realizzato la celebre serie “After Walker Evans” (1981) con lo scopo di mettere in crisi il concetto di autorialità
E' senz'altro possibile.. ma, come amatori, molto difficile.
Anche volendo superare lo scoglio dell'approvvigionamento delle immagini, in fondo basta accedere agli archivi stock online per ottenere centinaia di fotografie al prezzo di una cena, quello che forse rende difficile il lavoro e' che devi cambiare mestiere. Smettere di essere fotografo e diventare selezionatore, copy, grafico, impaginatore.
Voglio dire. Una cosa e' scattare una fotografia, un'altra comporre una pubblicazione, un reportage.
Si cambia di livello e servono team. Non tanto perche' una persona sola non possa farcela. Quanto perche' da soli ci si avvita su se stessi.
“ Una volta un fotografo disse: spesso è più vero il racconto di un luogo fatto dei cellulari dei ragazzini che lo vivono delle belle foto dei reportagisti che vanno li per un tempo limitato e provenendo spesso da una cultura diversa. „
Su questo straconcordo. Più vero e più rappresentativo. Per cui "più" reportage.
Inoltre ora il fotografo (inteso come persona dotata di mezzo fotografico) che accede per primo all'evento di cronaca è al 99% un amatore. Per cui oltre le foto oltre che più vere risultano anche più "aggiornate".
In effetti lasciando perdere il discorso "artistico" anche le testate giornalistiche riportano video/foto di amatori per eventi di cronaca. Più raro per eventi sportivi o ufficiali dove i fotografi sono già piazzati.
Spesso vedo reportagisti che tornano con molte immagini e fanno proprio questo quando compongono il lavoto: selezionano, organizzono, danno una sequenza Cambia la prima parte, non scatto, ma ricerco, ma il resto del processo che porta il lavoro a essere presentato non cambia Però è interessante questo:
“ perche' da soli ci si avvita su se stessi „
secondo me vale sempre, il confronto può portare dubbi e delusioni, ma anche ad avere una visione più chiara
intendiamoci.. un fotografo ha in mente il progetto. Scatta piu' fotografie e poi seleziona SEMPRE in modo rigooso e spietato prima di passarle allo stadio successivo, che ne salvera' al massimo una mezza dozzina.
Ma nel caso di un lavoro realizzato a partire da fotografie esistenti, si elimina una parte importante della filiera.
E' senz'altro redditizio. Inutile fotografare la Torre di Pisa quando sul web puoi prendere dieci buoni scatti per trenta centesimi. Ma dal punto di vista autoriale cosa resta?
è questo il punto gli esempi iniziali come Evidence sono grandi lavori autoriali. Qui casca l'asino, serve l'idea. Anche perchè infondo una foto tecnicamente perfetta della torre di Pisa di autoriale cosa ha davvero?
Esattamente.. lavori come evidence NON sono lavori fotografici. Sono altro. Sono un lavoro filosofico che parte dal riposizionamento delle immagini (che comunque erano immagini VERE ed importanti) per suggerire una nuova lettura.
Difficile ripercorrere questa via partendo dalla torre di pisa...
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