| inviato il 18 Aprile 2016 ore 21:09
Si sul discorso focale dubbi non ne avevo |
| inviato il 19 Aprile 2016 ore 9:44
Grazie a tutti per le varie spiegazioni! Scusate ma sono un novellino! |
| inviato il 20 Aprile 2016 ore 14:32
Ottima spiegazione, anche io mi ero accorto che focheggiando ad 1:1 diventava più buio l'obiettivo. Segna 5.6. Ci ero arrivato che anche se è un 2.8 con tutto quel cono tirato fuori doveva essere ovviamente più buio. Non sapevo xo che diventava un 210 |
| inviato il 20 Aprile 2016 ore 21:18
Non sapevi che diventasse un 210 mm, perché proprio non lo diventa. Tutto corretto circa l'apertura delle ottiche macro che, con qualunque marca e lunghezza focale, perdono sempre in luminosità quando la messa a fuoco diventi ravvicinata e il RR sempre più prossimo a 1:1. La lunghezza focale effettiva invece non solo non cresce ma, in tutte le ottiche macro flottanti, diminuisce avvicinandosi al RR 1:1. Per esempio i 105 mm hanno una focale "reale", quando sono a RR 1:1, penso compresa tra 70 e 80 mm, il mio 180 mm diventa un 115 mm e così via. Quindi attenzione a non metterci in testa idee tecnicamente errate. Riccardo |
| inviato il 21 Aprile 2016 ore 7:18
@Ricki51: Hai perfettamente ragione sul fatto che negli obiettivi macro sia un espediente diffuso quello di ridurre la focale dell'ottica alla minima distanza di messa a fuoco; si tratta di un accorgimento che permette di compensare (parzialmente) il calo di luminosità dell'ottica. Tuttavia se c'è un calo di luminosità (e c'è) quando andiamo alla minima distanza di messa a fuoco, significa necessariamente che la focale effettiva (non quella nominale) dell'ottica sia comunque maggiore rispetto a quando focheggiamo all'infinito. E' una questione di ottica, non ci si scappa! Il valore esatto lo si può misurare facendo un paio di misure con l'esposimetro mantenendo le stesse impostazioni nominali di scatto ad un soggetto uniformemente illuminato (muro) variando la MAF tra i due valori estremi. Ho fatto una prova col mio 180mm Canon e ho visto che la differenza di luce è di circa 1,5 stop. Questo significa che: -il "calo di luce" tra le due condizioni è pari a circa 2,83 volte (2 elevato a 1,5); -il rapporto tra la focale reale e quella nominale vale quindi circa 1,68 (radice quadrata di 2,83). Ovvero significa che: -la focale effettiva del mio obiettivo alla minima distanza di MAF è 180mmx1,68=302mm; -in pratica il 180mm F/3,5 Canon è, alla minima distanza di MAF, un 302mm F/5,88. Concludendo, il fatto che alla minima distanza di MAF non diventi un 360mm F/7 (come ci si dovrebbe aspettare dalla teoria) ma "solo" uno un 302mm F/5,88 è dovuto alla riduzione di focale che hai citato. |
| inviato il 22 Aprile 2016 ore 10:52
Torno sull'argomento per chiarirci bene le idee perché Nicola mi pare molto sicuro di quanto afferma, ma altrettanto lo sono anch'io. La lunghezza focale di una lente esprime un dato fisico certo, rappresentato dall'angolo di inquadratura che realizza. Appare evidente che posta una certa focale, e quindi angolo di inquadratura, dovremo avere una distanza precisa e certa in cui, con quella focale, inquadremo una determinata superficie. Visto che parliamo di macro, prendiamo in esame il RR 1:1, quello cioè in cui la lente inquadra esattamente una superficie uguale alla dimensione del sensore. E' ovvio che, posta una focale, avremo una distanza precisa dell'oggetto dalla lente in cui avverrà questa inquadratura uguale alla superficie del sensore: una focale più lunga opererà questa inquadratura a una distanza maggiore, una più corta la realizzerà più da vicino. Vi è una formula, ben conosciuta da chi si occupa di fotografia macro, che definisce i rapporti tra lunghezza focale, rapporto di riproduzione e distanza dal soggetto: distanza di messa a fuoco in millimetri, fratto l'inverso del RR + RR+ 2 = lunghezza focale effettiva della lente in quella situazione. Quindi se noi conosciamo il RR e la distanza di messa a fuoco potremo sapere con facilità e sicurezza la lunghezza focale della lente. Nel RR 1:1 è tutto molto semplificato perché basterà dividere per 4 la distanza di messa a fuoco in mm dal soggetto per conoscere la lunghezza focale effettiva della lente utilizzata. Se un 105 mm dichiarato ottiene RR 1:1 a una distanza ad esempio di 31 cm significa che in quella situazione di inquadratura e messa a fuoco in realtà diviene un 77 mm (310 mm di distanza di messa a fuoco diviso 4). Se l'obiettivo veramente, come dice Nicola, divenisse un 200 mm, allora dovrebbe operare a 50 cm di distanza dal soggetto, per ottenere una inquadratura che copra esattamente la dimensione del sensore. Abbiamo tra le mani una formula molto semplice e sicura (e logica) per valutare la focale effettiva di una lente a un certo RR e mi pare che i dati sostenuti da Nicola la contraddicano apertamente, proponendo un valore focale teorico che però non si manifesta poi nella realtà dei fatti. Se noi abbiamo un RR 1:1 a 31 cm di distanza, di necessità avremo tra le mani un 77 mm di focale reale e non un 180 o 210 mm. Ciao Riccardo |
user12181 | inviato il 23 Aprile 2016 ore 9:12
E' possibile arrivare alla minima distanza di messa a fuoco, con RR 1:1, senza avvicinare il punto di ripresa e spostare la macchina? Ovviamente intendo con "messa a fuoco" che l'oggetto deve essere a fuoco. Non conosco il Sigma e soprattutto sono ignorante di ottica, d'altra parte ho sempre letto che i macro a lenti flottanti perdono lunghezza focale quando arrivano a un RR 1:1 (con l'oggetto a fuoco). Vedi, per esempio, quano dice J. Shaw nel suo ultimissimo manuale. Certamente non menziona esplicitamente il Sigma 105 in questione e perciò, per me, tutto può ancora essere. L'unica informazione che conosco sulla lunghezza focale dei Sigma macro riguarda il Sigma 180 apo macro EX che a 1:1 riduce la lunghezza focale a 98 mm (Enrico Savazzi) |
| inviato il 23 Aprile 2016 ore 14:47
“ E' possibile arrivare alla minima distanza di messa a fuoco, con RR 1:1, senza avvicinare il punto di ripresa e spostare la macchina? „ No. Se vuoi avere il soggetto a fuoco alla minima distanza di MAF, il soggetto deve essere esattamente a questa distanza. Se non lo è, non è a fuoco. |
| inviato il 24 Aprile 2016 ore 1:06
Ciao Nicola, hai ragione quando affermi che confrontarsi sia un valore, perché effettivamente le tue prove empiriche mi hanno costretto a sperimentare a mia volta, per capire cosa succeda in realtà. Ed è stato interessante. La tua esperienza pare infatti contrastare con la formula che ho riportato sopra e soprattutto, provando poc'anzi a manovrare in manuale il mio vecchio 60 mm micro, ho potuto notare quello cui non avevo mai fatto caso in tanti anni, cioè che passando da infinito a RR 1:1 effettivamente l'inquadratura pare restringersi, come se la focale stesse aumentando. Che succede? Perché per me è altrettanto scientificamente impossibile che un'inquadratura di 36 x 24 cm in FF ottenuta a 21 cm di distanza con un sedicente 60 mm sia prodotta da una focale da 120 o 104 mm anziché da 52 mm “reali”, come vuole fisica e matematica. Eppure ciò che vedo pare proprio portare verso le tue conclusioni. A questo punto, per formazione mentale, arrivo sempre a una conclusione, dobbiamo essere di fronte a una illusione dei sensi, che percepiscono come reale un inganno. Nel processo di sfocatura avviene un apparente allargamento delle immagini inquadrate: fino ad una certa distanza il processo è relativo, più che altro un diluirsi dei bordi, ma andando su messe a fuoco ravvicinate il processo diviene violento e gli oggetti progressivamente più lontani paiono allargarsi, come se la focale aumentasse ed inquadrasse una porzione minore, ma è solo causa di una sfocatura violenta che produce un effetto di diffusione. Per verificare la cosa ho fatto una prova semplice, che puoi ripetere facilmente per comprendere il fenomeno: ho messo l'obiettivo macro in manuale alla messa a fuoco più ravvicinata. Ho poi preso in mano un oggetto abbastanza piccolo, una pila ministilo, portandola a distanza di messa a fuoco. Poi ho iniziato ad allontanarlo: ovviamente un oggetto che si allontani dovrebbe diventare più piccolo, ma nella visione in mirino avviene invece il contrario, la pila si sfoca, ma pare ingrandirsi fisicamente e anche parecchio. L'ottica è ferma, la focale necessariamente fissa, ma l'effetto sull'oggetto che si allontana è come se avvenisse uno zoom verso il tele. Ecco perché il tuo muro si allarga e il vuoto scompare, è solo un effetto della violenta sfocatura, non vi è alcun aumento di lunghezza focale, che anzi diminuisce. I nostri sensi sono ingannati, interpretano come effetto zoom ciò che è in realtà solo una sfocatura intensa innescata dai movimenti delle lenti, che permettono di raggiungere un RR 1:1. Nicola, non si scappa, ogni lunghezza focale esprime un angolo di inquadratura e ogni angolo di inquadratura comporta una distanza dal soggetto nota e precisa in cui avviene l'inquadratura uguale alla superficie del sensore. Le distanze dal soggetto in cui gli obiettivi macro di varie focali raggiungono il rapporto 1:1 testimoniano che tutti indistintamente operano un calo di focale nel processo di flottazione delle lenti, che permette la messa a fuoco ravvicinata. La distanza di messa a fuoco minima a RR 1:1 del tuo 105 mm ci dice inesorabilmente che mai e poi mai potrà essere divenuto in quel momento un 200 mm, anche se ciò che vedi può portarti a pensarlo. Spero di averti convinto, ma non mi adombrerei anche se ciò non fosse avvenuto. E' stato comunque un piacere confrontarmi con te. Ciao Riccardo |
user12181 | inviato il 24 Aprile 2016 ore 5:05
Avevo il sospetto che l'effetto fosse causato da qualcosa di meno importante di un raddoppiamento di focale e che il fatto che l'immagine non fosse a fuoco non fosse irrilevante. D'altra parte non capivo come con un raddoppio di focale ci si debbba avvicinare, invece di allontanare. Spesso anche gli zoom non macro, tipicamente il Nikon 70-200 VR 2, alla minima distanza di messa a fuoco accorciano la focale. Non capisco però come una diminuzione di focale ad apertura di diaframma invariata sia segnalata da Nikon con un numero più alto di f-stop, cioè con una diminuzione della luce che arriva al sensore. |
user12181 | inviato il 24 Aprile 2016 ore 15:21
Mi pare ora tutto coerente: alla diminuzione della lunghezza focale con pupilla d'entrata invariata l'f-stop (rapporto tra lunghezza focale e pupilla d'entrata) diminuisce e dunque il numero che lo esprime aumenta, sono infatti in relazione inversa. Ora mi appare chiaro, ma tra un minuto la nebbia si riformerà ... Forse è meglio che cambi il modo di rompermi la testa, vado a sbirciare cosa avviene dietro le vetrate del Grand Hotel di Balbec... |
| inviato il 26 Aprile 2016 ore 21:56
Il numero F-stop è il rapporto tra lunghezza focale e diametro del diaframma. Se il numero F-stop aumenta a parità di diametro di apertura significa che la focale aumenta... “ Siccome il dato della lunghezza focale è convenzionalmente misurato con la messa a fuoco all'infinito, durante le varie regolazioni tra l'infinito e la minima distanza di messa fuoco, il valore reale della lunghezza focale aumenta in proporzione: per mettere a fuoco un oggetto vicino alla lente, questa dovrà allontanarsi dalla fotocamera, aumentando la lunghezza focale. „ tratto da wikipedia |
user12181 | inviato il 27 Aprile 2016 ore 14:16
“ "Se il numero F-stop aumenta a parità di diametro di apertura significa che la focale aumenta..." „ E' quel che intendevo alla fine del mio penultimo intervento, però poi ho riflettuto sul fatto che f/22 esprime una grandezza più piccola di f/5.6, f/4 una grandezza minore di f/2.8 (è il caso del Sigma in questione) ecc... e questo è in accordo con un accorciamento della focale... Però continuo ahimè a non capire perché un accorciamento della focale dovrebbe implicare una riduzione della luce che arriva al sensore. |
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