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Ultimo mio intervento perché siamo fuori tema. Non confondiamo i piani, io non stavo dicendo della ricerca di musica originale (e la ricerca della originalità creativa è una peculiarità della cultura europea occidentale che ad es. mi risulta la distingua da quella cinese, per cui in ogni periodo e campo culturale si trova uno stame da cui è nato un ramo) mi riferivo alla pretesa nostra individuale alla nostra illusione di essere individui originali differenti da tutti gli altri, invece siamo consumatori parte di una società di massa
Ripeto, non è così semplice. È un discorso che andrebbe spacchettato a parte. A me interessa molto, gran parte delle mie letture filosofiche sono legate proprio a questo. Sono uno che ritiene imprescindibile tutto il lavoro di Foucault (non quello del pendolo lol) su sapere/potere/soggettivazione, ad esempio. Però insomma, non credo sia questa la sede né lo spazio per parlarne.
Non credo esistano delle valide proposte jazz-fusion, oppure hardcore-crust o darkwave-coldwave cinesi, tajike o indonesiane... non tanto perchè io sia occidentale e guardi alle culture orientali come incolte o inadatte ad esprimersi su quei fronti artistici, ma semplicemente perchè in alcuni territori manca quel tipo di cultura, o meglio, manca proprio lo stimolo a produrre qualcosa di quel genere. Magari esiste qualcosa, di carattere sintetico, dei cloni insomma. Quindi nulla di propositivo od innovativo. Un po' come cercare di vendere del porno in Cina, avente come tematica le donne con le tette grosse. Non credo che andrebbe come prodotto. E' una questione culturale che contrappone due esperienze molto diverse tra loro poichè diversa è stata la storia antica di queste popolazioni. Negli ultimi decenni con la globalizzazione i popoli si amalgamano sempre più perdendo molte di quelle caratteristiche, ma alcune restano saldamente in piedi e quelle sono distintive.
La musica oscura disseta o svuota le anime nere o lucenti assetate di vuoto. Possibilmente è una malattia del benessere, o probabilmente è un'affinità che sorge dai primissimi imprinting che si hanno quando li si comincia a memorizzare davvero. Quei negativi impressi ce li si porterà dietro tutta la vita. Quindi il contesto culturale e sociale in cui si cresce da piccoli o anche da adolescenti è determinante. Questo non significa che se si cresce in un quartiere degradato e se non si va a scuola regolarmente si hanno buone chance per diventare dei punk rockers e se si vive a Park Avenue si diventerà dei pianisti formidabili. Se uno l'oscurità ce l'ha dentro, ce l'ha e basta. Alle volte basta anche soltanto una frequentazione esclusiva, uno che ti bisbiglia ad un orecchio che oltre al tuo contesto può esserci anche il suo, o quelli di altri, e tu scegli che sia più bello andare da quelle parti. Mi viene in mente la canzone di DeAndrè, Sally (che molti confondono con quella di Vasco Rossi, correggendomi prontamente quando la menziono). Nel mio caso è sicuramente un mal di benessere. Io sono una persona basilarmente felice. Non allegra o serena. Felice. Ma difetto di quell'equilibrio che soltanto una condizione serena potrebbe garantirmi, quindi sono sostanzialmente un disadattato. Un nevrotico ecco. E quando le nevrosi si acuiscono e si radicano si traducono in psicosi. La mia psicosi più grande è la ricerca delle tenebre come rimedio alla mià precaria accettazione di ciò che solitamente non mi piace o non mi trova d'accordo, ovvero quasi tutto. La mia spiritualità quindi può riassumersi in questa roba: una trasfigurazione inversa che mi sottragga al senso di impotenza che vivo quotidianamente e che mi permetta di abitare qualche altro corpo, terra o tempo estranei a quello corrente.
Questo disco è davvero intriso di oscurità. Sul serio. E' anche bello carico di maligno malessere. Ogni volta che lo metto sù sento che nell'aria qualcosa cambia. In realtà cambia tutto quanto. Pochi mesi fa sono riuscito a prenderlo in LP ristampato clandestino da una etichetta sudcoreana. Roba che potrei rivendere a qualche centone tra qualche anno, se mai volessi farlo. Ma chiaramente non lo farei mai, come per tutto il resto. Questo è il testamento di un'anima tormentata ed oscura:
Qua si apre un altro scenario, quello Doom. L'ho sempre amato ma con una certa riserva in quanto è uno di quegli stili che fungono meglio come spezie che come ingredienti primari. Un po' come nel caso dell'industrial o del noise. Infatti, la maggiorparte delle produzioni esclusivamente industrial o noise fanno abbastanza scivolare i cogliòni fin dentro ai calzini. Nel caso del Doom ed anche Sludge, ci sono state delle uscite pazzesche tra la fine degli '80 ed i primi 2000, ma il meglio ritengo sia stato rilasciato nei primi '90 (Cathedral, Goatlord, Samael...) contaminato opportunamente con altre forme musicali estreme. Questo album dei polacchi Mordor è secondo me un must, quasi gemello del debut dei Darkthrone, Soulside Journey, capolavoro eterno della musica oscura.
Acerbo, immaturo ed impreciso (specialmente il batterista), ma con quella intuizione geniale che sa infondere la sensazione di buio, gelo e distacco umano che un buon disco oscuro ed estremo deve avere come requisito fondamentale. Gran disco. (specialmente la traccia: The Fog).
Ma se a qualcuno piacesse il crossover esoterico e occulto dei generi metallici più estremi, può benissimo svernare nell'estEuropa dei primi '90, magari nell'ex Cecoslovacchia:
Visto che si parla di doom... triplo filotto dalla Finlandia degli anni '90. Tre modi diversi di interpretarlo - il mio preferito rimane però quello degli Shape of Despair, avvolgente come la pioggerella gelida d'inverno, che sembra niente ma ti inzuppa e ti manda al creatore con la polmonite.
Qualcuno ha forse nominato i Colosseum o Daniele Silvestri?
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