| inviato il 28 Marzo 2020 ore 19:16
Verissimo Paolo, del resto è solo documentazione |
| inviato il 28 Marzo 2020 ore 19:23
Condivido le considerazioni sull'opportunità di non pubblicare immagini da una terapia intensiva, solo per soddisfare la fame di emozioni "trendly". Lo dico da street photografer amatoriale. Mi sono piaciuti alcuni scatti che riprendono la quotidianità della forzata ermanenza in casa. Mi piacerebbe aggiungere uno scatto, ma non ho capito come si fa. |
| inviato il 28 Marzo 2020 ore 19:27
">www.juzaphoto.com/galleria.php?t=3521244&l=it „ Del resto non si sa mai la verità. Nella prima puo' darsi che era durante un turno notturno e si era giustamente appisolata. La seconda foto quella del carabiniere è costruita. Difficile che mentre una bimba sta dando un fiore al carabiniere passi il fotografo e scatti. Quindi non istantanea ma foto manieristica. |
| inviato il 28 Marzo 2020 ore 19:35
Del resto chi ci dice che i bambini africani debilitati dalla fame in realtà non siano a dieta? |
| inviato il 28 Marzo 2020 ore 19:35
Non pubblico mai. Ma voglio dare il mio piccolo contributo a questa discussione...: www.juzaphoto.com/me.php?l=it&p=98135 Senza pretesa di emozionare naturalmente... |
| inviato il 28 Marzo 2020 ore 20:05
Anche una foto in posa può raccontare genuinamente. A meno che i soggetti, consapevoli, non aggiungano un elemento di finzione. Per lavoro fotografo cerimonie militari, dove tutto è pianificato nei particolari. Ma nulla è finto. |
| inviato il 29 Marzo 2020 ore 1:38
Grazie a tutti per le vostre riflessioni. Le fotografie che avete indicato e mostrato, denotano sicuramente una sensibilità che va al di là della mera discussione tecnologica. |
user175007 | inviato il 29 Marzo 2020 ore 7:25
scatti che mi emozionano non ne vedo, ma io ho lo stomaco poco incline all'emozione , quelli che mi sorprendono e che resteranno probabilmente negli annuali fotografici sono quelli delle città vuote alla luce del giorno, qui un mio poco significativo esempio fatta ieri, ma che rende l'idea di quel che intendo. www.juzaphoto.com/galleria.php?l=it&t=3532485 |
user120016 | inviato il 29 Marzo 2020 ore 9:00
Sono un medico anch'io. Nefrologo, lavoro in terapia sub intensiva di dialisi e lavoro in Piemonte. Questa notte è stata una delle poche passate a casa e tra poco tornerò in ospedale per un altro tour de force di 36 ore. È un periodo durissimo, turni massacranti sia per il carico aumentato sia per il personale dimezzato dalla malattia. E so che prima o poi toccherà anche a me come inevitabile che sia. Ho scritto questo per far capire lo stato d'animo che ci pervade. Ancora ieri abbiamo avuto due decessi, due dei tanti in queste ultime settimane... persone relativamente giovani, nella completa impotenza da parte nostra. Spesso si sente dire che mancano le attrezzature ma vi posso assicurare che con tutte le attrezzature del mondo e tutti i farmaci a disposizione, spesso non riusciamo a salvare le persone. Muoiono sotto i nostri occhi nonostante tutti i nostri sforzi. Ed è davvero frustrante. A questo punto si capisce che in certi momenti la fotografia passa in secondo piano. Scattare foto di questa sofferenza mi sembrerebbe molto indelicato, senza nulla togliere a chi fotografa per documentare (che è ben diverso a chi lo fa per sciacallaggio mediatico, giusto per avere la foto ad effetto da schiaffare sui social). Purtroppo, io, le immagini le ho ben stampare in mente e negli occhi. Volti dei deceduti che prima di morire ti guardano chiedendo aiuto perché non respirano. Sono volti che rimarranno scolpiti ed a cui a distanza non sapremo dare un nome per la velocità con cui passano. Salme avvolte in teli di plastica, impregnate nella candeggina e stipate in casse di acciaio in locali anonimi, in attesa di essere incenerite, perché nell'emergenza del contagio a queste persone viene negata anche la dignità di una sepoltura. Volti dei familiari che aspettano dove possono in attesa di qualche notizia, volti dei colleghi, medici e soprattutto infermieri che non finirò mai di ringraziare per l'impegno encomiabile che mettono nel loro lavoro, esponendosi ad un rischio enorme più per vocazione che per il misero stipendio. Ecco perché, sinceramente, di fotografare in questo momento non sento affatto il bisogno. E per quel poco che posso, se posso e quando posso, preferisco pensare ad altro. Scusatemi per lo sfogo. Una buona continuazione. |
| inviato il 29 Marzo 2020 ore 10:31
Ti capisco Domenico. Non vivo direttamente la tua esperienza ma mia moglie medico anch'essa che lavora in ospedale nel reparto di medicina d'urgenza mi riporta indirettamente le tue stesse sensazioni. |
| inviato il 29 Marzo 2020 ore 10:34
s“ catti che mi emozionano non ne vedo, ma io ho lo stomaco poco incline all'emozione MrGreen, quelli che mi sorprendono e che resteranno probabilmente negli annuali fotografici sono quelli delle città vuote alla luce del giorno, qui un mio poco significativo esempio fatta ieri, ma che rende l'idea di quel che intendo. „ ">www.juzaphoto.com/galleria.php?l=it&t=3532485 „ Difficilmente uno scatto può emozionare. Non si può raccogliere in un'immagine il pathos. E' necessario un filmato con una musica che aiuti per la commozione. Peccato che la tua immagine, valida nell'idea, pecchi di definizione. Ma con che lente hai fotografato? sembra un fondo di bottiglia. |
user175007 | inviato il 29 Marzo 2020 ore 10:50
“ Peccato che la tua immagine, valida nell'idea, pecchi di definizione. Ma con che lente hai fotografato? sembra un fondo di bottiglia. „ perché se era ipernitida sarebbe stata migliore , sempre fotine restano |
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