| inviato il 04 Marzo 2019 ore 8:59
Secondo me bisogna individuare lo spazio di discrezionalità che riserva il committente, ci può essere quello che si affida completamente alla creatività dell'artista e quello che giornata dice quello che vorrebbe. Nel primo caso l'artista o il fotografo può decidere il cosa e il come, nel secondo caso solo il come. |
| inviato il 04 Marzo 2019 ore 9:03
Partiamo da un'assunto, l'artista per vivere deve mangiare, nel passato si viveva di mecenati e di commissioni. Facendo un esempio stupido perchè nel '500 si usava il blu per i vestiti delle madonne nei dipinti? perchè il blu oltremare era molto costoso, famiglie come i Medici avevano interesse a ingraziarsi la chiesa e commissionavano dipinti costosi appunto per farsi perdonare peccatucci come il prestito di denaro con interessi considerato un peccato all'epoca. Quanto oltremare o comunque quanto fosse pagata l'opera era deciso dal committente così come il soggetto e spesso i colori che diversamente da oggi avevano un costo diverso l'uno dall'altro e ovviamente quelli più cari dovevano essere usati per persone più importanti. Ora ci sono gallerie e riviste che cercano un certo tipo di autore che secondo loro funziona, poi c'è il pubblico del web e a seconda della piattaforma valuta le cose secondo il proprio metro. Se uno pubblica lo fa per far vedere il suo lavoro, per avere il raffronto con gli altri, ma soprattutto per dire: visto come sono bravo anche io? E' così non siamo ipocriti, l'approvazione fa piacere a tutti, se uno fotografa per se stesso non pubblica |
user39791 | inviato il 04 Marzo 2019 ore 9:03
Ho letto questa frase di Martin Parr: La maggior parte dei fotografi è molto legata alle situazioni esotiche e alle persone che si trovano in circostanze estreme e drammatiche, ma credo che la vita ordinaria sia molto più interessante di quanto la gente pensi. La familiarità tende a generare disprezzo, ma un supermercato o un centro commerciale possono essere lunghi davvero straordinari. Cosa ne pensate? |
| inviato il 04 Marzo 2019 ore 9:08
Penso proprio di coglierne il senso, ed è vero nella misura in cui lo intende lui. Espressioni fugaci di gruppetti di persone che chiacchierano, visi assorti durante gesti meccanici dai quali potrebbe trasparire ansia, inquietudine... Una madre e un figlio col carrello che si guardano con intesa sorridente. Solo che, visto che il nostro subconscio inevitabilmente considera questi luoghi e quelle situazioni ordinarie come effettivamente tali, risulta generalmente MOLTO più difficile, che non in situazioni estreme, cavare fuori scatti "straordinari" da questi straordinari luoghi ordinari. E questo forse è anche alla base del fascino che oggi come oggi, ed in misura sempre più crescente, esercita la street sul panorama fotografico generale. |
user39791 | inviato il 04 Marzo 2019 ore 9:16
Per me è una grande verità. Credo che sia una illusione che posti o situazioni particolari facciano fare automaticamente delle foto interessanti. È il fotografo che deve saper cogliere la forza che sta dentro ai luoghi e alle persone che lo circondano abitualmente. |
| inviato il 04 Marzo 2019 ore 9:17
Proprio perché avevo proposto Parr tra i tre fotografi 'significativi' evidentemente mi piace molto e condivido in pieno la sua osservazione. Anche nel mio gruppo fotografico, già anni fa, avevamo discusso a prposito di Fotografia 'esotica', quando, magari 'sotto casa' c' è un mondo interssante e che conosci meglio e non riesci più a vedere... Stesso discorso per gli pseudoreportage sui degradi di periferia o su volti deturpati da drammi, cui ci rivolgiamo con uno spirito da safari fotografico: provincialismo fotografico, lo chiamerei. |
| inviato il 04 Marzo 2019 ore 9:19
Totalmente d'accordo. L'esotismo non genera automaticamente belle foto: e questo vale non solo per la street, credo. |
| inviato il 04 Marzo 2019 ore 9:21
Sacrosanto. Anche perché, pure la straordinarietà, se la si ritrova sotto gli occhi tutti i giorni, può diventare ordinaria. Con quanta ammirazione un turista guarda il Campo (aka Piazza del Campo) qua a Siena? E pensate che io residente, passandoci al volo una mattina quando devo fare una commissione in città, le riservi gli stessi sguardi d'estasi? Purtroppo ovviamente no... (PS: questo chiaramente non toglie che io sia uno di quei residenti che si aggira spesso con la macchina fotografica a tracolla nella mia stessa città come un vero turista... Proprio perché mi piace sempre mantenermi stupito di fronte anche a ciò che posso avere davanti agli occhi ogni giorno. È una specie di esercizio in stile "rimanere bambini", un "farsi sempre stupire da tutto" come la prima volta, secondo me non fa male per niente!) |
user90373 | inviato il 04 Marzo 2019 ore 10:04
Riassumendo: “ In questo momento, forse anche da prima, cerco semplicemente di produrre immagini che assomiglino a fotografie, almeno per ciò che intendo essere fotografia. Il filo conduttore che mi guida? Un fotografare semplice nei mezzi e nelle intenzioni. Attualmente cerco di interpretare la realtà pur mantenendo un trait d'union con essa e, contemporaneamente, non far troppo apparire la voglia di trascenderla, un giochino che può riuscire come no. All'interno di questi assunti c'è molto spazio nel quale poter muoversi. „ Questo è quanto, per altri può esser del tutto diverso basta averne cognizione. Considerazioni personali già espresse nel corso della discussione. |
user39791 | inviato il 04 Marzo 2019 ore 10:33
La differenza non la fa cosa si fotografa e tanto meno con cosa si fotografa, la differenza sta nel riuscire a creare uno proprio stile personale. Avere una propria voce ben definita. Una foto di Martin Parr, ad esempio, è sempre chiaramente una sua foto. |
user90373 | inviato il 04 Marzo 2019 ore 10:46
@ Filiberto “ La differenza non la fa cosa si fotografa e tanto meno con cosa si fotografa, la differenza sta nel riuscire a creare uno proprio stile personale. Avere una propria voce ben definita. Una foto di Martin Parr, ad esempio, è sempre chiaramente una sua foto. „ Piano, un gradino alla volta, senza "con cosa" non si scatta, una volta in possesso di "con cosa" se non si trova "cosa" si è sempre a pianterreno. |
| inviato il 04 Marzo 2019 ore 10:50
Oddio, in effetti prima Fili era stato detto che una delle differenze per gli scatti di Sugimoto alle cere la facesse il fatto che scatti a quei soggetti con il grande formato... Anche quello un peso ce l'ha alla fine, specie se si scatta con "cose" particolari". Ovviamente non con tutti i nostri ammennicoli digitali, quelli alla fin fine risultano praticamente sempre uguali per fare tutto quello che uno vuole farci... |
| inviato il 04 Marzo 2019 ore 10:53
Ho da poco chiaccherato di un lavoro pubblicato in un libro e parzialmente su national geographic fatto in parte da fototrappole e in parte in analogico, un altro lavoro era fatto parte in analogico e parte in digitale risultando coerente il mezzo non conta se non è legato all'idea,, per sugimoto ha senso come TheBlackbird sottolinea, ma solo perchè è proprio legato al concetto del lavoro, anche in altri casi conta come la skoglund, ma è sempre alla base dello stile e dell'idea |
| inviato il 04 Marzo 2019 ore 10:54
(apro parentesi: pretendo di voler disquisire in modo costruttivo e intelligente con voi ma nel frattempo ravano l'hard disk trovo decine di foto inutili da presentare nell'ultimo Jura contest ho veramente la faccia forummistica di bronzo ) |
| inviato il 04 Marzo 2019 ore 10:55
Condivido perfettamente la frase di Parr e rispecchia il mio pensiero, si possono fare foto ovunque, anche e soprattutto nell'ambiente quotidiano. |
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