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La psicologia della foto


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avatarsenior
inviato il 09 Aprile 2023 ore 19:38

Un ritratto dice comunque inevitabilmente qualcosa a proposito della persona raffigurata. Che poi questo qualcosa sia vero o falso dipende dalle capacità e dall'onestà del ritrattista. In questo senso c'è una componente psicologica. Ovviamente un ritratto non è una diagnosi, ma teniamo anche presente che qualcuno (non so più chi) disse che dopo una certa età le persone sono responsabili della faccia che hanno, e non aveva mica tutti i torti...

avatarsenior
inviato il 09 Aprile 2023 ore 20:28

Secondo la mia esperienza ,dietro ogni foto c'è un qualcosa di scatta .... l'obbiettivo principale della mia passione fotografica è proprio quello di riuscire ad esprimere ciò che io sono,quello che è il mio vissuto...il resto non ha alcuna importanza e se nelle nostre foto qualcuno riesce ad intravedere parte della nostra essenza allora significa che ciò che abbiamo creato ha raggiunto il suo scopo e cioè trasmettere un'emozione o anche semplicemente aver saputo raccontare la nostra storia attraverso la storia degli altri.

avatarsenior
inviato il 10 Aprile 2023 ore 8:14

"Dalle maschere teatrali alla mimica degli attori, dal ritratto europeo alla fotografia, dal cinema all'arte contemporanea, Hans Belting ripercorre in questo volume i diversi tentativi di fissare la vita del volto e del sé. Affascinante indagine sui vari modi in cui gli uomini hanno raffigurato sé stessi nel corso della storia, Facce offre innumerevoli spunti di riflessione che mettono in crisi le nostre idee più consolidate".

www.carocci.it/prodotto/facce

Libro molto interessante sul volto e la maschera

avatarsenior
inviato il 10 Aprile 2023 ore 10:23

La psicologia di chi ritrae o la psicologia di chi viene ritratto?

E' un dilemma di non facile soluzione e che spesso viene posto in una forma per certi aspetti più subdola:
"mostriamo la realtà o una nostra interpretazione?"
Questa seconda forma è più subdola perché si presta a utilizzi strumentali che hanno come unico scopo quello di spostare il nocciolo della questione su aspetti puramente tecnologici (vedi le interminabili diatribe sulla postproduzione, che ora colpiscono per lo più la paesaggistica, ma che sono nate proprio dalla ritrattistica con le pelli piallate e gli interventi di "chirurgia estetica" realizzati con Photoshop); ma anche tralasciando questi aspetti, la sicurezza che ciò che un ritratto ci trasmette siano sensazioni che nascono dal soggetto fotografato, anziché da un progetto del fotografo, non l'avremo mai.
Credo che questo renda il ritratto, e in seconda battuta la street, un genere con "molte più facce" di quelle che apparentemente mostra; io non ho mai eseguito molti ritratti, dato che non era il genere che preferivo, ma proprio la riflessione che ho appena esposto è quella che mi ha fatto abbandonare la foto di strada già a metà degli anni '80, perché ritengo eticamente molto più discutibile la possibilità di mentire mostrando l'essere umano rispetto ad una foto di paesaggio, soprattutto perché nel primo caso è molto più facile farlo anche senza tarocchi tecnici.

avatarsenior
inviato il 10 Aprile 2023 ore 19:02

La pretesa che un ritratto pittorico o anche fotografico potesse rivelare la psicologia della persona ritratta si è presto rivelata illusoria, se ne sono resi conto ben presto i padri del ritratto in pittura. Pur riuscendo ad arrivare ad una rappresentazione molto efficace del sembiante tramite una tecnica sempre più raffinata si è subito capito che questo non avvicinava affatto alla conoscenza del soggetto.
Anche l'uso della fotografia che può portare ad una resa estremamente realistica delle apparenze del soggetto non è in grado di avvicinarci alla conoscenza della psicologia del soggetto.
Interessante anche notare i differenti approcci di un posdibile ritratto fotografico. Il fotografo si presenta davanti al soggetto con tutto il proprio armamentario o ruba lo scatto con tecniche da candid camera? E se si palesa senza nessun camuffamento davanti al soggetto da ritrarre lascia che sia il soggetto ad assumere spontaneamente una propria posa o cerca di influire dando suggerimenti al soggetto da ritrarre su come posare? Anche nel primo caso, in cui sarà il soggetto ritratto a scegliere cone mostrarsi all'obiettivo tutto ci si potrà aspettare fuorché una posa "naturale".

user213929
avatar
inviato il 10 Aprile 2023 ore 19:34

Ma stai scherzando , quante persone hai ritratto nella tua vita ?
1 stabilire un rapporto dialogico
2 empatia
3 simpatia
4 delicatezza nel modo di porsi
5 scambiare qualcosa con gentilezza
Questi 5 punti Andrea Taiana , ti portano a mescolare le proiezioni psicologiche del fotografo con le suggestioni del soggetto e questo non vuole rappresentare la psicologia soggettiva , ma quella in essere .
Comunque questo andazzo di saccenza e superficialità mi sta disturbando , bloccami va così non rischiamo di accendere fuochi di paglia inutili.

avatarjunior
inviato il 10 Aprile 2023 ore 20:40

Salve a tutti sono un appassionato di fotografia, nel ho compreso alcune cose, ed essendo un terapeuta ed avendo studiato affondo il.corpo umano io e mia moglie anche essa fotografa abbiamo pubblicato un libro dove parliamo anche di fotografia meditativa, a breve faremo dei corsi di fotografia meditativa allego link per chi fosse interessato all'acquisti

https://www.amazon.it/dp/B0BZFNYNN6

user213929
avatar
inviato il 10 Aprile 2023 ore 20:43

Applausi

avatarsenior
inviato il 10 Aprile 2023 ore 21:00

C'è Roland Barthes che nella Camera Chiara spiega bene sta cosa del ritratto riassumendola in 4 tensioni:



La Foto-ritratto è un campo chiuso di forze. Quattro immaginari vi s'incontrano, vi si affrontano, vi si deformano. Davanti all'obbiettivo, io sono contemporaneamente:
quello che io credo di essere,
quello che vorrei si creda io sia,
quello che il fotografo crede io sia,
e quello di cui egli si serve per far mostra della sua arte.

In altre parole, azione bizzarra:
io non smetto di imitarmi, ed è per questo che ogniqualvolta mi faccio (mi lascio)
fotografare, io sono immancabilmente sfiorato da una sensazione d'inautenticità, talora
d'impostura (l'abituale ricorso all'inganno) (quale certi incubi possono dare).
Immaginariamente,
la Fotografia (quella che io assumo) rappresenta quel particolarissimo momento in cui, a dire il
vero, non sono né un oggetto né un soggetto, ma piuttosto un soggetto che si sente diventare
oggetto...


Aggiungo poi altre considerazioni alla discussione:
perchè fotografate ?

Per me, per molti credo che la fotografia sia stata una strategia di coping .
Abbiamo tutti dello stress, intrinseco o generato dall'esterno, e ciascun individuo reagisce alle situazioni problematiche in maniera molto soggettiva e non sempre le strategie da esso messe in pratica sono positive. Alcune strategie che mirano a ridurre lo stress vengono definite come "adattive" (hobby, lettura, esercizio fisico, oziare...) mentre quelle che invece tendono ad aumentarlo vengono definite "disadattive" o di "non coping" (alcool, party, o non ricordo cos'altro...).

Per me è nata così, come gran parte dei miei hobby, avevo un' auto-fomentazione creativa che in quelle ore mi faceva concentrare e dimenticare tutto il resto, oppure mi portava ad arrampicarmi in montagna per cercare paesaggi.

Per lavoro, invece, non funziona così, anzi, qualunque lavoro, qualunque lavoretto, lo affronto con una leggera ansia, quella che deve tenere tutto sotto controllo, che si scioglie quando vedo di avere tutto il necessario e di riuscire a concluderlo. ( Eustress , lo stress utile che si contrappone al distress )
www.igeacps.it/eustress-e-distress/

avatarsenior
inviato il 10 Aprile 2023 ore 21:13

Altro argomento: io ho alcuni tratti leggermente neurodiversi, cioè funziono in modo leggermente diverso dalla media, dalle persone comuni. Niente di grave, alcune sono peculiarità positive, ad esempio sono veloce a fare i conti (ma è una capacità che non ho coltivato mai, anzi ho avuto una sola insufficienza in pagella in vita mia, matematica). E funziono bene con le immagini.
Altri sono tratti caratteristici, non sono capace di organizzare discorsi articolati parlati, perchè quando parlo "vedo" solo un paio di parole oltre quella che pronuncio, tutte le altre parole sono una nuvola confusa senza filo logico.
Altre sono leggermente invalidanti nella vita, ad esempio cerco ma mi stanco a stare in situazioni affollate, ma ho imparato ad avere vie di fuga (vado con la mia auto alle feste), a programmarle distribuite con ore di decompressione, o a mettere in conto strategie di coping.

Una cosa che ho scoperto mio magrado è che sono sensibile ai colori, quelli sbagliati mi fanno male.
Un mio socio non sapeva usarli, e faceva prodotti orribili. Aveva dipinto la parete davanti il mio computer con tonalità orribili. Mi urtavano, ma non sapevo argomentare perchè facessero così schifo, e perchè mi facessero male. Restare esposto a lungo a queste combinazioni di brutto mi deprimeva.
Poi ho capito l'armocromia, le relazioni dei colori, e da lì ho imparato ad usarli, o meglio le basi, perchè sto ancora imparando, ogni sfumatura ha relazioni differenti.





avatarsenior
inviato il 10 Aprile 2023 ore 21:34

L'arte, la psicologia addirittura... secondo me, non me ne voglia l'autore del topic, si fanno troppe super×le sull'inquadrare quello che vediamo e schiacciare semplicemente un tasto. Ma molto probabilmente sono io che sono di basse vedute. Va bene un reportage più o meno ben raccontato ed illustrato, ma per tutto il resto, ci vedo ben poco di filosofico o psicologico. Limite mio sicuramente.

user213929
avatar
inviato il 10 Aprile 2023 ore 21:36

Mi piace l'approccio di Maurese , non è molto istintuale e disinibito , ma per me è interessante e profondo

user213929
avatar
inviato il 10 Aprile 2023 ore 21:37

Roy72chi , è un buon inizio accettare i propri limiti , è sintomo di intelletto

avatarsenior
inviato il 10 Aprile 2023 ore 21:43

Tralasciando i professionisti che cercano di fotografare al meglio qualunque cosa perché hanno bisogno di guadagnare, pensiamo un attimo alle foto di persone che fanno i fotoamatori.
Nel mio caso se non ho nessun interesse per una persona non la fotografo. Ed è possibile, anzi probabile che la persona ritratta abbia delle sue idee che mi riguardano. Quindi se la fotografo vuol dire che c'è una qualche relazione tra lei/lui e me. Tutto quello che si può dire sul ritratto fotografico credo prenda le mosse da questo, ma vale anche per il fatto di fotografare luoghi o qualsiasi altro soggetto. Ovviamente se fotografo un albero la cosa è più semplice, perchè io avrò pensieri e sentimenti che lo riguardano ma lui (presumo) non ne avrà nei miei confronti.

Poi c'è da prendere in considerazione anche quello che passerà nella testa di chi vedrà la foto. E tra costoro ci sarò anch'io e ci sarà pure il soggetto ritratto, forse.

Quel che ho scritto è ovviamente un elenco di banalità, ma se si cerca di metterle in relazione tra di loro capite che ne escono cose tutt'altro che semplici.


avatarsenior
inviato il 10 Aprile 2023 ore 22:29

i professionisti che cercano di fotografare al meglio qualunque cosa


non al meglio, quello lo fa chi ci tiene, i professionisti ragionano sull'uso di risorse, cognitive, di tempo, impegno, economiche, cercano il miglior compromesso.

Che cosa ne pensi di questo argomento?


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