| inviato il 26 Dicembre 2014 ore 5:29
Quello è un jpg flat da un raw assolutamente grezzo aperto e non toccato minimamente con Acr!Nulla di pittorialistico! Quello che vedi però magari è un quadro realizzato ad aerografo grande 70x130, e questa qui è solo la sua fotografia... eppure fotografia è! :D o forse no? :P Se si considera la Fotografia come punto di arrivo, come ispirazione, come elemento unico certi discorsi potrei anche considerarli (dopo qualche birra, però, che divento più buono). Se si considera la fotografia un mezzo, invece (che sia espressivo, documentativo, ecc), non potrei far altro che dire ''che noia'', a meno di non argomentare in modo da incuriosirmi. |
| inviato il 26 Dicembre 2014 ore 5:30
(ps il mio post era ovviamente sarcastico, l'opinione da me espressa è quanto di più lontana ci sia dal “ Il resto è arte ed illustrazione, non che non abbia importanza o non sia dignitosa come cosa, ma qui siamo in un forum di foto, parliamo di foto!!! Hai tempi della pellicola i fotografi erano anche tutti piu bravi e facevano i fotografi, non giocavano a fare i pittori! „ ) (avrei dovuto finire con un bel 111!!11) |
| inviato il 26 Dicembre 2014 ore 8:41
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| inviato il 26 Dicembre 2014 ore 13:07
..dopo aver letto un pò tutti questi interventi in questo ed "in altri topic" praticamente identici, esprimerò il mio "modesto parere, dal basso" della mia professione di grafico e appassionato di fotografia. Mi permetto di far notare come in queste discussioni, a parte qualcuno che ha scritto un paio di righe sintetiche ma centrate, manchi un piccolo particolare che dovrebbe contraddistinguere un fotografo con i contro....oni da un "pigiatore di tasto". Credete realmente che un'immagine postprodotta, dai colori saturi, contrastati, taroccati, o che comunque saltino all' "occhio" , possa ingannare o intimorire l'occhio esperto di un professionista di fotografia? No perchè tante volte, non inganna neanche un professionista di grafica. Valutate realmente una foto solo per il grado di post produzione alla quale è sottoposta? Che brutto metro di valutazione allora. Ma una fotografia, io che da appassionato sviscerato di ciò che mi piace ed interessa, studio ed "assorbo", non deve essere valutata dal punto di vista compositivo, tecnico, inquadrature, ritagli, senso della prospettiva, da ciò che racconta ed il messaggio che vuole trasmettere? Io da grafico, impiego 5 secondi per capire se un lavoro è fatto da un professionista o da un inesperto, nonostante lui sapesse utilizzare un software alla perfezione. Perchè per quanto lo sappia utilizzare, non conoscerà numerose regolamentazioni tecniche che, se non studiate o imparate sul campo, lo possano far passare per un professionista e non parlo solo dal punto di vista di fotoritocco, ma dal punto di vista di come si realizza un elaborato per la stampa. Vedo spesso paesaggi spettacolari nelle gallerie con contrasti e saturazioni da bruciarmi la scheda video. Cerco di valutarle "anche" dal punto di vista fotografico per le mie conoscenze, ma capita spesso che già graficamente si nota la cattiva post con solarizzazioni sui contorni, maschere intersecate male e quant'altro. Già quello gioca a sfavore di quella immagine. Figuriamoci poi se la foto ha errori tecnici, come sfocature "non volute", mossi, aberrazioni non corrette etc. Se la foto trasmette, piace e fotograficamente e ben fatta ed " anche " post prodotta, spero che questa sia valutata dai professionisti di fotografia per tante altre cose che esulino dalla sola esaltazione dei colori etc, come un grafico, sarà colpito da tanti altri fattori che non dal semplice fotomontaggio o fotoritocco ben fatto in una composizione grafica. Spero di aver reso il mio concetto per quanto forse contorto nell'esposizione. Buona giornata. |
| inviato il 26 Dicembre 2014 ore 17:12
Grazie per il tuo contributo. Illuminante direi. |
| inviato il 27 Dicembre 2014 ore 18:50
Qualche anno fa, quando la fotografia ancora non esisteva e la "realtà" veniva trasmessa oralmente di generazione in generazione, venne scritta quella che oggi chiamiamo Bibbia e che veniva definita "parola di Dio" proprio perché (secondo gli uomini dell'epoca) rappresentava la realtà e la verità ... Ci siamo scannati per millenni sul fatto che la Terra DOVEVA essere al centro dell'universo e che questo le ruotava intorno; guarda caso tratto dalla Bibbia ... ... mi sa che questo tipo di post lo conoscevano già ai tempi di Aristotele, e la Bibbia e libri simili mica li avevano fatti con Photoshop. Sarà mica che nella rappresentazione della realtà, indipendentemente dal linguaggio utilizzato, entrano comunque in gioco anche elementi simbolici? |
| inviato il 27 Dicembre 2014 ore 21:51
Daniele, come sei profondo! Direi anche criptico... insomma, potresti essere un pò più esplicito? |
| inviato il 27 Dicembre 2014 ore 23:55
Daniele mi piace il tuo riferimento..lo trovo molto calzante. |
| inviato il 27 Dicembre 2014 ore 23:56
Spesso ci si dimentica che la fotografia non è un blocco monolitico ma ha infiniti filoni ed espressioni, dalla fotografia forense dove la rappresentazione più aderente alla scena reale è funzionale ad una causa ad altri generi che vanno dalla Street dove immortalo l'attimo ed il gesto ad un paesaggio dove voglio cogliere al massimo il puro momento estetico di una luce particolare e di uno spettacolo della natura (senza pretesa di mandare ai posteri messaggi e senza la presunzione di fare "arte"). La post-produzione, che ricordo è parte assolutamente integrante della fotografia, è semplicemente funzionale al risultato che si vuole ottenere. Quindi il discorso è il solito che periodicamente si ripete con monotonia anche se non è colpa dell'autore del thread, non sapeva che sono stati aperti altri 50000 thread da 15 pagine l'uno tutti con lo stesso titolo. Non esistono foto taroccate con Photoshop e foto naturali e pure perchè non hanno visto Photoshop, esistono solo foto belle, foto brutte, e foto che lasciano indifferenti. E come in tutte le cose come per lo scatto , così per la post c'è chi la sa fare e chi no. |
| inviato il 28 Dicembre 2014 ore 11:46
Ok, faccio un esempio, magari un po' cervellotico, ma nemmeno poi tanto se si considera che queste cose c'è chi le fa davvero. Immaginiamo una scena composta da un soggetto principale e un'ambientazione (poi vedremo quale); il soggetto è un uomo visto di spalle, ma da un'angolazione leggermente spostata verso un fianco, così da percepirne anche le braccia e le mani, ma non il volto e il petto. L'uomo è fortemente sbilanciato in avanti e incurvato verso il basso, con le braccia protese rispetto al torace, ma non è chiaro se le stia allungando verso il basso o se le stia stringendo al petto; in sostanza tutto il suo aspetto "dimostra" che sta cadendo in avanti, ma non ci dice perché questo accada. Immaginiamo inoltre che il tutto si svolga con un sole che spacca le pietre e con la fotocamera impostata ad alti ISO: tempo di scatto da congelamento, quindi niente mosso, nemmeno sull'uomo che "cade"! Ora componiamo l'intera scena in due diverse varianti e vediamo come la chiave di lettura sia determinata da una serie di elementi simbolici, cioè preconizzati nella nostra mente, e non dal fatto puramente "fisico" della presunta realtà: - prima variante: l'ambientazione è una serie di edifici diroccati e ridotti a un accumulo di macerie e l'uomo è vestito e armato come un militare. Sono questi elementi che ci danno la chiave di lettura: siamo in un contesto di guerra e l'uomo è stato colpito a morte da un cecchino. - seconda variante: l'ambientazione si compone di più elementi, e cioè una strada con i bordi assiepati di gente gesticolante e un gruppo di persone in tenuta ginnica che sta correndo; anche il soggetto principale è in tenuta ginnica e inserito nel gruppo di corridori. In questo caso "leggeremo" che durante una gara sportiva l'uomo è inciampato o è stato colto da un malore, cosa che "sappiamo" (altro elemento simbolico, cioè preconizzato, pur se non direttamente visibile nell'immagine) essere sempre più frequente dato il costante aumento del numero di persone che partecipano a questi eventi senza adeguata preparazione fisica. Ora però vi propongo una terza possibilità, e cioè che entrambe le scene siano state preparate ad arte: l'uomo che cade in realtà è fermo, tenuto in posizione da un'asta o una stampella appoggiata a terra e puntellata contro il petto, ma nascosta dal corpo e dalle gambe (è il fotografo che ha scelto ad oc l'angolazione della posa per non renderla visibile); il presunto teatro di guerra della prima ipotesi è in realtà una zona terremotata (purtroppo in Italia ne troviamo quanti ne vogliamo di scenari simili), l'abito militare e le armi sono costumi teatrali a noleggio, mentre gli spettatori e il gruppo di "corridori" della seconda ipotesi sono soltanto figuranti prezzolati. Però il tutto è realizzato senza postproduzione, COSI' FINALMENTE VEDREMO LA REALTA' che, in realtà, non è tale nemmeno per quello che riguarda la caduta del soggetto principale, perché al fotografo non era rimasto abbastanza denaro per scritturare anche uno stuntman e chi ha fatto da soggetto non voleva rischiare di farsi del male cadendo sul serio! Scusate? dimenticavo? non c'era abbastanza sole, che perciò è stato simulato posizionando un grosso faro teatrale a temperatura di colore controllata. Di quale realtà stiamo parlando!?! Un'immagine viene sempre valutata a posteriori rispetto al momento dello scatto; l'unica realtà che conta è perciò quella che si crea nella mente dell'osservatore, non quella effettivamente presente durante lo scatto e, tutto sommato, nemmeno quella che il fotografo vorrebbe trasmettere. Se l'osservatore vede "più o meno" quello che l'autore voleva offrirgli, allora quella immagine ha raggiunto il suo scopo; se l'osservatore dice di vederci "esattamente" ciò che ci vede il fotografo, è soltanto un adulatore (di cui diffidare). Ora, da un punto di vista strettamente tecnico, l'operazione vista sopra è paragonabile a quella di strappare il filo d'erba o il rametto che disturba l'inquadratura, o anche all'utilizzo di un polarizzatore per contrastare e saturare il cielo, ovvero corrisponde a modificare la realtà per farla aderire a ciò che vogliamo fotografare; è ovvio però che il "peso" che queste operazioni eserciteranno sull'interpretazione che l'osservatore darà di quell'immagine sarà completamente differente. Sinceramente, se queste cose si possono fare sia prima che dopo lo scatto (e smettiamola con la tiritera secondo cui occorra maggior bravura ad anteporre un filtro all'obiettivo rispetto a ricrearlo con Photoshop), non vedo perchè demonizzare SOLO la postproduzione. E' una questione di onestà, non di strumenti. |
| inviato il 28 Dicembre 2014 ore 11:54
Aggiungo che sono perfettamente d'accordo sul fatto che lo stravolgimento intenzionale della realtà dovrebbe essere segnalato già dall'autore dell'immagine, ma se la fotografia deve essere accompagnata da una dichiarazione d'autenticità significa che il suo presunto valore documentale non è maggiore di quello afferente a qualunque altra forma di linguaggio. Insomma, una volta capito che la fotografia è un vero e proprio linguaggio e non una semplice tecnica di rappresentazione, ci si rende conto che anch'essa utilizza "similitudini", "modi di dire", "figure retoriche"; possiede anche le sue forme artistiche e quelle più discorsive, ma, soprattutto, si presta alla menzogna! Poi avrà anche lei i suoi poeti e i suoi sproloquiatori, ma questa è un'altra storia. |
| inviato il 28 Dicembre 2014 ore 12:17
direi che si può chiudere il topic! |
| inviato il 28 Dicembre 2014 ore 13:59
“ direi che si può chiudere il topic! „ +1 |
| inviato il 30 Dicembre 2014 ore 13:43
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