user198779 | inviato il 12 Marzo 2020 ore 13:13
Google foto sa anche la posizione delle foto che faccio con la fotocamera. |
| inviato il 12 Marzo 2020 ore 13:14
“ Google foto sa anche la posizione delle foto che faccio con la fotocamera. Triste „ nelle opzioni dell'app per le foto puoi inserire o meno la posizione. |
| inviato il 12 Marzo 2020 ore 13:30
Fatemi capire , io cosa devo fare ? che misure devo prendere, non ho lo SmartPhone ma un cellulare LG di qualche anno fa, ho i miei amici che mi tartassano e mi prendono in giro pensavano tempo fa di fare una colletta per regalarmi uno SmartPhone a patto che poi lo usassi, hanno fatto un po di pressioni ma poi si sono stancati. Io ho fatto le mie scelte e per adesso ho deciso di restare lontano da questa tecnologia. tempo fa avevo pure acquistato un nokia 8110 4G, quello giallo fatto a banana, carino, l'ho utilizzato per due mesi e poi l'ho spento ed è li a prender polvere. I miei amici sostengono che possono controllarmi ugualmente dato che ho il pc, una email, un'indirizzo IP, ma non ho un'account FB ecc. |
user198779 | inviato il 12 Marzo 2020 ore 13:33
Murphy, ma la fotocamera non ha il gps . |
user175879 | inviato il 12 Marzo 2020 ore 13:39
“ I miei amici sostengono che possono controllarmi ugualmente dato che ho il pc, una email, un'indirizzo IP, ma non ho un'account FB ecc. „ Ti controllano lo stesso, solo che sono più arrabbiati perché faticano di più. Con uno smartphone e FB sarebbe tutto molto più semplice, sia per te (a volte) ma soprattutto per loro. |
| inviato il 12 Marzo 2020 ore 14:05
“ Murphy, ma la fotocamera non ha il gps . „ Pensavo quella del cellulare, non mi risulta che google sappia la posizione, tranne se è inserita oppure sono punti famosi |
| inviato il 12 Marzo 2020 ore 14:59
Google photo fa il match della posizione sulla base del timestamp. Ossia: legge data e ora dai dati exif della fotografia scattata con la fotocamera e caricata sul cellulare, li incrocia con i dati della posizione registrata in google maps ed abbina la posizione a quella specifica foto (sa dov'eri in quel momento, e se in quel momento hai fatto la foto, non potevi essere da un'altra parte). Io lo trovo comodissimo .. non mi serve più il GPS sulla fotocamera |
| inviato il 12 Marzo 2020 ore 15:59
non le carico su google foto per questo non l'ho mai notato |
| inviato il 12 Marzo 2020 ore 16:04
Io intendo la app che c'è installata sui cellulari android: Google Photos. Nel momento in cui copi un file dalla fotocamera sul cellulare, viene trovato ed indicizzato da Photos. |
| inviato il 12 Marzo 2020 ore 16:14
si si, mai fatto. quelle del cellulare invece avendo la geolocalizzazione attiva mi segna su maps dove ho fatto la foto. sul samsung s8 uso galleria per vedere le foto e se non hanno l'informazione della posizione non segnala nulla. |
user198779 | inviato il 12 Marzo 2020 ore 20:33
Dab 963 lo sospettavo ma non ne ero sicuro, é senz'altro come hai detto tu. Grazie ciao |
| inviato il 13 Marzo 2020 ore 23:09
GOOGLE lo sa. Ti svegli dopo un sonno di sei ore. Hai dormito male, sonno leggero e agitato. Google lo sa: lo ha rilevato dall'accelerometro e dal microfono nel tuo smartphone. Dall'analisi della rete a cui sei connessa sa pure che non eri a casa tua, ma in un appartamento dall'altra parte della città e, dal registro dei tuoi spostamenti, sa pure che da circa un mese ti ci rechi almeno un paio di volte a settimana. Google sa chi vive in quella casa, perché il GPS del suo smartphone indica giornalmente la sua presenza lì. Conosce bene quella persona, come conosce te. Sa che non fa parte della tua cerchia di amici ristretti, perché il suo numero non è nelle loro rubriche e molto raramente si trova negli stessi posti che loro frequentano. Sa che vi siete registrati a vicenda in rubrica qualche mese fa, ma solo negli ultimi tre avete iniziato a chiamarvi spesso. Ieri sera avete visto un film sulla Chromecast. Ovviamente Google sa qual era il film e poiché i dati GPS indicavano che eravate entrambi in casa e non vi siete mossi, deduce che probabilmente eravate in salotto. Sa pure che all'altra persona il film non doveva interessare molto, perché mentre lo stavate guardando non faceva che giocare con un videogame sul suo smartphone Android. Grazie al DNS Google sa che, appena alzata, come ogni mattina, hai controllato le news sul solito sito. Android e Chrome glielo confermano. Dall'archivio delle tue abitudini di lettura degli ultimi anni, Google sa che le notizie relative alle occupazioni abitative sono di tuo interesse, ma che leggi in dettaglio solo quelle che parlano di sgomberi. Dall'analisi dei testi delle tue email sa che ne parli anche con amici e conoscenti e che manifesti crescente preoccupazione per le dichiarazioni di un certo assessore. Dall'analisi dei movimenti del tuo dito sullo schermo sa quali titoli di notizie hanno attirato la tua attenzione anche se poi non li hai letti, e ritiene che se in questi titoli fossero state presenti determinate parole la probabilità che tu li aprissi sarebbe stata maggiore. Alle otto hai percorso un certo tragitto in città. Google lo sa, sempre grazie al GPS e per via del distacco dal wi-fi dell'appartamento. Dall'analisi di percorso e velocità Google deduce che lo spostamento sia avvenuto in bicicletta. Sa che poi sei entrata in un certo bar, probabilmente a fare colazione, dato che ti sei trattenuta mezz'ora, e che lì ti sei connessa al Wifi sbagliando il captcha tre volte, deducendone che forse sei ancora un po' addormentata, poiché di solito li becchi al primo colpo. Google rileva che poi ti sei agganciata alla rete della biblioteca e hai cercato un certo oggetto che ritiene ti debba interessare molto, poiché la ricerca ti ha portato a girar diversi siti, finendo per trovarlo su quello di un certo negozio online dove l'hai acquistato fornendo la tua solita carta di credito. Ritiene statisticamente probabile che possa trattarsi di un regalo per una delle tue migliori amiche, quella che compirà gli anni tra un paio di settimane e che a sua volta acquista spesso oggetti dallo stile simile. Poi scrivi un testo su un'app che hai scaricato dal Play Store e anche se non è un'app di Google, l'azienda ha accesso alla tastiera di Android e quindi è comunque in grado di comprendere cosa hai digitato, incluse le parti cancellate. Il testo contiene passaggi in inglese e dalla velocità con cui le hai digitate capisce che è una lingua che pensi di padroneggiare bene, anche se in realtà nota che ripeti sempre gli stessi errori di grammatica. A quel punto ricevi una chiamata da una persona che nella tua rubrica è registrata come «Mamma», e parlate per cinque minuti. Google rileva una certa ansia nella tua voce e ciò gli conferma quel che aveva già presunto: c'è tensione tra te e tua madre. Lo aveva dedotto da diversi fattori, tra cui il gran numero di volte che non rispondi alle sue chiamate anche se sei a casa, e dal fatto che durante le feste sei lontana da lei e non la chiami. Più tardi ti scatti un selfie con alcuni amici e dai metadati della foto Google può sapere dove e quando è stata scattata. Analizzando l'immagine può identificare le persone ritratte così come il tipo d'abbigliamento, dal quale può dedurre gusti e marche, dato utile per confermare cose che già sa sul tuo e loro livello economico. Arriva la sera e fai una corsa nel parco ascoltando musica e indossando un braccialetto elettronico che registra le tue attività come il tipo di andatura, il battito cardiaco ecc. Non ci hai mai fatto caso, ma sia l'app per la musica in streaming sia quella del braccialetto avvisavano da qualche parte che i dati sarebbero stati condivisi con «terze parti», ossia partner commerciali. Ciò che non potevi sapere è che tra questi vi è pure Google, che quindi conosce anche i tuoi dati fisiologici, le tue abitudini sportive, oltre ovviamente ai tuoi gusti musicali. Google sa anche che sei una persona romantica e riflessiva, perché traspare da ciò che cerchi online nei momenti liberi; sa che fai letture impegnate, e che hai un debole per i panda. Non possiamo affermare con certezza quali rilevazioni Google faccia costantemente, quali una tantum a scopo “sperimentale” e quali invece siano rilevazioni che tecnicamente potrebbe fare ma in realtà non esegue. Non possiamo dirlo, perché quel che accade nei server di Google lo può sapere solo Google, e perché i suoi strumenti sono spesso chiusi e non permettono una verifica trasparente. Quali che siano le rilevazioni effettivamente fatte, sappiamo che Google ci osserva attraverso innumerevoli canali, e registra le nostre attività. La mole dati a cui Google ha accesso gli permette di ricostruire la vita delle persone in modi che nemmeno un social network potente e pervasivo come Facebook può sognare. 2. Siamo un terreno di conquista commerciale Quando si parla di Big Tech, ossia delle principali multinazionali tecnologiche, la prima constatazione è che mai, nella storia, poche aziende commerciali private di dimensioni tanto colossali erano riuscite a diventare parte inestricabile della vita di miliardi di persone, e in modo così diffuso e capillare. Lo scenario, già problematico, di poche grandi aziende che detengono il potere su tecnologie ritenute ormai indispensabili risulta ancor più inquietante invertendo i fattori della constatazione: mai prima d'ora ogni minimo dettaglio della vita di miliardi di persone era stato portato a un tale livello di mercificazione, fino ad annoverarlo fra i terreni di conquista di poche colossali aziende private. Parliamo dunque di big data, ossia dell'estrazione di informazioni dettagliate dalle nostre attività, dalle nostre vite, a fini – non solo – commerciali. Quello dei big data è un circuito che si autoalimenta per allargare costantemente i propri margini. C'è uno scambio impari tra noi persone/utenti e le aziende che grazie ai dati che forniamo sviluppano tecniche e strumenti atti a legarci maggiormente ad esse, per estrarci ancor più informazioni. Ciò avviene attraverso soluzioni tecniche e psicologiche note e meno note, scelte di design applicate a software che sfruttano la gamification per indurci a interagire maggiormente o attraverso l'imposizione di standard de facto cui risulta assai difficile sfuggire. La ricerca di gratificazione data dai like o l'impossibilità di rinunciare a Whatsapp, per esempio. Qui possiamo osservare il circuito che si autoalimenta: abbracciare acriticamente servizi e strumenti imposti dall'industria tecnologica si rivela sempre più una scelta obbligata, poiché più questi vengono adottati, meno spazio vien dato alle alternative libere: i documenti di testo sono quasi sempre realizzati in Word; per condividere i file di lavoro nella maggioranza dei casi la scelta cade quasi sempre su Google Drive, Dropbox e poco altro; per conoscere le attività di un'associazione è necessario stare su Facebook; se si vuol creare un account email la scelta dei provider è indirizzata verso un ristretto numero di colossi (Google su tutti), e così via. credits wumingfoundation |
user175879 | inviato il 13 Marzo 2020 ore 23:36
Confermo che google è intelligentissimo, se digito google vaff...... non mi risponde vacci tu , perché non vuole farsi scoprire  |
user198779 | inviato il 14 Marzo 2020 ore 3:59
Verissimo provare per credere se gli fai una domanda scomoda che lo riguarda fa il finto tonto. |
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