| inviato il 28 Dicembre 2019 ore 16:55
“ In più però mi sembra di trovare una sensibilità svedese, sarà forse una mia suggestione, ma ci vedo qualche contatto con la fotografia dei film b/n di Bergman. „ Del resto, lui stesso dichiara il suo riferimento a Bergaman il quell'intervista al Manifesto a cui ho fatto menzione nel mio primo post in questo thread. Faccio un copia-incolla: Negli anni '60 il cinema svedese era rappresentato da Ingmar Bergman e la fotografia in molti dei suoi film è straordinaria. Il cinema è stato determinate in un'epoca in cui la fotografia ancora non si vedeva nei musei. Diversamente dai film americani, in cui le scene erano dominate da grandi paesaggi all'interno dei quali i personaggi erano piccoli, nei film europei – soprattutto svedesi – la scena era compressa, ravvicinata. |
| inviato il 28 Dicembre 2019 ore 17:02
grazie per lo spunto andrea e roberto. ammetto di trovarle anche io armoniose come linee e composizione, però mi "lasciano" poco. le sto vedendo sul cellulare, cosa che fa (male) di sicuro... però quando ad esempio qui avevo scoperto burkett e l'avevo visto sullo schermino avevo percepito subito altre e ben più intense sensazioni. l'arte è anche questo alla fine! :) |
| inviato il 28 Dicembre 2019 ore 17:09
Christopher Burkett è in un certo senso l'opposto: un artista con un'alta valenza emotiva. La stessa definizione di "intimate landscape", del genere che pratica, ne è l'indicatore. Io in queste faccende sono "agnostico". Li apprezzo entrambi, perché entrambi raggiungono l'eccellenza nel proprio genere. |
| inviato il 28 Dicembre 2019 ore 17:54
Se vi siete persi Albert Renger-Patzsch a Bologna, mi dispiace molto per voi... Mostra bellissima e benissimo curata. |
| inviato il 28 Dicembre 2019 ore 17:57
Innanzitutto grazie per la segnalazione, fa sempre piacere scoprire autori nuovi. Ho sfogliato alcuni libri, partendo dalla home del sito, e mi sono soffermato sul volume Sverige, ambiente che mi è familiare. Ne apprezzo la capacità compositiva e la continuità di impronta che l'autore mantiene nella serie, ciò che mi ha stupito maggiormente è il fatto che le immagini singolarmente non siano rappresentative del luogo in cui sono state scattate, mentre nell'insieme, come in un collage, siano come una visione intima e personale di quel luogo fino ad estrarne l'essenza. Mi associo a chi ha scritto che, in qualche modo, ricorda i film di Bergman. |
| inviato il 28 Dicembre 2019 ore 18:00
Roberto è una fonte inesauribile! |
| inviato il 28 Dicembre 2019 ore 18:03
Grazie, ma non voglio bluffare. Sono quasi tutte cose che ho scoperto in quest'ultima oretta con Google. |
| inviato il 28 Dicembre 2019 ore 20:39
tutto ciò mi conferma quanto sia importante studiare... |
| inviato il 28 Dicembre 2019 ore 22:22
Interessantissimo fotografo di cui avevo visto qualcosa ma sul quale non mi ero mai soffermato. Si se vogliamo incasellare direi new topographics ma, come giustamente dice lui stesso, con delle varianti date dal tipo di paesaggio che c'è attorno a lui (ma anche, dico io, dal suo sguardo che è molto personale) mi ha richiamato, nella sua ricerca del bilanciamento perfetto , quello che fa kenna con i paesaggi. Ha un modo di comporre fin troppo preciso per stare del tutto nella fotografia documentale, spesso sfocia in composizioni quasi astratte. Comunque davvero bello spunto, penso che mi comprerò il libro |
| inviato il 28 Dicembre 2019 ore 23:22
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| inviato il 28 Dicembre 2019 ore 23:23
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| inviato il 28 Dicembre 2019 ore 23:25
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