| inviato il 04 Settembre 2023 ore 15:27
@MatteoGroppi Tua è l'affermazione, tuo è l'onere dell'eventuale spiegazione. No? Non sono mica qui a saltare quando mi si dice salta. Io uso il linguaggio come voi, per esprimere concetti; poi, visto che condividiamo un forum di fotografia se la cosa vi pare degna d'interesse potete anche svilupparla a vostro piacimento. @Motofoto Dietro ad ogni fisico sperimentale c'è un matematico teorico a cui i conti non tornano… ed infatti i fisici ancora non hanno superato il problema dell'incidenza degli strumenti di misura nella valutazione dei risultati reali e di esatta predizione del futuro. L'escamotage statistico applicato alla fisica, che io mentalmente visualizzo come un bel guinzaglio o se vuoi una museruola, è sicuramente funzionale alla produzione su larga scala e per fortuna che l'hanno risolta così, grazie ai matematici, ma temo che tutti i limiti intrinseci della fisica siano ancora gli stessi di sempre. Comunque, non è una gara; la filosofia rimane indispensabile al matematico teorico tanto quanto all'antropologo del non-umano. Che poi avesse ragione pure Deleuze quando affermava che la storia della filosofia è una storia di idiozie, di balzi i.dioti, è il motivo stesso per cui la tanto inflazionata intelligenza macchinica (AI) non riesce a “pensare”. Diceva Deleuze, riferendosi ai filosofi - “Il vecchio i.diota voleva delle evidenze, alle quali sarebbe arrivato da solo: nell'attesa avrebbe dubitato di tutto […] Il nuovo i.diota non vuole nessuna evidenza, vuole l'assurdo: non è più la stessa immagine del pensiero”. In questo scarto, tra vecchio e nuovo, il “pensiero” (filosofico) azzarda il grande salto nell'assolutamente Altro, nell'ignoto. Tornando alla fotografia, per come l'ho trattata in questa discussione, trovo molto azzeccata la frase di Han in cui dice che “la prima forma di pensiero [cognitivo] è la pelle d'oca” e relaziona questo al “punctum” di Barthes. Parliamo di un PROCESSO decisamente analogico: prima ancora che esso [il pensiero] colga il mondo è il mondo a toccarlo. I fisici possono infarcire i loro modelli predittivi macchinici fino a sfondarli di dati ma… la TOTALITÀ ed il balzo in avanti [da i.diota] gli farà sempre difetto perché per quanto si accresca la capacità di calcolo a livello di “stadium” mancherà sempre quella capacità analogo-corrispondente di “sentire” fuori di sé tipica dell'essere umano. Per l'intelligenza artificiale, quel “sentire”, quel turbamento individuabile nel “punctum” sarebbe solo un disturbo. |
| inviato il 04 Settembre 2023 ore 15:41
No é tua l:affermazione io ho parlato del fatto che il mezzo non ha nessun legame con quanto dici Quindi visto che parli parli ma non parli di fotografia spiegamelo come il lavoro di Ruff considerato unk dei più bravi autori contemporanei non abbia punctum Per come la vedo non lo sai spiegare e questo dimostra quanto quello che dici sia insensato Io ti ho portato un esempio concreto quindi parlami di fotografia e spiegami come tanti non abbiano capito quello che per te é così ovvio Spiegami bene quindi per he quel lavoro non ha punctum o preferisci usare un altro autore? Se vuoi te ne cito un altro Antony Crossfield o magari preferisci Jeff Wall Scegli e spiegami nel dettaglio perché i loro lavori non hanno punctum Non parlare a caso, generico parlami di questi autori |
| inviato il 04 Settembre 2023 ore 15:46
Non è che è insensato, è che in un forum dove la maggior parte degli utenti non ha nemmeno mai letto l'Anti-Edipo, se non si fanno dei paralleli mostrando delle foto, si rischia solo di fare discorsi onanisti presi per supercàzzole. Per questo esortavo ad uscire le foto |
| inviato il 04 Settembre 2023 ore 17:12
@MatteoGroppi Ho riletto i tuoi post e mi sembra che siamo tornati al tuo primo nel quale dici, rispondendomi, che io (Han, Barthes, ecc..) diciamo che l'analogico è fico ed il digitale lo è molto meno. Da cui immagino tu deduca che il “punctum” non possa essere raggiunto dalla fotografia digitale e quindi io dovrei spiegarti perché. Spero d'aver capito nel modo corretto. Il problema è che né io né gli autori citati da me affermano che nel digitale sia impossibile giungere al “punctum”. Quindi c'è una tua parziale incomprensione di fondo, mi pare. Nessuno ha scritto che il “punctum” sia una caratteristica raggiungibile esclusivamente della fotografia analogica. Ciò che è stato scritto è che (se) la fotografia è un MARTELLO (allora) la sua UTILIZZABILITÀ si manifesta da SÉ STESSA attraverso il suo MODO DI ESSERE (Heidegger). In questo, secondo alcuni degli autori citati, l'analoga-corrispondenza della fotografia analogica rispetto al suo referente AGEVOLAVA il martellamento e manteneva alla giusta distanza tutto ciò che MARTELLO NON È ivi compresa soprattutto la pittura. Infatti il pittore René Magritte con il suo motto “Ceci n'est pas une pipe” spinge Barthes ad affermare: “Per sua natura, la fotografia ha qualcosa di tautologico: nella foto, la pipa è sempre una pipa, inesorabilmente” (veridicità, richiamo al referente reale) . Han intravede in questa affermazione di Barthes quasi la preveggenza della “crisi di rappresentazione” a cui, poi, avrebbe portato il digitale perché tra pittura e fotografia digitale la distanza risulta assottigliarsi a causa dell'aumentata auto-referenzialità di quest'ultima. Qualcuno, qui, ha usato anche l'espressione (che trovo bella) "maggiore agilità" del digitale, che però bisogna pur capire dove porti. @Rombro Quanto ai paralleli, capisco benissimo, ma non c'è alcuna possibilità che un esempio possa rappresentare un discorso di questa ampiezza che riguarda “il sentire” fotografico. Che poi, nulla di nuovo: Barthes ha scritto un libro intero parlando di una singola fotografia (quella di sua madre) e nel libro quella foto NON C'È. Non c'è perché non serve in quanto totalmente superflua alla nostra comprensione. La pubblicazione nel libro di “quella vecchia b.aldracca” (cit. Mr Bean's Holiday) l'avrebbe anzi privata di tutta la sua “cosalità”. Quella foto, che pure è il ritratto di una persona, chiusa in una scatolina, in un cassetto, rappresenta l'esatto OPPOSTO di un “selfie” che è un tipico prodotto del digitale ed è spiccatamente comunicativo ma nel quale l'essenza è l'esibizione e non più il MARTELLO. Cito Han, e chiudo: la distanza tra questi due "modelli" estremi di ritratto dell'analogico che va incontro al digitale non è tanto ermenautica quanto aptica. |
| inviato il 04 Settembre 2023 ore 17:24
Sì ma non pensi sia possibile mettere a confronto degli esempi per facilitare (lo so, termine terribile in filosofia) il discorso a chi voglia provare a coglierne qualche spunto di riflessione? Anche partendo da una tua esperienza personale, intendo: pensi che confrontando una foto analogica e una digitale questo discorso si applichi necessariamente alla percezione ed elaborazione delle due immagini? |
| inviato il 04 Settembre 2023 ore 17:42
Mi fai un esempio di autoreferenzialità della fotografia digitale partendo da un autore e esplicitando nel dettaglio con foto precise dove é l'autoreferenzialità nello specifico? |
| inviato il 04 Settembre 2023 ore 17:49
Possibile che vi stiate "confrontando" con un generatore di testo o giù di li? Sbaglio? |
| inviato il 04 Settembre 2023 ore 17:55
Secondo me no, banalmente si vuole sostenere una teoria legata al passato quindi letta e riportata ma senza le basi per poter avere un confronto serio Quindi si resta sul generico perché non riesce a confutare in termini pratici chi non concorda e non in grado di di fare esempi a sostegno della sua tesi. Banalmente é copia incolla da testi ma senza avere una reale conoscenza della fotografia in particolare quella contemporanea |
| inviato il 04 Settembre 2023 ore 18:20
@Rombro La mia impressione è che, proprio a livello percettivo, ancora prima della sua utilizzabilità, l'analogico trasmettesse, per sua stessa natura, un'affidabilità sensoriale maggiore rispetto al digitale e l'affidabilità è l'esperienza primaria della "cosa" in sé (Heidegger), anche in fotografia. Affidabile qui non significa più preciso o più nitido, l'esattezza qui non conta nulla: anzi, l'esattezza comincia a contare solo quando già si sente, in sottofondo, una crisi di rappresentazione rispetto al referente. Guarda il caso, però a me sembra un chiaro meccanismo di compensazione. L'affidabilità della "cosa" consiste piuttosto nel fatto che essa è capace di immergerti e ri-immergerti mani e piedi in una relazione con il mondo; è capace di offriti un appiglio e, richimandomi all'esempio citato prima, direi che un "selfie" questo appiglio non me lo offre mai: per come nasce, per la sua natura intrinseca, per come ne usufruisco io osservandolo su un display, per come non abbia "in sé" (=cosalità) alcun destino. Han lo definiribbe un buon esempio di episodica-pornografia-auto-referenziale in cui tanto più l'ego si gonfia tanto più la fotografia appasisce. @MatteoGroppi L'auto-referenzialità, per come ne abbiamo discusso qui, è data dal fatto che, sempre secondo Han Byung-Chul, la fotografia digitale porta a conclusione l'epoca-era della “rappresentazione” segnando de facto la fine del reale (per come era inteso in epoca analogica, quantomeno). Così, con l'avvento del digitale, la fotografia si avvicina nuovamente alla pittura ma lo fa in maniera singolare e cioè superando “in avanti” la realtà stessa mentre la pittura continua a scorrergli accanto. Nell'iper-realtà digitale la fotografia non “rappresenta” più nulla, essa “presenta” se stessa, da cui la definizione di auto-referenziale. |
| inviato il 04 Settembre 2023 ore 18:39
In sostanza fai un discorso analogo a quello che Han fa "Nello sciame", ma lo sposti sulla fotografia: "La trasparenza e i dispositivi digitali hanno cambiato gli uomini e il loro modo di pensare. Alla comunicazione in presenza, alla capacità di analisi e alla visione del futuro si sono sostituiti interlocutori fantasmatici immersi in un presente continuo e sempre visualizzabile attraverso uno schermo. Il soggetto capace di annullarsi in una folla che marcia per un'azione comune, ha ceduto il passo a uno sciame digitale di individui anonimi e isolati, che si muovono disordinati e imprevedibili come insetti. Han si interroga su ciò che accade quando una società - la nostra - rinuncia al racconto di sé per contare i "mi piace", quando il privato si trasforma in un pubblico che cannibalizza l'intimità e la privacy. E su che cosa comporta abdicare al significato e al senso per un'informazione reperibile ovunque ma spesso inaffidabile." |
| inviato il 04 Settembre 2023 ore 18:52
@Rombro "Nello Sciame" è un buon libro e Han ne ha scritti molti, uno l'ho citato anche io qui durante la discussione e forse il mio è più centrato rispetto a "Nello Sciame". Di Han ho letto quasi tutto e quindi è ben possibile che addizioni e sottragga nozioni che ho estrapolato un poco qui un poco la anche perché la fotografia è un soggetto che, non sempre in modo organico, ma spesso ritorna nei suoi testi. D'altra parte l'interesse accademico-speculativo per quanto sta accadendo alla fotografia è enorme, persino a livello antropologico. |
| inviato il 04 Settembre 2023 ore 18:55
Ma...per curiosità: quelle 4 foto che hai sul profilo hanno una qualche attinenza con questo thread? |
| inviato il 04 Settembre 2023 ore 19:02
@Rombro Guarda che ti blocco...  |
| inviato il 04 Settembre 2023 ore 19:08
No vabbè, sorrido ma chiedo sul serio: alla fine conta comunque il risultato di certe ricerche/riflessioni, per quanto il processo sia affascinante e stimolante di per sé. A meno che non sia solo un interesse puramente filosofico, dal momento che fotografi ti tocca tradurre quello che hai in testa. |
| inviato il 04 Settembre 2023 ore 19:17
Quindi fa un passo avanti non fa un passo verso l'autoreferenzialità ma supera limiti del mezzo per meglio rappresentare il mondo circostante |
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