user90373 | inviato il 25 Aprile 2020 ore 0:02
“ @ Paolo Longo Personalmente sto cercando da tempo ( i risultati sono modestissimi ) di percorrere una via che ho intitolato ' Luoghi comuni' giocando anche sull' ambivalenza del titolo, in cui produco immagini che cercano di dare vita e dignità paesaggistica a ciò che non ha né apparenza né fascino predeterminato. „ È una ricerca di paesaggio "minimale" che sto facendo anch'io, niente grandi orizzonti ne grandi cieli più o meno nuvolosi, niente viste famose riprese nelle ore "conformi". Piccole porzioni di intimità e relazione. Pubblicherò qualcosa qua: www.juzaphoto.com/me.php?pg=292988&l=it |
| inviato il 25 Aprile 2020 ore 1:18
Metto qui il link a un mio album su flickr. E' una raccolta di scatti realizzati da qualche anno. Dovrei fare una scrematura che non ho mai tempo/voglia di fare, allo scopo di conseguire una maggiore unità stilistica. Come dicevo, la ragione di questa raccolta si può sintetizzare in um termine presente in un libro di versi di Gianni D'Elia, dal titolo " Congedo della vecchia Olivetti" ( Einaudi, 1996). La poesia che mi ha offerto il titolo comincia con: " L'impoetico: raccontalo a lampi." Che cos'è l'impoetico? E' ciò che non trova una voce che lo degni; è ciò che non ha l'aura lirica; è l'anonimo esistente quotidiano che costituisce la stragrande parte dei nostri giorni comuni; è ciò che non viene considerato dai 'poeti laureati' di montaliana memoria. Ho deciso, un giorno, di raccogliere le immagini dell'impoetico, o di ciò che a me pare tale. Non sempre sono riuscito nell'intento. Qualche volta mi è mancato il coraggio di andare fino in fondo, cedendo a qualche citazione/imitazione di altri Fotografi ben migliori di me. Alcune foto sono accompagnate da versi miei, che non hanno la funzione di 'spiegare' la foto, ma di lasciare una mia eco personale in un linguaggio che padroneggio meglio di quello fotografico. Comunque, ecco le foto: www.flickr.com/photos/ciue/albums/72157630009721699 |
| inviato il 25 Aprile 2020 ore 1:41
@ Ettore: è una ricerca interessante; le foto, per ora, sono un po' poche, per poter offrire l'idea di un percorso. Trovo collegabili a queste, alcune foto della galleria " Pensieri ed immagini", dove lembi di paesaggio, con un linguaggio accennato e minimale, parlano, appunto, di intimità e relazione, come dici tu. |
| inviato il 25 Aprile 2020 ore 5:46
sì sono curioso anche io per il titolo è dura, dopo "uncommon places" di stephen shore |
| inviato il 25 Aprile 2020 ore 8:34
si, belle le tre foto di paesaggio minimale Ettore, e belle molte foto dell'album su flickr Paolo ma avrebbero, come dici anche tu, necessità di una selezione e di una sequenza studiata |
| inviato il 25 Aprile 2020 ore 8:57
Il titolo inglese che, nel tempo, ho aggiunto a Luoghi comuni è Anonymous places. |
| inviato il 25 Aprile 2020 ore 9:36
Andrea ti ringrazio molto della condivisione. Non conoscevo il testo ma lo condivido totalmente. In altre discussioni ho goffamente cercato di esprimere esattamente lo stesso concetto ponendo il distinguo tra fotografia e cartolina. |
| inviato il 25 Aprile 2020 ore 9:45
Paolo complimenti per il progetto. Pur non essendo il mio genere preferito, trovo molte foto davvero interessanti e suggestive. Non sono però riuscito a vedere le didascalie... |
| inviato il 25 Aprile 2020 ore 10:04
Grazie. Mi piacerebbe uno scambio su questi temi. |
| inviato il 25 Aprile 2020 ore 11:36
Io allora come paesaggista sono condannato. Per me infatti il paesaggio non e' un luogo geografico, ma un luogo della mente. Il paesaggio e' un'idea fatta di suggestioni, magari anche banali, ma che formano l'immagine che ho in mente. Ho fotografato un faro bretone a Fiumicino, una tempesta nordica a Ostia. Insomma, io sono un paesaggista che, non potendo recarmi nei luoghi che amerei fotografare, li cerco passeggiando sotto casa. |
| inviato il 25 Aprile 2020 ore 16:46
“ Grazie. Mi piacerebbe uno scambio su questi temi. „ Ale, io le foto le ho messe, buone o brutte che siano, tanto per definire ciò di cui stiamo parlando. In questi giorni mi è venuta in mente una cosa: il paesaggio come cornice o teatro nel quale si muove l'uomo. Il paesaggio come soggetto assoluto. Non intendo dire, banalmente, una foto di paesaggio con presenza umana o meno; intendo un paesaggio fortemente interpretato o reinterpretato, oppure no. Mi spiego ( a livello personale ): vivo in una città di mare. Perché mi sento portato a fotografie urbane che nulla o quasi lasciano indicare il mare? Probabilmente perché il mare, pur attraendomi, non mi parla abbastanza: prefrisco angoli, muri, frammenti di città, evitando icone famose o già consacrate. Ecco un paesaggio come cornice o teatro in cui si muove l'uomo, cioè il mio io. Vedo qualche cosa e, come dice Enzillo, diventa un luogo della mente. Ci sono alcuni, anche bravi davvero, capaci di reinterpretare con forti stravolgimenti: bn molto contrastati, deformazioni forti, tagli esasperati, atmosfere oniriche. Li ammiro ma io non me ne sento capace. In definitiva, ognuno ha in sé le proprie fotografie da chissà quanto tempo: si tratta forse di trovarle e riconoscerle al momento dello scatto e delle scelte postproduttive. |
| inviato il 25 Aprile 2020 ore 17:44
“ In definitiva, ognuno ha in sé le proprie fotografie da chissà quanto tempo: si tratta forse di trovarle e riconoscerle al momento dello scatto „ Il momento dell'incontro fra il fotografo e il luogo "interessante" è un altro tema da non sottovalutare. Quale campanello suona in testa al fotografo? |
| inviato il 25 Aprile 2020 ore 18:04
Le tre verità andrebbero a sovrapporsi a rispettive interpretazioni o modi di vivere la fotografia di paesaggio,piuttosto che rappresentare un metodo di lettura, volto alla ricerca della perfetta sintesi,che si puo' riscontrare nell'immagine con tutti i crismi della foto di paesaggio. Ero gia li' che stavo pensando ai vari esempi,dalla scuola tedesca,della fotografia oggettiva,che poi è stata interpretata rispettivamente con alcune variazioni,alle fotorafie di paesaggio dei concorsi sulla scia della scuola americana che forse non è piu' quella dei grandi maestri e tradizionale.Pensare che l'incontro fra notte e giorno sia irrelizzabile suona come ingenuo e rimanda alla rilettura,forse personale o autobiografica o è qualcosa da cui spesso,non si puo' prescindere.Potrebbe comunque rientrare nel verità simbolica,evocata dal restare immersi nel paesaggio. La vera fotografia di paesaggio non dovrebbe soddisfare allo stesso tempo le tre verità,ma la il tentativo di inseguirla potrebbe comunque portare i suoi frutti. Molte fotografie campano ugualmente e di piu' non rappresentando l'esempio perfetto delle tre verità a cui si fa riferimento. Il paesaggio in fotografia inteso come verità utobiografica ,riporta alle foto recenti,ma anche a quelle di ieri. In questo modo il percorso personale si addice agli esempi,che si possono pensare. Il paesaggista moderno pero' sembra piuttosto rappresentare una varietà onnivora poliglotta e perfino globale o globalizzata.Si potrebbe evincere perfino che l'aspetto della fotografia autobiografica nel paesaggio,non deriva dal paesaggio,scoprendo che il fotografo è prettamente indirizzato verso altri settori anche rivolti alla tecnologia o all' elaborazione, come linguaggio per far si che l'immagine risulti autobiografica. Il limone della poesia è l'elento chiave,che pur non vedendolo trasporta in terre lontane,richiama nel giallo l'energia del sole dell'estate,o la pianta sul balcone che si mette al riparo dal clima invernale. |
| inviato il 25 Aprile 2020 ore 18:24
cerco di seguire |
| inviato il 25 Aprile 2020 ore 19:49
Molto belli i paesaggi di Paolo Longo... mi sa che non li metti su Juza, vero? |
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