RCE Foto

(i) Per navigare su JuzaPhoto, è consigliato disabilitare gli adblocker (perchè?)






Login LogoutIscriviti a JuzaPhoto!
JuzaPhoto utilizza cookies tecnici e cookies di terze parti per ottimizzare la navigazione e per rendere possibile il funzionamento della maggior parte delle pagine; ad esempio, è necessario l'utilizzo dei cookie per registarsi e fare il login (maggiori informazioni).

Proseguendo nella navigazione confermi di aver letto e accettato i Termini di utilizzo e Privacy e preso visione delle opzioni per la gestione dei cookie.

OK, confermo


Puoi gestire in qualsiasi momento le tue preferenze cookie dalla pagina Preferenze Cookie, raggiugibile da qualsiasi pagina del sito tramite il link a fondo pagina, o direttamente tramite da qui:

Accetta CookiePersonalizzaRifiuta Cookie

Fu vera arte???







user39791
avatar
inviato il 20 Maggio 2016 ore 16:31

Eccovi allora una lezione del grande Smargiassi per diventare un fotografo-artista .

Eccoti dunque, o giovane artista fotografo, una lista parziale, incompleta e aggiornabile di suggerimenti per creare i tuoi prodotti, etichettandoli come fotografia d'arte, in modo che sicuramente non piacciano a me, ma piacciano a molti.

Parti per una profonda emotiva commovente indagine sul tuo vissuto, fotografa tutti gli oggetti della tua esistenza, non ti chiedere perché a qualcuno dovrebbe fregargliene qualcosa di come vivi il tuo vissuto, sei un artista! Il tuo vissuto è universale! Parti con la tazza incrostata del tuo gabinetto, prosegui col tuo spazzolino da denti spelacchiato. Anche i tampax usati possono andare. Non avere limiti né pudori.

Donne nude. Non si sbaglia mai. Mica roba porno, eh. Erotismo sublimato. Mettici specchi (molto simbolici), ottimo un crocifisso, molte corde, macchie di incerta provenienza, magari sangue, così si capisce che le tue foto non servono ai ragazzini per farsi le pippe. Se poi ti inventi uno pseudonimo giapponese, hai fatto bingo.

Racconta con le foto l'alzheimer di tua nonna, povera stella, i suoi oggetti, a lei ormai incomprensibili, la sua desolata camera da letto, la sua modesta cucina, il suo telefonino orfano, mi raccomando mettici ampie dosi di sfocatura metaforica e di ombre belle chiuse che suggeriscano il dramma della perdita del mondo interiore, così il cliente si commuove.

Lavora sul corpo delle donne, col corpo delle donne, se sei una fotografa usa il tuo stesso corpo, autoritratto e doviziosamente esposto in tutti i suoi quarti e tagli, e se qualcuno osa fare dell'ironia dagli del solito maiale maschilista.

Costruisci una storia romanzesca partendo da un album di fotografie trovato su una bancarella, rifotografalo, filtralo, rimasticalo, devi solo avere l'accortezza di chiamarla archive-art, oppure mash-up, in italiano ri-mediazione, infatti in genere sono lavori molto, molto rimediati.

Componi giganteschi cataloghi di oggetti in posa, meglio se sovresposti, sottesposti, calligrafici, strapazzoni o neo-blossfeldiani, a colori o in bianconero ma mi raccomando sempre in tonalità omogenee perché magari il cliente cerca una nuance che stia bene in cadenza con il rivestimento del divano; comunque guarda, per non sbagliare fai sempre una serie in scala di grigi e bianchi, che stanno bene su tutto, fidati.

Studia un reportage empatico sul clochard dietro casa, che naturalmente dovrai presentare come un poeta negletto, uno swami incompreso e affascinante, mostra la sua branda, il suo pattume, il taccuino su cui scrive cose profondissime (però solo di sbieco, che non si leggano davvero), la scatoletta di tonno che è il suo misero pasto, naturalmente fai tutto con "grande rispetto per la dignità della persona" e producilo su grande formato in stampa fine art.

Descrivi una comunità attraverso i ritratti: pianta una cabina di posa in piazza, attacca ai muri dei volantini e aspetta che il narcisismo popolare faccia il suo effetto, li avrai tutti in fila davanti all'obiettivo, dài che il fotografo ci fa il ritratto, poi ce ne regala anche una copia, e tu in due giorni ti fai una collezione di facce di anziani, facce di giovani, facce di bambini, mi raccomando le rughe in megapixel e la perfetta definizione dei peli sulle orecchie... Ci sono tutti? Bene, hai spiegato il mondo attraverso la fisiognomica, Lombroso è vivo e scatta insieme a te.

Puoi fare lo stesso con i disastri della guerra spiegati con i ritratti dei soldati, o delle mamme dei soldati, o ancora meglio delle mamme dei soldati che mostrano la foto dei figli soldati morti in guerra. O con il dramma dell'emarginazione raccontato con una bella galleria di facce di emarginati, o con l'immigrazione raccontata dalle facce di di immigrati. Il volto è lo specchio dell'anima, no? C'è bisogno d'altro? Vogliono qualcosa più dell'anima? Il contesto? Ma sei un artista, mica un fotogiornalista!

Paesaggi, ritratti, still-life, puoi fare qualsiasi vecchia cosa purché sia destrutturata: qualsiasi immagine banale diventa intellettuale, per esempio, se la dividi in due, tre, dieci, ottanta frame e ne fai un bel fotomosaico alla Hockney.

In alternativa: scegli la nebbia. Nebbia fitta, fumo avvolgente, che ricopre e smussa tutto, immergi qualsiasi soggetto nella nebbia e vedrai che funziona, cos'hai fotografato? Non si capisce, dunque è arte. Ricorda, un fotografo artista non vende quella cosa orrenda che è la realtà, vende fumo.

Compra un bel supermacro e fai foto de-contestualizzate di dettagli di oggetti, libri antichi, pentole, giocattoli, gusci di cozze, quel che cavolo trovi in giro senza faticare tanto, poi cerca un critico che te le giustifichi come "anti-realistica suggestione della cosalità".

Essenzializza. Spoglia. Minimalizza. Togli. Una linea d'orizzonte. Mare che confina col cielo. Nebbia che sfuma nella nebbia. Le distese omogenee di qualsiasi cosa, purché irriconoscibile, sono oro. Meno c'è, nelle tue foto, più lo spettatore intimidito pensa che ci sia.

Oppure inventati un personaggio: basta una modella, un amico, vestili come dei ×, mettili in posa come delle bambole, in situazioni incongrue o provocatorie, qualcuno troverà tutto molto dissacrante e destabilizzante, e dopo, per dirla alla Cochi e Renato , "la galleria fotografica adiacente / ti lancia sul mercatooooo / sottostanteeee".

Non trascurare i teatrini di pupi tardo-decadenti, huysmansiani e para-surrealisti, basta un po' di sartoria teatrale e qualche passaggio al mercato delle pulci, con cento euro di materiale di base te la cavi, un'amica che ti fa da modella la trovi, poi osa: metti un maiale vivo su un frigorifero, vedrai che qualcuno apprezza. Sangue, polvere, un salto dal macellaio a prendere un po' di frattaglie fresche ("Oh, ma quanti gatti c'ha a casa lei?"), aiutano. Ah, poi bisogna desaturare bene, che mica deve sembrare una "fotografia realistica" eh, ci capiamo.

Paciuga, spennella, mix-media, andrà bene tutto, ricorda le paroline magiche, giclée, carta cotone, stampa su tela... ricorda che fai parte di una grande tradizione ultracentenaria, quella dei fotografi che si vergognano di fare fotografie.

Perlustra luoghi desertificati, fabbriche dismesse, appartamenti fatiscenti, cerca bene, c'è sempre la scrivania con gli oggetti "che sembrano essere stati abbandonati all'improvviso", la stanza "che ancora porta i segni di chi la abitò", carte da parati slabbrate, muri con la muffa e cacche di topo valgono come il tesoro di Alì Babà, gli oggetti diventano orfani e metonimici, erompe il senso della perdita, vai vai, che vai sul sicuro.

Fai una gita al mare d'inverno, si mangia bene e non c'è gente, poi dopo la frittura mista e il caffettino fatti un giro in spiaggia e fotografa le sdraio con la neve, gli ombrelloni coperti dal cellophane, non ti sbattere tanto, il resto lo fai in post, tutte le visioni "straniate" di luoghi fuori stagione vanno forte.

Vuoi restare in città? Fai un bel giretto col vespone, cerca vedute urbane senza qualità, le periferie da cross-processare, fotografare sbilenche, risaturare, ipersaturare, filtrare, flashare, crea alienazione urbana a colpi di livelli e istogrammi di Lightroom. Avrai fatto un grande "lavoro di analisi dello spazio contemporaneo".

Filtra. Senza pudore, come i ragazzini: instagramma, clicca, stonda, sfuma i bordini in nero, carica i colori: naturalmente la tua è una consapevole assunzione dei linguaggi di massa, tu lo fai in maniera intelligente perché sei l'artista, anzi la tua è una critica culturale alla non-fotografia di quei decerebrati col telefonino.

E naturalmente scegli la tua strada personale e unica, senza timore scegli se vuoi stare fra i gurskini, i ruffini, i ghirrini, i becherini, gli hoferini, i salgadini, i witkinini, i wallini, i fontanini, i lachapellini, gli arakini, i maccurrini (se vedo in mostra un altro reportage sul Maha Kumb Mela o sulla festa di Holi, giuro, chiamo la questura), nonché le woodmanine, le goldinine, le shermanine...

Molte di queste cose, in realtà, quando le ho viste per la prima volta, mi hanno incuriosito, interessato, in qualche caso convinto. Purtroppo hanno colpito molti altri, che le hanno copiate senza neppure capirle per intero.

Gli epigoni che pensano o fanno finta di non esserlo sono la malattia dello scambio culturale. In questo non sono d'accordo con Berengo Gardin: i nuovi fotografi artisti non copiano i pittori di cent'anni fa, si copiano soprattutto fra loro, ma senza ammetterlo.

Eppure in generale tutte queste cose che vi racconto le vedo realizzate di solito con maestria tecnica invidiabile, con padronanza assoluta degli strumenti, e con una notevole capacità di assorbire, far proprio e riproporre uno stile.

Non c'è dubbio, sono cose da professionisti dell'immagine. Dell'immagine come processo, voglio dire. Ma verso quale meta procede il processo?

La mia impressione: la competenza tecnica di tanti giovani foto-artisti è notevolmente superiore alla loro immaginazione. Possiedono tutti gli strumenti per fare qualcosa di buono, ma non sanno cosa. Sono alla disperata di ricerca di idee che diano un senso alle cose che materialmente sanno fare benissimo.

Temo che sia frutto di una certa mania per i workshop ipertecnici che si innesta su una mancanza di cultura visuale, mai imparata a scuola.

Se il problema dell'artista, un tempo, era forse avere grandi idee ma deboli strumenti per realizzarle, un grande desiderio a cui non riusciva a seguire l'atto, ed era quindi una sorta di impotentia coeundi, adesso prevale un superomismo da Viagra digitale, però emotivamente frustrato: come artista mi sento un vero stallone, purtroppo non riesco a innamorarmi.

Ma non è una cosa di adesso. Quando i ragazzini bravini con i gessetti andavano a studiare a bottega dall'artista-artigiano, la frustrazione del "so come fare ma non so cosa fare" gli veniva risolta in partenza: per anni, quel che imparavano tecnicamente a fare si esercitava su stili collaudati, su canoni formali tradizionali, sicuri, da imparare ed applicare.

Il ragazzo di bottega prima stendeva i fondi, poi completava i panneggi, poi magari gli veniva concesso qualche dettaglio delle mani, un volto mai, o solo alla fine. Se era un artista davero, dopo qualche anno si rompeva le scatole di rifare le cose del maestro e provava a cambiare l'ovale del viso, il sorriso, la tavolozza, a fare del suo, con prudente orgoglio. Quelli che ci riuscivano. Quelli che avevano i numeri.

Quel che accade con la fotografia, medium generoso, che accorcia drasticamente l'apprendistato artigiano, è purtroppo questo: puoi fare, puoi farlo benissimo, ma non sai cosa fare.

Ma non c'è problema. Così come i software inclusi negli apparecchi e quelli di post-produzione aiutano i dilettanti meno attrezzati ad evitare lo scalino della competenza tecnica, così altri sistemi sociali dell'arte aiutano gli aspiranti artisti senza ispirazione ad aggirare il blocco creativo. Ci sarà sempre una galleria disposta, pagando, ad esporti come un astro nascente, una rivista che lo confermerà, ci sarà un critico disposto, anche gratis, a trovare alle tue opere un senso che neanche tu avevi immaginato.

Le tue cose saranno reclutate nel sistema, senza esame d'ammissione, magari per essere subito masticate e risputate; se sei fortunato invece saranno accettate e rilanciate. E tu ancora non saprai bene cosa hai fatto, anche se saprai benissimo come l'hai fatto. Ma a quel punto non servirà più darti da fare: a trovarti un senso ci penserà qualcun altro.

Beninteso, se qualcuno vuole appendersi sul divano le cose che ho descritto sopra, scegliendo magari la cadenza giusta di colore, non ho nulla da dire. Non ho nulla contro i complementi d'arredo. Né contro chi vuole nobilitare con l'arte un divano letto (e riletto).

avatarjunior
inviato il 20 Maggio 2016 ore 16:59

Se la fotografia non è arte allora cos'è?

Cito Smargiassi, visto che l'hai citato prima tu perché non saprei esprimere meglio questo pensiero che condivido in pieno:
"La fotografia è un processo di produzione di un'immagine, come la voce è il processo di produzione di un suono. Entrambi necessitano di strumenti (lenti e corde vocali...) e azioni (espirare, guardare...). Con entrambi si possono fare cose belle e brutte, ordinarie o straordinarie, utilitarie o artistiche , significative o insensate. Il paragone giusto è questo.
Il Fotocrate" smargiassi-michele.blogautore.repubblica.it/2015/06/24/fotografate-per
Il grassetto è mio. Cool

avatarsenior
inviato il 20 Maggio 2016 ore 17:04

analogie:
fotografia = dipinto, scultura, scritto
fotocamera = pennello, scalpello, penna

ma dire fotografia (non la fotografia intesa come oggetto stampato), è come dire pittura o scrittura o scultura.

quello che occorre ricordare: una penna sfera e una fotocamera sono strumenti.

user39791
avatar
inviato il 20 Maggio 2016 ore 17:04

Quindi è vera arte, "artista" permettendo!MrGreen

avatarjunior
inviato il 20 Maggio 2016 ore 17:07

Dipende come la fai, e soprattutto "cosa" fotografi. Il cosa è importante, perché dietro c'è la motivazione,in mancanza della quale cade il presupposto.

user39791
avatar
inviato il 20 Maggio 2016 ore 17:11

Allora dipende anche da cosa dipingi, da cosa scolpisci, da cosa.................

avatarsenior
inviato il 20 Maggio 2016 ore 17:12

Il cosa è importante
soprattutto il come.

user39791
avatar
inviato il 20 Maggio 2016 ore 17:14

E' arte?







avatarsenior
inviato il 20 Maggio 2016 ore 17:16

beh certo che è arte. ci mancherebbe altro.

user39791
avatar
inviato il 20 Maggio 2016 ore 17:18

bene

avatarjunior
inviato il 20 Maggio 2016 ore 17:20

Sempre la mia opinione: tra le due la più "artistica" è la seconda. Il ritratto di Avedon ha più finalità documentative che artistiche fine a sé stesse.

user39791
avatar
inviato il 20 Maggio 2016 ore 17:26

Però anche questa è considerata universalmente arte.










avatarsenior
inviato il 20 Maggio 2016 ore 17:28

Oh il famoso cadeau di man ray.
Era un po' che non lo vedevo

avatarsenior
inviato il 20 Maggio 2016 ore 17:36

Gustosissima la filippica di Smargiassi, Filiberto, me la sono copiata per intero. Ciao

user39791
avatar
inviato il 20 Maggio 2016 ore 17:37

Il grande Smargiassi!!!:-P;-)

Che cosa ne pensi di questo argomento?


Vuoi dire la tua? Per partecipare alla discussione iscriviti a JuzaPhoto, è semplice e gratuito!

Non solo: iscrivendoti potrai creare una tua pagina personale, pubblicare foto, ricevere commenti e sfruttare tutte le funzionalità di JuzaPhoto. Con oltre 251000 iscritti, c'è spazio per tutti, dal principiante al professionista.






Metti la tua pubblicità su JuzaPhoto (info)


 ^

JuzaPhoto contiene link affiliati Amazon ed Ebay e riceve una commissione in caso di acquisto attraverso link affiliati.

Versione per smartphone - juza.ea@gmail.com - Termini di utilizzo e Privacy - Preferenze Cookie - P. IVA 01501900334 - REA 167997- PEC juzaphoto@pec.it

www.juzaphoto.com - www.autoelettrica101.it

Possa la Bellezza Essere Ovunque Attorno a Me