| inviato il 15 Ottobre 2018 ore 17:15
Raffaele come ti ho già scritto le domande iniziali sono quelle giuste. Non solo per te, ma per chiunque provi ad adoperare una macchina fotografica con un minimo di passione. Il bello (o brutto) che innanzi a queste domande ciascuno ha le proprie risposte, oppure costantemente le cerca secondo quelle che sono le proprie intenzioni, gusti, mezzi, tempo e mille altre variabili. Il fine di un fotografo amatoriale è quello di trarre beneficio dalla propria passione non tormento interiore (sarò capito, sarò stato bravo, è bella, è buona, etc). Quello è proprio degli artisti; a me piace parlare solo di fotografia. Chi sarei io per dirti che le tue foto sono spazzatura o quali si e quali no? Per me solitamente è più importante trovare coerenza all'interno di tutti i miei scatti; per me può essere significativa di una ricerca espressiva, di un modo di vedere e via dicendo. Capire se scatto a casaccio o se in effetti qualche cosa lega il mio modo di fotografare. Per altri può essere una ricerca di forma, altri mirano alla sostanza, insomma ciascuno deve sentirsi libero ed acquisire le proprie consapevolezze ed i propri limiti. I giudici stanno in Tribunale, lasciamoli li che bastano ed avanzano. Cerca la tua strada e divertiti, i fondamenti li hai e non li devo scoprire io; proponi quello che ti senti di proporre e lascia da parte tutte le insicurezze con un sorriso dinnanzi alla prossima fotografia. Un saluto. P.S. dimenticavo: se non trovi le risposte non è importante, non saprai nemmeno se sono giuste o sbagliate. L'importante è cercare nuove domande. |
| inviato il 15 Ottobre 2018 ore 19:26
Grazie Raffaele di aver condiviso queste domande che, da fotografatore della domenica, se volessi migliorare, dovrei pormi più spesso. La domanda più importante e difficile credo sia di gran lunga la prima: " La fotografia esprime la tua intenzione? " Presuppone ci sia una intenzione ben chiara. Se c'è, verrà più semplice e naturale affrontare gli altri punti. Tra questi la prospettiva, cioè il punto da cui riprendiamo il nostro soggetto è determinante, ed è soggettiva. Certamente la luce che, se non è quella giusta, ci si può anche astenere dallo scatto. Gli aspetti puramente tecnici mi son fatto l'idea siano secondari (purtuttavia più o meno secondo il genere fotografico). Anche alla composizione si da peso eccessivo: dovrebbe essere in funzione della fotografia, mentre rischia di diventare il contrario: cioè si fanno fotografie per inseguire una "buona composizione' |
| inviato il 15 Ottobre 2018 ore 20:44
Grazie. Rinnovo il mio piacere ad aver postato questo blog e la consapevolezza di avere scelto ottimi amici/fotografi per provare ad imparare. Grazie ancora a tutti |
| inviato il 16 Ottobre 2018 ore 14:32
Quello che scrive Brenda Tharp è naturalmente indiscutibile ma... riguarda la foto singola: nel genere che preferisci cioè la street conta molto il legare insieme le foto, cioè avere un tema in mente, come se dovessi pubblicare un libro su un argomento. Questo almeno mi insegna Vincenzo Virus e a me aiuta molto. Stampare un libro, oltre che avere sotto mano le tue foto unite da un filo logico, serve molto a migliorare e su Juzaphoto si dovrebbe dare maggiore importanza alle Gallerie a tema. Ne parleremo a voce! Hai aperto una bella, importante discussione, utile a tutti! Un abbraccio, Fabrizio |
| inviato il 16 Ottobre 2018 ore 15:06
“ nel genere che preferisci cioè la street conta molto il legare insieme le foto, cioè avere un tema in mente, come se dovessi pubblicare un libro su un argomento. „ Per me è discutibile anche se, guardando in giro, sono consapevole di essere minoritario. La mia modesta opinione è che fa un po moda presentare progetti nella foto di strada. Viceversa sono convinto dell'opposto, ossia che se uno ha un linguaggio ed un modo di vedere coerente, nell'insieme si percepisce un filo conduttore guardando tutti i suoi scatti. Strutturare un progetto richiede anche altre caratteristiche, meno compatibili con l'occasionalità della strada. Non che i progetti a tema siano vietati, tutt'altro, ma girare per strada concentrando lo sguardo, lo trovo poco utile. Già il tempo è poco. In altri generi può essere meglio programmato e strutturato, ma credo che la foto di strada sia più difficile da programmare. E' solo uno svilire il valore, la bellezza e la forza della singola foto. Nel progetto possono esserci immagini che seppur migliori non legano con altre, e viceversa guardando il complesso del racconto, vi sono immagini che acquistano valore solo nel loro insieme, proprio perchè è l'insieme e non la singola che racconta, con due linguaggi e strutture diverse. Ma questo, ripeto, è solo la mia opinione ed il mio modo di vedere. |
| inviato il 16 Ottobre 2018 ore 15:42
“ E' solo uno svilire il valore, la bellezza e la forza della singola foto. „ E' invece valorizzarla come ci insegnano i grandi streeters come W. Eugene Smith, altrimenti ci riempiamo di foto di normali passanti o di gente interessante solo perché ha una faccia strana. Certo loro avevano giravano “ per strada concentrando lo sguardo „ ma ancor più la testa e se a qualcuno dobbiamo riferirci è sempre meglio avere buoni maestri, no? Se si è insoddisfatti si migliora ed il confronto sul forum è un buon modo per ascoltare opinioni e modi di vedere ma alla fine ci si diverte di più quando vediamo il nostro miglioramento piuttosto che s-cambiare il mezzo (l'attrezzatura) con il fine (la fotografia e la relazionalità che comporta). “ Nel progetto possono esserci immagini che seppur migliori non legano con altre, e viceversa guardando il complesso del racconto, vi sono immagini che acquistano valore solo nel loro insieme, proprio perché è l'insieme e non la singola che racconta, con due linguaggi e strutture diverse. „ Giusto sono due linguaggi diversi ma un progetto, sia pur modesto, dice sempre di più di tante foto uguali e modeste che difficilmente ci soddisfano. Se abbiamo poco tempo c'è il divano e la tv! |
| inviato il 16 Ottobre 2018 ore 16:17
Non sono sicuro che l'esempio di Eugene Smith sia il più pertinente per due motivi. 1) In gran parte era un documentarista, si occupava più di reportage diciamo. Ma le classificazione servono solo per ingannare. 2) il suo più grande lavoro è rimasto incompiuto, pare che fosse divenuto difficilissimo dare organicità ad una mole impressionante di materiale. Forse qualche problema c'è, e se non la risolto lui non credo sia semplice. Per il resto non confondere foto che sono deboli da singole e che rimangono deboli anche in una sequenza seppur organica. Poi se il progetto è del tipo ombre e luci, oppure una giornata di pioggia in centro, riflessi e via dicendo allora va bene tutto, non occorre parlarne. |
| inviato il 16 Ottobre 2018 ore 17:03
“ 1) In gran parte era un documentarista „ Cos'è la street se non documento di vita? Eugene Smith in 'the Country Doctor' documenta la vita del medico di campagna e dei suoi pazienti, semplice gente di campagna e ne mostra i problemi e la dura vita; quando raffigura i volti anneriti dei minatori del Galles non va zuzzerellando per la strada ma come ogni vero fotoreporter documenta quella realtà di tutti i giorni; in 'Minamata' , documenta il dramma dei pescatori avvelenati da un'industria chimica e cerca la profondità di sentimento nella profondità del rapporto umano tra lui e quella gente disperata; nel piccolo villaggio spagnolo ai tempi della guerra civile riesce a ridurre le diffidenze degli abitanti tanto da riuscire a ritrarne le emozioni, le paure, in una parola l'interiorità anche se poi i falangisti lo cacceranno; le sue più belle foto di guerra al seguito delle truppe americane sono dure, impietose, non certo da supporter bellico. Nel fascicolo 'Magnum, la storia delle immagini' uscito in edicola leggo cosa scrive in una lettera alla madre: “ Ogni volta che facevo scattare l'otturatore era come un'accusa scagliata nella speranza che potesse sopravvivere negli anni'. „ Il lavoro incompiuto dipende dalla sua morte e dalla mania di perfezione che gli fa onore. Se vogliamo migliorare anche in ciò che per noi è pur sempre un hobby dobbiamo imparare a vivere con meno superficialità di rapporti umani la realtà che ci circonda tutti giorni. Anche foto modeste inserite organicamente acquisteranno la loro dignità, dato che non faremo tutti capolavori. Pur avendo cominciato come tutti a far foto 'singole' ho cercato di fare anch'io qualcosa di più organico in un ambito paesaggistico che sembra 'raccontare' poco e in un gelso, un capanno, una collina un piccolo, appartato, quasi insignificante angolo rurale della provincia di Macerata, cerco di raccontare un anno di luci, stagioni, colture e segni del lavoro contadino. Il tempo è sempre lo stesso ma la struttura mentale è cambiata con maggior soddisfazione. Sto facendo stampare un libro che unisce questa collina alle colline che fotografo attorno alla mia città. E' fattibilissimo per tutti e spendere qualcosa sul fine e meno sul mezzo farà meno felici i marchi fotografici ma più felice la nostra umile fotografia. E' dunque un piccolo suggerimento che volevo rivolgere soprattutto al mio amico Raffaele che con la street ha ripreso nuovo vigore fotografico. Guardate inoltre a schermo intero lo splendido libro dello juzino Taranis Almost Artic |
| inviato il 16 Ottobre 2018 ore 17:28
Fabrizio non sarò certo io a voler scalfire le tue certezze in ordine a quale differenza possa esservi tra documentarismo, foto di strada (usando i termini esterofili reportage, straight photography, poi street) e via dicendo. Saprai certamente che non tutti hanno le tue certezze ed alcuni ne hanno su impostazioni diverse dalle tue. Ripeto che le classificazioni servono a poco. Però concettualmente è diverso lo stile del racconto di un reportage, che è organico per definizione, dalla foto di strada. Poi quando avrò tempo, giusto quei 3-5 anni per andare a documentare lo stile di vita delle tribù incottatate amazzoniche mi piacerebbe fare qualcosa di organico. Nel frattempo, come tanti appassionati, mi contento di scattare qua e la quando capita, senza spacciare titoli pretenziosi nelle didascalie delle fotografie. Detto questo in bocca al lupo per il tuo progetto che mi pare interessante, seppur in altro genere (Ahimè maledette classificazioni) che non amo praticare, ma di indubbia fascinazione. |
| inviato il 16 Ottobre 2018 ore 17:35
“ documentare lo stile di vita delle tribù incottatate amazzoniche „ ... come vedi al massimo ho contattato il contadino sul trattore che arava attorno a quel capanno e mi son fatto una chiacchierata condita da qualche risata, senza pretese. Grazie dell'in bocca al lupo (rispondo 'W il lupo' o 'Onore al lupo'!) ... ma scomodare il lupo è eccessivo perché nel mio caso sborsare 30 euro per un libro di circa 70 pagine non è complesso; ancor meno farlo e impaginarlo: ci ho messo solo qualche dopocena e mi ci sono divertito. Ad maiora! |
| inviato il 16 Ottobre 2018 ore 22:13
Seguo |
| inviato il 16 Ottobre 2018 ore 22:43
Ciao Raffaele, questo tema mi interessa e volevo dirti la mia. Io quando scatto tengo sempre presente l'esempio di Edward Weston, fotografo pittorialista della prima metà del '900. Lui é stato sicuramente uno dei più capaci fotografi che la storia della fotografia ricordi eppure la sua produzione principale tratta solo di conchiglie e peperoni. Fotografie eccezionali ma sempre di peperoni e conchiglie che non hanno nulla da dirci, puro pretesto per il virtuosismo del fotografo. Io vorrei che le mie fotografie avessero, oltre all'aspetto formale, anche uno concettuale, dopotutto la foto è anche un mezzo di comunicazione. |
| inviato il 16 Ottobre 2018 ore 22:51
Ciao Svario. Concordo con il tuo pensiero |
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