| inviato il 30 Marzo 2022 ore 14:49
Un raffronto dovrebbe essere effettuato nelle stesse identiche condizioni ovviamente ma, non esistendo più le Kodachrome, la cosa è oggi impossibile. Ritirerò presso il fotografo due scansioni che con i limiti sovraesposti stavo pensando di pubblicare; in effetti e senza polemica alcuna questo link illustra le mie perplessità circa i verdi Velvia. |
| inviato il 30 Marzo 2022 ore 14:59
Francamente non capisco la tua perplessità Francesco, quel verde è eccellente al limite, ma di questo potremmo discutere seriamente solo se ci trovassimo davanti a un telo, anch'esso eccellente, e la dia fosse proiettata da un Ektapro (con almeno il Retinar 93/2,5), mostra delle tonalità un pochino fredde che io addebiterei a una certa intonazione tipica delle ottiche tedesche oppure, e anche questo potrebbe essere, a una scansione non del tutto equilibrata. Senza contare che le peculiarità della pellicola in gran si perdono nella transizione digitale quindi... |
| inviato il 30 Marzo 2022 ore 16:37
Paolo, ripeto che la Velvia l'ho apprezzata al punto da farne l'unica scelta dopo che le lungaggini del ritorno dei rullini di Kodachrome avevano stancato persino me ma da lì venendo l'impressione di artificiosità dei verdi mi si propose immediatamente ed in fotografia naturalistica la cosa pesava. Sotto una luce ottimale apparivano per dire saturati; in sintesi la fedeltà cromatica del Kodachrome era troppo altra cosa. Non mi dispiaceva l'Agfa che tu mi dici poco resistente allo stress termico; superavo il problema perché ben difficilmente avevo uno scatto unico di un soggetto in una determinata circostanza. Comunque vado a vedere le scannerizzazioni e se ne vale la pena ci torno sopra. |
| inviato il 30 Marzo 2022 ore 17:16
No Francesco, sono le Kodachrome a essere poco resistenti allo stress termico, per ovvi motivi legati alla scarsa, per non dire misera saturazione cromatica, le Agfachrome invece soffrono il trascorrere del tempo. Per la fedeltà cromatica del Kodachrome invece fossi in te non ci metterei troppo la mano sul fuoco, in primis perché il passaggio dal trattamento K 12 al K 14 fu reso obbligatorio dalla necessità di mitigare gli scivoloni verso il Magenta, della 25, oppure verso il Cyan della 64, o viceversa... adesso non ricordo bene; e in secundis perché nessuna pellicola può essere ritenuta ragionevolmente fedele se non si è, innanzitutto, assolutamente certi che la stessa abbia ricevuto un trattamento che possa quantomeno definirsi molto, molto accurato. |
| inviato il 30 Marzo 2022 ore 17:22
Senza contare caro Francesco che alle Fujichrome si è sempre attribuita una ottima resa dei Verdi, allo stesso modo in cui, peraltro, alle Agfachrome si attribuivano dei grigi ineccepibili. |
| inviato il 30 Marzo 2022 ore 17:35
Saranno anche stati apprezzati quei verdi Paolo ma quelli del link non sono credibili e, come dicevo, il colore in fotografia naturalistica è una componente che richiede fedeltà. In altri campi, quando l'esaltazione del colore è quasi una necessità, possono essere invece la scelta migliore; presentazione pubblicitaria di luoghi turistici, brochure, moda. Ma fammi vedere una delle mie migliori diapositive scannerizzate in Velvia , cosa che avevo già fatto nel primo forum Juza con il mio scanner Minolta . |
| inviato il 30 Marzo 2022 ore 18:04
Hai uno scanner Minolta Quale? |
user77830 | inviato il 30 Marzo 2022 ore 18:46
Questione di lana caprina...il verde dell'erba Intanto, ringrazio Scrut per aver preso in considerazione una mia foto...sono davvero lieto di ciò. Il titolo della mia foto è emblematico " Sorriso tra il glicine " e non, "Com'era verde la mia valle"... e perciò, il soggetto è la ragazza con uno smagliante sorriso; per far risaltare il volto ed il sorriso, sono stato costretto a sovraesporre leggermente, senza che il verde dell'erba ne subisse le conseguenze. Per me il verde è perfetto! Ma poi, il sorriso di una ragazza dovrebbe sempre risaltare...titolo a parte. Comunque, l'erba fotografata cresce in una prestigiosa villa sul lago, dove riceve le migliori cure e le dovute iniezioni di concime ed è continuamente bagnata. L'erba dei campi, invece, offre solitamente verdi meno intensi e tendenti al giallo; forse la vostra assuefazione a certi verdi sbiaditi vi ha fatto perder il senso della realtà. Scrut...forza! Criticami un'altra foto |
user77830 | inviato il 30 Marzo 2022 ore 18:51
Francesco...i tuoi verdi, in generale, sono piuttosto sbiaditi, mentre il verde di Shetland è molto vispo...quasi uguale al verde di Velvia...quasi eh! |
user77830 | inviato il 31 Marzo 2022 ore 0:45
Francesco...mica ho scritto che tu apporti saturazione; ho scritto che i tuoi verdi mi paiono un po' sbiaditi. Altra erba per le tue sensazioni...oppure preferisci il bianco www.juzaphoto.com/galleria.php?l=it&t=4188563 |
| inviato il 31 Marzo 2022 ore 8:26
Certo, avevo capito Noctilux; solo per dire che, abituato alle tonalità che vedo, quelli della Velvia per me equivalgono ad una saturazione. |
| inviato il 31 Marzo 2022 ore 9:01
Parzialmente . |
| inviato il 31 Marzo 2022 ore 9:11
Caro Francesco qui c'è un unico modo per capirci, e consiste nel metterci d'accordo sul significato del termine "saturazione cromatica". Per farlo dobbiamo confrontare fra loro le pellicole invertibili che sono state le indiscusse protagoniste della Golden Age della fotografia chimica... per capirci gli anni '80 o, per meglio dire, i tre lustri (pure abbondanti) che intercorrono fra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '90. Parliamo quindi di: 1) Kodachrome 25 e 64; 2) Ektachrone 64; 3) Agfachrome 50 S e 50 RS; 4) Fujichrome 50 D; 5) Fujichrome Velvia; l'ultima di esse, la Fujichrome Velvia, è stata presentata nel 1990 la prima, ossia la Kodachrome, nel 1935. Essendo stata la prima, ed essendo stata pensata per tutto tranne che per essere proiettata, la Kodachrome si caratterizzava per una bassa, per non dire scarsa, saturazione cromatica, diciamo che per un uso in proiezione era buona norma sotto esporre la 25 di almeno 1/3 di stop, anche 1/2, e la 64 di almeno 1/2 stop anche 2/3. La Ektachrome 64 andava oltre i limiti, in fase di proiezione, delle Kodachrome e quindi, se rigorosamente esposta per la Luce, mostrava una saturazione cromatica tale da consentire anche di azzardarsi a esporla alla sensibilità nominale anche se 1/3 di stop, in sotto esposizione, di certo non le faceva torto. La Agfachrome 50 S prima, e la 50 RS poi, si comportavano grossomodo come la Ektachrome 64 e pertanto le si poteva esporre a 50 asa, soprattutto la 50 S, o con 1/3 di stop in sotto esposizione... che nel caso della RS era pressoché d'obbligo. La Fujichrome 50 D andava un poco oltre la saturazione sia della Ektachrome che delle Agfachrome, si poteva esporre a 50 asa tranquillamente anche se, volendo, 1/3 in sotto esposizione pur esaltandone la saturazione cromatica di certo non ne uccideva la vivacità. La Fujichrome Velvia invece nasceva con lo scopo dichiarato di rendere il meglio di sé in proiezione e pertanto vantava, oltre a una grana finissima e una altissima risoluzione, anche una decisa saturazione cromatica che non solo IMPONE di esporla a 50 asa ma, soprattutto, di essere parecchio accurati, anzi estremanente accurati in fase di esposizione dal momento che, spesso, una sotto esposizione anche solo di 1/3 di stop può risultare eccessiva. Ovvio quindi che spaziando fra tutte queste pellicole, per poi adottarne una in pianta stabile, significa non solo fare una precisa scelta ma anche adottare uno stile preciso e riconoscibile. |
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