| inviato il 15 Settembre 2016 ore 16:20
No no Francesco, tutt'altro che vaga l'idea! Di sicuro il talento aiuta e tutto il resto viene da se ... peccato che non lo vendono nei negozi! |
user104607 | inviato il 15 Settembre 2016 ore 16:26
Per me ogni scatto è unico. Ogni attimo è unico. I lavori a set non li amo forse perché tengo di più al paesaggio. Ma tra dieci scatti è sempre uno a essere scelto e lavorato. Ciò che dico è che la fotografia pensata ha il suo valore,ma cogliere l'attimo gratifica moltissimo |
| inviato il 15 Settembre 2016 ore 16:31
francesco hai ragione, mi sono espresso male io per cercare di riassumere ma il concetto era quello. dario, cogliere l'attimo in stile bresson, significa lavorare su uno scatto (e su una serie) per più tempo di quello che ci vuole in uno studio fotografico, che poi lui era bravo a far credere nel colpo di fortuna.... |
user104607 | inviato il 15 Settembre 2016 ore 17:25
Se riesci ad andare oltre rileggendo le mie parole vedrai che abbiamo detto la stessa cosa |
| inviato il 15 Settembre 2016 ore 22:24
Serie vs. singola = analisi vs. sintesi |
| inviato il 16 Settembre 2016 ore 12:14
@Ale Z direi che è una sintesi incontrovertibile! |
| inviato il 17 Settembre 2016 ore 2:11
beh dipende da cosa devi farci con le tue foto... Se fai una mostra, un libro, necessariamente serve una serie, a meno che non siano "collettive". Se usi la fotografia come mezzo d'espressione, solitamente è necessario un gruppo di foto, sistemate in una sequenza precisa, con una certa coerenza estetica... D'altro canto, in ambiti diversi, potrebbe andar bene una foto singola, ad esempio: Instagram, ma anche una pubblicazione su un giornale... C'è da dire che magari una foto singola a sua volta, potrebbe essere stata estrapolata da una serie, da un libro, da un progetto più vasto... Molte immagini "iconiche" di fotografi famosi, ormai impresse nella nostra memoria, magari hanno proprio questa origine. |
| inviato il 17 Settembre 2016 ore 9:09
Concordo pure io sul dipende. Inoltre, Francesco non me ne abbia, a volte una foto che da sola può essere mediocre, assume un senso di compiutezza all'interno di una serie. Mi viene velocemente in mente una situazione: - Foto 1: bambini che giocano a lanciarsi la con la palla. - Foto 2: palla che sfugge e sta per finire in un pozzo: bambini sfocati sullo sfondo. - Foto 3: bambino che, sconsolato, guarda il pozzo. Secondo me, in questo caso, ogni foto da sola potrebbe essere d'impatto, ma la narrazione aggiunge al semplice scatto. La foto 3, da sola magari sarà quella che piacerà di più, ma magari ci comunica tutt'altro. La foto 1 e la foto 2, da sole, potrebbero anche dire poco: messe nella serie servono di "supporto" alla storia. Insomma, mi pare ci siano degli attimi "singoli" che funzionano sempre e comunque bene, mentre ci sono degli attimi "sequenza" che per esprimere il massimo devono essere contestualizzati, per cui una sola foto non basta. Ovviamente ci sono milioni di fotografie, invece, che da sole esprimono già il massimo, per cui mettendole in una serie potrebbero avere meno impatto. Alla fine dipende da cosa il fotografo vuole comunicare. |
| inviato il 17 Settembre 2016 ore 13:47
“ Concordo pure io sul dipende. Inoltre, Francesco non me ne abbia, a volte una foto che da sola può essere mediocre, assume un senso di compiutezza all'interno di una serie. „ Caro Leo, immaginando di essere io il Francesco a cui ti riferisci... nessun "averne", anzi, sono totalmente d'accordo con te. L'obbligatorietà del "dipende", perlomeno per come l'ho usato io, è legata proprio a questo genere di cose, al fatto cioè che una regola standard sarebbe di per se assurda. Sia come concetto che ognuno può facilmente valutare, ma anche osservando la storia, quel che già c'è. Ed è vero che, all'interno di una rappresentazione complessa, una fotografia non particolarmente eclatante può essere utile come e più di uno scatto più azzeccato e accattivante. Io per primo, quando mi è capitato di proporre lavori, diciamo così, "integrati" (la parola progetto non mi piace troppo in questo caso), ho sempre privilegiato la qualità e il ritmo della narrazione alla capacità di presa del singolo fotogramma. Aggiungerei una cosa: al di la di serie o progetti specifici (che ripeto: io non trovo in assoluto necessari per lo sviluppo di un'identità fotografica), la giusta valutazione di un'opera o del suo autore dovrebbe comunque passare per un'osservazione sufficientemente ampia, e non limitarsi alla singola espressione. Questo perchè, altrimenti, sarebbe solo l'immediato, lo spettacolare, l'insolito a prevalere, piuttosto che linguaggio e poetica, che in fotografia (sempre a mio parere) dovrebbero detenere il primato. A livello di grandi autori (mi viene in mente ad esempio un Ghirri, discusso recentemente nel forum) ce ne sono molti che, osservati attraverso una o due fotografie direbbero probabilmente poco, ma che valutati in un percorso complessivo emergono con grande forza. Ma anche a livello più amatoriale, con le debite proporzioni, riferendoci a ognuno di noi quindi, il discorso non è troppo differente... Buon week-end F |
| inviato il 17 Settembre 2016 ore 17:19
Francesco, condivido la necessità di valutare il lavoro di un fotografo nel suo complesso e non a partire da una o poche immagini. Aggiungerei anche che è importante collocare l'opera di un autore nel momento storico in cui è prodotta. Perchè anche questa prospettiva aiuta a comprenderla e valutarla. |
| inviato il 17 Settembre 2016 ore 17:25
“ Francesco, condivido la necessità di valutare il lavoro di un fotografo nel suo complesso e non a partire da una o poche immagini. Aggiungerei anche che è importante collocare l'opera di un autore nel momento storico in cui è prodotta. Perchè anche questa prospettiva aiuta a comprenderla e valutarla. „ Assolutamente corretto Ale. Spesso si dibatte sull'utilità di una cultura, per potersi dedicare alla fotografia (io ci aprii anche un topic specifico). Certamente per fare buoni scatti può non essere necessaria, ma per capire si. L'arte (e nel contesto poco importa se la fotografia è arte o solo arte minore: sempre attività "di ordine artistico" è) ha necessità di nuove visioni, di contributi che "spostino avanti", di idee. Ma se osserviamo il lavoro di un Weston (solo per fare un esempio) senza appunto contestualizzarlo, senza comprenderne la potenza rivoluzionaria solo perchè, oggi, è ovviamente "già visto", giammai potremo valutarne la grandezza e il fondamentale ruolo che ha avuto, anche e proprio per essere dove siamo... |
| inviato il 17 Settembre 2016 ore 17:28
a mio parere la foto, intesa come unica immagine o stampa, deve stare in piedi da sola, senza altre foto, senza titoli, senza commenti. nel caso in cui la foto non abbia questa forza o significato, preferisco unificare una sequenza. www.juzaphoto.com/galleria.php?l=it&t=1537581 |
| inviato il 17 Settembre 2016 ore 17:34
“ a mio parere la foto, intesa come unica immagine o stampa, deve stare in piedi da sola, senza altre foto, senza titoli, senza commenti. „ In linea generale condivido. Ma anche in questo, se non intendiamo la fotografia come una gara, o come qualcosa che non deve in alcun modo "ibridarsi", i distinguo secondo me ci sono. Non so se, esempio lampante, conosci il lavoro di Paul Strand "Un paese" voluto da Zavattini e realizzato dai due, insieme, nel paesino emiliano di Luzzara, negli anni 50. Lusetti's Family, contenuta in quel libro, è una delle fotografie più famose della storia direi. Ecco: se la guardi è bella. Ma se la riguardi dopo aver letto il testo che la accompagna, siamo infinitamente oltre. E io credo che questo sia tutt'altro che male |
| inviato il 17 Settembre 2016 ore 17:42
a mio parere anche un titolo ha significato, infatti le immagini le titolo. una didascalia o addirittura un testo rende migliore una foto? non credo. Si può scrivere un libro su un'avventura o un viaggio ed inserire una pessima immagine che ne descriva un evento saliente. Ma in quel caso si fa un pessimo servizio al testo con una brutta immagine. Per questo dico che l'immagine deve stare in piedi da sola. Se fai una brutta immagine ad una bandiera sul cucuzzolo di una montagna resta una pessima immagine, poi nella didascalia leggi " questa è la prima bandiera posta in cima all'Everest ", così quell'immagine acquista immediatamente un grande valore, di tipo documentario, pur restando una pessima immagine. |
| inviato il 17 Settembre 2016 ore 19:06
In effetti possiamo allargare il discorso all'infinito... E' meglio una foto, più foto oppure ancora la fotografia che si apre ad altre forme di espressione come la scrittura (anche fosse solo una didascalia)? Ad un certo punto mi sembrava ci fosse un certo accordo attorno a "dipende". E' vero: dipende. Per semplificare, escluderei per un momento le "fotografie già fatte" limitandoci a "quelle ancora da fare". Credo che un buon esercizio che ognuno può fare è quello di avvicinarsi al soggetto, chiedendosi se questo "ci chiede" di essere analizzato attraverso una serie di immagini oppure se sia meglio sintetizzarne l'essenza in una sola foto. Lo dico perché spesso vedo che se non si riflette un attimo è facile commettere "errori" (prima di tutto io...). |
Che cosa ne pensi di questo argomento?Vuoi dire la tua? Per partecipare alla discussione iscriviti a JuzaPhoto, è semplice e gratuito!
Non solo: iscrivendoti potrai creare una tua pagina personale, pubblicare foto, ricevere commenti e sfruttare tutte le funzionalità di JuzaPhoto. Con oltre 251000 iscritti, c'è spazio per tutti, dal principiante al professionista. |

Metti la tua pubblicità su JuzaPhoto (info) |