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Ma secondo me sei troppo fiducioso a pensare che le "sviste" siano dovute al dispositivo usato. Quelli che solitamente apprezzano in modo acritico basta che vedano una tipa più o meno avvenente e partono già con like e complimento. In generale, le foto immediate che inducono a soffermarsi non più di qualche secondo (discorso a parte sulla sezione nudo...dove a più di qualcuno basta una porcheria qualunque per segarcisi sopra), vengono apprezzate con la medesima superficialità con cui gli si dà attenzione.
Cioè, genericamente le foto vengono apprezzate nella "gestalt"...forse anche complice l'enorme quantità di foto e la conseguente bassa soglia di attenzione. Poi magari ci sono i fotografi perfezionisti come Recchia che ha l'esperienza e l'intelligenza per accogliere una critica anche se si trattasse di una minuzia che ai più sfugge totalmente. Ma in linea di massima sai com'è la situazione...
“ Natacha Merritt, col suo libro "digital Diares" „
Ce l'ho, o meglio l'avevo una quindicina d'anni fa; chissà che vie ha preso...
Comunque per quanto riguarda le foto low-fi, possedevo una collezione di obiettivi LensBaby composta da una ventina di pezzi e forse più, alla fine ho regalato tutto ma proprio tutto, anche le palettine magnetiche coi cristalli in cima per effetti "speciali" (), in ragione dell'inutilizzo più totale.
“ Nessuno nota nulla, nessuno vede la magagna perché dal telefono non la vede. „
Può essere colpa del telefono, oppure può essere colpa degli osservatori che non hanno la capacità di fare una analisi critica corretta. Il low fi lo vedo come una reazione agli eccessi del digitale moderno. Da qui Y2K e i prezzi delle vecchie compatte schizzati alle stelle. L'argomento mi interessa, ci sto lavorando compatibilmente con il poco tempo a disposizone, usando obiettivi cinesi di fascia bassa e materiale vintage.
Chi era costui? Non ne avevo la piu' pallida idea.
Pero' la curiosita' ha probabilmente creato il web, e nel web sono capitato per caso a vedere le foto di questo ( allora )24enne. Un ragazzo che nel 1966, prima dell'ultimo dell'anno, scende nel metro'( Brooklyn ) e scatta l'attesa, i sogni, le preoccupazioni, le paure e le frustrazioni che solo la metropolitana e le sue solitudini possono dare.
Gli scatti furono pochi, la macchina una rolleiflex, la pellicola (quasi incredibile per l'epoca) fu' a colori (quasi un esperimento). E proprio l'uso del colore ci porta nel mondo di S. Leiter, Di Hopper, di Herzog, in una situazione sospesa tra l'isolamento e l'attesa.
Danny Lyon divenne abbastanza famoso successivamente per le sue foto sulle battaglie sociali, su una serie di foto sui motociclisti alla easy rider, per la sua amicizia con Robert Frank, ma queste poche foto ( nascoste e dimenticate per anni) ci fanno capire la bellezza della gioventu' e dell'incoscienza che ogni tanto traduce tutto cio' in qualcosa di unico e poetico.
Mi avete riportato alla mente un libro di un taxista newyorkese che ha realizzanto scattando assiduamente durante il suo lavoro, con fotocamera rigorosamente caricata con pellicola B/N.
Al tempo ebbi modo di visionarne varie ed erano estremamente interessanti, con la visuale dal suo taxi sovente in buona evidenza. Purtroppo non ricordo nè titolo nè il suo nome essendo passati ormai svariati anni difficili da quantificare... del tipo una quindicina, o forse più boh.
A ritrovarne una copia sulla baia oggi me lo comprerei. Da una ricerca tentata ne ho trovato invece un altro di taxisti fotografanti, ma le sue foto sono degli anni 80 e tutte rivolte ai suoi clienti, mentre quello a cui facevo riferimento ritraeva ben più la città, la gente e le sue situazioni nelle quali si imbatteva sempre attraverso il suo finestrino, parabrezza e abitacolo.
Visto che ci sono lascio traccia del secondo, il puro ritrattista clienti potrebbe interessare qualcuno, anche se personalmente l'altro ritengo sia può stimolante e creativo, per quel che ricordo.
@Rememeber, secondo me stai parlando di Ryan Weidman, di cui avevo segnalato il lavoro e le foto in un capitolo del club ( di cui non ricordo il numero).
Il fotografo accumula per 4 anni la spazzatura che produce con la sua normale vita arrivando a occupare 70 m³. Utilizza poi quella spazzatura per questo progetto dome ci vuole mostrare il problema evidente legato al nostro stile di vita e alla mancanza di riciclo
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