| inviato il 19 Gennaio 2017 ore 10:27
non è detto che debba essere titolo o didascalia a foto, potrebbe semplicemente essere un'introduzione al lavoro/mostra |
| inviato il 19 Gennaio 2017 ore 11:33
Dice bene, anzi molto bene Mtdbo. |
| inviato il 19 Gennaio 2017 ore 11:57
Perchè non pensare al "prodotto" fotografia come ad un insieme di scelte operate dal fotografo nelle varie fasi che portano alla realizzazione finale di un'immagine (o di una serie di immagini)? E perchè non pensare ai titoli e alle didascalie come una delle tante possibili opzioni (non obbligatorie!) che, dal punto di vista espressivo, nulla hanno di diverso dall'optare per l'utilizzo, ad esempio, di una certa maschera di contrasto o di un qualsiasi altro intervento volto a realizzare ciò che l'autore ha in mente? Mi sembra che la discussione "pro e contro" titoli, spiegazioni e didascalie sia del tutto simile alle solite ed inutili diatribe tra favorevoli e contrari a Photoshop. Tutto ciò che abbiamo a disposizione per realizzare le nostre immagini, quindi anche titoli e quant'altro, non può essere demonizzato per intrinseche caratteristiche negative che non ha. Anzi, ben venga ad arricchire il range delle nostre possibili scelte! Come giudico ridicole ed anacronistiche le discussioni pro e contro Photoshop, ritengo quindi altrettanto assurdo assumere posizioni ideologiche talebane su titoli, didascalie e spiegazioni. Non dobbiamo giudicare Photoshop o i titoli e le didascalie in quanto tali, ma l'uso che se ne fa . E ancora una volta si torna al vero nocciolo della questione in chiave di lettura critica: essere in grado di verificare la coerenza e la "misura" di tutte le scelte operate dal fotografo in funzione della realizzazione sincera della sua visione estetico/espressiva. Verifica critica da condurre ovviamente anche - ma direi innanzitutto - sulle nostre immagini. |
user14286 | inviato il 19 Gennaio 2017 ore 12:49
“ Dico, proferisco, sentenzio: le buone foto non hanno bisogno di spiegazioni. „ Viste le premesse non mi aspettavo nulla di diverso. |
| inviato il 19 Gennaio 2017 ore 15:58
“ Non posso darti torto. A volte quelle che tu chiami introduzioni possono avere valore. Il concetto di base della fotografia vorrebbe che la stessa dovrebbe essere tanto espressiva da non richiedere alcuna introduzione o spiegazione. Se guardi attentamente le foto di quelli che hanno fatto la storia, ti accorgerai che non hanno bisogno di parole. E' l'immagine fotografica che parla. Questo è il bello e l'essenza della fotografia. „ Ma è una cosa che credi tu, o scrivi questo perchè ti sei documentato, sai tutto di quella serie, di quel fotografo, di ciò che stai vedendo? C'è differenza |
| inviato il 19 Gennaio 2017 ore 16:01
“ Come giudico ridicole ed anacronistiche le discussioni pro e contro Photoshop, ritengo quindi altrettanto assurdo assumere posizioni ideologiche talebane su titoli, didascalie e spiegazioni. „ Franco, il motivo del contendere non è la verità è o una o l'altra, ma chiarire che vi sono molti casi in cui l'introduzione inserita dal fotografo o concordata con il fotografo, una prefazione, non significhi assolutamente che la serie è debole, da buttare nella spazzatura, cosa che molti ritengono un dato di fatto. Dipende dalle foto, dipende dal fotografo, dipende dal contesto. |
| inviato il 19 Gennaio 2017 ore 16:39
“ Se ci si atteggia in termini dogmatico-didattici, la spiegazione è opportuna: si desidera mandare un messaggio urbi et orbi, non sia mai che qualcuno possa fraintendere. „ credo l'esatto contrario. è proprio la foto nuda e cruda a veicolare maggiore universalità, diretta anche ai bambini, a chi non sa leggere, a chi non sa leggere nella lingua in cui è stata scritta la didascalia, ed eventualmente a chi non è nemmeno del nostro genere. it.wikipedia.org/wiki/Voyager_Golden_Record un po' come la musica, è lei che conta sopra ogni altra cosa per le nostre orecchie. |
| inviato il 19 Gennaio 2017 ore 17:17
Domanda: l'arte è linguaggio strutturato? Esiste un rapporto univoco tra significante e significato? Se un'opera d'arte è veicolo di uno e un solo messaggio, e il suo scopo si raggiunge quando il fruitore recepisce il messaggio che il produttore divulga, ci stanno tutti i discorsi relativi a didascalie accessorie e spiegazioni varie. Però...c'è un però!! Se le cose sono così, se l'arte deve essere intesa come linguaggio strutturato, chi la pratica deve studiare, praticare e rendere pubblica una grammatica, un'ortografia, una sintassi. Se il messaggio trasmesso da una foto è uno e deve essere capito in quei termini, se non deve essere opinabile, ex ante il fotografo deve rispettare delle precise regole linguistiche che vanno condivise con chi "legge". Volgarizzando, se mi racconti una cosa ben precisa, devi dirmi prima che lingua parli. Se quello dell'arte deve invece essere un input destrutturato, che parla alla sensibilità, all'irrazionale, all'anima, bene, le spiegazioni vanno viste in altra luce. Bisogna poi distinguere la didascalia dall'informazione storico-critica. Se corredi un libro fotografico con la storia dell'autore, della sua formazione, delle sue esperienze artistiche, dalla sua weltanschauung, del processo di genesi di un'opera o di una serie, non mi stai spiegando dogmaticamente l'opera, stai aricchendo i miei strumenti di lettura. Anche una spiegazione critica mi va bene, ma deve essere una proposta, non il diktat su come recepire il messaggio. Altrimenti, mi stai semplicemente traducendo una frase, senza dirmi da che lingua proviene. Non è più un'opera d'arte che parla alla sensibilità di ciascuno con un linguaggio esoterico comune ad artista e fruitore, è un'articolo di cronaca del "Sunday Times". Questo problema, molto sfuggente nelle arti figurative, è invece più sentito in letteratura, dove per esempio risulta molto difficile separare il lavoro neutro del traduttore da quello coinvolto e "deteriorante" del'interprete critico. Tant'è vero che è stata coniata la battuta "traduttore traditore". |
| inviato il 19 Gennaio 2017 ore 17:21
“ Se un'opera d'arte è veicolo di uno e un solo messaggio, e il suo scopo si raggiunge quando il fruitore recepisce il messaggio che il produttore divulga, „ questo non credo riguardi l'arte ma la comunicazione sintonizzata. L'arte è comunicazione non necessitata alla stessa sintonia tra emittente e ricevente.
 anche le psicosi, come la schizofrenia o le forme maniacali compulsive, non sono un blocco alla emissione o alla ricezione dell'arte. |
| inviato il 19 Gennaio 2017 ore 18:40
“ Bisogna poi distinguere la didascalia dall'informazione storico-critica. Se corredi un libro fotografico con la storia dell'autore, della sua formazione, delle sue esperienze artistiche, dalla sua weltanschauung, del processo di genesi di un'opera o di una serie, non mi stai spiegando dogmaticamente l'opera, stai aricchendo i miei strumenti di lettura. Anche una spiegazione critica mi va bene, ma deve essere una proposta, non il diktat su come recepire il messaggio. Altrimenti, mi stai semplicemente traducendo una frase, senza dirmi da che lingua proviene. „ ma infatti stiamo dicendo questo, arricchendo i tuoi strumenti, riesci a gustare meglio delle opere. Che poi magari piaccia tale opera o meno, è una questione legata alla propria soggettività. Ma capire cosa vi sta dietro permette di discernere molto meglio. |
user28347 | inviato il 19 Gennaio 2017 ore 18:53
esatto matteo |
user14286 | inviato il 19 Gennaio 2017 ore 20:21
Rassegnatevi: stiamo dicendo le stesse cose senza capirsi. |
| inviato il 20 Gennaio 2017 ore 0:35
“ Franco, il motivo del contendere non è la verità è o una o l'altra, ma chiarire che vi sono molti casi in cui l'introduzione inserita dal fotografo o concordata con il fotografo, una prefazione, non significhi assolutamente che la serie è debole, da buttare nella spazzatura, cosa che molti ritengono un dato di fatto. Dipende dalle foto, dipende dal fotografo, dipende dal contesto. „ Matteo, siamo perfettamente d'accordo. Forse mi sono spiegato male. |
| inviato il 20 Gennaio 2017 ore 11:38
Vorrei tornare un attimo alla "lettera" dell'incipit di questa discussione. Si opina a chiari termini che le buone foto (non i buoni libri o le buone mostre) noon hanno bisogno di spiegazioni o didascalie. Penso che tutte le divagazioni e gli ampliamenti di discussione servano a fare cultura , informazione e opinione, ma il nocciolo della questione erano le foto e le didascalie, non le serie, i libri fotografici e i commenti critici o le note sull'autore e la sua storia. Distinguerei fortemente tra lavoro di spiegazione scolastica e lavoro di contestualizzazione dell'opera. Concordo (e come, altrimenti...?) sulla grande utilità del lavoro critico e storico su autori e opere, se stringiamo il campo alla foto e alla spiegazione/didascalia focalizzata sulla stessa, secondo me rimangono dubbi e considerazioni proposte. Soprattutto, rimane il distinguo tra fotografie di generi e finalità differenti, alcuni dei quali richiedono il "manuale delle istruzioni" mentre altri ne vengono fortemente limitati. |
user14286 | inviato il 20 Gennaio 2017 ore 12:31
ma infatti, il quesito originario era generico, dunque genericamente NON si può sentenziare che le "buone" foto NON necessitino MAI di spiegazione (intesa come titolo maggiormente descrittivo, sintetica didascalia/introduzione). Se invece si discutesse di un ambito in particolare, allora bisognerebbe valutare, posto e imposto che i limiti insuperabili dell' immagine stanno nella sua ambiguità e nella sua ripetibilità, dunque una spiegazione quantunque succinta non ha mai ucciso nessuno che mi risulti... |
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