| inviato il 13 Novembre 2020 ore 19:12
Il fatto è che se ci fosse consapevolezza da parte dell'osservatore, e perciò la libera scelta di accettare quel tipo di immagini, anziché subirle per l'incapacità di discriminarle, il problema probabilmente non si porrebbe: la scelta consapevole è sempre giustificata e non si potrebbe più parlare di taroccamenti, ma di un vero e proprio cambio dei gusti, come avviene tra epoche diverse anche per la pittura e per qualunque altra espressione visiva (o musicale) |
| inviato il 13 Novembre 2020 ore 19:12
Vedo in pratica solo ora e noto che dal quesito puramente tecnico originario del 2015 si è passati a considerazioni assai più generali; cercherò di leggere. Relativamente al primo aspetto, a mio modo di vedere la post-produzione è la procedura che permette di far coincidere nella maniera più stretta possibile quello che possiamo chiamare il risultato finale con quanto originariamente osservato, a livello mentale però perché l'occhio guarda e niente più; è di conseguenza necessaria. Altro è parlare di abusi per scarsa dimestichezza con essa o per espresso desiderio di elaborazioni particolari. Circa il secondo non mi esprimo, almeno al momento, perché si entra in un campo discrezionale troppo vasto. |
| inviato il 13 Novembre 2020 ore 19:23
Soprattutto mi sembra che stiamo mettendo insieme due elementi molto diversi. Si è parlato di contaminazione della scena. Che è pre-produzione. E di realismo nella rappresentazione della scena catturata. Che lega alla post produzione. Non li metterei insieme anche se correnti citate come quella del naturalismo (nel senso originario) ovviamente portano a scelte coerenti su ambo gli aspetti. Se creo un set per la posa del soggetto e chiamo la foto wild (o in altri campi la posizioni come reportage) semplicemente dichiaro il falso. È una scelta etica. Se altero la riproduzione della scena enfatizzandone alcuni aspetti (ad esempio in post produzione aumentando la saturazione) semplicemente completo l'opera di riproduzione. È una scelta 'artistica'. L'una è molto distante dall'altra. Soprattutto se si considera che la prima cosa che esce dalla macchina è un file che necessità di interpolazione per restituire una immagine si capisce velocemente che la post produzione di per se stessa è intrinseca alla fotografia digitale e che il dibattito dovrebbe posizionarsi sul quanto e sul come si somministra, non sul se. Che poi le aspettative più diffuse associno a una foto di soggetto ripreso in natura l'intento documentaristico è possibile, ma non implica che il fotografo possa fare scelte diverse (che personalmente raramente apprezzo ma trovo errato criticare sul merito, e preferisco casomai criticare in base al risultato). |
| inviato il 13 Novembre 2020 ore 19:53
Il problema però è del medesimo tipo: che un fotografo alteri la scena prima dello scatto o che sostituisca parti importanti dell'immagine in post, per poi presentare come wild quella foto, è sempre una scelta etica che comprende l'inganno ai danni dell'osservatore, mentre se la propone come interpretazione personale fornisce già una chiave di lettura corretta all'osservatore stesso. |
| inviato il 13 Novembre 2020 ore 20:17
Io sono d'accordo con te, almeno quando parli di alterazioni ex post che falsificano inequivocabilmente la scena catturata. Però inevitabilmente il discrimine diventa soggettivo e ci si può far guidare solo dalle regole (concorsi), dall'accettazione sociale, e appunto dalla propria etica. La maggior parte della gente che conosco, ad esempio, accetterebbe una alterazione nella saturazione e nel bilanciamento del bianco. Non una clonazione. Però anche in questa discussione, legittimamente, c'è chi si aspetta che la naturalistica aderisca in toto ai canoni del realismo, e si fermi alla riproduzione più fedele possibile della scena osservata. Come si fa a tirare una linea? |
| inviato il 13 Novembre 2020 ore 20:30
Antonioinoki credo che ci sia un problema di fondo di lettura delle immagini se metti sullo stesso piano le foto di shoubridge e i cervi di villetta barre con glow, super sfocati ed effetti speciali... Shoubridge fa lo scatto al 90% in camera ed è un pluripremiato al wildlife photographer of the year, le foto dei cervi sono altro, in generale a parte casi eccezionali si tratta di immagini che seguono parecchio la moda, decisamente acchiappa like e poco più.... |
| inviato il 13 Novembre 2020 ore 21:18
“ ...Io sono d'accordo con te, almeno quando parli di alterazioni ex post che falsificano inequivocabilmente la scena catturata... „ . Anche questo rientra nell'abuso cui ho accennato ed in quanto abuso è da condannare. |
| inviato il 13 Novembre 2020 ore 21:31
Angus per me pure la foto al gatto dei vicini che caccia le talpe nel prato davanti a casa mia è una foto naturalistica. ritrae un gatto domestico che segue i suoi istinti. le foto delle libellule non ritraggono le libellule ma l'idea che si vuole trasmettere delle libellule. non prenderlo come un attacco a Shoubridge che sicuramente è un fotografo eccezionale. www.juzaphoto.com/galleria.php?l=it&t=3586919 foto artistica www.juzaphoto.com/galleria.php?t=3674543&l=it foto naturalistica entrambe mie,(che sono un dilettante anni luce distante dalla bravura dei fotografi da te citati) spero di essermi spiegato |
| inviato il 13 Novembre 2020 ore 21:48
Discussione che continua ad essere interessante, bello! Spostando per un attimo l'asse del discorso forse si potrebbe anche dire che la post produzione nella fotografia wild/outdoor/di natura (NPOTY forse usa il termine più neutro e semplice, natura, limitandosi all'oggetto di interesse) è, almeno per me, l'aspetto più marginale in assoluto di tutto il percorso. Cioè prima viene il desiderio di entrare in contatto con un ambiente lontano dal quotidiano obbligato, poi l'immersione nell'ambiente, l'esplorazione, l'osservazione, la scelta difficile di come arrangiare la cattura cercando di rendere nullo il disturbo, la condivisione del contesto con il soggetto anche senza l'occhio e il dito agganciati al corpo, il tempo ad indugiare prima del rientro, il momento in cui si rivive l'incontro guardando la foto allo schermo. Poi certo che condividere e ricevere apprezzamento conta, e lì si sceglie come comunicare, ed è un vero piacere discuterne, ma quanti di voi escono a fotografare natura con lo scopo principale di pubblicare una foto di successo? Almeno su alcuni scommetto di no e penso di non perdere |
| inviato il 13 Novembre 2020 ore 21:56
Sante parole anche le tue Fabrizio!! |
| inviato il 13 Novembre 2020 ore 22:00
Certo ma il quesito posto nel 2015 da Pmaffio era tutt'altro per cui questa può essere nuova discussione, non continuazione. Trattasi del secondo aspetto del quale parlo in questa pagina; ripeto, un assunto che non può non essere condiviso ma che è difficilissimo sia da tutti rispettato perché la necessaria cultura di base non può avere, senza colpa di alcuno, la stratificazione richiesta. La fotografia naturalistica si concretizza in aspetti multipli che diversi fotografi in questo forum esprimono ad alto livello, dal paesaggio, all'etologia, al ritratto. |
| inviato il 13 Novembre 2020 ore 22:02
“ ma quanti di voi escono a fotografare natura con lo scopo principale di pubblicare una foto di successo? „ io dall'alto dei miei dieci like non dovrei più uscire di casa |
| inviato il 13 Novembre 2020 ore 22:15
Beh, io ad esempio non penso mai di poter pubblicare le mie foto, a parte qui su juza per raccogliere critiche e confronti; a parte qualche occasione per uso didattico (e in quel caso parto già con quello scopo alla ricerca dei miei soggetti), fondamentalmente fotografo per me stesso, quindi talora mi sento più libero di sperimentare vari approcci alla post, anche perché la trovo parte integrante del divertimento, che inizia comunque con l'immersione nell'ambiente di cui parla Fabrizio, al punto che portarmi appresso l'attrezzatura fotografica è spesso più un pretesto per un'uscita nel bosco che per cercare realmente qualche scatto. A volte però mi chiedo in quali contesti potrei presentare i miei lavori se dovessi confrontarmi con un pubblico di puri e semplici osservatori, e devo ammettere che una parte dei miei lavori di paesaggistica, e talora anche di macro, avrei qualche perplessità a presentarli come "documenti" veri e propri. |
| inviato il 13 Novembre 2020 ore 23:10
Boh Scheletro, non sono sicuro di quello che intendi, ma se il senso è che Fontana o Mccurry sono di nicchia, non sono assolutamente d'accordo, è un tuo modo di vedere. Mi viene il dubbio che non ci stiamo intendendo, magari di persona ci capiremmo più facilmente. Mi piacerebbe riprendere diverse cose, ma ce n'è una che secondo me è basilare proprio a partire dal titolo del post: c'è stato nello sviluppo di questa discussione un sostanziale fraintendimento dei termini quando è stato detto: " Naturalismo - Riprodurre il mondo con obiettività - Erede del realismo” e “Il termine naturalistico purtroppo è un termine stringente proprio per il significato alla base, cioè richiede una certa fedeltà a come dovrebbe apparire nella realtà”. In realtà il significato di fotografia naturalistica non è quello. Quello è il significato di “naturalismo” come corrente realista da romanzo ottocentesco, che è un'altra cosa. Non naturalismo, ma fotografia naturalistica. Cioè fotografia (sempre da Treccani) “Attinente alle scienze naturali: studî n., ricerche n.; osservazioni n. sulla vita degli animali e delle piante” E ancora da altra fonte “La fotografia naturalistica è un genere fotografico che concentra la propria attenzione sulla natura. Essa comprende sia la paesaggistica terrestre, sia quella astronomica, come anche quella subacquea e naturalmente tutta la fauna e la flora selvatica immersa nel proprio ambiente naturale, arrivando alla più piccola e concentrata ripresa macro. Lo scopo di questo genere fotografico è quello di mostrare la bellezza intrinseca della natura, per cui vengono utilizzate sia tecniche che attrezzature anche particolari o specifiche” . Come diceva Fabrizio Zerbini in primis a motivare chi pratica la fotografia naturalistica c'è l'aspetto del contatto con la natura. E' da lì che viene il nome. Non dal fare foto le più naturali possibili nel senso di più oggettivo possibile. In quest'ottica rileggerei anche gli esempi di AntonioInoki: per me la prima foto della libellula è una foto uscita bene... l'altra non è che sia più naturalistica, è semplicemente uscita meno bene (per posizione dei soggetti, per luce non ideale e per vari altri motivi). Sicuramente mostra qualcosa, ma manca di tanti altri aspetti. Quando si citava Bresson, Berengo Gardin e altri, sicuramente il valore di testimonianza era ben presente ma altrettanto sicuramente le foto erano ben composte ed accattivanti proprio per far risaltare il loro messaggio. |
| inviato il 13 Novembre 2020 ore 23:26
Lauc della prima foto quella della libellula neosfarfallata ho anche una versione postprodotta per divertimento in cui ho modificato clonando e disegnando con gimp gli occhi per togliere il riflesso del sole, probabilmente se la postassi senza dire nulla in pochi se ne accorgerebbero . io quella non la ritengo una foto naturalistica www.juzaphoto.com/galleria.php?l=it&t=3776598 |
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