user170782 | inviato il 21 Febbraio 2019 ore 17:34
Ognuna è una interpretazione di cui tener conto; la verità in senso lato non esiste, anche se leggi 10 articoli di 10 giornalisti su uno stesso fatto di cronaca, che dovrebbe essere la cosa più semplice da raccontare, otterrai 10 versioni diverse. Non necessariamente più o meno vere, ma senza dubbio raccontate secondo la sensibilità dell'autore, secondo ciò che ai suoi occhi è più importante. Ciò non toglie che tutti e 10 i testi diventano dei documenti con una valenza storica, per quanto inutile possa essere l'evento raccontato. |
| inviato il 21 Febbraio 2019 ore 17:40
La fotografia è sempre una interpretazione della realtà secondo la sensibilità dell'autore |
user39791 | inviato il 21 Febbraio 2019 ore 17:54
Una scena anche se la abbiamo costruita ha sempre per noi una sua veridicità. Quando scattiamo una foto cerchiamo di catturare e trasmettere questa veridicità. |
| inviato il 21 Febbraio 2019 ore 17:55
Menomale che qualcuno esiste che vuole parlare di fotografia. Rispondo in base al primo post gli altri dopo li leggo. Per me non è corretto, per il mio modo di fotografia è vero solo quando elaboro un paesaggio e cerco di migliorare luce contrasti colore a meno che non trovi le condizioni perfette.. Quella luce soffusa contrasti è colori belli mordidi ecc. Non faccio avifauna ma vede scatti fantastici ma sempre immagino che a meno di soggetti particolari la differenza oltre un bello sfocato dal colore uniforme la fa la post. Per gli scatti alle persone dipende cioè un conto è riprendere una modella modello un conto è riprendere scene di guerra terzo mondo malati non credo che l'autore scatta per rendere meglio la realtà. In più di dico che il bello il migliore in fotografia è altri ambiti non esiste, quello che per me è meraviglioso per te potrebbe essere bruttissimo. |
| inviato il 21 Febbraio 2019 ore 17:58
Filiberto, “ Una scena anche se la abbiamo costruita ha sempre per noi una sua veridicità „ quindi la scena è vera solo per noi, non è vera in senso assoluto |
| inviato il 21 Febbraio 2019 ore 18:18
Motofoto secondo me ha ricordato un concetto molto semplice eppure ostico a molti, la fotografia è un linguaggio , e come tale il suo fine è la comunicazione . Esiste un unico requisito per la comunicazione: deve essere efficace . E allora anche la foto deve essere efficace. Foto documentaristiche devono essere efficaci nel rappresentare la realtà in maniera veritiera e se vogliamo imparziale, ovviamente tenendo ben a mente che la percezione della realtà è soggettiva. La fotografia d'arte deve essere invece efficace nel rappresentare l'idea che l'artista si è prefigurato nella sua mente, ben prima di scattare. Questa idea può corrispondere ad un ideale di bellezza oppure no, ma qui ci si addentra in un discorso sull'estetica che personamelmente non sarei mai in grado di sostenere. |
| inviato il 21 Febbraio 2019 ore 18:42
Per chi volesse approfondire.... Scrivete su Google : semiotica della fotografia. Qualche tempo fa ho dato una lettura ad alcuni pdf. Qualcosina ci ho capito ma poco però. Poi ognuno fa la fotografia nel termine generale e concettuale della materia stessa propria cioe la interpreta a modo proprio le materie della fotografia sono tante troppe e non basterebbe una vita per approfondire tutte. Ps ammazza non sapevo di essere così pensante |
| inviato il 21 Febbraio 2019 ore 19:33
“ Una fotografia blocca un istante, gli impedisce di essere dimenticato o cancellato. Potrebbe essere paragonata alla memoria. Ma la memoria è quello che ci rimane di una esperienza continua che ha un passato e un futuro. La fotografia estrapolata l'immagine di un istante staccato. È una istantanea. Nella nostra vita non ci sono significati istantanei. Un significato non esiste senza un suo sviluppo. Senza una sua storia. „ "Il critico e saggista Diego Mormorio individua l'esigenza, pretesa e realizzata in ogni immagine, di ancorare qualcosa all'essere, di fermarlo sulla strada dell'oscillazione che lo conduce al niente, pur nella consapevolezza dell'inarrestabilità di tale cammino. <Finché esisterà una foto esisterà un'eternità della cosa rappresentata, un presente immobile>, considera argutamente; e in questo senso ogni foto è negazione della morte e al tempo stesso espressione della convinzione della temporalità di ogni esistenza, della oscillazione dell'ente - appunto - tra l'essere e il niente. Ogni fotografia, dunque, è il tentativo di perpetuare l'esistenza di qualcosa e nella sostanza questo tentativo è dettato dalla consapevolezza della sua inattuabilità. Perché questo presente immobile, imperfetto, esisterà solo finché la foto stessa sarà a questo mondo: esperienza temporanea per definizione, quindi, destinata a concludersi, con il ritorno nel nulla, con la distruzione dell'immagine medesima." |
| inviato il 21 Febbraio 2019 ore 19:48
A volte penso che le fotografie più belle siano quelle che non ho fatto. Così l'istante di quell'immagine, si protrae nella memoria senza essere immobilizzato dallo scatto e continuo ad attingere dal ricordo della luce e del colore. Proprio la passione per la luce e' quello che mi spinge a fotografare. La ricerca della sfumatura mai uguale. E' l'emozione ad avere il sopravvento, e l'emozione può avere molti aspetti... |
| inviato il 21 Febbraio 2019 ore 19:55
Per me la fotografia é una rappresentazione di un qualcosa fuori dal tempo e dallo spazio. É un concetto, un' idea, una visione. Non mi interessa contestualizzare i miei scatti. Mi interessa rappresentare la mia realtà o presunta tale. Penso sia un qualcosa di molto profondo che non ho ancora afferrato del tutto. |
user117231 | inviato il 21 Febbraio 2019 ore 19:56
Si..si..parliamo di Fotografia. |
user39791 | inviato il 21 Febbraio 2019 ore 20:30
Vi riporto uno scritto di Jonh Berger Tra verità e menzogna È perché la fotografia non possiede un linguaggio suo, perché cita piuttosto che tradurre, che si dice che la macchina fotografica non può mentire. Non può mentire perché riproduce direttamente. (Il fatto che siano esistite ed esistano fotografie contraffatte è, paradossalmente, una dimostrazione di ciò. L'unica operazione possibile per far sì che una fotografia racconti una menzogna sta nell'elaborazione di tecniche come l'alterazione, il collage, la ri-fotografia. In quel caso non si tratta più di fotografia. La fotografia in sé non possiede un linguaggio che possa essere virato.) Eppure le foto possono essere usate e sono usate molto spesso per ingannare e fornire informazioni distorte. Siamo circondati da immagini fotografiche che costituiscono un sistema globale di informazione fuorviante: il sistema noto come pubblicità, proliferazione di menzogne consumistiche. II ruolo della fotografia in questo sistema è rivelatorio. La menzogna è costruita prima della macchina fotografica. Viene assemblato un tableau di oggetti e di figure. Questo tableau usa un linguaggio di simboli, una narrativa implicita e, spesso, tipi di comportamento tratti da modelli di contenuto sessuale. Questo tableau viene poi fotografato. Viene fotografato proprio perché la macchina è in grado di conferire autenticità a qualsiasi tipo di sembianza, anche falsa. La macchina fotografica non mente neanche quando cita una menzogna. La conseguenza è che ciò rende la menzogna più credibile. Entro i suoi limiti, la citazione fotografica è incontrovertibile. Eppure la citazione, collocata come un fatto nell'ambito di un tema più o meno esplicito, può dare informazioni false. Talvolta l'informazione fuorviante è deliberata, come nel caso della pubblicità; spesso è il risultato di un assunto ideologico indiscusso. Per esempio, per tutto il XIX secolo e in tutto il mondo, viaggiatori europei, soldati, amministratori delle colonie, avventurieri hanno scattato fotografie degli 'indigeni', dei loro costumi, architetture, ricchezze, povertà, dei seni delle loro donne, delle capigliature; e queste immagini, oltre a provocare stupore, venivano presentate e lette come prova della giustezza della divisione imperialistica del mondo; la divisione tra coloro che organizzavano, razionalizzavano e controllavano, e quelli che erano controllati. Di per sé la fotografia non può mentire ma, per la stessa ragione, non può dire la verità; o, piuttosto, la verità che può dire, che può difendere, è limitata. I primi fotoreporter, che erano degli idealisti – negli anni Venti e Trenta – credevano che la loro missione fosse quella di riportare nel mondo la verità. Così scriveva Margaret Bourke-White: “A volte vengo via da ciò che sto fotografando con il cuore che sanguina, con i volti della gente che soffre impressi nella mente come sui miei negativi. Ma vi ritorno perché sento di dover scattare quelle foto. La verità assoluta è essenziale, ed è questo che mi muove quando guardo attraverso l'obiettivo”. Ammiro il lavoro di Margaret Bourke-White. E i fotografi, in determinate circostanze politiche, hanno certo aiutato a sensibilizzare l'opinione pubblica sulla verità di ciò che stava accadendo altrove. Per esempio: il grado di povertà nelle campagne degli Stati Uniti degli anni Trenta; il trattamento riservato agli ebrei nelle strade della Germania nazista; gli effetti delle bombe al napalm sganciate dagli americani in Vietnam. Eppure credere che ciò che si vede, come si guarda attraverso l'obiettivo l'esperienza degli altri, sia la 'verità assoluta' rischia di confondere livelli di verità molto diversi. E questa confusione è endemica nell'attuale uso pubblico che si fa delle fotografie. Le fotografie vengono impiegate nella ricerca scientifica: in medicina, fisica, meteorologia, astronomia, biologia. L'informazione fotografica è presente anche in sistemi di controllo sociale e politico – indagini, passaporti, informazioni militari. Altre fotografie vengono usate dai media per la comunicazione pubblica. I tre contesti sono diversi, eppure generalmente si ritiene che la veridicità della fotografia – o il modo in cui questa verità funziona – sia sempre la stessa. Di fatto, quando una foto viene usata in campo scientifico, la sua inconfutabile evidenza costituisce un ausilio per giungere a una conclusione: fornisce informazioni nell'ambito della struttura concettuale di una ricerca. Fornisce il dettaglio mancante. Quando le fotografie vengono impiegate nei sistemi di controllo, la loro esistenza è in parte utilizzata per stabilire l'identità di qualcuno o la sua presenza. Ma appena una fotografia viene usata come mezzo di comunicazione, viene immediatamente coinvolta la natura dell'esperienza vissuta, e quindi la verità diventa un fatto più complesso. La radiografia di una gamba dolorante può dire l''assoluta verità' sull'interezza o meno delle ossa. Ma in che modo può una fotografia dire 'tutta la verità' sull'esperienza di privazione di un uomo o, al contrario, sulla sua esperienza di un lauto pasto? Da un lato non esistono fotografie che possano essere negate. Tutte infatti riportano un fatto. Ciò che deve essere analizzato è in quale modo la fotografia possa o non possa conferire senso ai fatti. |
user117231 | inviato il 21 Febbraio 2019 ore 20:33
Quindi ?! Mi puoi fare un sunto di una riga.. grazie. |
user39791 | inviato il 21 Febbraio 2019 ore 20:37
Fatti una riga di coca |
| inviato il 21 Febbraio 2019 ore 20:41
Da "commenti memorabili" |
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