| inviato il 12 Aprile 2025 ore 10:46
Speedking I fotoni sono privi di massa e hanno un moto omnidirezionale quindi come gia' detto non e' corretto parlare in senso assoluto di "quantita" di luce ma piuttosto di dimensione della superfice sensibile e tutto cio' che essa implica, in primo luogo angolo di campo e campo visivo che variano in funzione della diagonale. In tutto questo discorso la terna espositiva c'entra ben poco...un esposimetro infatti si limita a misurare la luce riflessa sulla scena ed a riportare il tutto ad un grigio medio, il che oltre a non essere sempre privo di errori non esime il fotografo dal conoscere la propria attrezzatura ed argomenti piu complessi quali focale, angolo di campo e piu' in generale equivalenze tra formati. |
| inviato il 12 Aprile 2025 ore 12:51
ICE si un po' penso di esserci arrivato .. Poi mi sono venuti in mente gli speedbooster ,sui quali già avevo avuto "pensieri strani" Questi infatti sfruttano il cerchio di copertura in eccesso ,con relativi,focale e diaframma equivalenti ...quindi come entrasse più luce .. |
| inviato il 12 Aprile 2025 ore 13:39
“ Il tuo discorso e valido,ma il cerchio di copertura non è in entrata ma è in uscita ..la lente frontale dell'obiettivo non viene dimensionata in base alla grandezza del sensore „ Il mio era un esempio molto semplificato, ma se vuoi allargare il cerchio di copertura devi raccogliere più luce. Per esempio gli obiettivi con schema ottico simmetrico per grande formato hanno lenti frontali (e posteriori) molto più larghe di quelle degli obiettivi per piccolo formato, a parità di diaframma, cioè con la stessa luce per unità di superficie. |
| inviato il 12 Aprile 2025 ore 13:55
Ok grazie a tutti per gli interventi in sostegno all' ignoranza... |
| inviato il 12 Aprile 2025 ore 18:38
2 35 mm progettati per due formati diversi daranno angoli di copertura diversi per uno sarà un modesto grandangolare per l'altro estremo, inoltre il punto di messa a fuoco sarà diverso non credo che tutti gli obiettivi siano copatibili con ogni sistema (tiraggio degli obiettivi mi sembra di ricordate) ma il triangolo dell'esposisizione sarà sempre lo stesso. Ora mi verrebbe da dire che eventuali anelli adattatori per rendere comparibili ottiche pensate per sistemi diversi potrebberero influenzare la luminosità reale (riducendola), ma chiedo conferme su questo punto! |
| inviato il 12 Aprile 2025 ore 21:04
Sappiamo però che un sensore più grande raccoglie più luce.....e qui mi sfugge qualcosa. ..... ******************************************** Beh direi che è normale. Più è grande la pellicola o il sensore più elementi fotosensibili essa/o contiene... quindi più luce raccoglie! |
| inviato il 12 Aprile 2025 ore 21:07
Quindi all'aumentare delle dimensioni del sensore basta aumentare il cerchio di copertura.....? ******************************************** Per forza, altrimenti lo copri solo in parte! |
| inviato il 12 Aprile 2025 ore 22:12
Altra piccola complicazione: se un certo obiettivo è stato progettato per, poniamo, l'aps-c, e copre il sensore di quel formato questo non significa che la luce che entra andrà a finire in un cerchio di diametro pari alla diagonale di quel sensore e che fuori da quel cerchio ci sarà il buio assoluto. Vuole invece dire che verrà proiettata un'immagine sufficientemente nitida in quell'area, ma presumibilmente di luce ne cascherà parecchia anche fuori da quel cerchio, solo che non sarà utilizzabile per eccesso di aberrazioni. |
| inviato il 12 Aprile 2025 ore 22:44
Il cerchio di copertura non c'entra assolutamente nulla con la nitidezza o l'esempio del getto del rubinetto. Il cerchio di copertura è la costante che indica l'uso di un certo obbiettivo che deve calzare su una determinata superficie irradiata, ottiche FF per sensori FF, vetri Aps-c per sensori Aps-c, ecc. È la base. Tutto quello che fai dopo nell'uso di diaframmi e tempi è un'altra storia, cambi solo l'intensità del fascio non la superficie da irradiare. È una costante. Nessuno si sognerebbe di montare un vetro Aps-c su un sensore FF, credo sia ovvio, ma all'inverso puoi usare vetri FF su sensore Aps-c per sfruttare l'80% del cono che irradia il sensore con effetto ingrandimento e qui entra in gioco la fisica di quella lente che era progettata per irradiare il 100% di una superficie più grande. Luminosità, nitidezza, aberrazioni ecc. ecc. sono fattori secondari nell'uso di altri parametri variabili, ma la superficie irradiata è unica, non cambia. |
| inviato il 13 Aprile 2025 ore 7:02
Paolo quello e chiaro lo so da tempo Se leggi quali erano i miei dubbi all'inizio capirai perché mi son posto quelle domande....che lette così sono banali.... Doriano quello che mi metteva dubbi e che con un certo diaframma e tempo di apertura si possa irradiare con la stessa intensità /area ,superfici di diversa grandezza......aumentando "solo" il cerchio di copertura.... |
| inviato il 13 Aprile 2025 ore 8:19
“ quello che mi metteva dubbi e che con un certo diaframma e tempo di apertura si possa irradiare con la stessa intensità/area ,superfici di diversa grandezza... aumentando "solo" il cerchio di copertura... „ volevi dire il diaframma? E solo quello? L'intensità è una cosa, l'area irradiata è un'altra. Scusa se insisto, l'ho scritto prima, ma stamane l'ho trovato pure su internet Il cerchio di copertura di un obiettivo fotografico, è la sua più ampia figura circolare (da cui il nome) dell'immagine proiettata sul piano focale. ... che non c'entra nulla con il tuo "cerchio di copertura come diaframma" che non esiste in senso concettuale. Ottimo il tuo esempio del rubinetto dell'acqua che può essere esplicativo per spiegare l'uso dei diaframmi come intensità di luce, ma la superficie irradiata e sempre totale su tutto il sensore. Il cerchio di copertura è la misura standart usata dalle case per produrre ottiche in fotografia e cinematografia per determinati sensori, dal FF al micro 4/3, e sono concetti totalmente diversi. Forse lo sbaglio iniziale è proprio nel paragonare il cerchio di copertura con il diaframma. Nelle gallerie ci sono migliaia di esempi di foto fatte con diaframmi da f1.4 a f11 eppure le aree irradiate sono totali su quei sensori, o sbaglio? Però potrei darti ragione in quei rari casi dove con diaframmi esasperati in certe condizioni di scatto si possono creare effetti di vignettatura, allora Si, avresti perfettamente ragione, ma non sono la regola totale. Spero di non essere incappato in una sbagliata comprensione della tua domanda. |
| inviato il 13 Aprile 2025 ore 9:00
“ Doriano quello che mi metteva dubbi e che con un certo diaframma e tempo di apertura si possa irradiare con la stessa intensità /area ,superfici di diversa grandezza......aumentando "solo" il cerchio di copertura.... „ Secondo me tutte le analogie con rubinetti ed acqua non aiutano a dissolvere il tuo dubbio, semplicemente perchè attraverso un foro vari getti d'acqua provenienti da diverse angolazioni non possono passare tutti integralmente, interferiscono fra loro. invece infiniti fasci di luce provenienti da diverse angolazioni possono passare tutti contemporaneamente attraverso lo stesso foro. Pensa ad un foro stenopeico, dove a grandi linee il diametro del foro rappresenta l'apertura, lo spessore del supporto del foro la focale, e la distanza del supporto sensibile dal foro determina il cerchio di copertura. |
| inviato il 13 Aprile 2025 ore 9:49
Paolo quello e chiaro lo so da tempo Se leggi quali erano i miei dubbi all'inizio capirai perché mi son posto quelle domande....che lette così sono banali.... ******************************************** Appunto Speed, so bene che tu non puoi NON CONOSCERE certe nozioni di base, era solo per farti notare che ti stai infognando in dubbi che ti sei creato da solo... insomma mi pare che tu ti stia auto condizionando ecco! |
| inviato il 13 Aprile 2025 ore 9:52
Sì tempi e diaframmi servono per ottimizzare la luce che arriva Ma lasciamo stare questi esempi e proviamo a misurare la pioggia che cade su di un campo da calcio Ora misuriamo quella che cade su un pluviometro a bordo del campo, in termini di millimetri per metri quadrati la quantità sarà la stessa (e quindi l'esposizione sarà la stessa)ma in quantità assoluta sarà molto di più il volume della pioggia che cade sul campo che nel pluviometro Ora proviamo a prendere in considerazione il cerchio di copertura che sarà la grandezza della nube che causa la pioggia ( un piccolo temporale estivo di pochi chilometri o una perturbazione atlantica di migliaia di km) Visto che ci siamo il valore iso potrebbe essere rappresentato dalla capacità di drenaggio del campo sportivo Discorso analogo lo possiamo fare coni pannelli solari più grade e la superficie più luce assorbono ma la luce che arriva è sempre la stessa |
| inviato il 13 Aprile 2025 ore 9:58
Per forza che su una superficie più grande raccoglie più luce in totale ma su zone diverse, su qualsiasi punto X del supporto (sensore o pellicola) sarà sempre la stessa quantità , sempre che l'apertura corrisponde con quella dichiarata e che l'indice di trasmissione T corrisponde a l'apertura del diaframma F, spesso non é il caso soprattutto con gli obbiettivi molto luminosi, leggevo che per esempio il 50mm f/1.4 Canon a un T di 1,7 (mentre il f/1.8 resta 1.8), peggio i 50 e 85mm f/ 1,2 in realtà hanno un T di 1,6 e che per far corrispondere i valori esposimetrici le fotocamere Canon aumentano gli Iso senza peraltro mostrarlo negli exif, naturalmente lo sfocato resta quello dell'apertura dichiarata ma al livello della foto in condizioni di bassa luminosità credere che un'obbiettivo che apre a piû di f/2 sia significativamente più efficace spesso é un'illusorio. |
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