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Vi seguo, con interesse ma a fatica, forse perchè siete tanto interessanti quanto, talvolta, un po' complicati (per me, ovviamente). A riguardo della Lange, segnalo questo video:
se andate al minuto 8:50, ci sono delle considerazioni che ho trovato interessanti se rapportate al tema del preconcetto (questo topic) e, in generale, della verità nella sua fotografia. Continuo a leggervi.
Grazie Giovanni. Non conoscevo questo pezzo ed è una di quelle cose che trovo sempre interessanti. Nel merito, credo lasci spunto a osservazioni anche molto diverse, ma ha il pregio di dire qualcosa, di contestualizzare un minimo appunto. E questo è importante. Magari incrociato con altro che già ci appartiene.
La "verità" è qualcosa che difficilmente arriva da un documento, un racconto, una storia. Men che meno da una citazione, ancorché acuta. Tanti tasselli, sparsi nella storia, e un po' di senso critico per elaborarli: credo sia sempre la miglior ricetta per costruirsi opinioni sensate.
Mi riprometto di rivederlo con calma, magari soffermandomi. Ma guardando certe foto che scorrono nel filmato e che sono ormai 'icone' della Storia della Fotografia e che hanno un elevato valore documentario ( più che ' formale' o estetico) mi viene da dire che la sostanza e la forma sono un tutt'uno. Il documento, proprio nella sua originalità ( anche nelle eventuali falsificazioni narrative e di contesto) è ' bello' di per sé. Non necessita di cura compositiva per afferrare il nostro sguardo. Ma la mia è un' osservazione che devo ancora elaborare...
“ Non necessita di cura compositiva per afferrare il nostro sguardo. „
Su questo qualche dubbio ce l'ho Paolo. Non solo in termini di mera composizione, ma di fattori vari, collaterali comunque al soggetto.
Del resto, se una foto avesse una valenza di documento, diciamo così, asettico, non avrebbe più senso parlare di buone foto... Resterebbero solo il soggetto, la situazione. E per conseguenza logica, dovremmo ammettere che mio zio col telefonino e Salgado, di fronte a un dato soggetto, fanno sempre foto di uguale pregio. E io non credo sia così...
Edit: qualcosa in merito la dice proprio Salgado, se ben ricordo, in un passaggio del film di Wnders.
user12181
inviato il 30 Gennaio 2020 ore 15:26
“ non riesco a trovare una accezione positiva del termine preconcetto, anche ricercando sui vocabolari. „
Vedi significato 3, non è affatto un significato vecchio… come, invano, avevo cercato di far notare in precedenza. Gira e rigira, si torna sempre alle due varianti di questo significato enunciate nell'articolo.
E, anche se qui il termine non compare, il padre di ogni a priori in accezione positiva, signore e signori, nientepopodimeno che...
«Così. Siamo d'accordo, è vero, che quando uno ricorda qualcosa deve, indubbiamente, averla già vista prima?» «Ma certo.» «E quindi siamo anche d'accordo su questo punto: che il sapere, cioè, quando si acquista attraverso un particolare procedimento, è reminiscenza? E ti dico subito da quale: se uno ha visto una cosa o ne ha sentito parlare o ne ha provato una sensazione qualunque, non conosce solo questa data cosa, ma se ne richiama alla mente un'altra, del tutto diversa, che non ha nulla a che fare con la prima. Non dobbiamo, allora, affermare che egli si è ricordato? di questa cosa che s'è venuta in lui ridestando?» «Che intendi dire?» «Questo, cioè, che altro è il concetto di uomo, altro quello di lira.» «Be', certo.» «E non sai che gli innamorati, vedendo una lira o un mantello o qualche altra cosa che la loro dolce metà, di solito, adopera, non solo riconoscono la lira ma richiamano alla loro mente l'immagine fisica della persona amata cui la lira appartiene? E questo è la reminiscenza. Allo stesso modo che vedendo Simmia ci si ricorda di Cebete. E di esempi simili se ne possono citare a migliaia.» «Caspita, ma certo,» riconobbe Simmia. «E, in questo caso, non si ha una reminiscenza? Specialmente, poi, per quelle cose che, o per il tempo o perché non sono più sotto i nostri occhi, avevamo dimenticate?» «Sicuro,» confermò. «E dimmi ancora: se uno vede il disegno di un cavallo o quello di una lira, si può ricordare di un uomo? O se vede il ritratto di Simmia, ricordarsi di Cebete?» «Ma certo,» fece. «E ci si può ricordare di Simmia, in carne e ossa, vedendo un suo ritratto?» «Sicuro che si può.» XIX «E da tutto questo, non ne consegue che la reminiscenza nasce da ciò che è simile ma anche da ciò che è dissimile?» «È vero.» «Ma quando il ricordo di qualcosa viene stimolato da qualche altra cosa che le somiglia, necessariamente, non vien fatto di pensare se vi sia somiglianza più o meno perfetta tra l'oggetto che ha suscitato il ricordo e l'immagine ridestatasi nella nostra memoria?» «Certamente,» disse. «E allora, vediamo un po' che succede,» riprese Socrate. «Noi diciamo, senza alcun dubbio, che vi è l'eguale, non voglio dire nel senso di un pezzo di legno che è eguale a un altro pezzo di legno o di una pietra eguale a un'altra e così via, ma alludo a qualcosa che è all'infuori di tutti questi oggetti eguali, diversa, cioè all'Eguale in sé. Dobbiamo dire che esiste o no?» «Certo che dobbiamo affermarlo, per dio,» disse Simmia. «E sappiamo pure che cosa sia?» Sicuro.» «E da dove ne è derivata la sua conoscenza? Forse da quelle cose di cui parlavamo, legni, pietre e roba del genere, che, vedendoli eguali, ci han suggerito il concetto dell'Eguale in sé, che è diverso dagli altri? O forse, a te, non sembra tale? Ebbene, sta attento: non può essere che legni o pietre eguali, pur restando sempre quelli, ad alcuni sembrano eguali e ad altri no?» «Certo.» «Ebbene, l'Eguale in sé ti è mai apparso diseguale, cioè l'eguaglianza ti si è mai presentata come disuguaglianza?» «Mai, Socrate.» «Difatti, questi eguali e l'Eguale in sé, non sono la stessa cosa.» «Mi pare proprio di no, Socrate.» «Eppure, non è proprio da queste cose eguali, sebbene diverse dall'Eguale in sé, che tu hai potuto risalire e giungere alla conoscenza di quest'ultimo?» «Verissimo,» rispose. «Sia che somigli o che sia diverso da quelle, non ti pare?» «Certo.» «È, naturale, non c'è differenza,» confermò, «perché ogni volta che tu, vedendo una cosa ne pensi un'altra, eguale o diversa che sia, necessariamente, in te s'è prodotta una reminiscenza.» «Esatto.» «Ma, allora,» ribatté, «non possiamo dire che succede qualcosa di simile riguardo all'eguaglianza dei pezzi di legno o degli altri oggetti eguali di cui si parlava or ora? Ci sembrano proprio eguali all'Eguale in sé o mancano di qualcosa per essere come quello?» «Mancano di molte cose,» ammise. «E noi, quindi, non siamo d'accordo che se uno, vedendo una cosa pensa: quest'oggetto che io ora vedo, tende ad essere simile a un'altra realtà, ma non riesce a conformarvisi per una sua imperfezione, anzi ne resta inferiore? non siamo d'accordo che per pensare così, indubbiamente, è necessario che abbia conosciuto prima questa realtà cui egli fa assomigliare il suo oggetto per quanto difettoso?» «Certamente.» «E, allora, è così o no, anche per noi, a proposito delle cose eguali e dell'Eguale in sé?» «Proprio così .» «Necessariamente, quindi, noi dobbiamo aver conosciuto l'Eguale in sé prima che la vista di cose eguali ci abbia fatto pensare che esse tendono ad essere come l'Eguale in sé, pur restandogli inferiori.» «È proprio così .» «E allora noi ci troviamo d'accordo anche su questo altro punto: che alla base di tutte le nostre cognizioni su quanto si è detto e delle loro stesse possibilità, vi è la vista, il tatto e qualche altra sensazione, qualunque essa sia, tanto non fa differenza.» «Infatti, Socrate, questo, per la nostra questione, non ha alcuna importanza.» «Comunque sia, sono certamente le nostre sensazioni a farci comprendere che tutte le eguaglianze sensibili tendono alla realtà dell'Eguale in sé a cui, però, restano inferiori. Altrimenti, come potremmo dire?» Platone Fedone «Così .» «E quindi, prima che noi cominciassimo a vedere, a udire e a percepire con gli altri sensi, noi dovevamo avere, necessariamente, in qualche modo, già una conoscenza dell'Eguale in sé e della sua realtà, perché altrimenti noi non avremmo mai potuto paragonargli le eguaglianze sensibili, né pensare che, pur aspirando ad essergli simili, queste ultime gli restavano inferiori.» «Da ciò che si è detto, Socrate, è proprio così .» «E noi non abbiamo cominciato a vedere, a udire, a usare gli altri sensi, subito, appena nati?» «Sicuro.» «Ma non abbiamo detto che, per questo, era necessario aver prima la conoscenza dell'Eguale in sé?» «Sì .» «Quindi, questa conoscenza, noi l'avevamo prima di nascere.» «Pare di sì .»
user90373
inviato il 30 Gennaio 2020 ore 15:27
Farei una distinzione fra "mente aperta" e "mente libera". Una mente "aperta" potrebbe nel tempo riempirsi di preconcetti che in una testa "libera" tendono a non accavallarsi.
perdonatemi , ma non vi sembra che le vostre risposte ( quasi tutte ) siano solo un esercizio esibizionistico di retorica e non centrino nulla con la Fotografia e col concetto semplicissimo della Lange?
user90373
inviato il 30 Gennaio 2020 ore 16:40
“ @ Lastprince perdonatemi , ma non vi sembra che le vostre risposte ( quasi tutte ) siano solo un esercizio esibizionistico di retorica „
nozionistica
“ e non centrino nulla con la Fotografia e col concetto semplicissimo della Lange? „
Caro Paolo, io in sintesi credo una cosa molto semplice. Che peraltro non si applica alla sola fotografia, ma all'umano (che è poi il soggetto che a me interessa di più), e quindi a quasi tutto quel che lo riguarda.
Esiste il terreno della tecnica (per la riparazione di auto, di cura dell'influenza o di seduzione, poco conta) ed esiste il terreno dell'intuizione. Nella visione orientale, a differenza di quanto spesso avviene qui, non vengono intese, queste due forze, come in opposizione tra loro. E credo che tu, come musicista, possa capirlo meglio di chiunque altro: si può essere grandi violinisti senza una tecnica adeguata o con il livello di intuizione di una cozza d'acqua dolce?
Anzi, nella logica orientale, padroneggiare la tecnica rafforza la qualità dell'intuizione fornendole strumenti, così come buone intuizioni partoriscono espressioni tecniche potenti e innovative. Per cui, e già sta scritto nei libri di fotografia (alcuni perlomeno) da molti decenni, questa sintesi di tecnica e intuizione è quel blend unico che caratterizza ognuno. E che, secondo me, è alla base del fare qualcosa di buono o meno buono con la fotografia.
Pensavo anche di aprirci un topic: io non credo affatto che progettualità e pianificazione contrastino con l'esercizio dell'istinto e dell'intuizione. Ma che anzi rappresentino, insieme, un'opportunità di integrazione insostituibile.
Giusto per specifica: per tecnica non intendo roba tipo megapixel, e per intuizione non intendo sognare i numeri del lotto.
Murmunto anziché supercazz...ole è sufficiente una frase con senso compiuto con il termine preconcetto con accezione positiva. Il diritto di parola estesa a tutti aiuta ad individuare e classificare...
user12181
inviato il 30 Gennaio 2020 ore 16:44
Il concetto della Lange, l'avevo già detto nel mio primo intervento, secondo me è il risultato della predilezione di una certa cultura anglosassone per il common sense prefilosofico, più semplicemente non aveva studiato abbastanza. In quanto all'esibizionismo, indicami una pagina nella storia umana, che non sia affetta dalle più varie forme di conatus spinoziano (umano troppo umano), suvvia siamo uomini di mondo, anche tu ritieni siano possibili concezioni e comportamenti puri?
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