| inviato il 13 Maggio 2014 ore 11:35
“ Il giochino che dice "se espongo per lo stesso tempo alla stessa apertura passa la stessa luce", al cambiare della macchina e degli strumenti, è suscettibile di molte variabili. „ Verissimo, il valore di apertura del diaframma è un rapporto con la focale al numeratore. Se varia la focale, varia il valore del rapporto, quindi f/2.8 non fa entrare la stessa luce se anche la f delle due lenti non è la stessa, e spesso non è la stessa. |
| inviato il 13 Maggio 2014 ore 16:17
scusate eh... dato che l'apsc non è altro che un ritaglio del fullframe, ragioniamo un secondo assieme. Tralasciando differenze TECNOLOGICHE tra aps e fullframe, tralasciando gap tecnici ecc, Scatto con una fullframe, formato leica, 24x36 o dir si voglia a 1/100, f2, iso 200. Se usassi lo stesso tempo, lo stesso diaframma, la stessa sensibilità una aps verrebbe esposta in misura minore? Chiedo, è per capire: essendo l'aps solo un crop del ff (ed il cerchio proiettato dalla lente sempre quello è, non è che cambia in virtù di cosa ha dietro, [Nota1*] ), state forse dicendo che quel crop sia meno luminoso della risultante? Sarebbe come dire che prendendo una foto e croppandola, la parte croppata perde luminosità rispetto a quella piu' ampia. Perchè tra un apsc ed un fullframe e tra un ipotetico fullframe che accende solo la parte centrale del frame, lasciando ''spenta'' virtualmente l'altra, in termini di caduta di luce non cambia nulla, scusate eh. Poi, le differenze che possiamo trovare tra aps e ff sono relative più che altro alle differenze tecnologiche stesse che vengono implementate, distanti quindi dalla natura del sensore. Altrimenti cavoli, negli esposimetri esterni invece della coppia tempo/diaframma per una data sensibilità dovrebbero aggiungere anche quella ''formato di ricezione'' Spiegazione della Nota1: discorso diverso in caso di uno strumento come il metabones speed booster, che convoglia un cerchio di copertura ampio su un sensore di misura minore a quello dedicato alla nascita, quindi forse in tal caso è plausibile che la quantità di informazione che arriva al sensore sia diversi anche in termini di lux. Ma è solo una supposizione facilmente infrangibile. Sul disorso iniziale comunque, il punto è semplice: se il sensore cambia per sua natura dimensionale il termine espositivo, allora l'esposimetro che io uso sia per il banco ottico sia per una modestissima fujica 135mm dovrebbe darmi risultati totalmente diversi, dato che i formati sono lontanissimi tra loro. Eppure ad iso 100, f8, a parità di esposizione i tempi sono i medesimi. Qualcosa non torna, no? |
user3834 | inviato il 13 Maggio 2014 ore 16:19
“ Tralasciando differenze TECNOLOGICHE tra aps e fullframe, tralasciando gap tecnici ecc, „ ...hai tralasciato tutto |
user3834 | inviato il 13 Maggio 2014 ore 16:23
Fermo restando che se hai un sensore gapless rispetto ad un "standard" con la prossima immagine capisci la differenza di luce e colori che vengono generati nell'immagine...
 ...poi se invece sono gapless entrambi comunqie si capisce che la grandezza del fotosito aiuta a convogliare i raggi e avere dettagli migliori e colori più realistici. |
| inviato il 13 Maggio 2014 ore 16:26
“ Black, secondo il mio parere, in quella foto, la tridimensionalità è dovuta a tre fattori: 1) la luce presente sulla scena che arriva da dx e crea le ombre sulla sx formando i volumi 2) la via di fuga sulla sx che aumenta il senso di profondità, facilitato dal diaframma aperto 3) il formato del sensore (secondo me, con un 4:3 non avresti avuto quello stacco ad es.) A scanso di equivoci, quella foto è stata scattata col Sigma 50/1,4 @ F2. ;-) „ ok capisco. non ho capito l'argomento del contendere allora. io avrei detto che la persona che ha distinto subito le due fotocamere ha capito che questa non era la nikon perché il formato diverso vien fuori proprio nella "tridimensionalità" o meglio nella minore pdc |
| inviato il 13 Maggio 2014 ore 16:27
“ " Il giochino che dice "se espongo per lo stesso tempo alla stessa apertura passa la stessa luce", al cambiare della macchina e degli strumenti, è suscettibile di molte variabili." Verissimo, il valore di apertura del diaframma è un rapporto con la focale al numeratore. Se varia la focale, varia il valore del rapporto, quindi f/2.8 non fa entrare la stessa luce se anche la f delle due lenti non è la stessa, e spesso non è la stessa. „ Tra due differenti obiettivi 2.8, a livello teorico dovrebbe passare la stessa luce, proprio perchè si parla di apertura focale relativa, cioè rapportata alla focale in uso. La cosa importante è la caratteristica di trasmittanza di una lente, che utilizziamo per determinare il valore T che è quello determinante per capire quanta luce viene lasciata al sensore. Immaginate di prendere una torcia ed illuminare la stanza di fronte a voi, poi con un cartoncino tagliate a metà il fascio luminoso, in modo da proiettare un'ombra. l'area di stanza che state illuminando ora è inferiore a prima, perchè la luce è schermata, ma la quantità di luce che colpisce il singolo centimetro quadrato, cioè l'intensità luminosa, non è variata: quella in ombra è, metaforicamente, la parte inutilizzata in ambito apsc, e non la consideriamo perchè in ombra, non è ''inquadrata''. |
| inviato il 13 Maggio 2014 ore 16:52
Arrivo ora, quoto gli interventi qui sopra di Fabrizio. A scanso di equivoci, torniamo a ripetere: un sensore più grande ha una qualità d'immagine migliore. L'avevamo detto anche l'altra volta: nessuno nega questo concetto. Quello che si sta discutendo qui, una replica per certi aspetti dell'altra volta, è se in formati di stampa "umani", ossia quelli che normalmente stampano i fotoamatori (che arrivano qualche volta all'A3, più spesso A4, rarissimamente A2), la maggiore qualità del formato sensore sia o meno visibile. In stampa, ripeto, a queste dimensioni. La mia esperienza, e non solo la mia, è che su questi formati differenze NON se ne vedono o, se ci sono, sono irrisorie. Se invece si va su formati diversi, più grandi, la cosa diviene via via più sensibile. Un'ultima osservazione, che c'entra solo parzialmente con quanto detto finora. Si confrontano continuamente il formato analogico con il digitale, sostenendo che è la stessa cosa : come nell'analogico, anche nel digitale al variare del formato varia la qualità. Questo è vero , ma si dimentica che il digitale, come supporto, è una tecnologia che è molto più performante per molti aspetti, e permette evoluzioni molto più rapide: basta vedere la stupefacente resa dei cellulari che hanno un sensore che è una briciola e sono oramai al livello di compatte con sensori ben più grandi di soli 5-6 anni fa. Voglio dire che, restando su questo formati di stampa che abbiamo definito "umani" , l'utilizzo di una tecnologia digitale contribuisce a ridurre ulteriormente il gap rispetto allo stesso confronto tra formati diversi in ambito analogico. My two cents. |
user8319 | inviato il 13 Maggio 2014 ore 17:10
Preben, continuano ad esserci variabili che tu non consideri. La prima è la lavorabilità del file che ti può portare ad un'immagine finale migliore, e questo è tanto più evidente quanto più è complessa la scena da riprodurre in termine di luce/contrasti/dettagli. Il formato più grande in questo senso vince sempre e ti restituisce post-sviluppo un risultato migliore, anche su stampe relativamente piccole come un A4. Inoltre una foto che stampi in A4 potrebbe anche essere stampata in formati più grandi, magari è riuscita così bene che vorresti fare un 50x70. Le differenze "lievi" (che poi non sono sempre tali) diventano molto più evidenti. Il fatto di voler parametrare tutto verso il basso perché così le differenze si notano meno mi sembra abbastanza fuorviante. Allora non stampiamo nemmeno in piccolo, guardiamo solo a monitor così le differenze si noteranno anche meno. |
| inviato il 13 Maggio 2014 ore 17:16
In tal caso, non si considera una cosa: certe foto con una fullframe attuale, ad esempio una 5D con davanti un 24 70 magari, semplicemente non le avrei potute fare :) Sul discorso del tralasciare tutto, è per spiegare l'errore di concetto insito nel dire ''un sensore piu' grande cattura piu' luce'', che è vero in termini relativi ad una affermazione non ben contestualizzata. |
| inviato il 13 Maggio 2014 ore 17:20
E perché, scusa? Fotografo da una vita, il massimo che ho stampato è stato un A3. Che mi importa, a me, di formati maggiori? Guarda Roby, ho usato FF, APS-C e ora m4/3: di files ne ho lavorati un po' anch'io. Se ti dicessi che il file su cui devo intervenire pochissimo perché quando esce è pressoché perfetto, è quello della m4/3? Guarda che, se non ci credi, ti passo i RAW di foto fatte nello stesso contesto con 5D II, 7D, EM-1. Poi vedi. Anche tu non consideri che, con questi computer che producono immagini, hardware e software, messi dietro a lenti di buona qualità, fanno la differenza. |
| inviato il 13 Maggio 2014 ore 17:23
Quoto Robysalo. |
user8319 | inviato il 13 Maggio 2014 ore 17:30
“ Guarda Roby, ho usato FF, APS-C e ora m4/3: di files ne ho lavorati un po' anch'io. „ Idem. In condizioni di foto "difficili" il formato più grande in sviluppo stacca nettamente il formato minore. Il m4/3 è il peggiore tra quelli che ho avuto non a caso (parliamo sempre su foto "difficili", su quelle facili van bene tutti; se in PP sul m4/3 non devi toccare quasi nulla è perché non è una foto "difficile"). E ho anche provato a lavorare dei files medio formato, stesso discorso. Lavorabili molto meglio dei file FF. Pensala pure come ti pare, anche io ho fatto le mie esperienze e non sono affatto arrivato alle tue conclusioni. |
| inviato il 13 Maggio 2014 ore 17:40
Esperienze diverse, Roby. Parlo di quello che ho usato, non parlo di cose-macchine che non conosco: 400D, 30D, 7D, 5D II, EM-1. File più difficile da lavorare: quello della 7D e quello della 400D. File più facile da lavorare: 30D (che bel file, quello della 30D!), 5D II. File che non serve lavorare: EM-1. Le foto che ho in galleria sono tutte delle conversioni dirette dal RAW. Non devo fare nulla. Questa è la verità, se non ci credete vi passo gli ORF (Raw Olympus). |
| inviato il 13 Maggio 2014 ore 17:56
“ Sul discorso del tralasciare tutto, è per spiegare l'errore di concetto insito nel dire ''un sensore piu' grande cattura piu' luce'', che è vero in termini relativi ad una affermazione non ben contestualizzata. „ Se ho capito le tue perplessità provo a risponderti: più che di dimensione del sensore bisogna parlare di dimensione del fotosito (o fotodiodo). O densità (superficie totale/numero fotodiodi). 2 sensori che hanno la stessa densità si comportano nell'esatto modo, dato che hanno fotodiodi della stessa dimensione e quindi rispondono più o meno alle stesse regole fisiche. Se invece parliamo di stessa risoluzione su superfici differenti il sensore con la superficie maggiore ha fotodiodi più grandi e quindi si comporta differentemente. Tu dici che a stessa sensibilità e apertura l'esposizione è la stessa indipendentemente dalla dimensione del sensore. Verissimo. Però trascuri che la sensibilità di sensori con fotodiodi di dimensione diversa è ottenuta in maniera differente: con i fotodiodi più piccoli è necessario usare un guadagno elettrico maggiore, che vuol dire maggiore rumore. Il fotodiodo più grande, essendo già di sua natura più sensibile alla quantità di luce può permttersi di avere un circuito di amplificazione a valle molto meno spinto, quindi produce meno rumore. La differenza è tutta qui. Ovviamente si parla di sensori costruiti con tecnologia simile. Ecco perché è assurdo che vi sia gente che decanta i m4/3 come della stessa qualità dei senori FF. Significa fare foto in situazioni facili dove non c'è davvero molta differenza tra scattare in FF o con uno smarphone. Fotografare di sera o in interni già pone una differenza notevole. A 3200 ISO un FF distrugge un m4/3. A 6400 non c'è paragone, con tutta la potenza che si voglia dare all'elettronica. |
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