| inviato il 08 Dicembre 2014 ore 20:05
Salve Landerjack, quello che dici l'ho capito da tempo. Ma bisogna prenderlo per buono? ovvero non c'è più differenza? Quelli che nelle letture che ho proposto parlano di etica sono ingenui.. Non so. Non mi sembra giusto farsene una ragione. Ci sarà un paletto oltre il quale, fotografi, grandi e piccoli, si differenziano tra barare e non.... Il New York Times ha demolito l'opera in questione proprio per la poca veridicità, ha fatto bene, male, ha esagerato.. è stimolo alla riflessione e così le discussioni che ne sono nate. Mi pare l'occasione per parlare di nuovo di fotografia a partire dall'idea che ci porta a scattare. Grazie per essere intervenuto.Lo apprezzo molto. |
user14286 | inviato il 08 Dicembre 2014 ore 20:16
“ Guido a questo punto come si può affermare che anche quella dello sbarco sia reale? Per riprodurre la scena non ci vuole nulla. „ Infatti. “ Ci sarà un paletto oltre il quale, fotografi, grandi e piccoli, si differenziano tra barare e non.... „ I fatti dimostrano che il paletto non c'è...puoi prendertene a male quanto vuoi, ma resta il fatto che è proprio così. |
| inviato il 08 Dicembre 2014 ore 20:20
Se l'immagine dev'essere anche documento la post non dovrebbe stravolgerla, è vero che si può mentire in mille altri modi a volte basta semplicemente sottoesporre per chiudere un'ombra, ma almeno uno evitiamolo. Se l'immagine non dev'essere documento, la libertà interpretativa è piena, cito al riguardo le parole con cui uno dei più grandi fotografi del nostro tempo David LaChapelle ha risposto a chi gli chiedeva di realtà e fotografia "se volete vedere la realtà ci sono modi più semplici della fotografia, prendete l'autobus" |
| inviato il 08 Dicembre 2014 ore 20:25
"se volete vedere la realtà ci sono modi più semplici della fotografia, prendete l'autobus" Niente di più vero.... |
| inviato il 08 Dicembre 2014 ore 20:57
“ I fatti dimostrano che il paletto non c'è...puoi prendertene a male quanto vuoi, ma resta il fatto che è proprio così. „ Non stiamo parlando di fotografia in generale, si parla di reportage fotogiornalistico. Il ritocco, come inteso negli articoli non è lo sviluppo raw o "aprire le ombre", è mistificare la realtà. l'osservatore si aspetta che gli oggetti e gli individui ripresi siano stati effettivamente li in quell'istante. Poi l'osservatore più accorto sa che è comunque una visione parziale al servizio della tesi proposta. Io non parlerei di immagine reale, ma di rappresentazione onesta. Il clone non dichiarato e la messa in scena deliberata non producono immagini oneste. In altri contesti fotografici ogniuno è più o meno libero di esprimersi come vuole. |
user46920 | inviato il 08 Dicembre 2014 ore 21:30
“ Io non parlerei di immagine reale, ma di rappresentazione onesta. Il clone non dichiarato e la messa in scena deliberata non producono immagini oneste. „ ... l'onestà questa volta è il fulcro ... o me lo dici o non me lo dici e quindi sei disonesto !!! Giusto Fableo, mi piace |
| inviato il 08 Dicembre 2014 ore 21:41
Fableo, a me sembra non si parli unicamente di reportage. Michele Smargiassi, nel post citato all'inizio del thread, scrive che "se un'immagine sembra una fotografia, deve esserlo (se invece è fotopittura, me lo dici)". Più avanti scrive anche che "ogni fotografia utilizza connotazioni che devono essere coerenti con il suo uso, scopo, funzione, pubblico". Io su questo sono assolutamente d'accordo, e proprio per questo ribadisco che il dichiarare l'intervento in post produzione è inutile: se l'uso, scopo, funzione della foto non è di tipo documentale, e il pubblico non lo richiede, l'intervento è onesto per definizione e non c'è bisogno di dichiararlo. Se è di tipo documentale, non è la dichiarazione dell'intervento a salvare l'onestà della fotografia, il punto è che la foto non raggiunge più il suo scopo. Perché uno dovrebbe sentirsi obbligato a dichiarare come ha raggiunto il risultato finale, se l'immagine ha funzioni espressive e non storico / documentali? Dovrebbe scusarsi per qualcosa? |
| inviato il 08 Dicembre 2014 ore 22:49
No, non si deve scusare, ha scattato una foto per farne un certo uso. Ho postato due articoli, di cui uno di Smargiassi, perchè entrambi parlavano di un caso specifico di reportage. Il discorso è su quel tema, la discussione dovrebbe seguire. Sarebbe oltremodo pretenzioso parlare di tutta la fotografia. Forse si possono coniugare a questa discussione le foto di Street.. ma direi che sul reportage ci sia già tanto da discutere. |
| inviato il 08 Dicembre 2014 ore 23:06
A me sembrava che Smargiassi desse un ambito più ampio alle sue considerazioni. Se si parla di reportage sono più che d'accordo: i tarocchi non s'hanno da fare, dichiarati o meno che siano. Mi è venuto in mente un settore della fotografia in cui secondo me c'è un obbligo morale di dichiarare le condizioni di scatto: le foto naturalistiche, se scattate in oasi o qualunque ambiente non selvaggio. |
| inviato il 08 Dicembre 2014 ore 23:19
“ dichiarare le condizioni di scatto: le foto naturalistiche, se scattate in oasi o qualunque ambiente non selvaggio. „ Sono d'accordo. Qui su Juza è raccomandato. |
| inviato il 08 Dicembre 2014 ore 23:54
“ Guido a questo punto come si può affermare che anche quella dello sbarco sia reale? Per riprodurre la scena non ci vuole nulla. „ Eh ??? Ne ho letto di ogni Manu, ma questa le batte tutte Stai dicendo che non sono foto reali ? Partiamo dal presupposto che Capa era a bordo della penultima ondata Alleata in direzione Juno e Omaha Beach. Lo sbarco era quasi concluso, i tedeschi in rotta e il Settore Dog Green e il settore Alamo aperti dai Ranger. Questo significa che sulla spiaggia non era più presente fuoco di sbarramento. Ci sono diverse spiegazioni sul perché le foto sono così sfocate. Secondo la versione ufficiale, fu un errore alla camera oscura da parte di un tecnico a Londra. A causa di questo errore, delle 106 fotografie che Capa scattò quel giorno, solo undici sono sopravvissute. Qualcuno dice (tra cui lo stesso Capa) che si tratta di una scelta stilistica, dal momento che il fuori fuoco rappresenta meglio come quei momenti sono stati vissuti dai soldati americani. Ora, scrivere che Capa abbia riprodotto la scena mi sembra insensato. Poi, che la foto del miliziano sia nota da tempo è una cosa, ma Capa non è solo quello. Non mi dire che la foto scattata al bambino vietnamita vestito da soldato è un falso. Ah no, aspetta, magari gli ha chiesto di vestirsi come il suo connazionale sullo sfondo.... |
| inviato il 09 Dicembre 2014 ore 0:10
Ciao a tutti. Bhe, secondo me la "fotografia" non ha nessuna colpa! Essa è ambigua, falsa/vera, soggettiva/oggettiva. Possiamo citare La Chapelle con il suo autobus o Scianna con il suo "la fotografia mostra ma non dimostra". Sappiamo tutti queste cose e la "fotografia" continua a non avere colpe. La "fotografia" é quanto detto sopra allo stesso modo di come una persona é diversa da un altra. Le sue caratteristiche sono quelle e la "fotografia" non ha colpe ma caratteristiche. Dovremmo pensarla come una delle tante cose che ci possono essere somministrate (o che possiamo somministrare) e su di essa si può applicare un "imbroglio", una qualunque azione disonesta. La "fotografia" continua a non avere colpe. Le sue caratteristiche e la sua essenza sopra citata la rendono interessante, affascinante, ambigua ma non "colpevole". L'unico colpevole resta il fotografo quando pensa di "ritoccare" (oppure ritaroccare) una fotografia, per scopi di diversa natura, cercando di impadronirsi delle caratteristiche che la "fotografia" ha già rendendo il lavoro falsato da se e non dalla "fotografia". Chi agisce così non è diverso da un comune t*fatore soltanto che la t*fa é a danno dell'intelletto. Il fatto che un ritocco venga dichiarato o meno dovrebbe andare di pari passo al tipo di lavoro fotografico proposto. Dubito che un reportage come quello di Bevilacqua possa sposarsi con il ritocco anche se questo venisse dichiarato. |
| inviato il 09 Dicembre 2014 ore 0:11
Andre la mia intenzione non era di dire quello, purtroppo non ho avuto tempo per articolare come si deve la risposta. Da un professionista del suo calibro e dalla storia che ha alle spalle non mi sarei aspettato una fregatura del genere, tanto più se sa creare capolavori senza ingannare. Come hai detto tu Capa non è solo quello...la cosa è vera se vale in tutti e due i sensi. |
| inviato il 09 Dicembre 2014 ore 0:39
“ Ora, scrivere che Capa abbia riprodotto la scena mi sembra insensato. Poi, che la foto del miliziano sia nota da tempo è una cosa, ma Capa non è solo quello. Non mi dire che la foto scattata al bambino vietnamita vestito da soldato è un falso. Ah no, aspetta, magari gli ha chiesto di vestirsi come il suo connazionale sullo sfondo.... „ Potrebbe essere, non puoi saperlo. Molti fotografi creano delle scene false ma verosimili per documentare, come questa di Ricky Rosen
 Foto scattata nel '93 come simbolo di pace della fine del conflitto israeliano - palestinese. Dopo 21 anni la fotogiornalista si è giustificata dicendo : «Si trattava di una foto simbolica, non era mai stata pensata come una fotografia documentaria». Lamentandosi del fatto di come oggi è più difficile far passare certe foto verosimili rispetto a prima. Giustificando il fatto che una foto anche se non vera ma verosimile e creata ad arte va bene perché non importa la realtà ma la simbologia, l'allegoria che la foto possa richiamare |
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