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Una blind-run attraverso 'Il Bacio di Giuda' di Fontcuberta


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avatarsenior
inviato il 06 Ottobre 2022 ore 12:52

Ho visto parte delle foto del libro ''Evidence'', mi sono reso conto di non avere né l'occhio fotografico né la mente così aperta da capirne il significato.

Invidio chi lo capisceMrGreen

avatarsenior
inviato il 06 Ottobre 2022 ore 13:21

A mio avviso quell'affermazine per cui la fotografia "mente per istinto" non va riferita al lavoro del fotografo, quanto all'importanza del "punctum" come elemento essenzialmente personale dell'osservatore, che ne indirizza l'interpretazione in modo sostanzialmente diverso da quello di altri osservatori (spesso con buona pace del "racconto" dell'artista).


Yep, anch'io la penso così. Il discorso non esula comunque il medium fotografia dal suo legame con la realtà ,essa rappresenta in ogni caso la materia grezza , le fondamenta di uno scatto.
Per questo motivo considero l'immagine fotografica, almeno in larga parte , un processo di artigianalità ma non puramente artistico ; non so voi, ma per me i due concetti non coincidono.

avatarsenior
inviato il 06 Ottobre 2022 ore 20:19

Evidence é un libro molto potete e pone l'accento sul rapporto tra fotografia e realtà.
Tutte le foto sono fatte non con scopi documentario non artistiche, ma sono decontestualizzate e affiancate in modo da creare una nuova narrazione e ogni osservatore le interpreta


É un readymade fotografico potente che obbliga alla riflessione e la sua forza é da dove sono state ricavate le fotografie

avatarsenior
inviato il 06 Ottobre 2022 ore 20:23

Interessante, Matteo. Grazie per averlo menzionato.

avatarsenior
inviato il 06 Ottobre 2022 ore 20:23

Non saprei, di solito chi parla tanto fa poco.

avatarsenior
inviato il 06 Ottobre 2022 ore 20:44

Non saprei, di solito chi parla tanto fa poco.


Giusto!
Chi sa fa, chi non sa insegna. E non ci sono più le mezze stagioni. Sorriso

avatarsenior
inviato il 06 Ottobre 2022 ore 20:49

Evidence (che in inglese è addirittura la prova processuale, quindi il massimo grado della verità) è indubbiamente un bellissimo lavoro (mi piacerebbe averlo nella libreria). Ci vedo un'idea che sta ancora prima della verità come qualcosa da decostruire: l'idea postmoderna della pratica artistica ricombinando il già fatto. E dietro un'altra idea, questa però pericolosa, che sia necessario ricombinare il già fatto ritenendo che tutto è già stato fatto, già stato detto. Pericolosa perché sarebbe un'idea terminale dell'arte.

avatarsenior
inviato il 06 Ottobre 2022 ore 20:51

Si e no, però é un discorso ripreso da fontcuberta nella furia delle immagini

avatarsenior
inviato il 06 Ottobre 2022 ore 20:53

Non saprei, di solito chi parla tanto fa poco.


Frase che starebbe benissimo come esergo di tutti i serpentoni forumici sulle merci da comprare, sui milioni di pixel e i milioni di ISO eccetera...

avatarsenior
inviato il 06 Ottobre 2022 ore 21:15

Ci sarebbero anche la gamma dinamica, l'acutezza (o accutanza? Chi lo sa?) negli angoli con un grandangolare a massima apertura, i taglietti nella tela, le spruzzate di colore ad minkiam, i bianchi e neri sparati che ritraggono povera gente e altro - sia in fotografia sia in pittura. Tutta roba "utilissima" per l'arte, che ha fatto riempire chissà quante pagine.
Mi piace molto l'idea di una maggiore consapevolezza visuale, mi piacerebbe che queste cose venissero insegnate a scuola.

avatarsenior
inviato il 15 Ottobre 2022 ore 4:34

Terza puntata – Capitolo primo "Peccati originali"


Il primo passo di Fontcuberta è trattare la fotografia come un 'messaggio'. Quindi scrive:

"Tutti i messaggi presentano una triplice lettura: ci parlano dell'oggetto, ci parlano del soggetto, e ci parlano del loro mezzo di comunicazione."


Quindi: la fotografia non è una semplice copia della realtà che in quanto tale certifica la verità di un evento, è invece un messaggio che ha tre coordinate: oggetto (fotografato), soggetto (fotografante), medium (la fotografia).

Poi Fontcuberta enuncia, diciamo così, la fallacia alla base di tutto, il 'peccato originale':

"la fotografia ha vissuto una tirannia ... l'oggetto ha esercitato un'egemonia quasi assoluta."

"La fotografia è stata considerata a lungo come il modo in cui la natura rappresentava se stessa. La fascinazione che ne produsse la scoperta puntava a quell'illusione di automatismo naturale. Uno slogan pubblicitario sul dagherrotipo recitava: 'lascia che la Natura plasmi ciò che la natura ha creato'. Una simile dichiarazione di tipo ontologico sull'essenza dell'immagine fotografica presuppone l'assenza di un intervento esterno e, pertanto, l'assenza di interpretazione. Si tratta di copiare la natura con la massima precisione e fedeltà senza dipendere dalle capacità di chi realizza l'immagine. Apparentemente, il risultato era il conseguimento diretto, senza mediazioni, della verità."

Con la fotografia "gli oggetti si delineano da sé".
La fotografia è la "matita della natura".

Nel 1861 il critico Jabez Hughes si pone questa domanda: "Fino a questo momento la fotografia si è accontentata di rappresentare la Verità. Non può ampliare il suo orizzonte? Non può aspirare a plasmare anche la Bellezza?"

[Reazione: come se una rappresentazione della realtà esterna non potesse contenere bellezza, come se la bellezza potesse esistere soltanto dentro codici rappresentativi presi dalla pittura.]

Quindi la fotografia si sarebbe storicamente trovata a un bivio, da un lato la verità, dall'altro la bellezza. Quest'ultima è la direzione 'autoriale' e relegata ai conoscitori.

Segue un piccolo corteo di esempi storici e considerazioni psicologiche e/o mistiche per confermare l'idea che la fotografia sia ben più complessa della semplice copia della realtà.

Sento un sacco di affinità col pensiero di Fontcuberta espresso in questo capitolo, compresa la parte misticheggiante. Tempo fa avevo scritto a Hobbit (che è anche su Juza):

La fotografia sembra qualcosa di banale perché viviamo immersi nelle immagini, in realtà è piena di mistero. Per esempio ci siamo abituati all'aspetto 'miracoloso' della fotografia: il non essere prodotta da mano umana. Che la fotografia sia 'apparizione' era chiaro nello sviluppo in camera oscura, se ci pensi è il concetto di 'acheropita' usato per le immagini sacre:

it.wikipedia.org/wiki/Acheropita

e forse è per questo aspetto sacro che Guido Guidi dice: la fotografia è un atto di devozione.


Allo stesso tempo immagino che incontrerò delle divergenze con Fontcuberta. In questo clima di attrazioni e repulsioni potremmo finire ascoltando un classico del punk rock italiano:


avatarsenior
inviato il 15 Ottobre 2022 ore 8:27

"la fotografia comprende primariamente un rapporto diretto con la realtà. Questo non impedisce di usare e sviluppare un linguaggio fotografico completamente diverso, anche svincolato dalla realtà"
Non sappiamo moltissime cose di quella foto, se è un crop o è l'intero frame, se fuori dal frame ci fosse qualcosa di importante, chi la ha scattata e perché, se il cielo/ sfondo è stato sostituito, ecc ecc

avatarsenior
inviato il 15 Ottobre 2022 ore 8:29

Comunque quando si parla di fotografia documentaria bisogna stare attenti a non confondere documento e stile documentario.

avatarsenior
inviato il 15 Ottobre 2022 ore 9:30

Nella pagina prima ho citato evidence che usa proprio foto documentaristiche con perfetto senso nel loro contesto perché precise e rigorose, ma se decontestualizzate e affiancate ad altri scatti di questo tipo diventano subito ambigue

avatarsenior
inviato il 15 Ottobre 2022 ore 10:58

Non sono un amante sfegatato della filosofia, mi piace ma preferisco i classici che sicuramente vogliono dire qualcosa in più degli autori qui citati.

Vorrei conoscere il vostro parere, essendo Juza un sito più o meno tecnico/fotografico, dove ci porterà questo filosofeggiare su autori per lo più sconosciuti alla massa fotografica.;-)

Riporto 2 commenti:
chi parla tanto fa poco
...
Chi sa fa, chi non sa insegna
... commenti che condivido e scusate la mia ristrettezza mentaleMrGreen

Che cosa ne pensi di questo argomento?


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