| inviato il 13 Settembre 2018 ore 10:57
@Boustrophedon “ Poi posso valutare il consiglio dell'amico appassionato, ma lo sottoporrò sempre al vaglio di un esperto, non al giudizio di popolarità. „ non mi è chiaro in tutto questo discorso il tuo di giudizio che fine fa. Poi distinguiamo i campi un conto è un medico, un economista, un conto è un curatore di un museo, non per sminuire l'uno nei confronti dell'altro, ma operano in ambiti diversi. Un curatore lo ascolto, lo apprezzo, pendo dalle sue labbra, ne riconosco la carriera e le capacità, ma poi alla fine quel quadro, quella foto deve piacera a me, ne devo riconoscere la grandezza, ma deve piacere a me. Riconoscere la grandezza di un autore non vuol dire necessariamene apprezzarne le opere. Solo uno sciocco dice "mi piace allora è bravissimo" "mi fa schifo allora è un incapace". Bergman è un genio indiscutibile, a me non piace (ad oggi) Ciao LC |
| inviato il 13 Settembre 2018 ore 10:57
@daniele “ ci siamo incaponiti per anni sull'importanza del "linguaggio personale" dell'artista, al punto da accettare linguaggi persino criptici, mentre ora viene probabilmente richiesto all'artista di adottare un linguaggio quanto più impersonale, ma che raggiunga il maggior numero di fruitori. Difficile distinguersi con queste premesse: una bella sfida! „ Difficile capire senza esempi |
| inviato il 13 Settembre 2018 ore 11:05
“ In realtà quando scrivi sulla maschera di ricerca il condizionamento è già avvenuto, cerchi qualcosa che qualcun altro aveva già selezionato per te. Il concetto che in rete tutto si democratizza è fasullo. „ non proprio; puoi immettere in rete la tua produzione di immagini anche senza essere qualcuno? Si. Se le immetti corredandole con la giusta terminologia compariranno con le dovute maschere di ricerca. Non confondiamo condizionamento con codifica: dei parametri condivisi con cui effettuare le ricerche devono comunque esserci, altrimenti non troveremmo mai nulla; basta modificare leggermente l'ordine e il tipo di parametri che utilizziamo e avremo accesso a infinite varianti di quella stessa tipologia di soggetto richiesto. Direi che questo è proprio l'espetto più libero di Internet, ma bisogna imparare a maneggiarlo |
| inviato il 13 Settembre 2018 ore 11:13
“ Se le immetti corredandole con la giusta terminologia compariranno con le dovute maschere di ricerca. „ E pensi che qualcuno comunque si accorga di te? Che qualcuno dica quanto sei bravo e ti propone qualche iniziativa? Non ne sono convinto. Prendi ad esempio Instagram. Buona vetrina per chi ha già una sua storia fotografica. Per il resto, è oramai un accumulo di "like" fini a se stessi prodotti per mezzo di organizzazioni che pagando ti garantiscono un tot di like e follower in più senza nessun legame con la tua proposta, solo calcoli matematici. Ecco la possibile visibilità... |
| inviato il 13 Settembre 2018 ore 11:20
“ Difficile capire senza esempi „ Hai sempre compreso il linguaggio e il messaggio veicolati nelle mostre che hai visitato? Soprattutto per l'arte contemporanea e concettuale credo proprio di no, però questo non toglieva importanza a quelle mostre (che spesso nascono già come offerta di nicchia); su Internet però, la cosa mi pare che funzioni un po' meno bene; in Rete funziona bene un linguaggio diretto, devi raggiungere il maggior numero di utenti, ecco perché fanno presa le foto di Adamus |
| inviato il 13 Settembre 2018 ore 11:25
“ per mezzo di organizzazioni che pagando ti garantiscono un tot di like e follower in più senza nessun legame con la tua proposta „ Sono d'accordo, ma questo è il solito divario tra l'aspetto culturale e quello commerciale della proposta artistica; non mi pare che con i classici galleristi le cose vadano molto meglio. Al giorno d'oggi conta più sapersi vendere rispetto a ciò che vendi, sia sul mercato reale che su quello virtuale. Spero che sia sufficiente a chiudere l'OT |
| inviato il 13 Settembre 2018 ore 11:30
“ Sono d'accordo, ma questo è il solito divario tra l'aspetto culturale e quello commerciale della proposta artistica; non mi pare che con i classici galleristi le cose vadano molto meglio. Al giorno d'oggi conta più sapersi vendere rispetto a ciò che vendi, sia sul mercato reale che su quello virtuale. „ Un'organizzazione commerciale che lavora per galleristi parte comunque da un'analisi della proposta, ne immagina il potenziale pubblico/acquirente ecc. I programmi che ti fanno aumentare i follower su instagram nemmeno quell'anilis fanno. pura potenzialità di calocolo. Non aggiungo altro in materia |
| inviato il 13 Settembre 2018 ore 11:36
@Daniele Ferrari: “ Credo che la novità insita nella domanda introduttiva del 3d stia tutta qui: ci siamo incaponiti per anni sull'importanza del "linguaggio personale" dell'artista, al punto da accettare linguaggi persino criptici, mentre ora viene probabilmente richiesto all'artista di adottare un linguaggio quanto più impersonale, ma che raggiunga il maggior numero di fruitori. Difficile distinguersi con queste premesse: una bella sfida! „ Concordo pienamente, e mi sento di aggiungere una cosa: prima del digitale e di internet il fotoamatore fotografava per sè stesso e per una ristretta cerchia di amici e parenti, senza velleità particolari. Gli artisti di successo erano un'altra cosa, un altro pianeta. Nessuno se ne faceva un problema. Ora abbiamo i mezzi tecnici (fotocamere, PP, tutorial, automatismi) per produrre immagini che somigliano molto a quelle "famose". Riteniamo quindi di essere alla stessa altezza, e vogliamo a tutti i costi emergere in qualche modo dalla mediocrità. Crediamo di averne in qualche modo il diritto. Quindi, per tornare all'affermazione di Daniele, coloro che hanno la capacità di monetizzare il proprio lavoro (da soli o attraverso altri) devono per forza produrre ciò che il pubblico richiede. E questa di sicuro NON è Arte. Quelli che invece per passione vanno per la loro strada e producono immagini interessanti non se li caga nessuno, o pochi individui attenti all'originalità e alla qualità vera. Pensando che la passione e il lavoro li porti automaticamente al successo, rimangono delusi e per ottenere qualche consenso ritornano a testa bassa sulla strada maestra della vuota mediocrità. Ecco, forse questo hanno portato il digitale e la rete. Ma il VERO appassionato se ne sbatte bellamente e prosegue per la sua strada. Basta solo che la pagnotta la possa ottenere in altro modo... Sono questi i fotoamatori che ci regalano immagini interessanti . Se poi sono opere d'Arte o meno, poco importa: è già un successo il fatto che siano interessanti e abbiano qualcosa che tocchi la nostra anima. (scusate il discorso un po' confuso...) Saluti, Roberto |
user158139 | inviato il 13 Settembre 2018 ore 11:45
@LC “ non mi è chiaro in tutto questo discorso il tuo di giudizio che fine fa „ Il giudizio non è necessariamente coerente sulle diverse dimensioni nelle quali si può esprimere. Come scrivi tu: “ Riconoscere la grandezza di un autore non vuol dire necessariamente apprezzarne le opere. „ Però quel "mi piace" dovrebbe essere comunque il risultato di un percorso, di un'educazione alla visione, di una cultura. Ad esempio, sarebbe opportuno chiederci perché ci piacciono certe fotografie. Io ad esempio sono di base piuttosto cerebrale, i miei autori letterari preferiti sono Italo Calvino e Jorge Luis Borges: va sa sé che prediliga le composizioni levigate, pensate, costruite. Nel fotografo apprezzo di più la capacità di ideare l'immagine piuttosto che quella di coglierla , il pittore molto più del reporter. Non a caso, sono poi del tutto incapace di realizzare immagini anche lontanamente simili a quelle che più apprezzo. Non solo, dobbiamo anche essere in grado di accettare quelli che gli anglosassoni chiamano guilty pleasures , oggetti e opere che contrastano con i nostri ideali estetici ma che per qualche motivo (spesso emotivo ) ci piacciono. Negli anni '70 (ero già adolescente allora) il modo migliore per stroncare un nuovo album era definirlo "commerciale", negli anni '80 il modo migliore per stroncare un vino era definirlo "di gusto internazionale", questo astenendosi da una valutazione personale ma rifacendosi solo a canoni predefiniti di buon gusto ai quali si doveva aderire. |
| inviato il 13 Settembre 2018 ore 11:45
Fate qualche esempio concreto, parliamo di foto in concreto, io penso ci sta ma usate un'auto contemporaneo per sostenere il vostro pensiero |
| inviato il 13 Settembre 2018 ore 11:49
“ Quindi, per tornare all'affermazione di Daniele, coloro che hanno la capacità di monetizzare il proprio lavoro (da soli o attraverso altri) devono per forza produrre ciò che il pubblico richiede. E questa di sicuro NON è Arte. „ In genere gli "artisti" da sempre hanno prodotto un mix tra quello che volevano proporre e quello che il committente gli chiedeva, anche solo per campare. Nella storia i pittori hanno dipinto nelle chiese quello che il clero gli commissionava, eppure non si può dire che non erano grandi artisti. Nella storia recente è anche successo la stessa cosa. Ora succede la stessa cosa |
| inviato il 13 Settembre 2018 ore 11:51
Sì Gaga, facevano QUELLO che gli veniva chiesto, ma COME volevano loro, inteso con i mezzi tecnici e artistici che possedevano SOLO loro. Per questo erano grandi artisti. Si contavano sulle dita di una mano. Ora chiunque si compra una reflex e fa click... |
| inviato il 13 Settembre 2018 ore 11:55
E la differenza la fa l'idea, la forza del lavoro è la sua coesione, ma ti devi comunque confrontare con un pubblico |
| inviato il 13 Settembre 2018 ore 11:56
“ E la differenza la fa l'idea, la forza del lavoro è la sua coesione, ma ti devi comunque confrontare con un pubblico „ QUOTO! |
| inviato il 13 Settembre 2018 ore 11:58
E' giusto confrontarsi con un pubblico, ma non necessariamente aspettarsi gli applausi di tutti. Una cosa particolare, insolita, di solito non piace molto. La gente si deve abituare, solo dopo apprezza, solo quando un certo linguaggio è diventato comune e mediocre. Sarebbe meglio fregarsene degli apprezzamenti a fare ciò che ci attira di più. Non per questo si diventa automaticamente artisti... ma almeno non si è pecore |
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