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Sara: la voce spezzata del silenzio


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avatarsupporter
inviato il 07 Dicembre 2024 ore 22:15

Complimenti Jerry, oltre che per la tua capacità di affrontare e raccontare storie di emarginazione povertà e sfruttamento, per la tua pacata attitudine a confrontarti con gli altri, non é sicuramente facile. Sara.....una di noi!!!!!!

avatarsupporter
inviato il 07 Dicembre 2024 ore 22:20

@Bruno_pratico
Grazie di cuore, davvero. Per me il confronto è fondamentale, anche quando porta con sé opinioni diverse o discussioni più accese. Credo che sia proprio da questi scambi che possiamo crescere, sia come persone che come narratori di storie difficili. Le tue parole mi fanno capire che sto andando nella direzione giusta, ed è un incoraggiamento che apprezzo tantissimo. Grazie per averlo notato e per avermelo detto.

PS: Come stai? Tutto bene? Cosa mi racconti

Un saluto
GerardoMrGreen

avatarsenior
inviato il 07 Dicembre 2024 ore 22:41

il cambiamento deve essere collettivo


Affermazione (che condivido) che ha ricevuto il seguente commento:
Riaffiora qui la solita retorica fine a se stessa.

che a sua volta, scritto da chi dice di essere cristiano, suona a dir poco raccapricciante, dato che "nessuno si salva da solo" è una frase che proprio all'interno delle comunità cristiane (e religiose in genere) viene ripetuta come un mantra e che esprime, pur con altre parole, il medesimo concetto.
Eppure in altre discussioni ti abbiamo portato esempi di come la cosa possa funzionare.
Quello che tu non hai ancora capito è che quel tipo di esempi non sono soluzioni "standard" che pretendiamo di poter applicare tali e quali in qualunque situazione, ma tuttavia hanno sempre una cosa in comune: "nessuno si salva da solo"!
Significa che per sconfiggere l'aberrante sensazione di essere unicamente un insignificante numero fra tanti, va ritrovato il senso di apparteneza ad una comunità di "persone"; questo è un elemento cardine, ma cosa si debba fare per metterlo in pratica non è uguale in ogni luogo e per qualunque popolazione: ogni gruppo umano ha una propria cultura comunitaria da recuperare o da difendere, se ancora non l'ha perduta, ed è solo all'interno di quella cultura che si può attuare quel "nessuno si salva da solo". A volte si tratta semplicemente di non far morire il vecchio rapporto di vicinato che lega gli abitanti di un villaggio, ma non deve e non può essere imposto, deve scaturire dalle aspirazioni e dall'impegno del singolo quando si rapporta ad altri singoli: se inizia ad aggregarsi uno di quegli altri, la forza di quel messaggio aumenta e si aggregherà un terzo e così via. Non si aggregheranno tutti e qualcuno continuerà ad autoescludersi? Beh, la perfezione non è di questo mondo! Ma recuperare il senso comunitario serve a non perdersi, non a raggiungere la perfezione. E per non perderci occorre che non si perda nemmeno chi ha deciso di accompagnarci lungo il nostro stesso cammino. Non è imposizione, ma mutualismo; "ama il prossimo tuo come te stesso" funziona solo se il tuo esempio lo fa diventare un atteggiamento di reciprocità.

E' uno strano cristiano quello che termina il proprio pensiero con la considerazione che
da questa schiavitù non ci libereremo mai.

Mi domando in quale "salvezza" possa credere un cristiano così!?!

avatarsupporter
inviato il 07 Dicembre 2024 ore 22:53

Ciao , sto bene, mi infastidisco nel leggere, a volte, pretestuose elucubrazioni! Ho lavorato nelle ferrovie per 43 anni con turni che comprendevano l'arco delle 24ore, sai quante misere storie ho incrociato? Tante. Nel mio piccolo ho sempre, pur poco, cercato di dare conforto senza mai chiedermi se se lo meritavano. Ho fatto il volontario all'interno del carcere di Piacenza, anche là ho avuto modo di incrociare storie più o meno tristi, mi son sempre imposto di non giudicare. A proposito sono un "fervente" ateo, la mia religione sta nel cercare di rimanere più umano possibile. Vittorio Arrigoni me lo aveva insegnato. Non salveremo il mondo ma arriveremo al nostro ultimo respiro, forse, con più serenità.

avatarsupporter
inviato il 07 Dicembre 2024 ore 23:00

@Bruno_pratico
Le tue parole mi colpiscono, come sempre. La tua capacità di vivere l'umanità in modo così diretto, senza giudizio, è qualcosa che ammiro profondamente. Hai incrociato tante vite, ognuna con il suo carico di dolore, e hai trovato il modo di offrire conforto senza chiederti se fosse ' meritato '. Questo, per me, è il vero senso dell'essere umano.

Anch'io sono ateo, e forse proprio per questo trovo ancora più potente il messaggio di chi, come te, cerca di vivere una vita piena di empatia, senza dover cercare risposte in altro. Vittorio Arrigoni aveva ragione: ' Restiamo umani ' non è solo un mantra, è un obiettivo quotidiano, un modo per dare significato al caos che ci circonda. Non salveremo il mondo, ma forse possiamo salvare una parte di noi stessi e delle persone che incrociamo, anche solo per un momento.

avatarsupporter
inviato il 07 Dicembre 2024 ore 23:03

Sorriso

avatarsupporter
inviato il 07 Dicembre 2024 ore 23:06

MrGreenSorriso

avatarsupporter
inviato il 07 Dicembre 2024 ore 23:06

Alla prossima!

avatarsenior
inviato il 07 Dicembre 2024 ore 23:14

Aiutare non significa assolvere; significa, semmai, creare le condizioni per il recupero.

Concordo.
In fondo siamo sulla stessa linea di pensiero.Io mi discosto dai propositi "universali" di ravvedimento.
In un altro post hai sollevato il problema della plastica.
Alcuni hanno additato esempi virtuosi.Ho risposto che,seppure apprezzabili,sono realtà diverse e,appunto condizioni di vita e,perchè no,culture diverse.E non si possono imporre ovunque.Per ovvie ragioni.
In tematiche così intricate,indagare un problema significa farsi carico della sua complessità.E complessità significa rinuncia agli aut-aut.O questo o quello.No.Questo e anche quello.Niklas Luhmann,teorico della complessità:
«un sistema si dice complesso quando non si può più collegare ogni suo elemento con ogni altro.»
Alcuni si fanno carico di pesi altrui.Condividono le fatiche di altri.Altri operano per accrescersi a discapito di tanti.
E la nostra società tende a fornire una scena insulsa del dolore.
«La spettacolarizzazione della sofferenza volge il tragico in patetico, e quando va bene il più che ottiene è di rendere edificante l'orrore,di patinarlo.C'è anche di peggio:tutto può mutarsi in commedia,in farsa macraba.E chi spende una lacrima può anche sentirsi buono.Nella spettacolarizzazione si produce una singolare connivenza fra chi soffre e il suo sfruttatore.Nella spettacolarizzazione c'è neutralizzazione,in essa non si incontra il dolore ma il suo surrogato.PER COMPRENDERE LA SOFFERENZA O ANDARE INCONTRO A CHI SOFFRE CI VUOLE BEN ALTRO,E' NECESSARIO UN GRANDE INTENSO AMORE,UNA CAPACITA' INCONDIZIONATA DI DONO.E CHI SOFFRE CI STA SPESSO ACCANTO:NON E'NECESSARIO ANDARE LONTANO PER COMPRENDERE ED AIUTARE.»
Salvatore Natoli.Stare al mondo.

non deve portarci a giustificarla o accettarla come inevitabile.

Qui palesi un'ingenuità che non condivido.Dobbiamo accettarla come inseparabile dall'umana condizione.Come le sentenze.Si accettano anche se non si condividono.Dura lex sed lex.E non è cinismo ma solo l'accettazione di un diverso sentire.Non possiamo ridurre le diversità ad un pensiero ed un agire comune,sia pure condivisibile.Non tutti amano allo stesso modo.Anzi,molti non amano e tanti altri odiano.Certo che si,dobbiamo continuare a stimolare noi stessi ad un comune fine di compatire,consapevoli che sempre ci sarà un resto che non condivide.
Io quando la affiggo nella sua inevitabilità la intendo quale effetto primario delle singolarità non convergenti.Singolarità che si pongono ad estremi inconciliabili.Questo ma anche quello.
Siamo diversi e nelle nostre diversità confliggiamo anche nei sentimenti.
Nota al precedente intervento.
La povertà di riferimento è per me quella evangelica.Povertà non solo materiale.Anche di cuore e di anima.
Buona notte


avatarsenior
inviato il 08 Dicembre 2024 ore 6:17

"Ci sono storie che si infilano nelle pieghe dell'anima.."

Non nell'anima di tutti, nella mia per nulla

Hai mai parlato coi soldati, con quelli che vanno al fronte a difendere gli interessi della Patria?

Io l'ho fatto, per anni, con soldati di varia nazionalità, i finlandesi, giordani, israeliani, americani, canadesi, italiani e molti altri, diversi coi quali avevo parlato sono poi morti per la Patria.

Con le guerre che oggi bruciano vite per il mondo, migliaia di vite al giorno, vite di persone sane di mente e di corpo, persone che lavorano, che sono utili alla società, persone che fanno il loro dovere a costo della vita, a parer mio è giusto, giustissimo che non venga dato alcun peso alla morte di uno/una che volutamente si droga fino a crepare, oltretutto uno che si droga non è di nessuna utilità per la società civile, è solo un peso.

E' la selezione della specie e va bene, benissimo così.

avatarsupporter
inviato il 08 Dicembre 2024 ore 7:05

@Alessandro Pollastrini
Le tue parole risuonano come un canto gelido di disprezzo verso chi non ha trovato la strada che tu definisci utile. Parlare di 'selezione della specie' nel contesto umano è non solo scientificamente ignorante ma profondamente disumano.

Hai camminato accanto ai soldati, li hai visti morire per la patria. È un'esperienza che porta rispetto e gratitudine, ma cosa ti dà il diritto di giudicare chi non combatte le stesse guerre? Le ferite dell'anima sono altrettanto devastanti di quelle inflitte da una pallottola, ma invisibili. Sara non è 'morta per scelta', è stata vittima di un sistema che non offre risposte, che schiaccia i più fragili e li abbandona in una spirale senza uscita.

Dici che la sua vita non vale nulla. Ma ti dico che ogni vita vale, e negarlo non è solo insensato, è barbarico. Sara non è un errore, è il sintomo di una società che si gira dall'altra parte mentre le persone gridano aiuto. E questo non è un problema 'della selezione della specie': è un problema di coscienza, umanità e civiltà.

Se credi che la sofferenza di chi muore per eroismo sia più degna di chi muore per disperazione, allora non hai capito nulla della fragilità umana. Non hai capito cosa significa tendere una mano invece di alzare un muro.

avatarsupporter
inviato il 08 Dicembre 2024 ore 7:21

@Taralluccievino
Grazie per il tuo intervento, è evidente che hai una visione profondamente meditata, e le tue riflessioni mi spingono ad andare oltre la superficie. Parto dalla complessità che hai citato, quella che Niklas Luhmann (sociologo e filosofo tedesco) descrive così bene: il mondo non si riduce mai a semplici dicotomie. Questo e anche quello. È una lezione fondamentale, specie quando si parla di dolore, sofferenza e delle risposte che possiamo dare come individui o come società.

Sono d'accordo con te che la sofferenza, quando viene spettacolarizzata, rischia di perdere la sua autenticità, di trasformarsi in un simulacro che suscita una lacrima facile ma priva di impegno reale. La citazione di Salvatore Natoli è potente: incontrare la sofferenza richiede amore, dono, ma anche una capacità profonda di stare accanto senza giudizio. Non è qualcosa che si improvvisa, né qualcosa che si può esigere da tutti. Come dici tu, non tutti amano allo stesso modo, e molti non amano affatto. È questa realtà che rende ancora più significativi i gesti di chi, con umanità e fatica, sceglie di condividere il peso altrui.

Accettare l'inevitabilità del dolore e della sofferenza umana non significa giustificarle o rassegnarsi, ma riconoscerle come parte della condizione umana, un “ dura lex ” che non si può scardinare. Tuttavia, credo che nell'accettazione si possa ancora trovare spazio per l'azione: non possiamo eliminare le sentenze della vita, ma possiamo decidere come viverle, come affrontarle, e come supportare chi le vive accanto a noi.

La diversità che descrivi, sia negli intenti che nei sentimenti, è innegabile. Non tutti si muoveranno verso lo stesso fine, e non tutti saranno capaci di compatire. Eppure, anche nella divergenza, resta possibile costruire piccoli ponti: momenti di convergenza che non eliminano le differenze, ma le rendono meno insormontabili. Non per cambiare il mondo intero, come hai detto, ma per trovare significato nel nostro passaggio attraverso di esso.

Mi colpisce il tuo riferimento alla povertà evangelica, non solo materiale ma anche spirituale. Forse è proprio in quella povertà che si trovano le basi di una possibile redenzione collettiva: non un cambiamento universale, ma una consapevolezza più profonda che ci aiuti a restare umani, pur nell'inevitabile conflitto delle singolarità.

avatarsupporter
inviato il 08 Dicembre 2024 ore 15:51

@ Gerry
Ti conosco appena e quindi mi viene spontaneo chiederti se hai mai scritto qualche libro.
Un saluto.

avatarsupporter
inviato il 08 Dicembre 2024 ore 16:34

Ciao, si. www.rawfacts.it/product-page/oltre-il-cratere

avatarsupporter
inviato il 08 Dicembre 2024 ore 16:46

@ Gerry
Non si apre, comunque mandami il titolo o, i titoli se più di uno, con comodo.
Buona Domenica.

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